Introduzione alla musica della Grecia
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La parola italiana “musica” e le espressioni corrispondenti in molte altre lingue europee (music, musique, Musik ecc.) derivano senza dubbio, attraverso la mediazione del latino, dal termine greco mousike: ma se oggi per “musica” s’intende una pratica che, oltre a fare uso di suoni (strumentali e/o vocali) organizzati in base a regole culturali, solo in alcuni casi li mette anche in relazione con parole e/o gesti coreutici, nell’antica Grecia la formula mousike techne (alla lettera l’“arte delle Muse”, le divinità che sovrintendono a ogni disciplina artistica) è correlata a un evento nel quale vengono armonizzati non solo canto e accompagnamento strumentale, ma anche poesia e danza. Tenendo conto di questa differenza di significato tra i due termini, questa sezione si concentrerà su quelle pratiche nelle quali la mousike techne dei popoli dell’antica Grecia si è realizzata in maniera più significativa e sulle riflessioni che il pensiero antico ha elaborato su tali pratiche, soprattutto su quelle più intimamente connesse con le vicende musicali successive.
Diverse trattazioni saranno dedicate a sottolineare come gli eventi musicali nella Grecia antica abbiano una fruizione prevalentemente pubblica (anche quando l’occasione della performance scaturisce da una circostanza che oggi definiremmo “privata”, come può essere il caso di un funerale o di un matrimonio) e ampiamente condivisa da parte della collettività. La musica è inoltre considerata dagli antichi parte integrante della formazione e dell’educazione di ogni cittadino, in virtù dell’enorme potere psicagogico (cioè “che muove l’anima”) e terapeutico ad essa attribuito.
In Grecia si fa musica nei periodi e nei contesti più vari, dalle corti micenee alla quotidianità delle poleis, il cui calendario religioso e civile è scandito da esibizioni artistiche talora circoscritte a gruppi limitati della cittadinanza (per esempio uomini, come nei simposi, o donne, come in celebrazioni religiose che segnano il passaggio dall’adolescenza all’età adulta), ma più spesso allargate a tutto il corpo civico (quali le rappresentazioni teatrali di epoca classica) o a un ambito addirittura panellenico, come nelle occasioni festive che richiamano esecutori e pubblico da tutto il mondo ellenizzato.
Il forte legame con i contesti festivi religiosi è rilevabile – a vari livelli – in gran parte dei generi poetico-musicali ellenici, anche in quelli che, con categorie moderne, definiremmo più propriamente “laici”, come le esibizioni virtuosistiche canore e strumentali tipiche degli agoni musicali. La pervasività della cultura della mousike in tutte le occasioni della vita sociale e religiosa, attestata in tutto il mondo greco, si articola però con modalità e in circostanze diversificate a seconda della tradizione culturale regionale, che gioca un ruolo importante nella costruzione dell’identità musicale ellenica: non esiste propriamente “una” musica greca antica ma “più geografie musicali greche, le cui tracce permangono nelle frequenti associazioni di particolari idiomi musicali (come scale o strumenti) con specifiche etnie o regioni geografiche.
Il ruolo del regionalismo e del multiculturalismo nelle tradizioni musicali elleniche si intreccia, naturalmente, con il ruolo della Grecia quale crocevia tra Oriente e Occidente nell’ambito del Mediterraneo antico.
L’esistenza di influssi orientali (mesopotamici, egizi, anatolici, e così via) su strumenti, pratiche e stili musicali ellenici è infatti ampiamente documentata da testimonianze letterarie, archeologiche e linguistiche, in virtù del profondo radicamento della mousike greca in una cultura di mobilità: la musica e i musicisti viaggiano, sin dall’età arcaica, per tutto il Mediterraneo.
È però da sottolineare come il ricco apparato ideologico delle rappresentazioni stereotipate dell’elemento straniero (descritto quale “barbaro” proprio per esigenze di autodefinizione dell’identità etnica e culturale) renda difficile circoscrivere con esattezza la reale portata di tale apporto.
È oggi possibile indagare la cultura greca della mousike grazie a una molteplicità di fonti di varia natura, innanzitutto letterarie: numerosi sono i testi che ci “parlano” di musica, sia incidentalmente (come i versi degli antichi poeti) che con un intento più specificamente musicale (come i trattati teorico-musicali, che ci informano su scale e ritmi codificati in determinati periodi storici). L’importanza della musica nella civiltà greca è testimoniata anche dalle numerosissime rappresentazioni visive di pratiche e strumenti musicali, soprattutto sulla ceramica vascolare ma anche in bassorilievi e sculture; o dai reperti materiali degli strumenti, che è oggi possibile analizzare e ricostruire grazie all’impulso fornito da discipline innovative quali l’archeologia musicale; o, infine, dai brani musicali veri e propri, annotati con un sistema alfabetico che, grazie alla trattatistica antica, siamo in grado di trascrivere con un buon livello di attendibilità, sopravvissuti sino a noi perlopiù grazie a testimonianze papiracee.
Tra le eredità più importanti della mousike greca vi è innanzitutto l’enorme valenza paradigmatica assunta dai miti ad essa correlati come, per esempio, quello di Apollo e delle Muse, divenuti simbolo dell’ideale artistico nella cultura letteraria e iconografica del mondo occidentale, soprattutto in epoca neoclassica.
Ancor più influente è la ricezione della speculazione teorica antica in età medievale e rinascimentale, soprattutto in campo armonico e nella riflessione estetica. Per fare alcuni esempi concreti, la nozione di armonia (che, da una valenza pratico-musicale, proietta – a partire dal pitagorismo – su scala cosmologica l’ideale di una concordia di elementi tra loro contrari) viene, a partire dalla tarda antichità, ciclicamente sottoposta a rielaborazioni concettuali che ne arricchiscono notevolmente la valenza etimologica originaria, rivelando una fecondità che la rende uno dei concetti chiave nella riflessione filosofica, non solo di argomento strettamente musicale. Oppure si consideri la fondamentale importanza della trattatistica musicale in lingua greca, soprattutto su scale e intervalli – Aristosseno di Taranto in primis, grazie all’attenzione da lui posta sulla necessità di indagare i fenomeni musicali nel loro aspetto “empirico-percettivo” e di superare una concezione “numerico-quantitativa” del suono musicale –, nelle discussioni del tardo Rinascimento sulle relazioni tra teorie musicali, modelli filosofico-matematici e pratiche quotidiane.
Last but not least, le teorie sulla capacità della musica di essere mimetica e psicagogica, nonché quelle, a esse strettamente correlate, sul suo ruolo cruciale nella formazione della persona (alla formulazione delle quali hanno dato un contributo notevole filosofi del calibro di Platone e Aristotele), sono state, nella civiltà europea, un orizzonte di riferimento costante non solo per le riflessioni filosofiche e musicologiche sull’espressività musicale e sulla relazione tra gli aspetti psicologici delle esperienze musicali e le loro dimensioni estetiche ed etiche, ma anche per chi, in molti altri ambiti, ha affrontato i rapporti tra l’estetica e altri campi d’esperienza.