Introduzione alla musica del Vicino Oriente antico
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’indagine filogenetica sulle origini della musica, spesso alquanto trascurata nella seconda metà del Novecento a favore di questioni più facilmente circoscrivibili, dopo la pubblicazione nel 2001 del volume The Origins of music, a cura di Nils Wallin, Björn Merker e Steven Brown, ha ripreso ad appassionare numerosi studiosi, che l’hanno affrontata prevalentemente con approcci interdisciplinari, avvalendosi spesso del confronto con le ipotesi ontogenetiche sull’evoluzione dei comportamenti musicali infantili.
Al di là delle differenze tra le diverse prospettive emergenti, sostanzialmente condivisa è la convinzione che la musica sia antica quanto l’uomo: sin dagli albori della civiltà, l’essere umano ha prodotto suoni e ritmi dotati di diverse funzioni musicali non solo attraverso la voce, ma anche esplorando le proprietà acustiche di materiali e architetture che la natura gli offriva (quali rocce o caverne), iniziando in seguito a costruire egli stesso i primi strumenti. La suggestione del paesaggio sonoro che lo circondava è stata, senza ombra di dubbio, un impulso rilevante per l’elaborazione di un sistema articolato di comunicazione musicale: le tracce di questo processo permangono in periodi storici più recenti, nei quali le testimonianze scritte (ad esempio nella cultura greca) sottolineano come le voci di alcuni animali – uccelli, cicale ecc. – fossero una costante fonte di ispirazione sonora per musicisti e poeti. Ma più indietro nel tempo andiamo, più è difficile ricostruire pratiche e forme musicali, soprattutto in mancanza di fonti scritte. A questo proposito, in anni recenti si è fatta strada una nuova disciplina storica denominata “archeologia musicale” che, come viene mostrato dal contributo di Graeme Lawson in questa sezione, attraverso lo studio dei resti materiali delle culture del passato (oggi perfettamente databili con i metodi della dendrocronologia e del radiocarbonio) ha ampliato la documentazione musicale ben oltre i limiti delle culture letterarie, identificando nelle testimonianze archeologiche tracce rilevanti per indagare non solo i primi strumenti e contesti musicali ma anche, in alcuni casi specifici, l’“intenzionalità” nella scelta di spazi architettonici con finalità acustico-musicali. Si vedano, ad esempio, ipotesi recenti secondo cui le decorazioni scoperte in alcune caverne dei Pirenei francesi (dove sono stati trovati anche reperti di strumenti) fossero posizionate in luoghi anticamente selezionati proprio in base alle loro proprietà acustiche, dove cioè l’eco sonora fosse particolarmente suggestiva; o le indagini archeo-acustiche effettuate in siti particolarmente famosi come quello di Stonehenge, in Gran Bretagna, per verificarne le (intenzionali o meno) potenzialità acustiche e postularne un utilizzo anche di tipo musicale.
Se per il periodo preistorico le problematiche relative alla ricostruzione di pratiche e contesti musicali sono alquanto complesse e, in alcuni casi specifici, le ipotesi formulabili solo in via sperimentale, l’avvento della scrittura rende certamente più ampio lo spettro delle testimonianze a disposizione, indagabili con una combinazione di metodi e discipline alquanto diversificate: non solo archeologiche e iconografiche, ma anche più specificamente epigrafiche, filologiche e teorico-musicali. Le civiltà esplorate nei capitoli di questa sezione dell’opera sono tra le più importanti che si sono affacciate sul Mediterraneo antico: la civiltà egizia, le civiltà mesopotamiche e quella etrusca. Certamente esse non esauriscono il ricco panorama delle culture che si sviluppano anticamente attorno al bacino mediterraneo – luogo di incontro privilegiato tra Oriente e Occidente – e per le quali è senza dubbio dimostrata un’attività di tipo musicale, come nella società fenicia e punica (per la quale sono attestate pratiche di musica e danza in ambito funerario e votivo, ad esempio); o in quella ebraica, che tante influenze ha avuto sulle musiche europee, soprattutto su quelle dei culti cristiani del primo Medioevo (e le cui testimonianze sono chiaramente rintracciabili nell’Antico Testamento, dove vengono citati numerosi strumenti musicali tra cui il kinnor, una specie di lira suonata da David per liberare Saul dagli spiriti maligni, spesso confusa con l’arpa – la famosa “arpa del re David” – a causa dell’interpretazione letterale del termine greco psalterion che, nella versione in lingua greca dei Settanta, traduce di frequente l’originale parola ebraica). Le civiltà qui trattate si presentano però particolarmente rilevanti, necessitando di una trattazione autonoma, per un duplice motivo: da una lato l’abbondanza della documentazione a riguardo che, in anni recenti, ha fatto sviluppare i livelli della ricerca musicologica nei loro confronti in modo sostanziale; dall’altro gli stretti legami da esse intrecciati con le culture più direttamente (se pur non esclusivamente) coinvolte nella storia dell’Europa occidentale, vale a dire le civiltà greca e romana.
Nello specifico, infatti, la storia dell’Egitto si fonde direttamente con quella del mondo greco e romano entrandone a far parte integrante anche politicamente, a partire dalle conquiste di Alessandro Magno, nel primo caso, e da quelle di Augusto (31 a.C.), nel secondo. La continuità di questi regni con la tradizione faraonica precedente (nella quale la musica gioca un ruolo molto importante – attestato da immagini, testi letterari, reperti di strumenti musicali – sia nella vita pubblica che nell’ambito delle cerimonie religiose) passa anche attraverso l’integrazione delle pratiche musicali, per le quali è attestato un rapporto non solo di convivenza ma anche di mutuo interscambio. Si veda, in proposito, l’introduzione in Grecia di uno strumento musicale a percussione come il sistro, tradizionale attributo della dea Iside, secondo quanto ricordato anche da Plutarco, nell’opera Iside e Osiride 63. È inoltre rilevante notare come la maggior parte dei brani di musica greca, che si sono conservati sino a noi grazie a un antico sistema di scrittura, provengano proprio da papiri ritrovati in Egitto, redatti nel periodo tolemaico o all’epoca della dominazione romana, e riflettano quindi un panorama culturale già in qualche modo “globalizzato”.
Per quel che riguarda le civiltà mesopotamiche, è interessante osservare che le stesse fonti letterarie in lingua greca sottolineano (pur se in maniera fortemente ideologizzata, spesso stigmatizzando l’apporto straniero) l’esistenza di influssi orientali sul mondo greco sin dall’epoca arcaica, soprattutto in relazione a strumenti e idiomi musicali. La variegata vita musicale delle civiltà che si sono succedute nelle terre comprese tra i fiumi Tigri ed Eufrate (vale a dire Sumeri, Accadi, Babilonesi, Assiri) presenta infatti molti punti di contatto con il mondo ellenico, non solo per quel che riguarda il ricchissimo corredo strumentale (arpe e liuti, per esempio, sembrano aver fatto lì la loro prima comparsa e aver solo in seguito raggiunto la Grecia), ma anche dal punto di vista più strettamente tecnico. Secondo interpretazioni recenti, rese possibili dalla scoperta di alcuni testi in cuneiforme (tra cui il fondamentale documento chiamato UET 7, 74), il sistema di sette scale diatoniche organizzate ciclicamente sarebbe entrato nell’uso greco proprio su influsso orientale e assimilato alla cultura greca attraverso la pratica strumentale.
L’importanza sostanziale della musica nel mondo etrusco è, infine, attestata indirettamente proprio attraverso fonti greche e, soprattutto, romane. Etruschi sono i musicisti (e talora gli strumenti, soprattutto aerofoni) impiegati nei culti religiosi romani, come di derivazione etrusca sembra essere stata l’istituzione dei ludi, le festività religiose più importanti della Roma antica, che fungono da contesti privilegiati per le esibizioni teatrali e musicali. Parallelamente, le numerosissime testimonianze iconografiche relative alla musica e alla danza rilevabili nella necropoli di Tarquinia confermano questo fondamentale aspetto della cultura etrusca.