Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel fiorire delle città e delle sue maggiori istituzioni rappresentative, la cattedrale e l’università, la musica è coltivata sia per la sua tradizionale appartenenza al curriculum educativo in ambito matematico, sia per la sua imprescindibile funzione nelle celebrazioni liturgiche e civili. L’importanza che viene riconosciuta ai nuovi generi musicali – soprattutto polifonici – coltivati negli ambienti più all’avanguardia delle corti e delle città, si riflette anche nella teoria della musica, accompagnandosi a una nuova concezione di questa disciplina: la misurazione della durata ritmica nei nuovi sistemi di notazione, l’interesse verso il fenomeno sonoro nella sua realtà fisica e nuove idee scientifiche che si diffondono negli ambienti universitari fanno maturare l’idea che la musica sia un insieme di saperi e di tecniche sentiti sempre più come “arte”, prodotto della creatività umana.
Se è ancora raro trovare nei trattati musicali notizie sulla prassi musicale quotidiana, altre fonti, soprattutto letterarie, sono invece più prodighe di indicazioni. Il linguaggio musicale si integra con quello poetico nelle varie forme di poesia per musica, monodica e polifonica, che si sviluppano nei secoli centrali del Medioevo. Questa non è la sola dimensione dell’incontro fra musica e letteratura. La produzione letteraria medievale “parla” di musica descrivendoci le pratiche del cantare e del suonare, le nuove forme di intrattenimento attraverso il linguaggio musicale e, non ultimo, l’emergere sociale della figura del “compositore”, basti pensare, in Italia, a Francesco Landini, o, in Francia, a Guillaume de Machaut. Ma i testi ci parlano anche attraverso le immagini, e ars musica è un tema iconografico persistente, dal quale trapela il nuovo “sentire” musicale: Musica non è più l’algida figura che trasmette la scienza dei suoni, ma è ora una fanciulla gioiosa che canta e che suona, portatrice di nuovi significati simbolici e allegorici dell’arte musicale.
Anche il canto sacro, prima legato ai bisogni della liturgia e alla vita monastica, si sviluppa per le esigenze di celebrazioni paraliturgiche ed extra-liturgiche, accogliendo nelle sue forme monodiche le lingue volgari, basti pensare al fiorire della lauda: per rispondere alle esigenze spirituali di una cultura ormai spostata sul baricentro laico-cittadino.
Ma il fenomeno più evidente della musica dei due secoli centrali del Medioevo è l’“esplodere” dell’arte polifonica: prodotto culturale, senza dubbio, che riguarda le grandi celebrazioni liturgiche e che viene fruito negli ambienti intellettuali più colti – si pensi al genere del mottetto – ma che, coltivato da secoli in forme spontanee e non scritte, progressivamente acquisisce statuto d’arte anche nella produzione profana. Ars antiqua designa il primo sistema di notazione ritmica basato sui valori di durata delle note. Sviluppatosi nel corso del secolo XIII, è preceduto dalla cosiddetta epoca di Notre-Dame, che, dalla fine del secolo precedente, propone un sistema notazionale “modale”, applicato all’elaborazione polifonica del canto gregoriano. Ars nova è invece il nuovo sistema elaborato dall’élite intellettuale parigina agli inizi del XIV secolo, che rivoluziona lo stile polifonico nelle corti di mezza Europa, accompagnandosi allo sviluppo di un nuovo fenomeno musicale, il mecenatismo, grazie al quale è ora sostenuta l’attività di grandi poeti e compositori, primo fra tutti Guillaume de Machaut.
Le possibilità pressoché infinite aperte dal nuovo sistema arsnovistico danno avvio a una fiorente stagione di sperimentazioni, a opera di compositori che trovano possibilità di esprimere la loro arte presso le cattedrali, le corti e i centri culturali più all’avanguardia. Il loro ricorrere a forme inusuali di notazione e decorazione della notazione stessa, la moda “ de cantar frances ” e la complessità delle soluzioni ritmiche fanno coniare per questa produzione, sviluppatasi sullo scorcio del secolo, il termine ars subtilior, in linea con il sentire l’artificio e la complessità elementi indicatori di gusto e raffinatezza. Anche l’Italia partecipa dall’inizio del Trecento a una straordinaria fioritura musicale: la cosiddetta ars nova italiana indica un ulteriore nuovo sistema di scrittura musicale, che si esprime nei generi profani del madrigale e della ballata, oltreché nel più istituzionale mottetto, tutti coltivati presso le corti del Centro e Nord Italia.
In questo complesso e variegato panorama musicale, la musicologia comincia a trovare anche i primi germi dell’emancipazione artistica della musica strumentale e della musica da danza, fino ad allora relegate nell’ambito “oscuro” e irricostruibile della prassi estemporanea e della tradizione orale. Tali testimonianze sono solamente un’esigua espressione di ciò che doveva essere l’uso del canto, della danza, del suonare presso la civiltà medievale, pratiche che infine godranno di una sorta di “riscatto sociale” nel Quattrocento, con l’affermarsi all’interno delle corti di una cultura di danza e di pratica strumentale recuperati come parte integrante della formazione culturale umanistica.