Sostanza proteica , identificata nel 1957 da A. Isaacs e J. Lindemann, capace di interferire con lo sviluppo dei virus, inibendone la moltiplicazione nell’interno della cellula. È prodotta dalle cellule stesse dopo la penetrazione del virus, ma può essere ottenuta anche in laboratorio.
Gli i. formano una famiglia di proteine che possono essere tra loro distinte in base a diversi caratteri. La prima distinzione si fonda sull’origine: α-i. (di provenienza leucocitaria), β-i. (da fibroblasti e leucociti), γ-i. (da linfociti T). Le singole subunità costitutive hanno peso molecolare oscillante fra 16 e 22 kD, tendono naturalmente a formare dimeri e si rinvengono quindi a più alto peso molecolare. Tutti sono specie-specifici e necessitano di recettori che hanno varia distribuzione cellulare. Dopo il legame con lo specifico recettore si ha la formazione del complesso IFN-recettore, che viene introdotto all’interno della cellula e quindi trasportato sulla membrana nucleare. L’intensificazione delle ricerche ha consentito di individuare i diversi tipi d’i. umano e a identificare la regione cromosomica che ne controlla la sintesi, evidenziandone il ruolo regolatore delle funzioni cellulari.
Gli i. contribuiscono alle difese dell’organismo verso infezioni da virus o altri microrganismi. Essi in sostanza proteggono le cellule da vari agenti tossici a carattere citopatico e posseggono numerose proprietà. Gli approcci terapeutici dell’i. hanno dato incoraggianti prospettive nel trattamento del sarcoma di Kaposi, nell’epatite virale cronica, e nella sclerosi a placche.