Interesse del minore e genitorialità
Il tema della genitorialità sociale è emerso per la necessità di fornire tutela a variegate situazioni fattuali, caratterizzate dall’esistenza di un forte legame affettivo tra un minore e un adulto di riferimento, in assenza di un legame genitoriale o parentale, giuridicamente riconosciuto. La mancanza di una specifica disciplina della genitorialità sociale ha indotto il diritto vivente a colmare la lacuna applicando disposizioni esistenti, in particolare, l’art. 44 l. n. 184/1983, che disciplina la cd. adozione in casi particolari; l’art. 333 c.c. nel caso in cui possa ravvisarsi una condotta pregiudizievole per il minore nella scelta del genitore biologico di impedire la relazione con il genitore sociale. Solo di recente è entrata in vigore la l. n. 173/2015 che ha riconosciuto specifica tutela alla continuità affettiva della relazione tra affidatario e minore. Nelle differenziate declinazioni della genitorialità sociale tratto comune è la necessità di garantire the best interest of the child.
La genitorialità sociale riconosce il ruolo del genitore «storico»1, che si differenzia da quello biologico o adottivo, per l’esistenza di un rapporto esclusivamente affettivo con il minore. L’assenza di una disciplina normativa non consente di individuare una puntuale definizione della genitorialità sociale, ravvisabile in tutte le ipotesi in cui si instauri tra un adulto e un minore un profondo vincolo affettivo, assimilabile in concreto al legame genitoriale, in mancanza di un titolo giuridico. Si può avere genitorialità sociale nelle famiglie ricomposte o allargate2, ovvero quando sia previsto un prolungato affidamento familiare del minore, o ancora quando il vincolo di filiazione sia sorto in forza di provvedimenti adottati in altri Paesi non riconoscibili nell’ordinamento interno perché ritenuti contrari all’ordine pubblico (nascite da maternità surrogata, adozioni non conformi rispetto ai principi contenuti nelle norme internazionali)3. In tutte queste ipotesi è possibile che il minore abbia creato, in fatto, un profondo legame con l’adulto, con la conseguente necessità di valutare se lo stesso sia meritevole di essere riconosciuto ovvero tutelato, perché conforme all’interesse del minore. La clausola in bianco del best interest of the child necessita, quindi, di essere riempita di contenuti per verificarne i limiti, qualora la relazione tra il minore e l’adulto possa confliggere o con principi di ordine pubblico ovvero con contrapposti interessi4. Il rilievo delle genitorialità sociale è emerso anche al di fuori dell’ambito del diritto della famiglia, come nel riconoscimento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito dal genitore sociale a causa della perdita del figlio del partner5.
La necessità di prevedere un riconoscimento giuridico della genitorialità sociale è emersa sotto la spinta delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, che applicando l’art. 8 CEDU, che tutela la vita privata e familiare, ha dato un’interpretazione estensiva alla nozione di vita familiare, non limitata al riconoscimento dei legami fondati su formali vincoli giuridici, ma estesa alla cd. de facto family6. Per verificare l’esistenza di un legame di fatto meritevole di tutela, la Corte di Strasburgo ha richiesto venga accertata la presenza non solo di un forte vincolo affettivo, ma anche di altri indici rilevatori quali: il tempo vissuto insieme tra il minore e l’adulto; la qualità delle relazioni; il ruolo assunto dall’adulto nei confronti del bambino7.
Il riconoscimento del diritto alla continuità affettiva è alla base dell’approvazione della recente l. 19.10.2015,
n. 173, con la quale viene tutelato il diritto del minore a preservare relazioni costituite con adulti di riferimento durante un periodo di affidamento familiare8. Con l’affidamento familiare9, disciplinato dal titolo Ibis, l. 4.5.1983, n. 184, viene fornita protezione al minore che sia privo, temporaneamente, di un ambiente familiare idoneo per la sua crescita. L’affidamento familiare non crea un legame adottivo tra il minore e l’affidatario, ma sopperisce alla momentanea difficoltà in cui venga a trovarsi il minore, con lo scopo di favorire la ripresa dei rapporti con la famiglia di origine. Questa specifica finalità dell’affidamento è la ragione della sua temporaneità, fissata in ventiquattro mesi, prorogabili solo qualora la sospensione dell’affido possa pregiudicare l’interesse del minore (art. 4). Proprio tale ratio aveva indotto parte della giurisprudenza minorile di merito a vedere con sfavore la possibilità di riconoscere agli affidatari il diritto di essere individuati quali genitori adottivi, qualora a causa del sopraggiungere di circostanze che avessero determinato lo stato di abbandono del minore, fosse necessario procedere alla sua adozione. Nella giurisprudenza di merito, in alcune fattispecie, la presenza di un pregresso legame affettivo tra il minore e l’affidatario aveva indotto i tribunali per i minorenni ad accogliere la domanda di adozione in casi particolari, ex art. 44, lett. d , l. n. 184/1983, formulata da parte dell’affidatario; in altri casi si era invece privilegiata l’adozione piena a favore, però, di diversa coppia individuata tra quelle aventi i requisiti all’adozione, escludendo gli affidatari sia dalla partecipazione al procedimento adottivo, sia dalla possibilità di proporsi come possibili candidati per l’adozione. Nel quadro di indeterminatezza giuridica e fattuale, così determinatosi, è inesorabilmente intervenuta la sentenza della C. eur. dir. uomo, 27.4.2010, nel caso Moretti Benedetti c. Italia, con la quale l’Italia è stata condannata per violazione dell’art. 8 CEDU per non aver valutato, tempestivamente, la domanda di adozione in casi particolari (ex art. 44, lett. d, l. n. 184/1983 ) , di due coniugi ai quali era stata affidata, per diciotto mesi, una minore appena nata, per la quale era in corso un procedimento di adottabilità, conclusosi con l’individuazione di una diversa famiglia adottiva, senza alcuna preventiva informazione degli affidatari. Nella decisione i giudici di Strasburgo, pur riaffermando il principio per il quale non esiste per gli adulti un «diritto incondizionato ad accedere all’adozione», hanno riconosciuto in capo agli affidatari l’esistenza di un diritto alla vita familiare, proprio in ragione della presenza di un positivo legame familiare di fatto. Per superare le incertezze interpretative, la nuova l. n. 173/2015, dispone che se a seguito «di un prolungato periodo di affidamento» temporaneo, sia accertata l’impossibilità per il minore di ricostituire i legami con la famiglia di origine, la famiglia affidataria, che abbia i requisiti di cui all’art. 6 l. n. 184/198310, possa presentare richiesta di adozione. Il tribunale per i minorenni nel comparare i diversi aspiranti nell’individuazione della famiglia adottiva, dovrà tener conto dei «legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi» fra gli affidatari e il minore (art. 4, co. 5-bis, l. n. 184/1983 ) . È stata riconosciuta la rilevanza della relazione di fatto instauratasi tra il minore e l’affidatario anche nell’ipotesi in cui il minore faccia ritorno nella famiglia di origine ovvero sia dato in adozione a coppia diversa da quella affidataria, tutelando «se rispondente all’interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l’affidamento». Tali decisioni dovranno essere assunte valutando le relazioni dei servizi socio assistenziali e procedendo all’ascolto del minore, che abbia compiuto dodici anni o anche di età inferiore se capace di discernimento, in considerazione della rilevanza della sua opinione per le decisioni che lo riguardano11. La novella, pur non attribuendo un ruolo di parte processuale all’affidatario con potere di proporre domande o impugnazioni, ha comunque previsto che l’affidatario o la famiglia affidataria debbano essere convocati nei procedimenti nei quali il giudice sia chiamato ad assumere decisioni sul minore (in materia di affidamento, responsabilità genitoriale, adottabilità ) con facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore. La previsione è a pena di nullità – che potrà essere fatta valere dalle parti del processo e in primo luogo dal p.m. – e ciò al fine evitare, nel futuro, omissioni del coinvolgimento degli affidatari nell’ambito di procedimenti di fondamentale rilevanza per la vita dei minori da loro temporaneamente accuditi. Superando prassi giurisprudenziali non omogenee, la l. n. 173/2015 ha dato rilevanza ai rapporti affettivi instauratisi tra gli affidatari e il minore solo se rispondenti all’interesse di quest’ultimo.
La rilevanza del rapporto affettivo tra il minore ed il genitore sociale è stata posta a fondamento di istanze tese a rivendicare il diritto di continuare ad esercitare il ruolo genitoriale svolto in fatto dal partner del genitore, biologico o adottivo del minore, nel caso di rottura del vincolo affettivo tra gli adulti. La questione può porsi sia nell’ambito della famiglia cd. ricomposta, laddove il minore abbia entrambi i genitori, e abbia instaurato un rapporto duraturo e stabile con il partner convivente di uno dei due, sia nell’ambito delle coppie di persone dello stesso sesso, nel cui ambito siano stati generati figli, frutto di una scelta condivisa di genitorialità, con sussistenza del legame biologico e giuridico solo in capo ad uno dei partner. Il diritto vivente investito di tali istanze, ha riconosciuto la possibilità per il genitore sociale di sollecitare l’azione del p.m. minorile per esperire, dinanzi al tribunale per i minorenni, ex artt. 330, 333 e 336 c.c., azioni per ottenere misure limitative della responsabilità genitoriale. A fondamento delle domande è stato posto il potenziale pregiudizio per il minore, ravvisabile in presenza di una condotta del genitore biologico che, a seguito della cessazione del rapporto sentimentale (e in molti casi della convivenza) con il genitore sociale, abbia imposto al minore di recidere il legame affettivo creatosi con l’adulto di riferimento. Una volta accertato, in fatto, che una tale condotta sia stata causa di lesione dell’equilibrio del minore il tribunale per i minorenni ha applicato misure limitative della responsabilità genitoriale del genitore biologico, diversamente modulate, al fine di consentire al minore di mantenere una costante relazione con il genitore sociale. In molti casi, ciò è avvenuto nell’ambito di coppie omogenitoriali12, quando in seguito alla rottura del rapporto sentimentale tra i partner dello stesso sesso, il genitore biologico abbia impedito i contatti del minore con il genitore sociale13. Di recente, analoga decisione è stata assunta dal Tribunale di Palermo14, adito dal genitore sociale, ma non ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., quanto invocando la diretta applicazione dell’art. 337 ter c.c. che disciplina i procedimenti di affidamento e mantenimento dei minori nel caso di dissoluzione del rapporto tra i genitori, giuridicamente riconosciuti come tali; nel caso del procedimento palermitano la co-madre sociale ha agito al pari di un genitore, affermando la sussistenza di diritti analoghi a quelli della madre biologica. Il Collegio palermitano pur affermando il difetto di legittimazione attiva della madre sociale, ha accolto la domanda formulata dal p.m., riconoscendo il diritto dei minori di conservare un rapporto significativo con la co-madre disponendo la possibilità di frequentazioni e superando l’opposizione della madre biologica. Nel corso del procedimento instaurato dinanzi alla Corte di appello di Palermo15, avverso il decreto emesso dal Collegio di primo grado palermitano, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale quanto a possibile contrasto dell’art. 337 ter c.c., rispetto a disposizioni costituzionali (artt. 2, 3, 30 e 31 Cost.) e sovranazionali (art. 8 CEDU in relazione all’art. 117 Cost.), nella parte in cui la norma censurata, nel prevedere il diritto del minore di «conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale», si limiterebbe a proteggere i legami parentali, escludendo quelli in fatto esistenti con altri adulti di riferimento affettivo; si creerebbe un vuoto di tutela, contrario all’interesse del minore, con necessità di intervento additivo della Consulta per estendere l’applicazione dell’art. 337 ter c.c. anche agli affetti “sociali” del minore. La Corte costituzionale16, con sentenza n. 225/2016, ha ritenuto la questione non fondata, affermando l’applicabilità dell’art. 337 ter c.c. esclusivamente con riguardo a soggetti legati al minore da un vincolo parentale giuridicamente riconosciuto, e ha negato che vi fosse un «vuoto di tutela» quanto all’interesse del minore a mantenere rapporti con il genitore sociale, stante la possibilità di ricorrere all’applicazione dell’art. 333 c.c., e di adottare provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale a carico del genitore che si opponga alla relazione del figlio con il genitore sociale. La sentenza della Consulta ha così ribadito i principi tradizionalmente affermati dalla giurisprudenza di merito. Allo stato il genitore sociale che affermi leso il diritto del minore alla continuità affettiva non avrà legittimazione diretta per chiedere l’accertamento del diritto, ma dovrà richiedere l’intermediazione del p.m., unico legittimato ad agire. I parenti, da intendere fino al sesto grado, pur se privi di qualunque concreto legame affettivo con il minore, sono legittimati ad esperire le azioni de potestate, con posizione privilegiata rispetto al genitore sociale, anche se percepito dal minore come un co-padre o una co-madre. La Consulta non ha ritenuto di compiere alcun intervento additivo per attribuire anche al genitore sociale la legittimazione per esperire i procedimenti de potestate, stante la mancanza di un’espressa domanda sul punto del giudice remittente, può quindi presumersi che vi siano elementi per future questioni di legittimità costituzionale in materia.
Altro aspetto del variegato universo della genitorialità sociale è quello attinente al riconoscimento giuridico del legame di fatto istauratosi tra un minore ed un adulto in assenza di legami parentali. Il nostro ordinamento già da tempo ha introdotto l’adozione in casi particolari, con la quale legami affettivi creatisi in fatto possono assurgere al rango di legami adottivi. L’art. 44 l. n. 184/1983, disciplina una peculiare forma di adozione che non recide i rapporti del minore con la famiglia di origine ma sovrappone un ulteriore legame adottivo, giuridicamente rilevante, a quelli genitoriali già esistenti. L’adozione in casi particolari non richiede la presenza dei requisiti necessari per l’adozione piena, potendo accedervi, per esempio, persone singole, ma è consentita in presenza di precisi presupposti:
a. quando il minore è orfano e l’adottante è parente fino al sesto grado ovvero ha instaurato con l’adulto un rapporto affettivo prima della morte dei genitori;
b. quanto l’adottante è il coniuge del genitore del minore;
c. quando il minore è orfano e si trova in una situazione di disabilità; d) quando vi è constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
Con questa forma di adozione il genitore sociale, qualora sia accertata in concreto dal tribunale per i minorenni, la capacità affettiva e l’idoneità a ricoprire un ruolo genitoriale, può divenire genitore adottivo assumendo la titolarità e l’esercizio della responsabilità genitoriale con obbligo di curare, educare, mantenere, istruire il figlio. Il ricorso all’adozione del figlio del coniuge è, allo stato, lo strumento giuridico per ottenere riconoscimento giuridico del vincolo affettivo nell’ambito delle famiglie cd. allargate, potendo il coniuge del genitore divenire genitore adottivo del figlio del partner. Il riferimento al rapporto di coniugio, espressamente contenuto nella norma che permette l’adozione del figlio del coniuge, avrebbe potuto lasciar privo di riconoscimento giuridico il legame di fatto creatosi tra il minore e il genitore sociale nell’ambito di famiglie ricomposte, fondate su convivenze more uxorio ovvero omoparentali17. La giurisprudenza dominante18, confermata da recente decisione della Suprema Corte19 (pur se residuano poche e ormai isolate voci dissonanti20), ha riconosciuto tutela a queste situazioni di fatto, applicando l’art. 44, co. 1, lett. d. , l. n. 184/1983 per consentire al genitore sociale, partner convivente del genitore biologico, in relazioni sia omo, sia eterosessuali, di accedere all’adozione del figlio del partner. In tutte queste decisioni21 a fondamento dell’accoglimento della domanda di adozione vi è l’accertamento in fatto dell’esistenza di un forte legame affettivo tra l’adulto e il minore, e l’accertamento che il riconoscimento del legame è da considerare conforme all’interesse di quest’ultimo, altrimenti privato del sugello giuridico di una relazione affettiva costruitasi e consolidatasi nel tempo. Altra fattispecie in cui assume rilevanza l’esistenza di una positiva relazione affettiva di fatto tra il minore e il genitore sociale, è quella che deriva dalla esistenza di vincoli di filiazione riconosciuti in altri ordinamenti nei quali non solo il genitore biologico ma anche il partner dello stesso sesso del genitore, ovvero il coniuge di sesso diverso, che non abbia legami biologici o genetici con il minore, risulti essere genitore, o ancora nei quali siano riconosciuti vincoli adottivi potenzialmente in contrasto con le regole interne (si pensi alle adozioni del single). Anche in queste ipotesi l’esistenza di una positiva relazione di fatto tra il minore e l’adulto di riferimento ha indotto ad accogliere le domande di riconoscimento del legame di filiazione sorto all’estero22, al fine di evitare il crearsi di status claudicanti, con riconoscimento dello stato di filiazione in un ordinamento e disconoscimento nell’altro.
Questione aperta è quella della conservazione dello status, nel caso di minori nati da maternità surrogata23, che risultino figli dei genitori intenzionali negli atti, emessi dagli Stati in cui si è verificata la nascita, che consentano tale pratica. Come noto la maternità surrogata prevede l’impianto di un embrione nell’utero di una donna che assume l’obbligo di portare a termine la gravidanza per conto della coppia o del singolo committente, che diverranno genitori del figlio, con espressa previsione che non sorga alcun legame genitoriale tra la madre “portatrice” ed il minore. Questa tecnica è vietata, anche penalmente, nell’ordinamento italiano, dall’art. 12, co. 6, l. 19.2.2004, n. 40. La possibilità di accedere a tali pratiche all’estero, pone il problema della risposta dell’ordinamento quando il minore e i genitori di intenzione tornino in Italia. La Corte europea dei diritti dell’uomo, nelle famose sentenze, 26.6.2014, Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia24, analizzando la domanda di coniugi francesi, di sesso diverso, riconosciuti in atti di stato civile degli Stati Uniti come genitori di minori nati da pratiche di surrogazione di maternità, che si erano visti negare il riconoscimento degli status genitoriali attribuiti nel Paese di nascita del figli, a causa dell’illegalità, in Francia, dei trattamenti di maternità surrogata, ha rilevato una violazione dell’art. 8 CEDU con riguardo al diritto dei minori al rispetto della propria vita privata, a causa dell’incertezza legale in cui si sarebbero trovati i minori quanto alla possibilità di ottenere la cittadinanza francese, ed alla possibile compromissione dei diritti ereditari. Ma la stessa Corte europea, in decisione successiva, ha fissato dei limiti al pieno riconoscimento della tutela del legame riconosciuto all’estero tra i genitori d’intenzione ed il minore nato all’esito della maternità surrogata. Nella decisone della Grande Camera, 24.1.2017, Paradiso e Campanelli c. Italia25, la Corte di Strasburgo, sovvertendo la precedente pronuncia emessa nella medesima causa dalla Seconda Sezione26, ha negato la sussistenza di una violazione dell’art. 8 CEDU da parte delle autorità italiane, che avevano deciso di allontanare un bambino nato all’estero da maternità surrogata, dalla coppia di genitori d’intenzione con i quali il minore aveva trascorso solo alcuni mesi e con i quali non aveva nessun legame biologico, con conseguente adozione del bambino da parte di altra coppia. I giudici di Strasburgo hanno posto a fondamento della decisione la valutazione che, qualora le autorità italiane avessero accettato di lasciare il bambino con la coppia, dando loro la possibilità di divenirne genitori adottivi, questo sarebbe equivalso a «legalizzare una situazione creata dalla coppia in violazione di importanti leggi nazionali», tra cui quella che regola le adozioni. In questo caso, inoltre, la breve convivenza tra il minore e la coppia di genitori di intenzione, protrattasi per meno di otto mesi, non è stata ritenuta sufficiente a creare una significativa relazione di fatto tra il minore e gli adulti. Nel diritto interno la questione è aperta, e mentre viene riconosciuta l’istanza di riconoscimento giuridico del genitore sociale, quando almeno uno dei partner della coppia genitoriale abbia un legame biologico con il minore, accogliendo la domanda di adozione in casi particolare del co-genitore27, la Suprema Corte28 è, allo stato, ferma nell’affermare la contrarietà all’ordine pubblico della maternità surrogata con conseguente conferma dell’adottabilità del minore quando nessuno dei due genitori d’intenzione risulti genitore biologico del minore. In merito, la Corte di appello di Milano29 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 c.c., per potenziale contrasto con gli artt. 2, 3, 30 e 31 Cost., e degli artt. 8 CEDU e 117 Cost., nel caso di impugnazione del riconoscimento per difetto veridicità del figlio minore nato da maternità surrogata. La Consulta dovrà esprimersi sul se, l’esistenza di una positiva relazione di fatto tra il genitore d’intenzione e il figlio, quando assicuri l’interesse del minore, possa assurgere a parametro di giudizio per il mantenimento di uno status, anche qualora il legame genitoriale derivi da condotte dei genitori sociali considerate illecite nel nostro ordinamento.
Il diritto vivente e i recenti interventi normativi evidenziano la necessità di assicurare continuità alla positiva relazione di fatto tra il minore e l’adulto, seppure priva di formale titolo giuridico, e ciò in adesione alla giurisprudenza, interna e sovranazionale, sviluppatasi nell’ultimo decennio, sulla preminenza del best interest del minore. Questa evoluzione, da ritenere senz’altro positiva, presenta delle profonde aree di indeterminatezza. In primo luogo, non è possibile indicare lo spazio temporale necessario perché possa costituirsi un rapporto di fatto meritevole di tutela giuridica, dovendosi rimettere la valutazione alla singola fattispecie, con possibili divergenze applicative. Ma soprattutto l’area che più sarà esposta alla indeterminatezza è quella del possibile aggiramento di norme considerate dal legislatore come di ordine pubblico. La questione di maggiore attualità è quella del minore nato da maternità surrogata, laddove come rilevato nella decisione Paradiso Campanelli c. Italia, l’abusivo ricorso a tale modalità di acquisto della genitorialità, se attuata al di fuori di una cornice giuridica tutelante per tutti i soggetti coinvolti, potrebbe comportare la violazione di interessi di pari rango, si pensi alla tutela della salute e della dignità della madre partoriente. Ulteriori e maggiori difficoltà potrebbero emergere nel riconoscere incondizionata tutela alle relazioni genitoriali di fatto nel caso di procedure adottive illecite, laddove riconoscere valenza giuridica al rapporto di fatto tra minore e genitore adottivo, potrebbe realizzare il rischio che vengano adottati minori non in stato di abbandono sottraendoli alle famiglie di origine. La delicatezza dei temi affrontati meriterebbe una riflessione normativa, non solo a livello nazionale ma anche internazionale, con l’adozione di strumenti convenzionali che individuino una precisa cornice giuridica della materia.
Note
1 V. Dogliotti, M., Genitorialità biologica, genitorialità sociale, segreto sulle origini dell’adottato, in Fam. dir., 1999, 406: «Genitore vero è quello che educa e dona affetto al figlio, non quello che lo procrea, il genitore ‘storico’, non quello biologico, come chiarisce, capovolgendo il famoso giudizio di Salomone, una pièce di grande bellezza, ‘Il cerchio di gesso del Caucaso’ di Bertold Brecht, che non dovrebbe mai essere dimenticata».
2 Cfr. Al Mureden, E., Le famiglie ricomposte tra matrimonio, unione civile e convivenze, in Fam. dir., 2016, 966.
3 Ferrando, G., Riconoscimento dello status di figlio: ordine pubblico e interesse del minore, in Corr. giur., 2017, 935.
4 Busnelli, F.D., Il diritto della famiglia di fronte al problema della difficile integrazione delle fonti, in Riv. dir. civ., 2016, 1463; Lenti, L., Note critiche in tema di interesse del minore, ivi, 2016, 101.
5 Cass., 21.4.2016, n. 8037, in Foro it., 2017, I, 301, con nota di S. Patti.
6 Cfr. decisioni della C. eur. dir. uomo, 10.7.1978, X c. Svizzera; C. eur. dir. uomo, 18.12.1986, Johnston e altri c. Irlanda.
7 C. eur. dir. uomo, 27.4.2010, Moretti Benedetti c. Italia; sul punto Long, J., La conservazione dei legami nell’affidamento e nell’adozione: una prospettiva europea, in Minorigiustizia, 2014, fasc. 4, 20.
8 In tema Dogliotti, M., Modifiche alla disciplina dell’affidamento familiare, positive e condivisibili, in Fam. dir., 2015, 1107; Morozzo Della Rocca, P., Sull’adozione da parte degli affidatari dopo la l. n. 173/2015, in Fam. dir., 2017, 602; Cinque, M., La continuità affettiva nella legge n. 184 del 1983 e la posizione dei “parenti sociali”, in Nuov. giur. civ. comm., 2016, 669.
9 Sull’affidamento familiare Bianca, C.M., Diritto civile, II, 1, La famiglia, Milano, 2014, 467.
10 Sussistenza di legame matrimoniale consolidato da tre anni di convivenza, requisiti di età, idoneità a svolgere la funzione genitoriale.
11 La l. n. 173/2015 ha, inoltre, modificato l’art. 44, co. 1, lett. a., l. n. 184/1983.
12 Cfr. Velletti, M., Omogenitorialità, in Trattato di Diritto e Bioetica, a cura di A. Cagnazzo, Napoli, 2017, 296.
13 Trib. min. Milano, 2.11.2007, in personaedanno.it.
14 Trib. min. Palermo, 13.4.2015, in Giur. it., 2015, 1363, con nota di L. Attademo. La decisione, condivisibile nel merito, solleva dubbi quanto alla affermata competenza del tribunale ordinario in azione, ex art. 333 c.c., esperita dal p.m., da ritenere, ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c., di competenza del tribunale per i minorenni quando non sia in corso tra le stesse parti giudizio di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c., preventivamente instaurato.
15 App. Palermo, 31.8.2015, in Corr. giur., 2015, 1558 ss., con nota di S. Veronesi.
16 C. cost., 4 ottobre 2016, n. 225, in Foro it., I, p. 3329, con nota di G. Casaburi; in Corr. Giur., 2017, p. 175, con nota di P.De Marzo.
17 L’art. 1, co. 20, l. 20.5.2016, n. 76 esclude l’applicazione della clausola di equivalenza tra coniuge e unito civilmente, con riferimento alle norme contenute nella legge adozioni. Sul tema dell’omogenitorialità: Gattu so, M., Orientamento sessuale, famiglia, eguaglianza, in Nuov. giur. civ. comm., 2011, II, 584; Buffone, G., Adozione co-parentale (Stepchild adoption ), in Libro dell’anno del Diritto 2017, Roma, 2017, 20. Sulla clausola di equivalenza Gattuso, M., La clausola generale di equivalenza, in Buffone, G.-Gattuso, M.-Winkler, M.M., Unione civile e convivenza, Milano, 2017, 318.
18 Hanno pronunciato l’adozione del figlio del con vivente: nell’ambito di coppie eterosessuali (Trib. min. Milano, 28.3.2007, in Fam. min., 2007, 83; App. Firenze, sez. min., 4.10.2012, in aiaf.avvocati.it) nell’ambito di coppie omosessuali (Trib. min. Roma, 30.7.2014, in Nuov. giur. civ. comm., 2015, I, 109, con nota di J. Long; App. Roma, sez. min., 23.12.2015, App. Torino, sez. min., 27.5.2016 e Trib. min. Venezia, 31.5.2017, tutte edite in articolo29.it).
19 Cass., 22.6.2016, n. 12962, in Nuov. giur. civ. comm., 2016, II, 1213, con nota di G. Ferrando.
20 Hanno negato l’adozione del figlio del convivente nell’ambito di coppie eterosessuali: Trib. min . Milano, 20.10.2016, in Nuov. giur. civ. comm., 2017, II, 171, con nota di Ferrando, G., A Milano l’adozione del figlio del partner non si può fare, e nell’ambito di coppia omosessuale Trib. min. Torino, 11.9.2015, ivi, 2016, I, 205, con nota di A. Nocco; Trib. min. Milano, 17.10.2016, ivi, 2017, II, 171, decisioni riformate dalle rispettive corti di appello (App. Torino, 27.5.2016; App. Milano, 9.2.2017 edite in articolo29.it). Trib. min. Palermo, 30.7.2017, in articolo29.it, ha respinto l’istanza di adozione del figlio della partner, nell’ambito di famiglia omogenitoriale, avanzata dalla co-madre ritenendo che l’art. 44 – in combinato disposto con gli artt. 48 e 50 l. n. 184/1983 – comporterebbe la decadenza automatica della madre genetica dalla responsabilità genitoriale, con la conseguenza che il consenso di quest’ultima all’adozione sarebbe viziato in quanto dato nell’inconsapevolezza di causare così la perdita della propria qualità di genitore, decisione del tutto dissonante rispetto all’orientamento ormai dominante che non considera l’interesse del minore e la necessità che venga emesso un provvedimento espresso di decadenza ex art. 330 c.c., per produrre la perdita di responsabilità genitoriale.
21 Già risalenti decisioni della Consulta (C. cost., 5.7.1986, n. 198; C. cost., 7.10.1999, n. 383) avevano evidenziato come la valutazione del superiore interesse del minore imponga nell’adozione in casi particolari l’«adeguata valutazione dei legami di fatto istauratisi».
22 App. Torino, 29.10.2014, in Giur. it., 2015, 1344, con nota di P. Crisanti; Cass., 30.9.2016, n. 19599, in Foro. it., I, 3329, con nota di G. Casaburi;
23 Casaburi, G., Maternità surrogata, in Libro dell’anno del Diritto 2016, Roma, 2016, 15; Velletti, M., Filiazione e procreazione medicalmente assistita, in Libro dell’anno del Diritto 2017, Roma, 2017, 14.
24 In Nuov. giur. civ. comm., 2014, 1122, con nota di C. Campiglio; sul tema Vesto, A., La maternità surrogata: Cassazione e Cedu a confronto, in Fam. dir., 2015, 306.
25 In Foro it., 2017, IV, 117, con nota di G. Casaburi; in Fam. dir., 2017, con nota di E. Faletti.
26 C. eur. dir. uomo, 27.1.2015, in Foro it., 2015, IV, 123 con nota di Casaburi, G., La Corte europea dei diritti dell’Uomo e il divieto italiano (e non solo) di maternità surrogata: una occasione mancata.
27 È stata accolta la domanda di adozione del figlio del partner anche nell’ambito di coppia di due padri con minore nato da maternità surrogata (Trib. min. Roma, 23.12.2015; Trib. min. Bologna, 31.8.2017 edite in articolo29.it). App. Trento, 23.2.2017, in Corr. giur., 2017, 935, con nota di G. Ferrando, ha riconosciuto l’efficacia dell’atto di nascita straniero che stabiliva la sussistenza di un legame genitoriale tra due minori e il padre sociale, nell’ambito di una famiglia omogenitoriale, e di minori nati da maternità surrogata.
28 Cass., 11.11.2014, n. 24001, in Foro it., 2014, I, 3401, con nota di G. Casaburi.
29 App. Milano, 25.7.2016, in Foro it., 2016, I, 3258.