integrazione
Termine utilizzato per misurare la relazione esistente tra due mercati geografici distinti (per es. due Paesi) e anche per quantificare il numero di fasi di lavorazione o di attività svolte all’interno di una singola impresa.
L’i. tra due Stati viene misurata dal rapporto tra importazioni (➔ importazione) da un Paese e produzione di un altro. Maggiore è questo rapporto, più alto è il grado di integrazione. Di conseguenza, favorire l’i., uno degli obiettivi espressamente previsti dai trattati europei, implica favorire la liberalizzazione (➔ p) dei flussi commerciali tra due nazioni. All’aumentare dell’i. economica, cresce il grado di cooperazione tra venditori e compratori di Paesi diversi e viene consentita la specializzazione nelle produzioni in cui ciascuno gode dei maggiori vantaggi comparati (➔ vantaggio). Ogni Paese diventa essenziale per l’altro, e il rischio di guerre e di devastazioni, analoghe a quelle che hanno caratterizzato il Novecento, viene significativamente ridotto.
Il grado di i. di un’impresa indica, invece, il numero di fasi della catena verticale che essa svolge al proprio interno (detta verticale). Secondo quanto affermato da R.H. Coase, nel suo articolo The nature of the firm («Economica», 1937, 4, 16), l’impresa decide quali fasi svolgere al proprio interno sulla base di un confronto dei costi. L’azienda, cioè, paragona il costo dell’autoproduzione (➔) con il prezzo che pagherebbe acquistando il bene/servizio all’esterno, naturalmente considerando anche eventuali differenze di qualità della fornitura esterna rispetto a quella interna. L’i. verticale può dunque essere anche una reazione dell’acquirente a strategie di opportunismo contrattuale, poste in essere dal fornitore. Una volta che il fornitore abbia realizzato investimenti dedicati all’acquirente e non economicamente duplicabili, diventa un fornitore essenziale, che può esercitare un notevole potere contrattuale nei suoi confronti. Nel caso in cui anche l’acquirente abbia un significativo potere di mercato, ciò può determinare il fenomeno della cosiddetta doppia marginalizzazione, ossia un livello dei prezzi di vendita dell’acquirente più elevati di quelli che si formerebbero sul mercato, se le due fasi fossero tra loro integrate. In queste circostanze l’i. verticale delle due fasi è vantaggiosa, sia per il consumatore, sia per l’impresa integrata.