INSOLVENZA FRAUDOLENTA
. L' insolvenza fraudolenta, preveduta nell'art. 641 del codice penale vigente, risolve una gravissima discussione, che si faceva sotto il codice penale del 1889, se, cioè, la semplice dissimulazione del proprio stato d'insolvenza potesse costituire un raggiro, un artifizio punibile e potesse per ciò considerarsi come materiale di truffa. Il caso si presentava soprattutto per il cosiddetto scrocco, ossia il fatto di chi entra in una trattoria, consuma i pasti e non paga o alloggia in un albergo e non salda il conto, perché non è in condizione di pagare.
In Francia, a carico di chi consuma i pasti in trattoria senza pagare, fu provveduto con legge speciale nel 1875, che punisce il fatto come lieve reato contro la proprietà (filanterie d'alimentes). In Italia alcuni riscontravano nel fatto il delitto di truffa, riconoscendo che l'agente induce in errore il danneggiato con raggiri civili o commerciali; altri escludevano l'incriminalità, perché essa non si realizza in una vera e propria azione determinatrice dell'altrui errore. La nuova disposizione (cod. 1930) ha categoricamente eliminato questo permanente dissidio. Occorre però subito precisare: 1. che essa non colpisce la semplice inadempienza di una obbligazione, che rientra nel campo del diritto civile; 2. che neanche colpisce l'insolvenza successiva alla nascita dell'obbligazione determinata dal dolo del debitore, perché questa ipotesi, solo entro alcuni limiti, è stata disciplinata nell'art. 641; 3. che se la dissimulazione dello stato d'insolvenza è fatta mediante raggiri o artifizî, si versa nell'ipotesi di truffa. Risulta per ciò chiaro che il mezzo caratteristico ed esclusivo della consumazione di tale delitto è la dissimulazione del proprio stato d'insolvenza.
Gli elementi del reato sono i seguenti. 1. Il colpevole deve contrarre un'obbligazione tacita o espressa; chi mangia nella trattoria col proposito di non pagare perché privo di mezzi contrae l'obbligazione tacitamente. 2. L'obbligazione deve essere azionabile. perché, se giuridicamente non si può domandare l'adempimento dell'obbligazione, il reato non sussiste. Riteniamo perciò che questo reato non può sussistere se si tratta di obbligazioni illecite o anche di semplici obbligazioni naturali. 3. Il colpevole deve dissimulare il proprio stato d'insolvenza: deve avere, cioè, nel suo comportamento qualche cosa che, pur non costituendo un raggiro o un artifizio, valga però a fare apparire il suo stato diverso da quello che è. 4. Il colpevole deve agire col proposito di non adempiere una obbligazione; non basta, dunque, la coscienza dello stato d'insolvenza, perché spesso, nelle contrattazioni, a tale coscienza va unito non il proposito di non adempiere un'obbligazione, ma quello di creare una situazione favorevole all'adempimento. La punibilità del delitto è subordinata alla condizione che l'obbligazione non sia effettivamente adempiuta, ed è stabilito altresì che l'adempimento dell'obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato. Queste disposizioni sono state dettate, perché in questo reato prevale la tutela dell'interesse privato. La pena è della reclusione sino a due anni o della multa sino a lire cinquemila. V. anche frode, XVI, p. 101.