insider/outsider
<insàidë outsàidë>. – Teoria che nasce come concettualizzazione economica del rapporto tra chi lavora e gode di garanzie (insiders) e disoccupati o lavoratori scarsamente protetti (outsiders). La posizione degli insiders è protetta dai costi del turnover lavorativo, che comprende il costo per licenziare un lavoratore e formare una nuova risorsa. La teoria cerca di spiegare perché il mercato del lavoro si divide in impieghi 'buoni' e 'cattivi', ossia scarsamente remunerati e protetti, e perché il salario sembra dipendere non dalle condizioni del mercato, ma dalla situazione interna alle imprese. Nelle economie avanzate si registra un fenomeno non previsto dalla teoria economica classica: all’aumentare della disoccupazione si dovrebbe registrare un abbassamento dei salari, con conseguente disponibilità di chi non ha lavoro a impiegarsi a cifre inferiori rispetto a chi è già occupato, in modo da riportare il sistema nell’equilibrio della piena occupazione. L’esperienza europea degli ultimi decenni ha dimostrato però la compatibilità di tassi di disoccupazione elevati e salari alti per gli occupati. Per spiegare questa rigidità sistemica si è fatto riferimento alla legislazione sul lavoro, che favorisce gli insiders, ma soprattutto all’interazione tra impiegati e datori di lavoro, che con gli alti costi del turnover creano un ostacolo alla reale competitività degli outsiders rispetto agli insiders. Il risultato, su larga scala, è che gli strati sociali degli insiders e degli outsiders tendono a una certa stabilità, quindi se si hanno scarse protezioni lavorative ci sono maggiori possibilità di rimanere in questa situazione piuttosto che ottenere maggiori garanzie. Le differenze di trattamento, economico e giuridico, si traducono in differenze sociali, con fenomeni di esclusione piuttosto accentuati. La rigidità del mercato del lavoro diventa quindi una forma di rigidità sociale, che dal punto di vista urbano porta gli outsiders a occupare le periferie più disagiate, senza accesso agli strumenti di promozione sociale, rendendo cronica la propria condizione.