insetticidi
Un aiuto per l'agricoltura, un rischio per l'ambiente
L'insetticida è una sostanza chimica che combatte gli insetti infestanti, uccidendoli o impedendone la diffusione. È grazie agli insetticidi che in questo secolo l'agricoltura ha potuto aumentare la sua produttività, ma queste sostanze si sono dimostrate anche tossiche per l'uomo e per l'ambiente
Dovunque ci sia un campo coltivato, una miriade di insetti, batteri e funghi attacca le coltivazioni e può danneggiarle gravemente. Gli insetticidi sono composti chimici tossici per gli insetti e hanno la funzione di contenere il loro assalto, evitando che il lavoro dell'agricoltore vada vanificato. Inoltre questi composti possono essere usati anche per debellare insetti nocivi all'uomo, per esempio per combattere la zanzara che veicola e diffonde la malaria.
La composizione chimica degli insetticidi è molto varia: in alcuni casi contengono sostanze clorate, in altri composti dello zolfo, in altri ancora utilizzano tossine di origine vegetale e così via. In particolare, tra le sostanze vegetali si adopera il piretro, estratto dall'omonima pianta, che agisce sul sistema nervoso degli insetti paralizzandoli e quindi causandone la morte; inoltre riesce ad allontanarli se è spalmato in piccole quantità sulla pelle. La sua caratteristica fondamentale è quella di essere biodegradabile. Il Kenya è il maggior produttore mondiale di questa sostanza, ma oggi sono diffusi anche insetticidi contenenti piretroidi, ossia molecole sintetiche simili a quella naturale del piretro. La storia degli insetticidi rivela come sia delicato intervenire nell'equilibrio naturale. Quando il loro uso si diffuse, si pensò che avrebbero risolto molti dei problemi che da sempre hanno attanagliato l'agricoltura, e in effetti se nell'ultimo secolo la produzione mondiale di cibo è enormemente aumentata ciò è dovuto senz'altro anche alla diffusione di queste sostanze chimiche. Tuttavia, alcune di queste sono state poi bandite a causa della loro pericolosità, così come è avvenuto per la più celebre, il DDT.
La scoperta delle proprietà insetticide del DDT, il cui nome scientifico è diclorodifeniltricloroetano, valse al chimico svizzero Paul Hermann Müller il Premio Nobel per la Medicina o la fisiologia nel 1948. Grazie al DDT la malaria praticamente scomparve in Europa occidentale e nell'America Settentrionale. Tuttavia, meno di quindici anni dopo ci si accorse che il DDT aveva effetti cancerogeni sull'organismo umano e minacciava la sopravvivenza di alcune specie di uccelli che si nutrivano di insetti. Il DDT infatti si accumulava nei volatili, finendo per far produrre loro uova con gusci più sottili e quindi più deboli. Così, mano a mano, diversi paesi bandirono l'uso di questa sostanza per i suoi effetti sull'ambiente e sulla salute umana. In particolare, ci si accorse che il DDT non si degradava dissolvendosi nel tempo ma, entrando nella catena alimentare (alimentare, rete), si accumulava negli esseri viventi, un po' come avviene per il mercurio, un altro potente inquinante. Per questo motivo oggi si è attenti a scegliere insetticidi che limitino al massimo il loro impatto sull'ambiente. Gli insetticidi, inoltre, hanno l'effetto di creare una selezione naturale tra gli insetti che combattono, finendo per fare crescere generazioni di individui non più sensibili a determinate sostanze tossiche; ecco quindi che queste devono essere rese sempre più potenti. Una strada alternativa per il contenimento degli insetti nocivi è offerta dalla lotta biologica, ossia dall'uso di tecniche già presenti in natura. L'idea è quella di sfruttare i nemici naturali degli insetti ‒ come per esempio le coccinelle, alcuni vermi o gli uccelli ‒ per limitare la diffusione degli animali nocivi. Un vantaggio di questa tecnica è che anche i prodotti vegetali non risultano contaminati da sostanze che potrebbero rivelarsi tossiche per l'uomo.