INSEGNANTI
(App. I, p. 730)
Figura e ruolo degli insegnanti. - Nel corso degli ultimi decenni, la figura, il ruolo professionale, la stessa considerazione sociale degli i. (di scuola primaria, secondaria e, per qualche verso, anche universitaria) hanno subito sensibili modifiche, sebbene non tutte di facile definizione. Diverse circostanze sono all'origine dei cambiamenti o hanno influito variamente su questi.
Anzitutto, a partire dagli anni Cinquanta, lo sviluppo senza precedenti dei sistemi scolastici, dovuto non soltanto al forte incremento della popolazione studentesca, ma anche al maggior numero di anni di studio per gran parte degli allievi. L'allargamento della base sociale dell'istruzione ha posto problemi complessi ai tradizionali servizi scolastici, concepiti e a lungo gestiti in passato per minoranze più o meno ampie, nel quadro di società ancora tutto sommato gerarchizzate e di limitata alfabetizzazione. In tale scuola, l'i. svolgeva una funzione abbastanza individuata sotto il profilo culturale e omogenea sotto quello sociale. Nella nuova realtà, in presenza di larghe fasce giovanili bisognose di più largo sostegno educativo, gli i. si sono visti chiamati a compiti e responsabilità per i quali non erano preparati; né sempre essi hanno trovato sostegno efficace nelle amministrazioni di appartenenza.
La contestazione studentesca, poi, tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, ha indotto altri e più gravi motivi di disagio nel mondo insegnante, che ha vissuto nelle aule scolastiche e universitarie un conflitto generazionale dalle inusitate tinte ideologiche. Intanto, cresciute le sollecitazioni e le suggestioni degli ambienti di vita dei giovani, mutati in larga misura i modelli di riferimento etici e di costume, resisi espliciti i bisogni di democrazia e di partecipazione dentro e fuori le istituzioni educative, la scuola tutta, la componente insegnante in primo luogo, è apparsa indecisa, al suo interno divisa, fra l'esigenza di aprirsi senza remore alle spinte della nuova realtà socioculturale e l'esigenza di confermare come prioritaria la funzione di trasmissione del sapere. Tale situazione si è tradotta spesso nella forzata contrapposizione di ''progressisti'' e ''reazionari'', la quale invero corrisponde assai poco alla reale portata culturale del conflitto apertosi all'interno delle istituzioni.
Infine, negli ultimi tempi, si sono riversate sul mondo della scuola richieste ancora diverse e spesso contraddittorie: gli ambienti industriali e professionali chiedono un collegamento stretto fra l'istruzione e le esigenze, peraltro non omogenee, del mondo economico; gli stessi i., attraverso le loro organizzazioni associative e sindacali, auspicano una maggiore autonomia delle istituzioni, estesa fino a comprendere la determinazione in sede locale di finalità e contenuti dell'insegnamento; nella più ampia società affiorano tendenze divergenti, ora in direzione di una scuola sostanzialmente di servizio, volta a supplire alle carenze educative di famiglie e comunità, ora invece nel senso di un recupero di serietà e rigore negli studi come migliore garanzia per il futuro dei giovani. Le innovazioni via via introdotte nei curricoli, nelle procedure didattiche e nei servizi integrativi o collaterali, pur avendo inciso positivamente sul funzionamento e introdotto miglioramenti non trascurabili nella prassi dell'insegnamento primario e secondario, non sono state tuttavia in grado di sciogliere il nodo delicato della situazione, di superare cioè lo stato d'incertezza che ancora permane tra gli i., fra chi interpreta la funzione docente in senso tecnico, in quanto specificamente diretta a promuovere negli allievi l'acquisizione di un sapere strutturato e una formazione intellettuale coerente, e chi invece ne dà un'interpretazione socio-educativa, ritenendo che la scuola debba perseguire obiettivi di mediazione sociale e culturale nel quadro di una formazione generale, comune a tutti, non selettiva. L'appannarsi della credenziale formativa della scuola e le ambivalenze non superate intorno alle finalità precipue dell'istruzione si sono riflessi sugli i., non solo sotto l'aspetto soggettivo, in termini di caduta di motivazione o di personale insoddisfazione per il ruolo svolto, ma anche sotto l'aspetto oggettivo, in termini di ridotto prestigio, di modesta retribuzione, di confinamento in una posizione medio-bassa nella scala sociale. Con la cosiddetta ''burocratizzazione'' degli i. s'intende di solito proprio questa riduzione implicita del loro stato, più simile a quello dell'impiegato che a quello del professionista. Confermano tale impressione anche alcune garanzie di status acquisite nel frattempo, come la sostanziale inamovibilità del posto, la non selettività della carriera, gli scarsi controlli delle prestazioni date.
Numerose ricerche, condotte negli Stati Uniti e in Europa, hanno cercato di evidenziare i fenomeni in corso, prendendo in esame ora le aspettative degli i. come categoria professionale, ora i loro comportamenti all'interno dell'ambiente scolastico, ora le trasformazioni intervenute nella composizione sociale delle leve insegnanti. Per quest'ultimo aspetto, i fenomeni rilevati appaiono abbastanza comuni e diffusi. Il dato più immediato concerne la forte crescita numerica del personale docente, connessa in parte ai segnalati fattori di sviluppo delle strutture educative, in parte all'ampliamento dei curricoli e dei servizi di sostegno dell'attività formativa (orientamento, assistenza, attività integrative e di tempo pieno, ecc.). La consistente richiesta di nuovi docenti ha avuto come conseguenza, dove più dove meno, la formazione di larghe fasce di precariato, che in molti casi ha portato alla sospensione o allo svuotamento delle procedure selettive di reclutamento, con ovvi riflessi negativi sui livelli di preparazione del personale in servizio. Un altro dato significativo concerne l'abbassamento dell'età media degli i., dovuto sia alla repentina espansione del reclutamento sia all'esodo anticipato di docenti anziani, soprattutto nel periodo della contestazione studentesca. Va segnalato, infine, il fenomeno della cosiddetta ''femminilizzazione'', che ha fatto registrare le sue punte maggiori proprio nella scuola, prima in quella primaria (dove ormai la quasi totalità dei docenti è di sesso femminile) e via via in quella secondaria. Tale fenomeno, spiegabile principalmente con le caratteristiche del lavoro scolastico (limitato orario giornaliero, vacanze lunghe, ecc.), che lo rendono più adatto a conciliare impegno professionale e cura della famiglia, risulta anche favorito dalla propensione dei giovani laureati a cercare impieghi meglio retribuiti.
L'insieme dei suddetti fenomeni, mutando la compagine sociale degli i. in servizio, ha influito non poco sulla crisi dei tradizionali modelli etici e culturali della professione docente e sulla ricerca tuttora aperta di una nuova figura d'i. nella scuola contemporanea.
Formazione e aggiornamento degli insegnanti. - I differenti problemi posti dallo sviluppo delle strutture scolastiche, dalla complessità della domanda sociale d'istruzione e dalle trasformazioni intervenute nei processi d'insegnamento-apprendimento portano verso quello che concordemente si considera il nodo centrale della scuola degli ultimi decenni: la preparazione dei docenti, quindi la loro formazione.
Occorre distinguere fra formazione iniziale e formazione continua o in servizio. Ma è sulla prima che si appuntano le maggiori discussioni. A tal riguardo va notato come la precedente tradizione, che anteponeva i contenuti del sapere alla metodologia didattica, si è troppo facilmente capovolta nella posizione opposta, che privilegia la competenza pedagogica e l'attitudine a insegnare piuttosto che un'accurata competenza scientifica. Tale orientamento è risultato favorito dall'ampio lavoro svolto negli ultimi decenni dalla ricerca psico-pedagogica, i cui risultati hanno spostato l'accento dall'insegnamento all'apprendimento, dall'oggetto degli studi alle condizioni che rendono possibile al soggetto di apprendere. Oggi si apprezzano i vantaggi che discendono da detta impostazione, più attenta alla realtà dei processi educativi (anche sotto il profilo emotivo) e altresì preoccupata di evitare quei traumi e quei fenomeni di dispersione che talvolta accompagnavano l'azione pedagogica in uso nel 19° secolo e forse non del tutto superati neppure oggi. Ma l'affermazione, spesso ripetuta, secondo cui gli i. dovrebbero qualificarsi come esperti della comunicazione educativa piuttosto che come esperti di determinate discipline, lascia intravedere le esagerazioni e i rischi che si nascondono nei nuovi orientamenti sulla funzione docente.
Forse non è sufficiente contemplare fra i criteri direttivi della formazione degli i. la semplice enunciazione di principio che "la formazione pedagogica non sostituirà mai il sapere" (Mialaret 1978), se poi si rivolge l'attenzione esclusivamente alla prima, dando troppo per scontato il secondo o parlandone nei termini di una cultura generale, buona per i. di ogni grado e tipo di scuola. Tale limite sembra trovare conferma nel favore con cui si accoglie la tendenza in atto in non pochi paesi "a livellare lo status di tutti gli insegnanti e a localizzarne la formazione iniziale a livello universitario" (De Landsheere 1976). Il criterio della formazione universitaria per tutti i docenti, suggerito anche in sede internazionale e accolto come principio programmatico nella legislazione italiana (art. 7 d.P.R. 31 maggio 1974 n. 417) non risolve di per sé tutti i problemi connessi. Riconosciuta infatti l'opportunità di una formazione di livello universitario per tutti i docenti, compresi quelli della scuola primaria, resta aperta la discussione se convenga affidarsi per tale compito alle tradizionali strutture universitarie o se sia preferibile individuare istituti specifici del tipo ''scuole normali'' o se non sia il caso di prevedere l'integrazione di corsi psico-pedagogici negli indirizzi universitari interessanti l'insegnamento. D'altra parte, tenendo conto che ogni situazione educativa richiede lo svolgimento di molteplici funzioni fra loro interdipendenti (promozione dello sviluppo cognitivo e psico-sociale dell'alunno, organizzazione di metodi e materiali didattici, capacità di orientare e di valutare, attitudini al lavoro collegiale, ecc.), si comprende perché la preparazione degli i. non possa limitarsi ai puri studi universitari in un ambito determinato di sapere, ma debba comprendere anche una conoscenza teorica e pratica dei processi psicologici e pedagogici dell'azione educativa e delle metodologie relative. A ciò richiamava una raccomandazione dell'UNESCO del 1966, secondo principi che furono in seguito approfonditi dagli esperti.
Negli ultimi tempi si è venuta registrando una convergenza di massima intorno a un progetto di formazione iniziale dei futuri i., che dovrebbe comprendere: una formazione generale da acquisire nella scuola secondaria superiore o nel primo biennio dei corsi universitari; studi universitari relativi al campo disciplinare in cui l'interessato intende esercitare l'insegnamento; una conoscenza dei fondamenti della psicologia (in particolare di psicologia dell'apprendimento), nonché della pedagogia sperimentale, della storia e della sociologia dell'educazione; la pratica dell'insegnamento sotto la guida di maestri esperti. Oltre alla sede deputata allo svolgimento di detto curricolo, rimangono divergenze di vedute intorno alle modalità organizzative dei corsi e del tirocinio, ai tempi da destinare alla formazione teorica e pratica, alla verifica dei risultati e alle conseguenti forme di reclutamento. Una soluzione avanzata appare quella adottata in Italia con la legge (19 novembre 1990 n. 341) di riforma degli ordinamenti didattici universitari, la quale prevede, per i futuri i. della scuola materna e della scuola elementare, uno specifico corso di laurea, in due indirizzi, preordinato alla formazione culturale e professionale di tali i. (il relativo diploma di laurea diventa titolo necessario per l'ammissione ai concorsi per l'insegnamento in dette scuole), mentre, per gli i. di scuola secondaria, prevede la frequenza, dopo la laurea, di una specifica scuola di specializzazione, anch'essa articolata in indirizzi (il relativo diploma abilita all'insegnamento nell'area disciplinare cui si riferisce la laurea e costituisce titolo di ammissione ai concorsi a posti d'insegnamento nella scuola secondaria).
Meno problematica, non però meno difficile da concretizzare, è la formazione continua o ricorrente, l'aggiornamento del personale in servizio. Anche in questo caso le componenti in gioco sono almeno due: quella specifica della materia insegnata e quella comune di tipo pedagogico-didattico. L'ampliamento dei dati conoscitivi e la revisione non infrequente degli stessi fondamenti di alcuni ambiti del sapere scientifico, da un lato, le sperimentazioni e le innovazioni prodotte di continuo dalla ricerca educativa, dall'altro lato, fanno ritenere inevitabile che a un certo punto della carriera dell'i. si manifesti un divario sensibile fra quanto egli avrà appreso da giovane e quanto gli sarà necessario conoscere più avanti per essere in grado di corrispondere alla futura domanda d'istruzione. Il primo aspetto dell'aggiornamento è dunque legato agli avanzamenti delle conoscenze scientifiche e non può che tradursi in forme di studio supplementare presso le sedi della produzione scientifica. Per facilitare tale compito, si cerca di promuovere forme negoziate d'intervento fra gruppi di i. (o la stessa amministrazione scolastica) e istituti universitari e di ricerca, in funzione di obiettivi e contenuti preventivamente determinati, che possono talvolta configurare vere e proprie unità capitalizzabili. Le modalità organizzative possono prevedere solo impegni pomeridiani degli i. nelle loro sedi di servizio, ma possono anche richiedere l'utilizzazione di periodi di congedo più o meno lunghi per la frequenza di corsi in altra sede o anche all'estero. Una forma largamente auspicata è il cosiddetto congedo sabbatico, in forza del quale l'i. che ha prestato servizio continuativo per un certo numero di anni viene autorizzato ad attendere, libero da impegni professionali per circa un anno, a un definito programma di studio presso un istituto accademico o di ricerca. Al di là di queste e di altre modalità di formazione ricorrenti, segnatamente per i docenti di scuola superiore, rimane per tutti attuale e insostituibile, come segnalano i più avveduti osservatori, l'impegno personale dei singoli a mantenere un contatto costante con i risultati della ricerca.
Nel campo dell'aggiornamento più propriamente pedagogicodidattico l'orientamento oggi prevalente è di favorire l'iniziativa diretta degli i. verso forme di sperimentazione, di lavoro comune e di autoaggiornamento, all'interno delle strutture scolastiche stesse o mediante l'utilizzazione di servizi decentrati di raccordo, di centri di documentazione, ecc. Non si escludono neppure in questo campo rapporti concordati con i dipartimenti universitari di scienze dell'educazione, specie per la messa a punto di progetti specifici, come l'elaborazione di test d'ingresso o di verifica dell'apprendimento, le attività di recupero dello svantaggio scolastico, il mastery learning, l'educazione degli handicappati. Gli i., si sostiene, non possono più essere considerati semplici destinatari dell'aggiornamento, ma debbono poter partecipare in prima persona alla ricerca educativa, portandovi il contributo della loro esperienza immediata e il senso della realtà concreta in cui si svolge il lavoro educativo. In tale direzione si auspica l'istituzione dappertutto di centri polifunzionali per i., sul modello degli inglesi Teachers Centers, improntati a uno spirito più empirico e meno centralistico di analoghe iniziative sorte altrove.
Si tratta di istituzioni, operanti fra la singola scuola e l'autorità scolastica locale, dotate di proprie sedi con biblioteca, servizi di documentazione e locali per riunioni. Ivi gli i. possono scambiarsi liberamente le proprie esperienze, attingere informazioni e trovare risposte ai loro quesiti, partecipare con l'assistenza di esperti all'elaborazione di curricoli o di progetti per il miglioramento della pratica educativa. Istituzioni del genere si vanno diffondendo in diversi paesi. In Italia operano, con modalità solo in parte corrispondenti, gli Istituti Regionali di Ricerca, Sperimentazione e Aggiornamento Educativi (IRRSAE), istituiti con d.P.R. 31 maggio 1974 n. 419, dotati di personalità giuridica e di autonomia amministrativa e sottoposti alla vigilanza del ministero della Pubblica Istruzione. A tali istituti compete, oltre alla raccolta e diffusione della documentazione pedagogico-didattica, anche di condurre studi e ricerche in campo educativo, di promuovere e assistere l'attuazione di progetti di sperimentazione nelle scuole, di organizzare iniziative di aggiornamento per gli insegnanti. Compiti più generali di studio e di ricerca ha il Centro europeo dell'educazione, con sede a Frascati, mentre la Biblioteca di documentazione pedagogica, con sede a Firenze, assicura un servizio nazionale di raccolta e valorizzazione del materiale bibliografico d'interesse pedagogico.
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