Innovazioni in tema di tutela della salute
La tutela del diritto alla della salute, definito «fondamentale» dall’art. 32 Cost., trova attuazione nel nostro ordinamento giuridico mediante il Servizio sanitario nazionale (SSN), complesso sistema articolato a livello statale e a livello regionale che, a sua volta, dà luogo a molteplici questioni concernenti la tutela dei diritti e la ripartizione di competenze fra Stato e Regioni. Proprio con riguardo a quest’ultimo profilo si sono registrate specifiche innovazioni concernenti i livelli essenziali di assistenza (LEA) e i piani di rientro. Al fondo delle diverse questioni si delinea il problema di base rappresentato dalla sostenibilità economico-finanziaria del SSN che assicuri effettiva tutela del diritto alla salute nel rispetto della dignità umana.
La tutela della salute garantita dall’art. 32 Cost. pone questioni ricche di implicazioni con riguardo a numerosi temi del diritto costituzionale: dalla tutela dei diritti alla ripartizione di competenze fra Stato e Regioni; da quelli connessi all’azione del potere pubblico nello Stato sociale (quale autorità di regolamentazione, di amministrazione attiva e di prestatore di servizi pubblici) fino a quelli relativi al ruolo del giudice nelle dinamiche dell’ordinamento giuridico. Al fondo delle numerose questioni che ruotano intorno al tema della salute si delinea il problema di base rappresentato dalla sostenibilità economico-finanziaria del Servizio sanitario nazionale (SSN) che assicuri effettiva tutela del diritto alla salute nel rispetto della dignità umana1. Con riguardo al rapporto Stato-Regioni si sono registrate almeno due importanti novità: l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA)2 e l’uscita della prima Regione dal commissariamento in sanità3.
L’art. 1, co. 2, d.lgs. 30.12.1992, n. 502, afferma che il SSN assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche, «i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse». I LEA, la cui individuazione è effettuata «contestualmente» all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al SSN, comprendono i servizi e le prestazioni relative alle aree individuate dal Piano sanitario nazionale. Inoltre sono posti a carico del SSN le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute a fronte delle risorse impiegate, mentre sono esclusi i servizi e le prestazioni che non soddisfano il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza (o la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate) o che non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse o non garantiscono un uso efficiente delle risorse.
La prima definizione dei LEA (ai sensi dell’art. 6, co. 1, d.l. 18.9.2001, n. 347, convertito con modificazioni dalla l. 16.11.2001, n. 405) si è avuta con il d.P.C.m. 29.11.2001 (ma pubblicato in G.U. solo nel febbraio 2002), poi modificato dal d.P.C.m. 28.11.2003 (ed aggiornato con d.P.C.m. del 2007).
Successivamente l’art. 5, co. 1, d.l. 13.9.2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla l. 8.11.2012, n. 189, dispone che («nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica») con d.P.C.m. (da adottare «su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano») si provvede all’aggiornamento dei LEA «con prioritario riferimento alla riformulazione dell’elenco delle malattie croniche», alle «malattie rare» e alla «ludopatia». Il termine (31 dicembre 2012) entro il quale tale disposizione legislativa poneva l’adozione del relativo d.P.C.m. trascorse inutilmente, ma nell’estate del 2014 viene adottato il Patto per la salute 20142016 (l’Intesa venne approvata dalla Conferenza Stato-Regioni il 10 luglio 2014) che, all’art. 1, co. 3, dispone che si provveda all’aggiornamento del d.P.C.m. del 2001 «nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica».
In seguito in tale quadro normativo (già interessato dall’art. 1, co. 556, l. 23.12.2014, n. 190 e dall’art. 9 septies d.l. 19.6.2015, n. 78 convertito con modificazioni dalla l. 6.8.2015, n. 125) interviene l’art. 1, co. 554, l. 28.12.2015, n. 208 che ribadisce che «la definizione e l’aggiornamento dei LEA … sono effettuati con d.P.C.m. su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti commissioni parlamentari». Il successivo co. 556 istituisce (presso il Ministero della salute) la «Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza del SSN», nominata e presieduta dal Ministro della salute e composta dal direttore della Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero medesimo e da 15 esperti (di cui quattro designati dal Ministro della salute, uno dall’Istituto superiore di sanità, uno dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, uno dall’Agenzia italiana del farmaco, uno dal Ministero dell’economia e delle finanze e sette dalla Conferenza Stato-Regioni), competente a monitorare e aggiornare i LEA (formula annualmente una proposta di aggiornamento), anche attraverso la promozione dell’appropriatezza dei servizi assistenziali resi dal SSN.
La Conferenza Stato-Regioni del 7 settembre 2016 (come previsto dall’art. 1, co. dal 553 al 559, l. n. 208/2015) ha approvato l’Intesa (ex art. 54 l. n. 289/2002) sullo schema di d.P.C.m. di aggiornamento dei LEA, che attualmente è sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Nei rapporti fra Stato e Regioni (e in particolare sulla autonomia regionale in materia sanitaria) incide profondamente la disciplina dei cd. piani di rientro (art. 2, co. 77 ss., l. 23.12.2009, n. 191), che oggi interessa quasi la metà delle Regioni italiane. Il piano è parte integrante di apposito “accordo” stipulato dallo Stato e dalla singola Regione e si concretizza in un programma di ristrutturazione volto ad incidere sui fattori di spesa in ambito sanitario. Il piano di rientro infatti è finalizzato a riequilibrare i conti del servizio sanitario della Regione ristabilendone l’equilibrio economico-finanziario mediante la ricognizione (prima) e l’eliminazione (dopo) delle cause che hanno determinato strutturalmente la produzione di significativi disavanzi di gestione. Ma allo stesso tempo il Piano deve assicurare la qualità delle prestazioni. Il Ministero, attraverso il SiVeAS (Sistema nazionale di verifica e assistenza sanitaria) affianca la Regione per aiutarla a raggiungere gli obiettivi previsti dal piano. Con l’affiancamento lo Stato supporta le attività dei servizi sanitari regionali mediante il monitoraggio dei provvedimenti adottati, della attuazione dei medesimi e dei risultati conseguiti.
La disciplina dei piani di rientro si è consolidata progressivamente in una serie di norme succedutesi negli ultimi tre lustri, durante i quali molte Regioni sono entrate nel regime di commissariamento e fino al 2016 nessuna si era rivelata in grado di uscirne, finché nel settembre 2016 il Consiglio dei ministri, verificato il raggiungimento degli obiettivi di riordino dei conti e di performance per qualità e quantità di servizi alla salute, ha deliberato l’uscita dell’Abruzzo (dopo nove anni) dal relativo commissariamento.
Tutti gli osservatori hanno sottolineato che l’aggiornamento dei LEA contenuto nel nuovo d.P.C.m. introduce un cambiamento strutturale importante che impone ai servizi sanitari regionali di ripensare anche il proprio assetto organizzativo. L’aggiornamento dei LEA era previsto nel Patto per la salute 20142016 (che è un accordo finanziario e programmatico tra il Governo e le Regioni, di valenza triennale, finalizzato a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema) e che prevedeva fra l’altro l’aggiornamento dei LEA mediante l’eliminazione delle prestazioni ormai obsolete e l’introduzione di nuove cure (anche per le malattie rare) e l’aggiornamento del nomenclatore (fermo da oltre quindici anni) per garantire protesi moderne.
Il d.P.C.m. (che consta di 64 articoli e di 10 allegati) dopo aver affermato (art. 1) che i LEA assicurati dal SSN si articolano nelle attività e nelle prestazioni assicurate dal decreto medesimo, articola gli stessi nei settori della «prevenzione collettiva e sanità pubblica», della «assistenza distrettuale», della «assistenza sociosanitaria», della «assistenza ospedaliera» e della «assistenza specifica a particolari categorie».
L’intesa consta di 5 articoli che disciplinano in particolare gli aspetti economico-finanziari relativi all’aggiornamento dei LEA (800 milioni di euro nel Fondo sanitario nazionale 2016) e le funzioni della «Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale» e due allegati riguardanti le condizioni di erogabilità relative alle prestazioni di assistenza protesica e dei dispositivi medici monouso e le coperture previste per le nuove politiche vaccinali. Alla commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza del SSN spetta il compito di garantire che l’erogazione dei nuovi LEA avvenga in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Il nuovo d.P.C.m. si presenta complesso sia perché introduce molte innovazioni che impongono di modulare gradualmente l’erogazione delle nuove prestazioni, sia perché richiede un impegno finanziario pluriennale (ed infatti nell’intesa è ribadita la quantificazione del fondo sanitario nazionale 20172018, come da intesa Stato-Regioni dell’11 febbraio 2016 in 113.063 milioni di euro per il 2017, e in 114.998 milioni di euro per l’anno 2018).
I LEA costituiscono il fulcro (o uno dei fulcri) intorno al quale ruota il funzionamento del SSN dal punto di vista sia dell’effettivo godimento del diritto alle cure mediche, che della ripartizione delle funzioni fra Stato e Regioni in materia di prestazioni sanitarie, giacché è questa la sede in cui si concretizzano le prestazioni effettivamente sostenute dal SSN ed in cui si determinano gli oneri delle Regioni e dello Stato, ricadendo sulle prime il compito di assicurare l’erogazione delle singole prestazioni e sul secondo la determinazione del finanziamento del SSN e la verifica dell’appropriatezza delle prestazioni rese da ogni Regione. E la sfida vera appare proprio quella della garanzia della effettività delle prestazioni in un quadro di universalità e di sostenibilità economico-finanziaria del SSN.
Da segnalare infine che la Corte costituzionale (C. cost., sent. 16.6.2016, n. 141, resa in un giudizio di costituzionalità in via principale in cui la Regione Veneto, impugnando la legge di stabilità 2015, lamentava che, pur rimanendo sulle Regioni l’onere di assicurare il finanziamento dei LEA, veniva ridotto il livello del finanziamento statale del SSN a in assenza di aggiornamento dei LEA) ha affermato che la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni «costituisce uno strumento attribuito alla competenza esclusiva statale, da utilizzare per evitare che le Regioni possano fornire servizi inferiori a certi standard minimi» (v. C. cost., 1.7.2015, n. 125; C. cost., 5.5.2014, n. 111; C. cost., 24.7.2012, n. 207) e la determinazione, da parte dello Stato (art. 117, co., lett. m, Cost.) dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale offre alle Regioni un «significativo criterio di orientamento nell’individuazione degli obiettivi e degli ambiti di riduzione delle risorse impiegate, segnando il limite al di sotto del quale la spesa – sempreché resa efficiente – non sarebbe ulteriormente comprimibile» (C. cost. 24.3.2016, n. 65). E con riferimento all’aggiornamento dei LEA da parte dello Stato, la Corte dichiara che, pur essendo «di estrema utilità per orientare le scelte di bilancio delle Regioni, in presenza di interventi statali di coordinamento della finanza pubblica», tale aggiornamento «non può certo assurgere a condizione necessaria per la stessa legittimità dell’intervento statale di ‘‘coordinamento della finanza pubblica’’ nella corrispondente materia».
La Corte costituzionale (C. cost., 11.11.2015, n. 227) ha dichiarato incostituzionale una legge regionale (l. reg. Calabria n. 22/2014) in contrasto con “eventuali” programmi di attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario. Nel caso di specie, la legge della Regione Calabria subordinava la validità della cessione e dei trasferimenti degli accreditamenti e delle autorizzazioni delle strutture sanitarie private alla volturazione regionale: tale disciplina era stata impugnata dallo Stato in quanto «possibile ostacolo alla attuazione del piano regionale di rientro dal disavanzo sanitario» determinando così una violazione dei principi fondamentali per il contenimento della spesa sanitaria.
La giurisprudenza costituzionale ritiene principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall’art. 2, co. 80 e 95, l. n. 191/2009, per cui sono vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli accordi finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e al ripianamento del deficit sanitario (art. 1, co. 180, l. 30.12.2014, n. 311). Tali accordi assicurano la partecipazione delle Regioni alla definizione dei percorsi di risanamento dei disavanzi nel settore sanitario ed escludono che la Regione possa adottare misure (sia amministrative che legislative) incompatibili con gli accordi medesimi. Per la Corte si rivelano illegittime le disposizioni della l. reg. Calabria che, consentendo la cessione degli accreditamenti, potrebbero porsi in contrasto con la proposta di riforma che il Commissario ad acta però non aveva ancora presentato al Consiglio regionale (né alla Giunta regionale) per l’attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario (e che nello specifico prevedeva l’attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali mediante adeguamento della normativa regionale).
La sent. n. 227/2015 se, da un lato, si pone all’interno del consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale sull’obbligo per le Regioni di astenersi dall’adozione di atti normativi o amministrativi che siano di ostacolo all’attuazione del piano di rientro, dall’altro lato segna un ulteriore passaggio nella direzione della compressione della autonomia regionale giacché anche un conflitto solo astratto e potenziale tra legge regionale e percorso di rientro dal deficit sanitario è ritenuto capace di limitare la potestà legislativa regionale. La Corte infatti sanziona la Regione per l’approvazione di una legge che potrebbe porsi in contrasto con «eventuali regimi diversi e più stringenti come quello che il Commissario ad acta dichiara di avere elaborato in adempimento del proprio mandato e che è destinato ad essere sottoposto al consueto procedimento di formazione delle leggi regionali». Nel caso concreto il Commissario ad acta aveva trasmesso ai Ministeri affiancanti (per la preventiva approvazione) una proposta legislativa elaborata su uno schema di legge quadro ricevuto dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e, al momento di approvazione della legge regionale oggetto del giudizio della Corte, ancora in fase di valutazione.
La disciplina dei piani di rientro limita l’autonomia legislativa regionale e la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto conforme a Costituzione tale disciplina giacché l’adozione del piano è frutto di un accordo fra Stato e Regione: e così la Regione sottoposta al piano di rientro del deficit sanitario non può adottare norme che siano di “interferenza” col mandato del Commissario ad acta (C. cost., 9.10.2012, n. 260; C. cost. 14.6.2007, n. 193; C. cost., 14.1.2010, n. 2; C. cost., 17.12.2010, n. 361; C. cost., 11.3.2011, n. 78; C. cost., 18.4.2012, n. 91). Con la sent. n. 227/2015 la Corte giunge a limitare la potestà legislativa regionale anche con riguardo ad un potenziale contrasto con progetti in corso di approvazione e soltanto “elaborati” dal Commissario ad acta (e non ancora approvati dai Ministeri vigilanti, né adottati in via definitiva dal Commissario ad acta, né oggetto di pubblicità legale). La Corte pone dunque un generale obbligo di attesa sul Consiglio regionale su ogni questione oggetto del piano di rientro e dei programmi operativi di attuazione del medesimo. Pertanto, anche se il potere legislativo permane nel Consiglio regionale (dovendosi escludere che il Commissario possa assumere tale potere), l’autonomia legislativa regionale nell’ambito della gestione del servizio sanitario «può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», specie «in un quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (C. cost., 29.5.2013, n. 104).
Note
1 Con riguardo alla tutela del diritto alla salute, v. Mortati, C., La tutela della salute nella Costituzione italiana (1961), ora in Raccolta scritti, Milano, 1972, 433 ss.; Luciani, M., Salute: I) Diritto alla salute -dir. cost., in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991; Caravita, B., Art. 32, in Comm. breve Cost. Crisafulli -Paladin, Padova, 1990; Gallo, C.E.Pezzini, B., Profili attuali del diritto alla salute, Milano, 1998; Bottari, C., Il diritto alla tutela della salute, in I diritti costituzionali, a cura di R. Nania e P. Ridola, Torino, 2006, 1101 ss.; Morana, D., La salute come diritto costituzionale, Torino, 2015; Balduzzi, R., Salute (diritto alla), in Diz. dir. pubbl. Cassese, VI, Milano, 5399 ss.; Politi, F., La tutela del diritto alla salute nella Costituzione italiana, in Lineamenti di diritto sanitario, a cura di F. Marinelli, Pisa, 2016, 7 ss.
2 Sulla disciplina dei LEA v. La sanità italiana tra livelli essenziali di assistenza, tutela della salute e progetto di devolution, a cura di R. Balduzzi, Milano, 2004; Balduzzi, R., I livelli essenziali in sanità, in Le garanzie di effettività dei diritti nei sistemi policentrici, a cura di G. Berti e G.C. De Martin, Milano, 2003; Balduzzi, R., Livelli essenziali e risorse disponibili: un nodo costituzionale?, in Scritti in onore di Angelo Mattioni, Milano, 2011, 57 ss.
3 Sul rapporto Stato-Regioni in materia di assistenza sanitaria v. I servizi sanitari regionali tra autonomia e coerenza di sistema, a cura di R. Balduzzi, Milano, 2005; Trent’anni di Servizio sanitario nazionale, a cura di R. Balduzzi, Bologna, 2009; La Sanità italiana alla prova del federalismo fiscale,a cura di R. Balduzzi, Bologna, 2011; Manuale di diritto sanitario, a cura di R. Balduzzi e G. Carpani, Bologna, 2013; Balduzzi, R., Titolo V e tutela della salute, in Quad. reg., 2002, 65 ss.; Cuocolo, L., La tutela della salute tra neoregionalismo e federalismo, Milano, 2005; Fares, G., Problemi attuali dell’ordinamento sanitario, Napoli, 2013.