TACCONI, Innocenzo
TACCONI, Innocenzo. – Figlio del falegname Francesco e della prima moglie Isabella, nacque a Bologna il 28 marzo 1575 (Zapperi, 1989, p. 19, con genealogia in Appendice).
Dopo essere rimasto vedovo nel 1579, il padre sposò in seconde nozze Prudenza Carracci, sorella di Ludovico. Il Ritratto della famiglia Tacconi, dipinto da Ludovico intorno al 1589-90 (Bologna, Pinacoteca nazionale), include il ritratto di Innocenzo insieme a quelli del padre Francesco, di Prudenza e di Gasparo Filippo, nato nel 1584. Dovette essere in seguito al secondo matrimonio del padre che si aprirono per Innocenzo le porte della bottega dei Carracci. Anziché seguire le orme paterne, come sarebbe successo per Gasparo Filippo, intraprese infatti la carriera di pittore, diventando un fedele interprete del linguaggio di Annibale. Di lui scrisse Filippo Baldinucci in una lettera datata 1681: Innocenzo «non solo copiò bene l’opere del maestro, ma fece assai quadri col disegno di lui» (Baldinucci, 1681-1728, 1975, p. 468).
Le notizie biografiche certe relative a Innocenzo sono scarse. Le fonti antiche lo descrivono come un artista vissuto sostanzialmente all’ombra di Annibale Carracci; la critica moderna e la scoperta di nuovi documenti hanno permesso di ampliare il catalogo delle sue opere e di dare maggiore spessore al suo profilo artistico. Giovanni Baglione suggerisce che l’apprendistato di Innocenzo si svolse con Annibale (1642, p. 312), anche se è probabile che sia stato in realtà Ludovico il suo primo maestro (Zapperi, 1989, p. 111; Giardini, 1995, p. 259). Baglione accenna allo spirito difficile di Innocenzo, definendolo «di natura solitario» e animato «da un suo humore malinconico» (1642, p. 313). Decisamente più negativo è il ritratto che di lui tramandano Giovanni Pietro Bellori e Carlo Cesare Malvasia. Bellori denuncia il cattivo ascendente di Innocenzo su Annibale (un argomento, questo, ripreso poi da Malvasia) e ne critica l’indole invidiosa, che lo avrebbe spinto a contrapporsi agli altri allievi di Annibale attivi nel cantiere romano di palazzo Farnese, nonché allo stesso Agostino Carracci (Bellori, 1672, p. 82). Interessato a monopolizzare il favore del maestro, Innocenzo non si sarebbe dedicato con sufficiente energia allo studio, confidando nei disegni fornitigli da Annibale e nei suoi ritocchi (p. 93). Scrivendo a pochi anni di distanza da Bellori, Malvasia mette in evidenza il «cervello torbido» di Innocenzo, «impastato d’astio e di mal talento». In particolare, gli attribuisce la responsabilità della lite tra Annibale e Agostino, che avrebbe portato quest’ultimo ad abbandonare Roma nel 1599 (Malvasia, 1678, pp. 571 s.; per alcune perplessità su questa ricostruzione si veda Brogi, 1995, p. 49).
Dopo gli anni della formazione bolognese, per i quali non sono rimaste opere, Innocenzo si trasferì a Roma, per lavorare come aiuto di Annibale nel cantiere di palazzo Farnese (per una riflessione sul suo contributo si vedano Tietze, 1906-1907; Briganti, 1987; Ginzburg Carignani, 2000). La data precisa del suo arrivo nella città papale è incerta. Innocenzo potrebbe essere stato uno dei «due giovini» che seguirono Annibale a Roma nell’inverno del 1595 (Pirondini, 1995, p. 9); una lettera di Ludovico Carracci, datata 25 luglio 1598, che cita Innocenzo come ancora a Bologna, sembra tuttavia mettere in dubbio questa tempistica (Gli scritti dei Carracci..., 1990, p. 105). La presenza di Innocenzo è documentata con certezza a palazzo Farnese a partire dal tardo 1598 (Stanzani, 2006, p. 470). Durante i primi anni del soggiorno romano, egli collaborò con Annibale anche ad altre commissioni, dentro e fuori l’Urbe (Brogi, 1995, pp. 29-33; Giardini, 1995, p. 259). Intorno al 1598-99 si colloca la pala carraccesca con la Madonna della manna d’oro con i ss. Francesco e Dorotea per il duomo di Spoleto, che Fabrizio D’Amico (1981, p. 139) vuole realizzata in parte da Innocenzo, mentre Alessandro Brogi (1995, pp. 31 s.) propone come autografo di Innocenzo, benché basata su disegni di Annibale. Tra il 1600 e il 1601 Innocenzo affrescò, sempre su disegni di Annibale, le storie nella volta della cappella Cerasi nella chiesa romana di S. Maria del Popolo.
All’inizio del Seicento, l’arrivo a Roma di una nuova generazione di pittori bolognesi creò un clima di tensione all’interno della bottega di Annibale. L’accesa rivalità, apparentemente fomentata dallo stesso Innocenzo, costrinse Annibale ad allontanarlo dal cantiere farnesiano. In una lettera inviata da Roma l’8 giugno 1602, Ludovico Carracci informava Francesco Brizio di essere in procinto di partire per Bologna accompagnato, tra gli altri, da «messer Innocentio» (Gli scritti dei Carracci..., 1990, p. 110). Il documento sembra corroborare l’ipotesi che Innocenzo sia tornato nella città natale a questa data; probabilmente si trattò di un breve soggiorno, perché la notizia non è avallata da altre testimonianze archivistiche, né dalla presenza di opere da lui eseguite intorno al 1602 a Bologna (Brogi, 1995, p. 46). È possibile che i rapporti con Annibale non si interrompessero mai del tutto, se è vero che, come propone Clare Robertson (2008, pp. 186 s.), Innocenzo collaborò alla realizzazione della pala di altare raffigurante la Nascita della Vergine (Parigi, Musée du Louvre), commissionata da Cesare d’Este ad Annibale nel 1605 e lasciata incompiuta da quest’ultimo per motivi di salute.
Oltre alla volta della cappella Cerasi, altro punto fermo nella biografia artistica di Innocenzo è la pala con l’Assunzione della Madonna, datata 1603 e collocata nella chiesa di S. Alessandro a Lucca (ora a Liverpool, Walker Art Gallery, mentre l’originale è stato sostituito da una copia, probabilmente di mano di Innocenzo; per entrambe le opere si veda Schleier, 1971).
Malgrado l’allontanamento dalla bottega di Annibale, Innocenzo sembra aver goduto di una discreta reputazione a Roma, come suggerisce il fatto che continuò a ricevere importanti commissioni. Nel 1604 eseguì il ritratto di Maffeo Barberini, che rimane al momento l’unico episodio noto della sua produzione di ritrattista (Brogi, 1995, p. 40). Nel 1613-14 il cardinale Scipione Borghese gli affidò l’esecuzione di una pala per l’altare maggiore della basilica di S. Sebastiano fuori le mura, chiesa che era stata oggetto di un radicale intervento di restauro promosso dallo stesso prelato tra il 1607 e il 1613. Per questa opera, eseguita ad affresco e raffigurante la Crocifissione, l’artista ricevette un pagamento di 50 scudi il 29 luglio 1614 (D’Amico, 1981, pp. 142 s.; Brogi, 1995, p. 41; per il documento relativo: Fumagalli, 1990, p. 80).
Nel 1618-19 Innocenzo eseguì gli affreschi con Scene della vita di s. Andrea nella volta della cappella della Compagnia dei Pescivendoli nella chiesa di S. Angelo al portico di Ottavia (D’Amico, 1981, pp. 143 s.). Intorno agli stessi anni dipinse per il duomo di Tivoli una pala raffigurante il Martirio di s. Lorenzo (Brogi, 1995, p. 43).
Nel 1622 l’Arciconfraternita di S. Giuseppe dei catecumeni e neofiti gli commissionò quella che, a tutt’oggi, è la sua ultima opera documentata, ovvero una pala di altare per la cappella Baccini nella chiesa romana della Madonna dei Monti (i documenti di archivio relativi sono stati resi noti per la prima volta da Guerrieri Borsoi, 1995; la trascrizione completa del contratto per la pala si trova in Wood, 2001, che ha ripercorso l’intera vicenda credendo si trattasse di un episodio ancora inedito). Il 5 giugno 1622 (Guerrieri Borsoi, 1995, p. 117; in Wood, 2001, compaiono due diverse date, il 15 giugno a p. 14, e il 5 giugno a p. 18), Arcangelo Mandosi, a nome dell’Arciconfraternita, e Innocenzo stipularono un contratto che prevedeva l’esecuzione di una Madonna col Bambino e s. Carlo Borromeo. La consegna dell’opera fu fissata entro il mese di novembre dello stesso anno e il compenso pattuito fu di 30 scudi.
Il nome di Innocenzo appare nei libri dell’Accademia di S. Luca nel 1607 e nel 1610 secondo il contenuto della scheda compilata da Friedrich Noack, conservata presso la Biblioteca Hertziana di Roma (citata in D’Amico, 1981, p. 146); risulta inoltre inserito nell’elenco dei professori dell’Accademia vissuti durante il pontificato di Urbano VIII (Brogi, 1995, p. 29).
Secondo Baglione, Innocenzo avrebbe abbandonato gli strepiti della vita romana per ritirarsi in un «luogo fuori di Roma», dove sarebbe morto in età ancora «fresca» (1642, p. 313). La testimonianza risulta almeno parzialmente non attendibile. Nel 1625, all’età ormai matura di 50 anni, Innocenzo infatti abitava ancora a Roma, nella parrocchia di S. Andrea delle Fratte (D’Amico, 1981, p. 146).
S’ignorano al momento luogo e data della sua morte.
Il catalogo di Innocenzo, ricostruito perlopiù su base stilistica intorno alle poche opere databili con certezza, è ancora frammentario. Per un’attenta discussione critica dei dipinti a lui attribuiti o attribuibili, si rimanda soprattutto a F. D’Amico (1981 e 1982) e A. Brogi (1995 e 1996).
Fonti e Bibl.: G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti..., Roma 1642, pp. 312 s.; G.B. Bellori, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, I, Roma 1672, pp. 82, 93 s.; C.C. Malvasia, Felsina pittrice, I, Bologna 1678, pp. 571 s.; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728), VI, Appendice con nota critica e supplementi per cura di Paola Barocchi, Firenze 1975, p. 468; H. Tietze, Annibale Carracis Galerie im Palazzo Farnese und seine römische Werkstätte, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses, XXVI (1906), pp. 137 s.; E. Schleier, I. T. 1603, in The Burlington Magazine, CXIII (1971), pp. 661-669; F. D’Amico, Per I. T., in Ricerche di storia dell’arte, 1981, nn. 13-14, pp. 139-150; Id., Due dipinti bolognesi nelle collezioni dei Musei Vaticani, ibid., 1982, n. 17, pp. 81-84; G. Briganti, Nuove indagini sulla galleria Farnese, in Gli amori degli Dei. Nuove indagini sulla galleria Farnese, a cura di G. Briganti - A. Chastel - R. Zapperi, Roma 1987, pp. 42 s.; R. Zapperi, Annibale Carracci: ritratto di artista da giovane, Torino 1989, pp. 19, 111; E. Fumagalli, Guido Reni (e altri) a San Gregorio al Celio e a San Sebastiano fuori le mura, in Paragone. Arte, XLI (1990), 483, pp. 67-84; Gli scritti dei Carracci. Ludovico, Annibale, Agostino, Antonio, Giovanni Antonio, a cura di G. Perini, Bologna 1990, pp. 105, 110; A. Brogi, I. T. e l’officina classicista: un’eredità dilapidata, in Paragone. Arte, XLVI (1995), 539, pp. 27-57; C. Giardini, I. T., in La scuola dei Carracci. I seguaci di Annibale e Agostino, a cura di E. Negro - M. Pirondini, Modena 1995, pp. 259-271; M.B. Guerrieri Borsoi, Un’eredità e i suoi frutti: opere di Giovanni da San Giovanni e I. T. nella cappella Baccini in Santa Maria dei Monti a Roma, in Paragone. Arte, XLVI (1995), 543-545, pp. 115-125; La scuola dei Carracci. I seguaci di Annibale e Agostino, a cura di E. Negro - M. Pirondini, Modena 1995 (in partic. M. Pirondini, Annibale e compagni, pp. 9-14; C. Giardini, I. T., pp. 259-271); A. Brogi, Due questioni carraccesche, in Nuovi studi, I (1996), 1, pp. 115-123; S. Ginzburg Carignani, Annibale Carracci a Roma. Gli affreschi di palazzo Farnese, Roma 2000, pp. 59-61, 122 s., 165; C.H. Wood, Giovanni da San Giovanni and I. T. at the Madonna dei Monti, Rome, in The Burlington Magazine, CXLIII (2001), pp. 11-18; A. Stanzani, Regesto documentario, in Annibale Carracci, a cura di D. Benati - E. Riccomini, Milano 2006, pp. 465-479; C. Robertson, The invention of Annibale Carracci, Cinisello Balsamo 2008, pp. 106, 125, 127 s., 130, 160, 172, 174, 179, 186 s., 194, 203.