RINGHIERI, Innocenzo
RINGHIERI (Renghieri, Ringhiera, Aringhiera), Innocenzo. – Nacque a Bologna in data incerta, forse ai primi del XVI secolo.
Incerte risultano le notizie sulla vita. Appartenne a una distinta famiglia bolognese: figlio di Gaspare, senatore della città, e di Ginevra Volta, sposò Dorotea Banzi (Banci). Fonti lo indicano ‘cavaliere’ e ‘accademico’. Risulta annoverato tra gli ‘anziani consoli’ di Bologna nell’ultimo bimestre degli anni 1545 e 1549. Nel 1553 ricevette la nomina di cancellarius supernumerarius. Documenti notarili registrano attività commerciali di Ringhieri dagli anni Venti agli anni Settanta del secolo.
La sua produzione letteraria conta poche, ma significative opere. Al 1543 risale la princeps di Il Sole (Roma, Antonio Blado), testo che ebbe una ristampa presso lo stesso editore nel 1550 (ma nel colophon si legge: 1543).
Si tratta di un dialogo nel quale interlocutori allegorici sono la Diligenza e l’Ozio, offerto a Paolo III e con dedicatoria a monsignor Guido Ascanio Sforza. Vi si disserta, con erudizione astronomica, su temi d’interesse scientifico nel Cinquecento europeo. Nel testo Ringhieri risulta legato al neoplatonismo ficiniano. L’opera è citata anche nella Bibliographie astronomique… di Jérôme de Lalande (Paris 1803, p. 71).
Nell’ambito della trattatistica rinascimentale sull’ars moriendi vanno ricondotti i sette Dialoghi della Vita, et della morte (Bologna, Ascanio Giaccarello, 1550), dedicati al cardinale Cornelio Cornaro. Il testo ebbe anche un’edizione francese curata da Jehan Louveau (Lione, R. Granjon, 1557; con due ristampe: nel 1558, presso lo stesso stampatore, e nel 1562, sempre a Lione, presso A. Vollant et Th. De Straton).
Il colloquio tra le personificazioni della Vita e della Morte diviene occasione, forse memore delle medievali psicomachie, di «verifica agonale delle verità di fede» (Girardi, 1989, p. 249). Nel primo dialogo, incentrato sui ‘segreti’ dell’aldilà e del mondo degli inferi, la disputa è dominata dal gusto per il macabro e l’orrido. Mentre il secondo dialogo si risolve in un inno intonato dalla Vita sia alle bellezze e ai diletti della natura sia alle opere gloriose e ingegnose dell’uomo, il terzo cerca di dare un significato all’esistenza assimilata, per bocca della Morte, a una rappresentazione tragica sul teatro del mondo. Contrapposta ai vani piaceri mondani (secondo cadenze pliniane e tessere erudite di matrice senecana), l’unica salvezza per gli uomini risiede nella sapienza religiosa. Il quarto e il quinto dialogo affrontano il tema dell’immortalità dell’anima. Nel sesto dialogo la discussione viene ricondotta al «gratioso ragionare» attraverso lo ‘strumento’ della fede. Chiude l’opera – nel settimo dialogo – la ricomposizione della diatriba attraverso la meditatio spirituale che si fa «silenzio» mistico.
Nel 1551, sempre a Bologna, presso Giaccarelli, videro la luce i Cento giuochi liberali, et d’ingegno. L’opera ebbe due ristampe: a Venezia, per Giovan Maria Bonelli, nel 1553, e a Bologna, per Giovanni Rossi, nel 1580. Esiste anche una traduzione francese (parziale) di Hubert-Philippe de Villiers (Lione, Charles Pesnot, 1555, ristampata nel 1558).
Il testo conobbe fortuna sia nella cultura felsinea – è citato, ad esempio, da Giulio Cesare Croce in La libraria… (Bologna, Giovanni Rossi, 1592, p. 8) –, sia fuori di essa: nel Novecento presso la ‘casa veneziana’ di Vittorio Cini era custodita una copia del testo appartenuta a Renata di Francia, duchessa di Ferrara, mentre nella Biblioteca nazionale di Parigi si conserva un esemplare della princeps posseduto da Michel de Montaigne, con la sua firma autografa sul frontespizio. E forse il testo di Ringhieri era presente alla memoria colta di Torquato Tasso durante la scrittura del dialogo Il Romeo overo del giuoco nel 1581, revisionato, poi, e dato alle stampe come Il Gonzaga secondo overo del giuoco (Venezia, B. Giunti, 1582). Fu anche antecedente erudito di Charles Sorel in La Maison des Ieux… (Paris, N. de Sercy, 1642).
I Cento giuochi s’inseriscono nella tradizione della letteratura cortigiana d’intrattenimento. Ringhieri premette al testo una doppia dedica – in versi e in prosa – a Caterina de’ Medici, regina di Francia, che anticipa la presenza nell’opera anche di componimenti lirici. Segue un omaggio a Luigi Alamanni, esule fiorentino alla corte di Francia, con il quale Ringhieri aveva intrecciato un rapporto di amicizia. I Cento giuochi – tutti dedicati alle donne ‘di palazzo’ –, si presentano ripartiti in dieci libri (dieci per ciascun libro), e in chiusura di ogni libro sono inserite le liriche (il componimento che chiude il primo libro venne compreso nella Seconda parte delle Stanze di diversi Autori, Venezia, Giolito, 1563, rist. 1572, pp. 200-204).
La struttura del testo (insieme alla presenza di una ‘cortese brigata’) dichiara subito il debito nei confronti del modello boccacciano, a cui, però, si deve aggiungere anche quello verso Francesco Petrarca per la scrittura delle liriche. Ringhieri ricorre a fonti antiche e moderne senza dimenticare autori a lui più vicini, come quando, a proposito di Proteo, cita l’interpretazione del simbolo data da Achille Bocchi (con dedica a Renata di Francia) nelle Symbolicae quaestiones, quattro anni prima che il testo venisse pubblicato, dimostrando così il felice contatto ch’egli poteva vantare con la vita culturale bolognese del tempo. Il testo, privo di un rilevante apparato iconografico, prevede che ogni gioco sia organizzato, dopo la lode alle donne, in istruzioni e regole, spiegate secondo cadenze che dal didascalico muovono verso toni teatrali, e in ‘dubbi’ da risolvere alla fine, per riscattare i pegni. Occasione, questa, capace di dare avvio a gare d’ingegno, in diverse forme e su un’estrema varietà di contenuti che interpellano, di giocatore in giocatore, tutta l’enciclopedia del sapere. Nella Dedica l’autore manifesta il desiderio di realizzare un’altra opera per offrire la soluzione di tutte le questioni proposte nel volume. Edito negli stessi anni in cui Giovanni Della Casa era impegnato nella stesura del Galateo, l’opera trova il suo significato culturale tra il Cortegiano (1528) di Baldassarre Castiglione e la Civil conversazione (1574) di Stefano Guazzo.
Ultima fatica di Ringhieri risulta il volgarizzamento (completo) del libro dei Salmi, stampato a Bologna da Pellegrino Bonardo. Probabilmente edito tra il 1555 e il 1556, durante il vicelegato felsineo di Lorenzo Lenzi (Lenci), che ne autorizzò la stampa (come risulta dal colophon), l’opera s’inserisce nella tradizione cinquecentesca delle riscritture in ottave ‘narrative’ dei Salmi. Il testo vide la luce negli anni precedenti l’Indice paolino, con l’imprimatur ecclesiastico. Tuttavia, anche se esso risultava in linea con il magistero teologico di Roma, il regime rigoristico, instauratosi dagli anni Settanta, lo fece porre tra i volumi sottoposti a censura.
Francesco Saverio Quadrio attribuisce a Ringhieri anche le liriche che nel Libro quarto delle Rime di diversi eccellentissimi autori nella lingua volgare. Novamente raccolte (a cura di E. Bottrigari, Bologna, Anselmo Giaccarello, 1551, pp. 217-219 e 224-228) sono rubricate sotto ‘Cavalier Renghieri’; Giuseppe Fantuzzi propose, invece, come autore dei versi un Lorenzo Ringhieri.
Non si conosce la data di morte, avvenuta forse dopo gli anni Settanta del XVI secolo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Fondo Ringhieri, b. 4 (lib. D, n. 31), 19 maggio 1529; b. 5 (lib. E, n. 12), 15 maggio 1542 (testamento di Gaspare, copia in Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Fondo Speciale Baldassarre Antonio Maria Carrati, Testamenti, b. XIII, 15 maggio 1542); b. 5 (lib. E, n. 49), 16 aprile 1547; b. 6 (lib. F, n. 50), 21 febbraio 1559; b. 7 (mancano lib. e n.), 12 maggio 1569; b. 8 (lib. H, n. 72), 24 novembre 1579 (documenti su Ringhieri); b. 9 (lib. I, n. 66), 11 luglio 1587 (‘restituzione’ della ‘dote’ matrimoniale da parte di Dorotea, che si risposò con A. Guidotti); Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B. 698 II, Fondo speciale Baldassarre Antonio Maria Carrati, Genealogie, I, 98 (albero genealogico della famiglia); Parigi, Bibliothèque nationale de France, Français 20535 (Recueil […] Gaignères 423), XXXVI Lettres adressées pour la plupart au duc de Guise (1557-1559), ad ind. (lettera); B. Fontana, Renata di Francia duchessa di Ferrara…, III, Roma 1899, pp. XXI, XXXVII, XXXVIII, XLII (su contatti di Ringhieri con la cultura «calvinista» di Renata di Francia).
Per i dati biografici si vedano: A. Orlandi, Notizie degli scrittori bolognesi e dell’opere loro stampate e manoscritte, Bologna 1714, p. 186; G.N. Pasquali Alidosi, I signori anziani consoli e gonfalonieri di giustizia della città di Bologna, Bologna 1770, pp. 90, 94; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 194-196; T.F. Crane, Italian social customs of the sixteenth century and their influence on the literatures of Europe, New Haven (Conn.) 1920, p. 285. Per la critica si vedano: F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia volumi quattro…, II, Bologna 1741, p. 356; A. Tenenti, Il senso della morte e l’amore della vita nel Rinascimento (Francia e Italia), Torino 1957, 19892, pp. 303 e 309 s.; T. de Marinis, Legatura artistica fatta per Renata di Francia duchessa di Ferrara, in Gutemberg Jahrbuch, 1964, vol. 39, pp. 373 s.; M.P. Lerner, “Sicut nodus in tabula”: de la rotation propre du soleil au seizième siècle, in Journal for the history of astronomy, XI (1980), 2, pp. 114-129; F. Lecercle, La culture en jeu. Innocenzo Ringhieri et le pétrarquisme, in Les jeaux à la Renaissance, Actes du XXIII Colloque international d’études humanistes, Tour… 1980, a cura di P. Ariès - J.-C. Margolin, Paris 1982, pp. 185-200; P. Pissavino, Lodovico Zuccolo. Dall’audizione a corte alla politica, Firenze 1984, pp. 52-54; R. Girardi, La società del dialogo. Retorica e ideologia nella letteratura conviviale del Cinquecento, Bari 1989, pp. 249-258; I. Ringhieri, Cento giuochi liberali e d’ingegno, a cura di C. Monari, Foggia 1990; R. Lencioni Novelli, Un trattato in forma di gioco. I Cento giuochi liberali e d’ingegno di I. R., in Passare il tempo: la letteratura del gioco e dell’intrattenimento dal XII al XVI secolo, Atti del Convegno, Pienza… 1991, II, Roma 1993, pp. 691-706; L. Bolzoni, La stanza della memoria. Modelli letterari e iconografici nell’età della stampa, Torino 1995, pp. 124-126; T. Tasso, Dialoghi, a cura di G. Baffetti, introduzione di E. Raimondi, I, Milano 1998, p. 507; C. Lastraioli, ‘Libri-gioco’ e libri sul gioco illustrati del Rinascimento, in Lettere e arti nel Rinascimento, Atti del X Convegno internazionale, Chianciano-Pienza… 1998, a cura di L. Secchi Tarugi, Firenze 2000, pp. 387-413; G. Fragnito, Proibito capire. La Chiesa e il volgare nella prima età moderna, Bologna 2005, pp. 209 s.; A. Quondam, Note sulla tradizione della poesia spirituale e religiosa, in Studi (e testi) italiani, XVI (2005), pp. 127-282; A. Guetta, The Italian translation of the Psalms by Judah Sommo, in Giuseppe Veltri, Rabbi Judah Moscato and the jewish intellectual world of Mantua in the 16th-17th centuries, a cura di G. Veltri - G. Miletto, Leiden-Boston 2012, pp. 290 s.