CONTI, Innocenzo
Nacque a Roma l'8 febbr. 1731 da Stefano, duca di Poli e Guadagnolo, e da Maria Vittoria Ruspoli; fu fratello di Michelangelo, ultimo duca della famiglia. Nel 1747 entrò in prelatura e il 27 apr. 1752 si laureò a Roma, alla Sapienza, in utroque iure.
Iniziò la carriera curiale sotto il pontificato di Benedetto XIV; dal 1760 al 1764 fu con Clemente XIII segretario della Congregazione delle Indulgenze e delle Sacre Reliquie; dal 1764 fu uditore rotale. Clemente XIV il 26 nov. 1769 lo destinò nunzio in Portogallo e il 3 dicembre dello stesso anno lo nominò arcivescovo titolare di Tiro. Il 3 genn. 1770 il C. fu designato ufficialmente ad occupare la nunziatura di Lisbona, rimasta vacante da quando monsignor Acciaiuoli era stato espulso dal governo portoghese (2 ag. 1760) in seguito ai contrasti sorti con la S. Sede dopo la cacciata dei gesuiti dal regno. La scelta del C. non fu casuale: il governo portoghese lo preferì tra quattro nominativi perché "nello scorso pontificato era stato negletto e trascurato per essere antigesuita" (Gasperoni, p. 162). Per lo stesso motivo già durante il conclave l'ambasciatore francese Aubeterre aveva pensato al C. come possibile segretario di Stato. Inoltre Carvalho (il futuro marchese di Pombal) doveva ben sapere che il C., per la debolezza del carattere, non avrebbe posto intralci al suo programma antiromano.
La data del 26 novembre per la nomina del C. a nunzio coincideva volutamente con quella della presa di possesso del Laterano da parte del nuovo pontefice, che desiderava sottolineare la sua volontà di accomodamento con le corti. Inoltre il 18 dicembre questi creò cardinale il fratello del ministro, Paulo Carvalho. La volontà di pace del pontefice sembrò compromessa il 3 dicembre da un attentato a Lisbona contro il re, di cui furono subito accusati i gesuiti. Superato anche questo intralcio il C. si apprestava a partire quando fu nuovamente posta sul tappeto la questione del vescovo di Coimbra, Miguel da Cunha, che il Pombal nel 1768 aveva deposto perché aveva condannato gli scritti di Voltaire, Rousseau e Febronio, imprigionandolo con l'accusa di delitto di Stato.
Il C. si mise in viaggio solo il 3 febbr, 1770. Alla metà di marzo era a Torino, nel passare i Pirenei si ammalò, per cui restò a Gerona dal 22 aprile al 5 maggio; il 22 era a Barcellona, il 5 giugno a Madrid e finalmente il 28 giugno giunse a Lisbona. Clemente XIV gli aveva assegnato un appannaggio di ben 60.000 lire per farlo comparire a corte con grande splendore. Il C. fu ricevuto con molta solennità: un intero reggimento - e non un reparto come nel passato - lo accolse alla frontiera; per attraversare il Tago il re gli mise a disposizione la sua galea e poi la carrozza di gala. Il 4 luglio fu ricevuto dal re e dalla regina che lo incaricarono di manifestare pubblicamente il loro attaccamento alla S. Sede; l'11 luglio dal Pombal che gli attestò la sua buona disposizione per il ristabilimento della pace con Roma. Nei suoi dispacci alla segreteria di Stato il C. si dichiarava soddisfatto per l'andamento generale della situazione e sottolineava la sincerità di intenti dei sovrani e del primo ministro. Incoraggiato, il 10 agosto il C. espose al Pombal le gravi conseguenze derivate dall'interruzione dei rapporti con Roma. Molti vescovi infatti avevano concesso ogni tipo di dispensa matrimoniale anche nei vari gradi di parentela con la clausola "perdurando l'impedimento del libero ricorso alla S. Sede" e continuavano, anche in presenza dei nunzio, ad arrogarsi questo diritto. Il C. pregava il Pombal di porre fine a tale stato di cose: costui promise, ma temporeggiò, finché il 23 agosto comunicò al C. che il re acconsentiva alla riapertura del tribunale della nunziatura e che l'editto del 4 ag. 1760 era stato sospeso. Il C., nel darne comunicazione a Roma, dovette giustificare la decisione della sola sospensione, dichiarando che la revoca dell'editto avrebbe intaccato il prestigio del re. Frattanto il papa aveva dato un'altra prova della sua buona volontà elevando il 6 ag. 1770 alla porpora João da Cunha, fratello del ministro degli Esteri portoghese, e nominando i titolari di sei sedi episcopali. Ma il Pombal prolungava ancora le trattative chiedendo nuove concessioni, quali la soppressione di alcuni conventi al fine di incamerarne le rendite, e non solo l'amnistia, ma addirittura l'assoluzione da ogni accusa e il conferimento del Toson d'oro allo stampatore Pagliarini scomunicato per aver pubblicato vari opuscoli contro i gesuiti e la Curia; di contro il Pombal si rifiutava di liberare l'arcivescovo Miguel da Cunha.
Ingannato dalle promesse del ministro e abbagliato dalle sontuose accoglienze che costui gli riservava sia a Lisbona sia nella sua villa di campagna, il C. coltivò speranze infondate trasmettendo alla Curia notizie fuorvianti: "Le attenzioni che mi dimostra il Pombal sono incredibili... la sua cordialità mi obbliga alla riconoscenza più sincera" scriveva a Roma il 28 luglio 1772 (Pastor, XVI, 2, p. 99). Il re si limitava ad ordinare ai vescovi di ristabilire alcune formule rispettose dell'autorità della S. Sede, e a ripristinare alcune tasse in favore dei tribunale della nunziatura. Certo qualche dubbio sull'efficacia dell'azione del C. sorgeva a Roma, ma la fiducia e la debolezza di carattere del pontefice finivano con l'avere la meglio. Al C. toccò barcamenarsi intorno alla questione degli altri Ordini religiosi presenti in Portogallo dopo l'espulsione dei gesuiti, che secondo il disegno del Pombal avrebbero dovuto essere ridotti in completa dipendenza del governo. Inoltre il C. dovette comunicare con sgomento la pubblicazione della raccolta di tutte le leggi e ordiname emanate per limitare i diritti della Chiesa a favore del re, la sopravvivenza della Regia Commissione di censura istituita nel 1768 e l'acquiescenza dell'Inquisizione allo Stato, che permetteva la diffusione di libri antiecclesiastici; nonché la riforma in senso antiromano dell'università di Coimbra.
Di fronte a questi avvenimenti il C. dovette accorgersi che la riapertura della nunziatura non aveva migliorato i rapporti tra Portogallo e Roma. Fu perciò con grande gioia che, nominato cardinale in pectore il 23 sett. 1771 su raccomandazione del Pombal, ebbe notizia della pubblicazione avvenuta il 19 apr. 1771 che preannunciava la fine della sua nunziatura. Prima che venisse designato il suo successore il C. fu informato dal re del decreto di soppressione della Compagnia di Gesù emanato nel luglio da Clemente XIV; grande fu il giubilo in Portogallo e il 29 e 30 settembre e il 1° ottobre in tutte le chiese di Lisbona si tenne un solenne Te Deum a cui il corpo diplomatico non fu invitato; ma il C., con soddisfazione dei governo portoghese, vi intervenne. Il 2 ott. 1773 venne nominato nunzio a Lisbona monsignor B. Muti, che il C. attese per le consegne fino alla primavera successiva raccomandandogli la massima prudenza verso il governo portoghese "geloso e irritabile, al più alto grado" (Pastor, XVI, 2, p. 104).
Tornato a Roma, il C. godette non solo della protezione del Portogallo, ma anche di quella di Francia e Spagna. Così fu anche nel conclave che seguì la morte (22 sett. 1774) di Clemente XIV.
Scriveva infatti il conte di Floridablanca ambasciatore spagnolo a Roma il 16 febbr. 1775: "el cardinal Conti... nos ha sido sumamente fiel, y desea siempre nos sea grato" (Pacheco, p. 510). A Roma si riteneva che il C. avrebbe rappresentato il Portogallo in conclave nella speranza di ottenerne il protettorato vacante per la morte di Neri Corsini. I dispacci del Floridablanca lo danno tra i favoriti della Spagna e della Francia; a nove giorni dall'apertura dei conclave il suo nome entrò in una lista di papabili di "seconda categoria". Negli scrutini egli giunse ad ottenere tredici voti, di cui due provenienti dal gruppo degli zelanti; ma certo non aveva la statura per salire al soglio pontificio. L'agente imperiale cavalier G. F. Brunati nelle sue considerazioni a Giuseppe II così lo descrive: "Conti aime les lettres et les dames, bien qu'ignorant et rigide. Il brula pour les jésuites, il brule pour les Bourbons" (Petruccelli, p. 216).
Eletto Pio VI, il C. ricevette il 3 apr. 1775 il titolo di S. Silvestro in Capite da cui fu trasferito il 15 dic. 1783 a quello di S. Maria in Aracoeli. Inoltre il pontefice, dopo che il suo nome era stato in ballottaggio per la Dataria, lo creò il 3 marzo 1775 segretario ai Brevi su pressioni portoghesi. Fece parte delle Congregazioni per i Vescovi, dei Riti, del Concilio, delle Indulgenze e delle Reliquie. In qualità di segretario ai Brevi dimostrò la sua buona disposizione verso la corte di Vienna nella questione della diminuzione dei giorni festivi nel culto di rito greco.
Il C. morì nella villa di famiglia di Frascati il 15 nov. 1785 e fu sepolto nella sua chiesa titolare di S. Maria in Aracoeli.
Il C. fu protettore di Anagni, Narni, dei cappuccini, dei monaci di Montevergine, nonché di ospedali, monasteri e luoghi pii. Nel 1786 la Biblioteca Vaticana acquistò per 250 scudi i libri a penna appartenuti al C., fra cui i due Ebraici 485 e 486, contenenti un Pentateuco con la versione letterale latina. Il C. infatti aveva coltivato le lettere e in particolare l'archeologia ed era stato lucumone dell'Accademia Etrusca.
Fonti e Bibl.: Collecão dos negocios de Roma, Lisboa 1874, III, e App., passim;A. Cappellan, Cardinalium S. R. E. imagines, Romae s.d., III, f. 128; A. Theiner, Storia del pontif. di Clemente XIV, Firenze 1854, p. 162; F. Petruccelli della Gattina, Histoire des conclaves, IV, Bruxelles 1866, p. 216; I. Carini, La Biblioteca Vaticana, Roma 1892, p. 123; G. Cascioli, Mem. stor. di Poli, Roma 1896, pp. 231 s.; L. Karttunen, Les nonciatures apostol. permanentes, Genève 1912, p. 239; E. Pacheco y de LeVva, El conclave de 1774 a 1775, Madrid 1915, ad Indicem;L. von Pastor, Storia dei Papi, XVI, 2-3, Roma 1933-34, ad Indicem;G. Gasperoni, Settecento ital., Padova 1941, p. 162; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., XIII, col. 787.