CAPPA, Innocenzo
Nato a Torino il 5 ag. 1875, da Domenico, funzionario di polizia (che lasciò un suo libro: Trentadue anni di servizio nella polizia italiana: memorie..., a cura di G. Arrighi, Milano 1891-93), e da Benedetta Montegrandi, fu l'ultimo di otto figli.
Trasferitosi con la famiglia a Milano, frequentò successivamente il ginnasio Beccaria, poi il Manzoni e il Parini. Quindi si laureò in legge a Pavia. Fin dagli anni giovanili cominciò a interessarsi di politica e, in polemica con le idee paterne, si rivelò ben presto fervente mazziniano. L'attività politica e quella forense misero in risalto e fecero conoscere a un pubblico sempre più vasto le sue eccezionali qualità oratorie. Fece il suo tirocinio nello studio di noti avvocati, ma l'avvocatura, che egli pur esercitò per parecchi anni, non gli dette le soddisfazioni attese e finì poi con l'abbandonarla. Si impegnò invece nella carriera politica e in quella giornalistica. A quindici anni aveva già fatto il suo esordio su alcuni fogli repubblicani; era successivamente diventato direttore di un altro giornale repubblicano, Il Crepuscolo. Dal 1900 al 1904 diresse l'Italia del popolo, chiamata anche l'"Italietta", primo foglio del partito repubblicano di Milano.
A quegli anni risalgono i suoi exploits teatrali, accolti dal pubblico con scarso successo, o non rappresentati affatto. Nel 1904scrisse, in collaborazione con E. Re, Il Redentore (Pavia 1908); nel 1905, assieme al poeta G. P. Lucini, si cimentò in un poema drammatico Il tempio della gloria, e suo è anche il libretto de L'arciere, con musica di A. Massari.
Il 1905 segna anche la data del primo dei viaggi che il C. compirà nell'America latina, dove fu invitato dalla colonia italiana, a cui era arrivata la sua fama di oratore, per commemorare Mazzini. A detta dello stesso C., nelle sue Confessioni di un parlatore (Milano 1938), egli pronunciò nel corso della sua vita dai quattro ai cinque mila discorsi: discorsi prevalentemente di carattere politico, ma anche commemorativi, encomiastici, spesso improvvisati all'ultimo momento, grazie all'eccezionale versatilità che lo distingueva.
Nel 1911, allo scoppio della guerra libica, il C. assunse un atteggiamento favorevole all'intervento, rischiando di essere espulso dal partito repubblicano che aveva preso una posizione avversa all'impresa. Questo però non gli impedì di far parte del collegio di difesa di F. Corridoni, assieme agli avvocati Bentini, Magno, Testori, Rugarli Boriosi, Re, Libero, Merlino e Tucci, quando il sindacalista venne arrestato il 25 sett. 1911, sotto l'accusa di eccitamento all'odio di classe e disobbedienza, per aver arringato la folla incitandola allo sciopero generale contro la guerra. Nel 1913 il C. iniziò la sua carriera parlamentare: venne eletto deputato nel collegio di Corteolona con programma repubblicano in sostituzione del defunto on. Romussi.
Durante la guerra, ufficiale dell'esercito, fu chiamato al ministero della Guerra per far opera di propaganda presso i soldati al fronte, e in questa veste si recò non solo sul fronte italiano, ma anche fra i soldati francesi e inglesi. La sua abilità oratoria gli valse, però, un incarico ben più impegnativo. All'indomani della rivoluzione russa, durante il governo Kerenskij, l'Intesa, preoccupata per le dichiarazioni dei nuovi dirigenti russi che si proclamavano favorevoli a una pace senza annessioni e senza indennità, decise di inviare, nei mesi di giugno-luglio 1917, una delegazione esplorativa comprendente Thomas, Moutet, Cachin per la Francia, Henderson per l'Inghilterra, Vandervelde per il Belgio, Raimondo, Lerda, e il C. per l'Italia. Di questa missione vi sono accenni negli articoli che C. pubblicava per il Mondo, di cui in quegli anni curava la rubrica "Tra la cronaca e la storia". Comunque ben poco si sa sui contatti avuti dalla delegazione e sul suo esito.
Dopo la guerra, nel 1919, il C. si ripresentò alle elezioni, ma risultò sconfitto. Quando, però, nel 1921, Giolitti, deluso nelle sue speranze di una spaccatura a destra del partito socialista e di un suo conseguente accordo con l'ala riformista, presentò i Blocchi nazionali, che vedevano riunite tutte le forze antisocialiste, dai liberali ai fascisti, il C. rientrò alla Camera nella lista nazionale di Milano, su posizioni decisamente filofasciste. Nel 1920 si era recato ancora nell'America latina per far propaganda in favore del prestito nazionale; gli altri viaggi che intraprenderà in quel continente avvennero nel 1924, nel 1930, nel 1931, come propagandista fascista. Infatti, già dopo la marcia su Roma le sue simpatie per il fascismo si erano rafforzate, ed egli ne esaltò il significato in vari discorsi in Italia e all'estero. Rieletto deputato nelle elezioni del 1924, col collegio unico nazionale, il 21gennaio 1929 venne nominato senatore del Regno. La sua fedeltà al regime è provata dal fatto che la polizia "cancellò" la sua scheda dagli archivi perché considerato non più politicamente sospetto. Nel 1933 prese la tessera del Partito nazionale fascista.
Redattore del Secolo-Sera, almeno fino al 1940, il C. ricoprì, in qualità di giornalista, diversi incarichi: presidente dell'Associazione lombarda dei giornalisti, vice presidente della Federazione italiana della stampa, presidente del Collegio dei probiviri, membro della Corte d'onore del Sindacato interprovinciale fascista dei giornalisti lombardi. L'idea che egli ebbe, per lo meno durante il fascismo, della sua missione di giornalista, la possiamo ricavare dalla affermazione che a differenza del giornalismo dei paesi democratici quello "italiano e possiamo dire dell'Asse, riscattato dagli interessi padronali, dai sottintesi e dai compromessi, è restituito alla coscienza dei giornalisti" (Ilgiornalismo e l'avvenire, Milano 1934).
Dopo la guerra, deluso e amareggiato, il C. si ammalò di lunga malattia, della quale venne a morte a Milano il 16 luglio del 1954.
Vanno ancora ricordati alcuni suoi lavori storico-letterari: Alessandra: leggenda tragica (musica di G. Pacini), Milano 1902; Nella patria di s. Francesco d'Assisi, Rimini 1931; S. Cecilia, Siena 1932; Commemorazione di Garibaldi, Prato 1932; G. Carducci, Pisa 1933; I martiri del Risorgimento e la nuova Italia, Cremona 1936; G. Mazzini, Milano 1937; Mazzini precurs. religioso, Milano 1938; Mazzini e sua madre cento anni or sono, Urbino 1939; Consolazione della filosofia di Anicio Manlio Torquato Severino Boezio: esposizione e commenti, Milano 1940; Pagine di storia contemporanea, ibid. 1941; Santa Cecilia, Siena 1932.
Fonti e Bibl.: T. Rovito, Letterati e giornalisti ital. contemporanei, Napoli 1922, p. 81; I 535deputati al Parlamento della XVII legislatura, Milan0 1924, p. 80; I. De Begnac, L'arcangelo sindacalista, Verona 1934, pp. 308, 435; E. Savinio, La nazione operante, Novara 1937, p. 283; Chi è?, Roma 1940, p. 181; L. Albertini, Venti anni di vita politica, Parte seconda, L'Italia nella guerra mondiale, II, Dalla dichiarazione di guerra alla vigilia di Caporetto, Bologna 1952, pp. 364, 424; L. Pasquini, I. C. (a dieci anni dalla morte), in La Martinella di Milano, XIX(1965), pp. 106-112; F. Nasi, Ilpeso della carta, Bologna 1966, p. 187.