Acatisto, Inno
L'A. è un antico, celebre inno della liturgia bizantina, ancora integralmente cantato nella Chiesa ortodossa. Nel Medioevo si cantava in piedi (ἀϰάθιστοϚ 'non seduto') dapprima per la festa dell'Annunciazione, il 25 marzo, e poi il quinto sabato di Quaresima, in relazione con la festa di Pasqua. Attribuito spesso a Romano il Melode, poeta del tempo di Giustiniano, o a Giorgio Piside, scriba del sec. 7°, è formato da ventiquattro stanze, alternativamente lunghe e brevi, che cominciano con una lettera dell'alfabeto secondo la formula dell'acrostico. L'idea centrale è l'incarnazione: le dodici prime stanze riguardano l'infanzia di Cristo, le dodici successive sono salutazioni al Cristo e alla Vergine. Sono precedute da una introduzione o prooimion, che comprende due paragrafi: il primo contiene l'argomento del poema, mentre il secondo, certamente posteriore, allude alla protezione accordata dalla Vergine a Costantinopoli al tempo di un assedio. Si tratta verosimilmente dell'assedio degli Avari del 626; il paragrafo sarebbe stato aggiunto come ringraziamento dal patriarca Sergio, che sostituiva l'imperatore Eraclio, in quell'occasione assente.
Per quanto la liturgia abbia influenzato molto presto l'arte religiosa bizantina, parecchi inni, e l'A. in particolare, vennero illustrati solamente all'epoca dei Paleologi. Si conoscono numerosi esempi di rappresentazioni di questo ciclo, uno dei più lunghi dell'arte bizantina, sia nelle chiese, sia nei manoscritti del 14° secolo. Le più antiche, quelle della Olympiotissa a Elasson (verso il 1300), della Panaghía ton Chalkeon (inizio del sec. 14°) e di S. Nicola Orphanos (verso il 1320) a Salonicco, sono purtroppo frammentarie. Una serie di affreschi in chiese della Macedonia e della Serbia (Dečani, Matejić, S. Pietro di Prespa, Peribleptos di Ocrida, Mariko), come a Cozia in Valacchia e a Roustika a Creta, di datazione compresa fra il 1335 e la fine del secolo, testimonia già da allora la diffusione del ciclo dell'Acatisto.
Paradossalmente, i manoscritti conservati sono più tardi degli affreschi: i più importanti sono il salterio bulgaro di Tomič (M. 2752; poco prima del 1360), il Sinodale greco 426 (verso il 1370), entrambi a Mosca (Gosudarstvennyj Istoritscheskij Mus.), seguiti dall'Escorialense greco (Escorial, Bibl., R.I. 19), le cui miniature riproducono quelle del Sinodale, e dal salterio serbo di Monaco (Bayer. Staatsbibl., Slav. 4; della fine del sec. 14°).
Le icone paleologhe con raffigurazioni dell'A. sono rare: si possono citare quelle del Cremlino di Mosca, forse di origine serba, e della Zoodoches Pigi a Scopelo.
Il ciclo dell'A. occupa un posto importante nell'arte postbizantina dei paesi ortodossi, soprattutto nella pittura delle chiese dei secc. 16° e 17°, ma anche in manoscritti, icone ed epitrachélia (stole ricamate).
Il proóimion è illustrato raramente, a volte con un'immagine simbolica della Vergine, oppure con una rappresentazione storica dell'assedio di Costantinopoli. Probabilmente la Vergine Blacherniotissa dei manoscritti greci deve essere messa in relazione con le monete degli imperatori Michele VIII e Andronico II, nel contesto della riconquista della capitale da parte dei bizantini nel 1261 a danno dei latini. La raffigurazione dell'Assedio è attestata in una sola chiesa paleologa, a Prespa (Macedonia), il cui fondatore è ignoto. Più tardi sulle icone ricorre soprattutto l'Hodighitria; l'Assedio si trova invece in alcune chiese, particolarmente in Moldavia nel sec. 16°, e, benché si tratti dell'assedio degli Avari, gli elementi contemporanei fanno allusione alla pressione turca e Costantinopoli viene sempre presentata come un modello di resistenza.
L'iconografia delle prime dodici stanze è stata generalmente considerata, dopo Myslivec (1932), come una banale ripetizione degli episodi dell'infanzia di Gesù. Certo vi sono riferiti numerosi elementi canonici e apocrifi, ma la specificità delle raffigurazioni in rapporto al testo è rivelata dall'esistenza di un gruppo di tre immagini dell'Annunciazione, alla quale si aggiunge la Concezione (Salterio Tomič, M. 2752); da tre scene con i Re Magi, fra cui il loro ritorno a Babilonia; dalla Caduta degli idoli nella narrazione della Fuga in Egitto. Alcuni di questi temi influenzarono perfino i mosaici della Kariye Cami di Costantinopoli (1315-1320). È anche possibile rilevare che i tentativi di trasposizione del testo in immagini sono più importanti e più variati nei manoscritti che nella pittura monumentale, generalmente più tradizionale.
L'iconografia della seconda parte, ispirata alle acclamazioni imperiali (Dečani, stanza 14) è più nuova, ma non priva di monotonia. Le due ultime immagini, che possono riflettere il culto reso alle icone della Vergine Hodighitria ed Eleusa, sono però di grande interesse soprattutto in relazione alla loro connotazione imperiale.
L'esame dei documenti permette di datare l'illustrazione dell'A. non verso la metà del sec. 14°, bensì a partire dall'ultimo terzo del 13° secolo.
Bibliografia
J. Myslivec, Ikonografie Akathistu Panny Marie, Seminarium Kondakovianum 5, 1932, pp. 97-130;
E. Mercenier, La prière des églises de rite byzantin, II, 2, Les fêtes, l'Akathiste..., Chevetogne 1948;
E. Wellesz, The ''Akathistos''. A Study in Byzantine Hymnography, DOP 9-10, 1956, pp. 141-174;
C.A. Trypanis, Fourteen Early Byzantine Cantica, Wiener byzantinische Studien 5, 1968, pp. 17-39;
T. Velmans, Une illustration inédite de l'Acathiste et l'iconographie des hymnes liturgiques à Byzance, CahA 22, 1972, pp. 131-165;
G. Babić, L'iconographie constantinopolitaine de l'Akathiste de la Vierge à Cozia (Valachie), Recueil des travaux de l'Institut d'Études byzantines 14-15, 1973, pp. 173-189;
A. Grabar, L'Hodigitria et l'Eléousa, Zbornik za likovne Umetnosti 10, 1974, pp. 3-14;
M. Garidis, Notes sur l'iconographie des Sièges de Constantinople, Byzantinisch-Neugriechischen Jahrbücher 22, 1977, pp. 99-114;
J. Lafontaine-Dosogne, L'illustration de la première partie de l'Hymne Akathiste et sa relation avec les mosaiques de la Kariye Djami, Byzantion 54, 1984, pp. 648-702 (con bibl.).