Ingegneria ambientale
L'i. a. tratta i processi fisici, chimici, energetici, biologici che riguardano le acque, l'atmosfera, il suolo; promuove tecnologie atte a mitigare le interferenze delle attività umane con ecosistemi e popolazione; realizza opere di ingegneria compatibili nonché interventi di messa in sicurezza.
Questa disciplina nasce storicamente da grandi, episodici interventi emergenziali di risanamento urbanistico e igienico-sanitario, di riequilibrio degli effetti di gravi incidenti industriali. Il patrimonio di esperienze e di conoscenze via via acquisite ha conferito una fisionomia sui generis a un corpo attualmente organico di scienze e tecniche che in Italia dal 1990, con il riordinamento dei corsi di laurea in ingegneria, ha visto riconosciuta autonoma dignità universitaria con l'istituzione degli attuali corsi di laurea e di laurea specialistica in ingegneria per l'ambiente e il territorio. L'i. a. è basata su discipline dell'ingegneria tradizionale (civile, in particolare idraulica, sanitaria, chimica), su scienze applicate, quali la fisica tecnica e la tossicologia, e su altre scienze ancora, quali la geologia, l'informatica, la biologia. Essa copre una vasta gamma di attività, tra cui la bonifica di siti contaminati, la gestione e il trattamento dei rifiuti, la tutela delle risorse idriche e della qualità dell'aria, il trattamento delle acque e degli scarichi civili e industriali, il controllo sanitario e del benessere negli ambienti interni, il monitoraggio satellitare e la prevenzione dei grandi rischi sul territorio, l'uso multiplo delle risorse rinnovabili, la pianificazione, la valutazione e la certificazione ambientale.
Inquadramento generale dei limiti delle tecnologie ambientali
Ogni livello di organizzazione della vita sulla Terra (un individuo, un lago, una città, un impianto industriale ecc.) nasce non da un semplice effetto sommativo, ma dal complesso di relazioni tra le componenti, i fattori, i processi che lo compongono; esso costituisce un sistema termodinamico interagente, attraverso una frontiera convenzionale, con il mezzo esterno (ambiente). Poiché il secondo principio della termodinamica assicura che in ogni caso l'ambiente (se si considera l'universo come isolato) riceve entropia in saldo netto da ogni processo, in presenza di vita l'ambiente stesso non può che costituire il ricevitore dei prodotti indesiderati delle attività umane.
In passato, la principale conseguenza dell'uso intensivo dei processi è stata l'esaurimento delle relative risorse. Oggi la concatenazione delle tecnologie, ossia lo sviluppo in cascata di processi aggiuntivi ciascuno dei quali necessario per migliorare il processo a monte (fig. 1), fa sì che il principale problema sia il coinvolgimento dell'ambiente nell'accumulo dei prodotti di scarto.
Dell'ambiente si può rallentare il degrado, contenendo, per es., i consumi finali di materia e di energia e accrescendo l'efficienza di trasformazioni e conversioni. Tuttavia, ogni miglioramento della situazione ambientale non può che essere circoscritto a un limitato dominio territoriale: appena oltre la relativa frontiera si sarà accumulata ulteriore entropia. L'i. a. persegue pertanto due principali obiettivi: diminuire il degrado di singoli subsistemi fisici mediante bonifica di siti con attività in esercizio a rischio di propagazione di inquinanti (messa in sicurezza operativa), o di siti che, cessata l'attività, risultino pregiudicati dalla passata produzione di rifiuti (messa in sicurezza permanente); contenere la velocità con cui il degrado inevitabilmente si estende sul territorio e si accresce nel tempo.
Nella seconda metà del 20° sec., alcuni studiosi individuarono nell'espressione del prodotto I=PAT (essendo P la popolazione, A il consumo pro capite di risorse, T la quantità di reflui a unità di consumo pro capite) un indice di valutazione della pericolosità delle attività umane per l'ambiente. Postulare che l'impatto complessivo I di una collettività sull'ambiente possa essere ridotto facendo sufficientemente regredire uno qualsiasi dei tre fattori, ha per decenni ingenerato l'aspettativa che avanzamenti tecnologici potessero compensare, fino a superarli, gli effetti nocivi dovuti a incrementi della popolazione e del tenore di vita. Tale prospettiva si rivela spesso velleitaria; è, per es., ormai accertato che la quantità di rifiuti, in particolare solidi urbani, è proporzionale al tenore di vita (fig. 2).
Usi multipli e concorrenti delle risorse
Un tipico problema interdisciplinare della i. a. è quello del perseguimento di punti di minimo conflitto e di minor costo totale tra impieghi alternativi e antagonisti della medesima risorsa: basti pensare ai problemi posti alla pianificazione agricola dalle concorrenti possibilità di produrre alimenti o biocarburanti; ovvero al dilemma sull'uso energetico del metano, alternativo al suo impiego nell'industria chimica e per la produzione di concimi e fertilizzanti.
Questa problematica si presenta, in particolare, nella gestione delle risorse idriche, sia per gli aspetti quantitativi sia per quelli qualitativi. Sotto il profilo quantitativo, a molti impieghi delle acque conseguono perdite di massa (prelievi igienico-potabili, irrigazioni, ritorni all'atmosfera per evapotraspirazione, consumi industriali allorché essa entra a far parte di un prodotto, acque di raffreddamento e serbatoi delle centrali idroelettriche, per la parte che evapora). Le alterazioni qualitative possono essere assai diverse: biologiche per acque a uso igienico-potabile e chimiche per acque a uso industriale; variazioni di temperatura e di concentrazione di sali nel caso delle acque di raffreddamento; deflussi più erosivi, con rischio di alterazione degli alvei e di pregiudizio di stabilità delle sponde, in conseguenza di impieghi idroelettrici.
Analisi di rischio e danno ambientale
Altra tipica attività della i. a. è la valutazione dei rischi associati a differenti interventi di bonifica o di messa in sicurezza, o alla pianificazione di nuovi insediamenti. Per danno ambientale si intende qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale. La valutazione di rischio richiede l'individuazione delle sostanze potenzialmente nocive (quelle componenti ambientali dette fattori di rischio), la caratterizzazione delle modalità di esposizione e degli effetti sulla salute (correlazioni dose-risposta), la stima della probabilità che tali effetti si verifichino. L'i. a. usa il concetto assicurativo o industriale di rischio attraverso la definizione di un indice r inteso come momento, prodotto cioè di una grandezza di livello M (intensità o magnitudo del danno provocato dall'evento) per una grandezza estensiva p (frequenza o probabilità dell'evento; nel caso di siti inquinati, la probabilità dell'evento è conclamata, p=1). Nell'ipotesi che possano essere fissati caso per caso valori di soglia non superabili di tale indice, l'intensità del danno viene a sua volta espressa dal prodotto tra un fattore di pericolosità Fp, dipendente, per es., dalla tossicità di un inquinante, e un fattore di contatto Fc, dipendente da durata e modalità di esposizione.
Bonifica di siti contaminati
Le principali componenti ambientali da risanare (fig. 3) sono generalmente i suoli (quelli contaminati direttamente e quelli sottostanti) e la falda acquifera più superficiale, contaminata da percolazioni nocive. In molti siti tendono anche ad accumularsi, in fondo alla falda o alla sua superficie a seconda della massa volumica, fasi liquide non acquose quali benzine, oli, catrami. Per la bonifica si può ricorrere a interventi in situ (di contenimento o di trattamento) cioè sul luogo e senza rimozione di acque o suolo; o a interventi ex situ (di trattamento o di smaltimento) con rimozione dei materiali contaminati.
Gestione dei rifiuti
La gestione dei rifiuti presenta aspetti non soltanto tecnici, ma anche legali e sociali, tra loro connessi e talvolta conflittuali. Per es., da parte di soggetti sia singoli sia portatori di interessi locali diffusi (stakeholders), soprattutto nei Paesi a più elevato tenore di vita, la crescente attenzione posta al problema dei rifiuti non corrisponde a una commisurata disponibilità verso l'accettazione dei relativi oneri territoriali, ben sintetizzata dall'espressione nimby (not in my backyard, 'non nel giardino di casa mia'). Ogni perseguibile soluzione tecnica e logistica (si pensi, per es., alla scelta dei siti per le discariche oppure ai permessi necessari per realizzare inceneritori) diventa oggetto di conflitti potenzialmente inibitori, la cui composizione presuppone condivisione di obiettivi e un'adeguata comunicazione.
Premesso che rendere i processi più efficienti, con conseguente minor produzione di rifiuti, nelle applicazioni industriali urta contro le conseguenze della concatenazione delle tecnologie e, nel caso dei rifiuti solidi urbani, contro la strutturale tendenza all'abbreviazione del ciclo di vita dei prodotti di consumo e alla loro proliferazione, l'i. a. rende disponibili diverse tecnologie e/o loro combinazioni la cui gerarchia di priorità è prevista in Italia dal testo unico Norme in materia ambientale d.l. 3 apr. 2006 nr. 152.
Il trattamento dei rifiuti, per ridurre il costo dello smaltimento finale, può essere di tipo chimico, biologico, fisico (neutralizzazione) oppure termico (incenerimento o pirolisi). Lo smaltimento finale dei rifiuti avviene in discariche controllate (fig. 4), idonee a isolarli dalle acque sotterranee sottostanti (il cui monitoraggio diviene di fondamentale importanza), con guaine impermeabili e/o strati di terreno a bassa permeabilità (argille). Le discariche differiscono per tipologia di rifiuti (urbani, speciali, tossici o nocivi) e necessitano inoltre di spargimento in strati sottili, compattazione, copertura con strati di terreno alla fine di ogni ciclo operativo.
Tutela della qualità dell'aria esterna
L'attenzione alla qualità dell'aria va aumentando nei grandi centri urbani e in prossimità di grandi in-sediamenti industriali poiché molte sostanze, normalmente presenti in innocue quantità, diventano tossiche e nocive se inalate o assunte indirettamente al di sopra di determinati livelli di concentrazione che possono essere causati, su piccola scala, da fenomeni meteorologici locali come l'inversione termica in prossimità del suolo (fig. 5) o, su più vasta scala, dalla dinamica degli inquinanti.
Numerose sono le attività di i. a. riguardanti la qualità dell'aria esterna: misura e monitoraggio degli inquinanti; stima, attraverso modelli matematici, relativi alla loro dispersione, alla diffusione, alle variazioni di concentrazione nel tempo e nello spazio; analisi degli effetti sulla salute umana, su quella degli ecosistemi più esposti, sulle opere d'arte; simulazione delle retroazioni sul clima; determinazione di obiettivi di qualità dell'aria; definizione di strategie e messa a punto delle tecnologie che risultano essere necessarie.
Controllo della qualità dell'aria interna
L'inquinamento degli ambienti interni costituisce un rischio per la salute almeno altrettanto elevato di quello derivante dall'inquinamento esterno: i dati al riguardo confermano un costo in vite umane mediamente superiore, con punte più elevate non tanto nei Paesi industrializzati quanto nei Paesi in via di sviluppo, per effetto di primitive combustioni domestiche. Nei Paesi industrializzati le cause principali di questo tipo di inquinamento sono la crescente quantità di tempo trascorsa in ambienti confinati, la tendenza ad aumentarne - per malintesi criteri di risparmio energetico - l'isolamento termoigrometrico e pneumatico, la diffusione di materiali a lento rilascio di inquinanti. Secondo l'EPA (Environmental Protection Agency) le quattro sostanze più pericolose indoor non sono infatti gli agenti chiave dell'inquinamento esterno, bensì il gas radon, il fumo di sigaretta, la formaldeide, l'amianto. L'i. a. approfondisce anche al riguardo la progettazione biosostenibile (bioedilizia) di manufatti residenziali, secondo criteri di risparmio e di compatibilità ambientale in termini sia di materiali, sia di fonti - in particolare rinnovabili - di energia.
Protezione delle risorse idriche, trattamento delle acque e degli scarichi civili e industriali
La qualità delle fonti d'acqua, superficiali o sotterranee, può variare sensibilmente; la necessità di potabilizzazione, prima della distribuzione all'utente, o di trattamenti per usi industriali o agricoli (in particolare per raccolti aventi specifici requisiti, o allorché per impieghi irrigui sono usate acque di scarico) è in aumento sia per la crescente quantità di agenti inquinanti che sono immessi dai processi industriali, sia in seguito all'aumento della popolazione umana. La tutela della salubrità dell'acqua è ancora un problema grave soprattutto in molti Paesi del Terzo mondo. Nei Paesi più sviluppati le risorse idriche sono protette dai carichi inquinanti (per es., sostanze organiche che sono biodegradabili, o eutrofizzanti, sostanze tossiche quali metalli pesanti e organiche di sintesi, carichi microbici, residui dell'uso di fitofarmaci) i quali provengono tanto da ben individuabili sorgenti puntiformi (urbane e industriali) quanto da sorgenti diffuse dette non puntiformi (aree urbanizzate, smaltimento non controllato dei rifiuti, agricoltura, silvicoltura). Il controllo di sorgenti puntiformi è possibile per mezzo di impianti di depurazione delle acque dedicati; più problematico è il controllo dell'inquinamento delle risorse idriche dovuto a sorgenti diffuse. È importante aggiungere il rilievo assunto dallo smaltimento dei fanghi, i quali contengono - oltre a sostanze putrescibili e potenzialmente pericolose - molta acqua. Il metodo più comune per eliminare i fanghi è la loro commistione a rifiuti solidi urbani per lo smaltimento in discariche controllate.
Risanamento acustico
Gli effetti fisiologici e biologici del rumore sull'uomo dipendono da più fattori: oltre al tempo di esposizione e alla pressione sonora, sono determinanti anche lo spettro in frequenza, le caratteristiche di risposta agli stimoli (sia medie sia soggettive dei singoli individui), l'interazione tra più concause. Il risanamento acustico richiede varie attività di i. a. (misurazione di emissioni, modelli delle immissioni, analisi e piani territoriali), in particolare in Italia per l'ampia normativa prodotta sul tema, quale, per es., il d.l. 19 ag. 2005 nr. 194 di attuazione della direttiva UE nr. 49 del 2002 (Determinazione e gestione del rumore ambientale), che definisce competenze e procedure per elaborare mappature acustiche strategiche e piani di azione per ridurre oppure contenere il rumore ambientale, il d.p.c.m. 14 nov. 1997 (Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore), che nell'ambito della l. 447 (26 nov. 1995) - Legge quadro sull'inquinamento acustico - ha consolidato il criterio di imporre valori limite assoluti alla immissione di rumore nell'ambiente esterno.
Confinamento delle scorie radioattive
Radionuclidi non più utili al processo (scorie) sono generati ovunque siano utilizzati materiali radioattivi per impieghi energetici, militari, sanitari, industriali. La maggior fonte di scorie è la conversione elettronucleare, sia per il ciclo del combustibile sia per l'irraggiamento in centrale di materiali strutturali e vari del reattore. I prodotti di fissione sono costituiti da una miscela di circa 200 nuclidi per la maggior parte radioattivi, caratterizzati da tempi di dimezzamento molto diversi, i maggiori dei quali raggiungono alcune centinaia di migliaia di anni. Essi presentano, salvo rare eccezioni, trascurabili prospettive di riciclaggio o di recupero; producono invece calore, in quantità anche rilevanti, per tempi anche lunghi, e radiazioni potenzialmente dannose qualora quantità anche minime di sostanza vengano ingerite con acqua o alimenti. La gestione delle scorie ha il primario obiettivo di impedire che i radionuclidi raggiungano la biosfera in quantità o concentrazioni tali da conferire, direttamente o indirettamente, dosi eccessive alla popolazione o a individui singoli. Le tecniche di trattamento tendono pertanto a concentrare i rifiuti in volumi ridotti e a confinarli.
Procedure di valutazione ambientale
L'i. a. comprende numerose attività di supporto a procedure di valutazione previste dalla normativa vigente. Tra queste, la VAS (Valutazione Ambientale Strategica), introdotta in Italia dal testo unico Norme in materia ambientale, in recepimento della direttiva UE nr. 42 del 2001, richiede l'esame degli effetti sull'ambiente, fin dall'atto pianificatorio, di trasformazioni del territorio relative ai settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, comportanti opere sottoposte a successiva VIA (Valutazione di Impatto Ambientale). È quest'ultima una procedura tecnico-amministrativa, resa cogente in Italia dal d.p.c.m. 27 dic. 1988, articolata su due livelli, uno di ambito nazionale (per opere soggette, interregionali, transfrontaliere), l'altro di ambito regionale. Sul piano nazionale la VIA è obbligatoria per particolari categorie di opere (impianti industriali, centrali termiche ed elettriche, infrastrutture ecc.) che superino determinate soglie dimensionali. È definito impatto ambientale, su una o più caratteristiche fisiche, biologiche, sociali, economiche di una porzione di ambiente, l'effetto di un'opera progettata dall'uomo o da una incombente modifica territoriale. La VIA va effettuata sullo SIA (Studio di Impatto Ambientale) contenuto nel progetto preliminare, e si articola in una prima fase di analisi dell'opera con identificazione dei possibili effetti, e in una seconda fase di quantificazione mediante scelta di idonei parametri e algoritmi.
Normativa, certificazione e comunicazione ambientale
Poiché la tutela dell'ambiente costituisce per le imprese un aggravio di costi, inizialmente negli Stati Uniti, quindi in Europa e in Italia, si è diffusa una strategia di incentivi, atta a consentire alle imprese più virtuose di informare circa la propria affidabilità e trasparenza, con il fine dichiarato di favorire soluzioni condivise dei contenziosi nelle pronunce di compatibilità ambientale. Il relativo sistema di certificazione è articolato in due regolamenti specifici (Ecolabel ed Ecoaudit, detto anche EMAS, Environmental Management Audit System). Più recentemente la UE, con direttiva nr. 61 del 1996 - IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) ha introdotto per impianti industriali, energetici e di trattamento rifiuti l'obbligo di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), basata sulle migliori tecnologie disponibili (BAT, Best Available Tecnologies). La normativa, definitivamente recepita in Italia con il d.l. 18 febbr. 2005 nr. 59, prescrive valori limite di emissione sia per insediamenti che superano una determinata soglia dimensionale, generalmente riferita alla capacità produttiva, sia per le attività a esse concatenate (connesse). Ecolabel, Ecoaudit e soprattutto l'AIA comportano tipiche attività di i. a. quali: misurazioni, calcoli o stime di emissioni in atmosfera, di emissioni sonore, di scarichi idrici e di rilascio di rifiuti; scelte relative a materie prime, semilavorati, fonti energetiche; progettazione di interventi di mitigazione; verifiche di conformità a criteri di riferimento; valutazioni costi/benefici; stesura di piani di controllo e di monitoraggio delle emissioni; analisi di rischio e di procedure emergenziali.
bibliografia
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