infruttescenza
Un insieme di frutti uniti in associazione
Basta confrontare una ciliegia o un'albicocca con una mora o un lampone per accorgersi che le prime due sono frutti singoli mentre gli altri due sono infruttescenze, cioè piccoli frutti uniti insieme in gruppi più o meno complessi. Tuttavia, in alcuni casi, è piuttosto difficile distinguere un frutto semplice da uno composto proprio perché i singoli frutti che formano quest'ultimo non sempre sono così evidenti
Un utile esercizio per capire se ciò che si osserva è un frutto o un'infruttescenza è quello di ricordare che ogni fiore, una volta fecondato, perde alcuni elementi quali i petali o gli stami e mantiene i carpelli, cioè la parte inferiore del pistillo, entro cui sono protetti gli ovuli. I carpelli di uno stesso fiore, saldati insieme o separati tra loro, si ingrossano e si trasformano in frutti semplici oppure in frutti aggregati. Sarebbe utile, perciò, confrontare fiore e frutto in modo da riconoscere quali elementi del fiore sono rimasti attaccati al peduncolo e quali si sono trasformati per sviluppare il frutto.
In modo analogo sarebbe utile riconoscere tutti gli elementi delle infiorescenze che si sono trasformati per sviluppare le infruttescenze. Se una pianta sviluppa fiori raggruppati insieme in infiorescenze come è possibile che produca frutti isolati dopo la fecondazione? Infatti produrrà frutti raggruppati insieme in infruttescenze che, in questo caso particolare, sono anche dette frutti multipli.
Osservando come è fatta una mora di rovo, una mora di gelso o un lampone ci si può chiedere se si tratta di un frutto o di un'infruttescenza. Tutti e tre sono infruttescenze poiché sono formati da tanti piccoli corpuscoli carnosi raggruppati insieme. Tuttavia solo un'osservazione approfondita può spiegare perché da un singolo fiore si sviluppano tanti frutti. Con l'aiuto di una lente di ingrandimento ci si accorgerà che dopo sepali, petali e stami entro ogni fiore sono raggruppati numerosi carpelli, ognuno dei quali, proprio perché contiene una cellula uovo, si trasformerà in un frutto. More e lamponi, infatti, sono frutti aggregati perché formati da tante piccole drupe, cioè frutti carnosi più o meno sferici raggruppati insieme su un asse centrale, detto talamo, che sorreggeva entro il fiore i numerosi carpelli. Ciascuna piccola drupa che forma more o lamponi è simile a prugne o albicocche seppur con dimensioni molto più piccole.
Le foglioline verdi della fragola che abitualmente siamo abituati a rimuovere prima di mangiarla corrispondono ai sepali del fiore che erano ancorati al ricettacolo, quell'estremità ingrossata del peduncolo che lo sorreggeva. E cos'è allora la fragola che mangiamo? Guardiamo la sua superficie matura, rossa e carnosa ma cosparsa di minuscoli semini neri: non è molto noto che il frutto di questa pianta non è ciò che abitualmente si chiama fragola ma ciascun corpuscolo scuro situato sulla sua superficie. È questo un frutto secco che non si apre a maturità e che i botanici chiamano achenio. Poiché molti acheni sono raggruppati insieme, ciò che comunemente si chiama fragola è in realtà un'infruttescenza. Tuttavia, poiché la porzione rossa e carnosa non deriva dai carpelli del fiore ma dal ricettacolo ingrossato che li sorreggeva, la fragola è detta dai botanici un falso frutto.
Nel caso del fico, invece, fiori maschili e femminili sono raggruppati insieme entro una cavità dalla forma simile a quella di una coppa: un ricettacolo cavo. Durante la fioritura dentro la cavità della coppa, sorretta dal peduncolo fiorale, si sviluppano numerosi fiori femminili molto piccoli ognuno dei quali, appena fecondato, genera il frutto, che è un achenio. Il fico che si mangia, perciò, è anch'esso un falso frutto perché la parte carnosa molle e succosa deriva dal ricettacolo ingrossato che sorreggeva l'infiorescenza. Si tratta di una polpa zuccherina che si forma dai residui dei fiori, si accumula entro la cavità e contiene tanti piccoli frutti secchi, comunemente scambiati per semi.