INFIAMMAZIONE (dal lat. inflammatio; gr. ϕλεγμασία; fr. inflammation; sp. inflamación; ted. Entzündung; ing. inflammation)
Essenza e significato dell'infiammazione. - Le funzioni vitali sono legate a un'incessante distruzione e ricostruzione della materia vivente. Nelle condizioni normali v'è equilibrio tra questi due opposti processi: cioè le parti distrutte dall'uso vengono rigenerate, sia con materiale nuovo proveniente dall'esterno (alimentazione), sia - ciò che è più economico - con frammenti risultanti dall'incompleta distruzione della materia vivente. In questo continuo ricambio della materia, si producono innumerevoli scorie o rifiuti, che sono per lo più dannosi, e debbono essere prontamente eliminati o distrutti o resi in un qualche modo innocui. Oltre questa distruzione di materia, insita nei processi vitali - e che potremmo definire da cause interne - anche gli stimoli provenienti dal mondo esterno alterano, deteriorano con variabile intensità gli organismi viventi, che, per quanto resistenti, non si possono mai sottrarre all'influenza perturbatrice dell'ambiente. Per tutte queste ragioni, la vita, già in condizioni nomiali, è una lotta perenne, un incessante contrasto contro cause deterioranti, endogene ed esogene. Per farsi un'idea di questa continua usura dei viventi basta pensare alla distruzione dei tegumenti e mucose sottoposti ad attriti, al consumo di tessuti, come il sangue che si distrugge e si rigenera per tutta la vita, alle quantità di detriti o rifiuti tossici risultanti dal lavoro muscolare, ai veleni che vengono assorbiti durante la digestione, che debbono tutti essere prontamente neutralizzati o eliminati. Così essendo disposte le cose in natura, si comprende perché negli esseri viventi sia insita la proprietà di rigenerare parti logorate per normale consumo, e di difendersi contro stimoli o materiali incongrui, molesti o dannosi, sia esterni sia interni. Ora, quando intervengono influenze nocive abnormi (sia nuove, sia di natura normale, ma agenti in modo anomalo), succede che i normali fenomeni distruttivi con relative conseguenze dannose, sono accelerati, i limiti del consumo fisiologico sono superati, il che porterebbe alla morte se, contemporaneamente e correlativamente, non venissero, con spontaneo meccanismo, esaltati i normali processi di ricostruzione. Inoltre gli stimoli irritanti, d'insolita violenza, provocano una corrispondente difesa da parte dell'organismo, che tende ad allontanarli.
Lo studio di tutti questi fenomeni difensivi e rigenerativi dei viventi, in caso di malattia, porta alla conclusione essere legge fondamentale in patologia che i meccanismi con i quali i viventi si difendono dalle cause nocive nel corso delle malattie, non sono altro che l'esaltazione di processi difensivi e ricostruttivi fisiologici, cioè normali. Ma, naturalmente, nelle condizioni patologiche questi processi assumono intensità, estensione e altre qualità, insolite, e si complicano, provocando effetti secondarî che sono sconosciuti nelle condizioni di salute. Tutte queste nuove apparenze, assunte e provocate da processi che originariamente e sostanzialmente sono proprî della vita normale, vengono a costituire la parte fondamentale del quadro complesso dei varî processi morbosi o malattie. Tali fenomeni difensivi, sostanzialmente normali e occasionalmente patologici, sono di svariatissima natura.
Valgano i seguenti esempî. La presenza in circolo di certi materiali incongrui, provoca la febbre, condizione morbosa nella quale si ha una esaltazione delle combustioni normali, che, agevolando la distruzione delle sostanze nocive accumulatesi in eccesso, riesce vantaggiosa e salutare per l'organismo. Le sostanze proteiche eterogenee, come per es. si formano nel corso delle infezioni per il pullulamento e la morte dei microbi, o che possono essere introdotte dall'esterno, come nelle iniezioni di sieri, suscitano le cosiddette reazioni immunitarie, cioè la formazione di "anticorpi", che sono un'esagerazione di funzioni normali del sangue e che valgono a distruggere materie proteiche eterogenee e a disciogliere microbi o altre cellule, ecc. Altre sostanze organiche abnormi formatesi o introdotte nell'organismo, vengono distrutte con gli ordinarî processi ossidativi, sono cioè bruciate; altre vengono rese innocue mediante diverse e speciali reazioni chimiche, alcune delle quali, bene conosciute, s'esplicano già ampiamente in condizioni normali. Importanti sono le reazioni a base di enzimi o fermenti. Quando poi si tratta, anziché di sostanze dannose disciolte, di materiali granulari resistenti, come germi, polveri di carbone e di altri minerali, che anche normalmente possono penetrare nei tessuti, oppure di parti o cellule dello stesso organismo venute a morte e quindi divenute materiale estraneo e nocivo, ciò che di continuo si verifica nella vita normale della maggior parte di tessuti, allora entra in funzione uno speciale e importante meccanismo difensivo esplicato dai cosiddetti "fagociti" (v. fagocitosi). Sono cellule libere circolanti nel sangue, o sparse nei tessuti di sostegno, che vengono in contatto con questi materiali eterogenei, vi aderiscono, e, se le dimensioni lo consentono, li inglobano, cioè li fagocitano, e li disciolgono e distruggono, o, se resistono alla distruzione, li trattengono nel loro protoplasma rendendoli egualmente innocui o meno nocivi per il rimanente organismo. Se detti materiali non possono essere inglobati dai fagociti, questi vi aderiscono egualmente, cercano di frammentarli, e, nella peggiore ipotesi, li circondano formando col loro corpo una specie di barriera difensiva.
Oltre questi e altri non ricordati meccanismi difensivi elementari, abbastanza bene studiati, ve ne sono certamente un'infinità di altri che noi ignoriamo. Ma tra i meglio conosciuti, v'è un processo meccanismi difensivi elementari, diversi tra loro, ma tutti coordinati nel modo più appropriato - si potrebbe quasi dire più razionale - all'unico scopo della difesa dell'organismo. Tale importante processo s'esplica ogni volta che una causa nociva o irritante qualsiasi agisce con una certa persistenza e intensità in un punto circoscritto dell'organismo.
Supponiamo che un corpo estraneo, come una scheggia di legno, venga introdotto sotto la pelle, oppure consideriamo il caso analogo di fili di seta che rimangano nella profondità dei tessuti in seguito a operazioni chirurgiche. Si tratta di materiali eterogenei che, per questa sola ragione, irritano i tessuti circostanti che cercano di liberarsene mettendo tosto in opera meccanismi difensivi normali sul genere di quelli sopra ricordati, cioè ossidazioni, scissioni fermentative e, soprattutto, fagocitosi. Ma l'irritazione e la resistenza del filo di seta, e molto più della scheggia, sono tali da provocare necessariamente una serie di reazioni difensive di tale intensità e durata da oltrepassare i limiti della normalità entrando nel campo della patologia, anche se praticamente possono mancare i segni grossolani che ordinariamente accompagnano le comuni malattie. Data dunque la resistenza del corpo estraneo e l'irritazione che esso intensi, e, per prima cosa, fa affluire nel luogo del bisogno una maggiore quantità di sangue, dilatando i vasi che appaiono singolarmente congesti. La parete dei più sottili vasi sanguiferi perde il regolare controllo, e diviene permeabile non solo per la parte liquida del sangue, ma anche agli elementi formati, e ne fuoriescono specialmente globuli bianchi, e più quelli dotati di movimento attivo ameboide (leucociti polinucleati) che sono anche i più attivi fagociti. Nel tempo stesso anche i tessuti circostanti al centro d'irritazione contribuiscono alla difesa, che non viene esercitata, naturalmente, dalle parti più delicate dei tessuti stessi, cioè dalle loro cellule specifiche che sono molto differenziate e poco resistenti (p. es. cellule renali, cellule epatiche, cellule nervose, ecc.) e in queste condizioni facilmente muoiono, ma da elementi di natura connettivale, poco differenziati e molto resistenti e che si trovano sparsi in tutti i tessuti di sostegno, specie in vicinanza e attorno ai vasi sanguiferi, cellule che hanno comune origine con i leucociti del sangue e che possiedono com'essi spiccate attitudini alla fagocitosi. Tutti questi elementi di varia provenienza (sia dal sangue, sia dai tessuti) si accumulano intorno al materiale irritante, lo compenetrano, lo spezzettano, lo fagocitano. Il plasma sanguigno lo imbeve e rammollisce con i suoi fermenti, se è di natura organica, ma in ogni caso lo rende più facilmente fagocitabile mediante speciali influenze (v. opsonine). In breve il corpo estraneo, se la sua resistenza o le sue dimensioni non sono eccessive, finisce con l'essere distrutto e soppresso e, a poco a poco, tutto ritorna all'ordine: le numerose cellule accumulatesi nel luogo in gran parte muoiono e vengono subito fagocitate e distrutte, in parte ritornano in circolo, in parte si fissano in sito riacquistando i caratteri che avevano prima. La reazione difensiva s'è dunque svolta mediante l'intervento di meccanismi in sé normali, quali l'accumulo di sangue nelle parti a funzione esaltata, il corrispondente aumento di trasudazione di liquido plasmatico dal sangue nei tessuti, le molteplici azioni chimiche ossidative, immunitarie, fermentative, ecc., esercitate dal plasma stesso, l'attività esaltata di tutte le cellule fagocitarie, tanto di quelle del sangue quanto di quelle dei tessuti.
Però, mentre nelle normali contingenze tali processi si svolgono senz'alcuna perturbazione dei tessuti che ne sono sede, nel caso, come quelli sopra citati, in cui lo stimolo eccessivamente intenso ha provocato una serie di adeguate risposte difensive, accade inevitabilmente che la parte ove questi processi si svolgono assume aspetti insoliti e patologici, e innanzi tutto diviene abnormemente congesta e arrossata per il grande accumulo di sangue; e tumefatta per la trasudazione plasmatica e per il grande accumulo di elementi del sangue e dei tessuti, e più calda, soprattutto per la maggiore quantità di sangue che vi passa nell'unità di tempo, e infine la funzionalità del tessuto ove questi fatti si svolgono ne soffre, essendo sempre diminuita se non addirittura sospesa, e la sensibilità del tessuto stesso, che è la salvaguardia della sua integrità, è gravemente alterata e dà l'allarme del dolore.
L'insieme di tali fenomeni svolgentisi in parte a carico dei vasi sanguiferi, in parte dei tessuti; fenomeni di diversa natura, ma tutti coordinati all'unico e ben determinato scopo di distruggere o di eliminare uno stimolo irritante localizzato, e accompagnati da manifeste alterazioni anatomiche , e funzionali della parte, quali rossore, calore, tumefazione, dolore, lesione funzionale, costituisce, nei suoi tratti essenziali, quel comunissimo processo patologico che è l'infiammazione o flogosi. Le manifestazioni ora ricordate ne sono i sintomi cardinali, già rilevati dall'antica medicina che dava appunto come segni caratteristici dell'infiammazione "rubor et tumor cum calore et dolore" aggiungendo poi la "functio laesa".
Cause dell'infiammazione. - Sono numerosissime, non esistendo, si può dire, energia o sostanza che non valga, in certe condizioni, a provocare infiammazione. Così abbiamo i cosiddetti corpi estranei penetrati dall'esterno o formatisi nell'organismo stesso (polveri minerali o organiche inalate e assorbite nei polmoni: carbone, sabbia, farine, ecc.; schegge, proiettili, medicamenti insolubili iniettati sottocute - come la polvere di calomelano, i sali di chinino, l'olio di vaselina -; materiali granulari prodottisi nell'organismo, quali i granuli di pigmento malarico che derivano dall'emoglobina e si possono accumulare nel fegato e nella milza; prodotti del sangue stravasato per emorragia, frammenti di tessuti morti e rimasti in mezzo a tessuti vivi). Abbiamo poi le infiammazioni da irritazioni meccaniche come traumi ripetuti, anche deboli, sulla stessa parte - da scarpe malfatte, da montare a cavallo, da remare, ecc. -; da cause fisiche, quale il caldo o il freddo eccessivi, le radiazioni del sole, dei raggi X, del radio. Molte sostanze provocano infiammazione per via chimica, gas irritanti inalati, o venuti a contatto con la pelle o la congiuntiva, essenza di trementina iniettata sottocute per produrre ascessi, veleni endogeni in varie malattie (pericardite da nefrite). Ma di gran lunga più importanti fra tutte le cause di infiammazione sono quelle biologiche rappresentate dai microbi patogeni, e ciò sia per l'importanza, sia per la frequenza delle malattie da essi provocate.
Non occorre dire che spesso più cause si associano: così i corpi estranei penetrati violentemente o artatamente possono portare con sé germi patogeni: l'infiammazione che ne consegue può essere imponente e sembrare sproporzionata alla piccolezza del corpo estraneo; così il patereccio anche gravissimo derivante da una minima scheggia di legno penetrata sotto un'unghia è dovuto ai germi della suppurazione trasportati dalla scheggia, la cui presenza ne favorisce lo sviluppo. Prima della scoperta dei microbi della suppurazione un tale fatto appariva inesplicabile.
Tutte queste cause d'infiammazione possono agire non solo in modo primitivo, cioè suscitando direttamente le reazioni difensive dell'organismo danneggiato, ma anche secondariamente per via indiretta, cioè danneggiando e distruggendo prima alcune parti dell'organismo, le quali poi alterate o morte divengono corpi estranei irritanti e quindi a loro volta causa di flogosi: così tutte le volte che una parte di tessuto per una ragione o l'altra, patologica o fisiologica, viene a morte, tutto attorno si forma una reazione infiammatoria così lenta e discreta da poter passare inavvertita, la quale non cessa sino a che le parti morte non sono state riassorbite o incapsulate.
Analisi dei singoli fenomeni dell'infiammazione. - Distinguiamo i fenomeni a carico dei vasi e quelli a carico dei tessuti.
A) I fenomeni vascolari. - La congestione o iperemia infiammatoria. - Si conoscono varie forme d'iperemie. Talora il sangue ristagna, dilata i vasi e s'accumula nella parte, che è ricca di sangue, ma non per questo meglio nutrita, perché il movimento del sangue è rallentato e diviene povero d'ossigeno e di sostanze nutritizie: questa è l'iperemia passiva o venosa. Al contrario il corso del sangue può essere abnormemente accelerato e la parte apparisce rutilante e abbonda di nutrimento: questa è la iperemia attiva o arteriosa. Nell'iperemia infiammatoria il corso del sangue è primitivamente accelerato e maggiore nutrimento affluisce alla parte come nelle iperemie attive non infiammatorie, ma nel territorio in cui scorre il sangue, per le alterazioni indotte dalla causa flogistica, le pareti dei capillari sanguiferi e delle sottili vene esercitano una particolare influenza sul sangue che in essi scorre, che è rallentato, e divengono più permeabili per cui si produce l'importante fenomeno dell'essudazione che caratterizza appunto l'iperemia flogistica. Non occorre dire che in seguito alle molteplici alterazioni nelle zone infiammate, sono costanti anche altre alterazioni di circolo come l'iperemia passiva, sino all'arresto completo del sangue o stas;. Ma queste sono complicazioni e quindi fatti accessorî. L'iperemia flogistica, come tutte le modificazioni circolatorie periferiche, è governata tanto da influenze nervose esplicantisi con meccanismi riflessi (sia lontani attraverso il midollo spinale, sia locali nelle pareti stesse dei vasi), quanto da influenze probabilmente di ordine chimico, esplicantisi sulle strutture vasali (muscoli, endotelî).
L'essudato che trapela dai vasi è costituito da una parte liquida e da elementi morfologici. La parte liquida dell'essudato è in quantità molto variabile, secondo la natura dell'agente flogogeno. Il liquido fuoruscito e che si raccoglie o nelle maglie dei tessuti a formare il cosiddetto edema infiammatorio, o alla superficie libera del corpo (cute o mucose), o nelle cavità naturali (es. pleura, peritoneo, articolazioni, ecc.), contiene sostanzialmente gli stessi costituenti del plasma sanguigno da cui deriva ma in minore concentrazione. Grande importanza hanno gli elementi morfologici dell'essudato. La prova che una gran parte delle cellule dell'essudato proviene dal sangue fu data da J.F. Cohnheim con la classica esperienza che consiste nell'osservare al microscopio il mesentere disteso di una rana vivente. Essendo questa sottile membrana trasparente, si seguono bene i fenomeni dell'infiammazione prodotta dall'influenza irritante dell'aria e dell'essiccamento. Si constata che, a un certo momento, i globuli bianchi del sangue lasciano l'asse della corrente aderiscono alla parete del vaso e, mediante successive deformazioni del loro protoplasma, s'insinuano nella parete, la trapassano, ne fuoriescono e s'accumulano intorno ai vasi. Questo comportamento è caratteristico dei leucociti polinucleati (così detti per la forma strozzata del nucleo che simula una molteplicità nucleare) che sono dotati di movimento ameboide. Questo fenomeno della loro fuoruscita si chiama diapedesi. Gli altri globuli bianchi (linfociti, monociti), e anche dei globuli rossi escono pure dai vasi, ma non si sa bene con quale meccanismo. L'attrazione dei globuli bianchi nel tessuto irritato è certo in parte determinata da influenze chimiche: queste sostanze che attraggono i leucociti si chiamano chemotattiche positive, quelle che invece li respingono chemotattiche negative e queste ostacolano lo svolgersi del processo infiammatorio; il fenomeno prende nome di chemotropismo (v.).
B) I fenomeni istogeni. - Oltre alle accennate cellule sanguigne, si accumulano, affluendo e moltiplicandosi nel tessuto infiammato, una grande quantità di altri elementi di derivazione locale, che si mescolano con quelli fuorusciti dai vasi, di guisa che, in ultima analisi, l'essudato, inteso in senso lato, se è prevalentemente d'origine ematica, comprende tuttavia anche elementi dei tessuti infiammati e questi elementi locali in certi casi possono anche prevalere sugli altri.
Considerando nel complesso le varie cellule che si accumulano nel territorio infiammato e prendono parte attiva al processo, possiamo distinguere secondo la loro natura e provenienza, varî tipi, e precisamente: a) leucociti polinucleati o microfagi, d'origine esclusivamente sanguigna, che, com'è noto, esercitano un'attiva fagocitosi specie verso i batterî, inoltre secernono fermenti atti alla dissoluzione dei tessuti. Si chiamano microfagi per distinguerli dai fagociti dei tessuti detti macrofagi per le loro maggiori dimensioni; b) i linfociti, che provengono direttamente dal sangue, o dalle vie linfatiche diffuse nei tessuti, o da piccoli depositi o centri linfocitarî che si trovano sparsi qua e là in molti tessuti a rappresentare come guarnigioni difensive isolate, pronte a mobilitarsi. La funzione dei linfociti è ignota; non sono fagociti, ma hanno certamente un compito molto importante, che si deve ammettere, non fosse altro per la grande frequenza e abbondanza con cui compaiono nei tessuti infiammati. c) Oltre ai leucociti e ai linfociti, possono migrare dal sangue anche i cosiddetti monociti; in una parola tutti i globuli bianchi sanguigni, nei diversi tipi, più o meno sono attratti nelle parti infiammate. d) Le plasmacellule sono elementi un po' più grandi dei linfociti e più ricchi di protoplasma. Essi rappresentano - come tutti i seguenti - elementi nuovi, che non si trovano cioè in condizioni normali né nei tessuti, né nel sangue, ma compaiono solo in condizioni patologiche. Sono considerati come una trasformazione di linfociti, oppure di elementi del tessuto connettivo (istiociti): forse l'una e l'altra origine è possibile. Anche le plasmacellule, come i linfociti, debbono esercitare una funzione difensiva importante, ma ignoriamo in che cosa consista e come si esplichi. e) I cosiddetti macrofagi poliblasti o macrofagi istiocitari sia istogena sia sanguigna. Stando soprattutto alle ricerche dell'istologo russo A. Maximov (Maksimov) i linfociti e i monociti normali del sangue, dopo essere pervenuti nei luoghi dell'infiammazione, possono perdere il loro aspetto normale e assumere quello dei comuni macrofagi. Analogamente, sotto lo stimolo flogistico una parte delle cellule fisse dei tessuti connettivi si rende libera e si mobilizza assumendo l'aspetto globoso indifferente del macrofago ed esercita un'attiva fagocitosi. Questi elementi fissi dei connettivi normali capaci di tale trasformazione in condizioni patologiche sono i cosiddetti istiociti; essi hanno aspetti differentissimi secondo la sede e la struttura del tessuto nel quale si trovano, alla quale si adattano, ciò che ha valso loro le più disparate denominazioni (clasmatociti, cellule ragiocrine, cellule migranti in riposo, istiociti, istiociti perivascolari o cellule dell'avventizia); sono sparsi in tutti i tessuti connettivi, e abbondano specialmente intorno ai vasi. Non debbono confondersi con le altre cellule fisse del connettivo, cioè con i fibrociti o fibroblasti che sono gli elementi specifici che regolano la vita del tessuto stesso. Gl'istiociti rappresentano importanti elementi di difesa; in condizioni normali sono immobili, ma al momento del bisogno si risvegliano, perdono rapidamente le loro forme speciali (prolungamenti, ecc.), divengono globosi; acquistano mobilità ameboide, si moltiplicano e s'accumulano nella parte infiammata dove esercitano una spiccata attività fagocitaria, rivolta specialmente verso cellule alterate o morte o altri materiali estranei o divenuti tali. La loro forma globosa può variare per compressione reciproca e possono assumere un aspetto che ricorda lontanamente quello delle cellule epiteliali, che sono sempre contigue (donde il nome improprio, che viene loro dato, di cellule epitelioidi dei processi infiammatorî). Cessata l'irritazione, i macrofagi istiocitarî superstiti in parte ritornano allo stato di elementi istiocitarî fissi (istiociti) giustificando il nome di cellule migratorie in riposo (A. Maximov), in parte subiscono un'ulteriore trasformazione in cellule specifiche del connettivo o fibroblasti, contribuendo così alla riparazione delle parti distrutte nel modo che ora diremo. Le molteplici origini e trasformazioni di questi macrofagi hanno valso loro anche la designazione di poliblasti (A. Maximov). Su questi macrofagi è stata rivolta in questi ultimi anni una particolare attenzione. S'è constatato che essi possiedono la proprietà di assumere nel loro corpo sotto forma granulare certi colori che vengono iniettati negli animali viventi, proprietà che invece non possiedono affatto, o in scarsissimo grado, altre cellule connettivali (fibroblasti) e tanto meno le cellule degli altri tessuti: cellule epiteliali, muscolari, nervose, ecc. Questi elementi che così si colorano in vita (colorazione vitale) sono abbondantissimi nella milza e nelle ghiandole linfatiche, nel midollo osseo e nel fegato. Tutti questi elementi sono, quando occorra, sia in condizioni normali sia patologiche, fagociti attivissimi e hanno quindi molta importanza nei processi infiammatorî. Per quanto diversi d'aspetto e di sede sono stati, per questa loro comune proprietà funzionale, riuniti a formare un unico gruppo biologico che va sotto il nome poco appropriato di sistema reticolo-endoteliale, designazione derivata dal fatto che alcuni tipici rappresentanti del gruppo rivestono vasi sanguigni e linfatici come endotelî, e altri si trovano nello speciale connettivo a fibre sottili e intrecciate che abbonda nella milza e nelle ghiandole e che si chiama connettivo reticolare. f) Debbono infine essere ricordate le ben note cellule giganti, caratteristici elementi fagocitarî forniti di numerosissimi nuclei, che compaiono tutte le volte che in un tessuto infiammato vi sono da distruggere frammenti di particolare resistenza (per es., corpi estranei, come schegge, fili di seta, ecc.) oppure colonie microbiche resistenti alle comuni difese organiche (per es., bacilli della tubercolosi, spirochete della sifilide, ecc.). Queste cellule giganti si debbono considerare come grossi macrofagi risultanti o dalla divisione incompleta o dalla fusione di comuni macrofagi. Questi elementi non hanno forma propria, ma si plasmano sul materiale che cercano di distruggere, circondandolo, aderendo a esso, penetrando negli eventuali interstizî. Altre volte inglobano il materiale specie i microbi. In ogni caso la loro più evidente funzione difensiva è quella fagocitaria. g) Non mancano poi anche le primitive cellule connettivali che si trovavano nel luogo dell'infiammazione e che hanno perduto i loro caratteri specifici assumendo forma rotondeggiante e indifferente per cui male si distinguono dalle altre cellule infiammatorie.
Tutti questi elementi ora descritti riempiono variamente il tessuto infiammatorio e s'accumulano maggiormente attorno ai capillari sanguiferano estendendo così la rete capillare ove maggiore è il bisogno. Dal prevalere degli uni o degli altri dei varî elementi infiammatorî, dal modo di raggrupparsi o di distribuirsi, derivano differenze che, per quanto sostanzialmente poco importanti, valgono tuttavia molte volte a caratterizzare una determinata infiammazione, o categoria di infiammazioni.
Fenomeni regressivi dell'infiammazione. - I fenomeni di cui è stato fatto cenno sinora sono tutti evidentemente di natura reattiva, rappresentano la difesa dell'organismo mediante un'esagerata attività vitale di determinati elementi. Ma, come è naturale, sul campo della lotta vi sono sempre morti. Così una grande parte delle cellule che l'organismo manda in sua difesa, dopo avere esercitato la sua funzione, va rapidamente incontro a fenomeni regressivi e muore. Oltre a ciò lo stesso stimolo che provoca l'infiammazione è sempre causa diretta di danno per i tessuti e molte volte l'infiammazione è una semplice conseguenza della mortificazione o danneggiamento di una parte, la quale così alterata, anche se la causa che l'ha danneggiata ha cessato di agire, diventa a sua volta stimolo infiammatorio. Questi danni in certi casi sono evidentissimi, tanto che i fenomeni distruttivi, cioè regressivi, possono prevalere su quelli reattivi, come succede nelle cosiddette infiammazioni necrotizzanti (cancrenose).
Le varie forme d'infiammazione. - Una prima e importante distinzione si può fare riunendo in una grande categoria tutte quelle infiammazioni nelle quali i fenomeni vascolari sono particolarmente accentuati, e la trasudazione del plasma o degli elementi sanguigni, o di entrambi, è abbondante e dà luogo alla raccolta di una manifesta quantità d'essudato nelle maglie o alla superficie dei tessuti. Queste sono le infiammazioni essudative. Sono generalmente acute e possono essere prodotte dai più svariati agenti. Secondo la prevalenza dell'uno o dell'altro costituente dell'essudato, se ne distinguono varî tipi: essudativa sierosa, catarrale, fibrinosa, purulenta, ciascuna delle quali può essere a sua volta anche emorragica o necrotizzante.
L'essudato sieroso è molto fluido e contiene poche cellule. Molte volte si forma con così scarsi segni d'infiammazione che si rimane in dubbio se la raccolta sierosa sia veramente flogistica, se si tratti cioè di un vero essudato o non piuttosto di un trasudato, come vengono chiamate le trasudazioni di siero da altre cause, indipendenti cioè da processi infiammatorî, come sono gli edemi o trasudati nefritici, cardiaci, ecc. Praticamente la distinzione è molto importante, e siccome il liquido dell'edema infiammatorio è più concentrato e più ricco di sostanze coagulabili in confronto al liquido degli edemi non infiammatorî, così si ricorre per la distinzione a delle prove chimiche, delle quali la più semplice e dimostrativa è quella della cosiddetta reazione del Rivalta che si pratica lasciando cadere una goccia del liquido in esame in una soluzione diluita (1 : 300) d'acido acetico. Se si forma una nubecola di coagulazione vuol dire che si tratta di un essudato infiammatorio. L'essudato sieroso si può avere per cause meccaniche, come nelle vesciche che si formano sulla pelle in seguito a compressioni o sfregamenti ripetuti; o per azione di gas irritanti sulla mucosa nasale e bronchiale, o, più spesso, per azione di microbi patogeni, come nel comune raffreddore (ove l'essudato inizialmente sieroso diviene poi muco-purulento), nel reumatismo articolare acuto con versamento sieroso nelle cavità articolari, o nelle sierositi di varia natura, più frequente tra le quali è la pleurite sierosa con versamenti talora di più litri e che è tanto spesso di natura tubercolare.
L'essudato cosiddetto catarrale si forma alle superficie delle mucose ed è ricco di muco; può essere sieroso e fluidissimo, o ricco di leucociti e denso (catarro muco-purulento). Se ne hanno frequenti esempî nelle varie forme di affezioni nasali, faringee, e tracheo-bronchiali (comuni raffreddori, faringiti, bronchiti). Anche l'essudato denso e ricco di leucociti che si raccoglie negli alveoli polmonari delle comuni bronco-polmoniti si dice catarrale per quanto non contenga muco. Sono frequenti i catarri di stomaco e di intestino. L'essudato fibrinoso è rappresentato tipicamente da due forme, la comune difterite delle fauci e la polmonite fibrinosa. È caratterizzato da un essudato più o meno emorragico che, appena formatosi, coagula. Nella difterite il coagulo fibrinoso forma quelle membrane bianco-grigiastre che si stratificano sulla mucosa delle tonsille, dell'ugola, ecc.; il bacillo difterico pullula alla superficie di queste mucose ove provoca questa speciale infiammazione. Nella polmonite il diplococco specifico si moltiplica nei capillari degli alveoli e provoca un essudato emorragico che riempie le cavità alveolari e ivi coagula in massa. L'essudato purulento caratterizza le suppurazioni, che sono le infiammazioni acute più frequenti. Com'è noto, esso è costituito quasi esclusivamente dal plasma sanguigno trasudato dai vasi e dai leucociti polinucleari fuoriusciti dai vasi per diapedesi; questi costituiscono le cellule o corpuscoli del pus. L'essudato purulento esercita una forte azione dissolvente sui tessuti e così si spiega la facile formazione di cavità ove il pus si raccoglie (ascessi). Le varie forme di suppurazione, note ab antiquo, sono contrassegnate con speciali denominazioni (pustole, piccole raccolte alla superficie della pelle; foruncoli, nel follicolo del pelo; flemmoni, quando il pus si diffonde lungo il connettivo sottocutaneo o intermuscolare; empiemi, le raccolte in cavità naturali come pleura, articolazioni, ecc.). Le suppurazioni possono essere prodotte da sostanze chimiche, per es. da iniezioni di calomelano, o di essenza di trementina che viene usata in terapia umana e veterinaria per produrre i cosiddetti ascessi da fissazione che fanno regredire le infiammazioni più gravi situate profondamente. Ma la grandissima maggioranza delle suppurazioni è d'origine microbica. Svariatissimi germi possono dare il pus, ma di gran lunga i più frequenti agenti causali sono gli stafilococchi e streptococchi piogeni, germi ubiquitarî che si trovano sulla nostra pelle e su molte mucose e che sono responsabili di un'infinità di malattie, anche non purulente. I cosiddetti germi piogeni facoltativi provocano abitualmente infiammazioni d'altro genere e solo in certi casi quella suppurativa. Una stessa specie microbica può produrre, infatti, malattie molto differenti secondo i casi, in rapporto specialmente alla virulenza del germe stesso e alla resistenza dell'organismo sul quale s'impianta. Così, per es., lo streptococco può dare, secondo i casi, l'erisipela della pelle, oppure un flemmone, o una bronco-polmonite o una setticemia senza localizzazione di sorta. E il bacillo tubercolare può dare un essudato sieroso nella pleura, o una suppurazione nelle ossa o nelle meningi, o un'infiammazione fibrinosa nel polmone, o altre forme diverse.
Infiammazioni produttive. - A differenza delle infiammazioni essudative ora considerate, ve ne sono altre nelle quali la trasudazione vasale è scarsa e poco appariscente, mentre si raccolgono nella parte infiammata in grande quantita le cellule di reazione locale. Questi elementi infiltrano il tessuto, lo tumefanno, determinano l'atrofia e la regressione dei suoi costituenti più delicati, e ne alterano profondamente l'architettura e la struttura venendosi a formare un tipo speciale di tessuto nuovo, molto ricco di elementi cellulari e di vasi sanguigni in gran parte neoformati.
Queste infiammazioni si chiamano, in contrapposto a quelle essudative, infiammazioni neoformative o produttive o iperplastiche e il tessuto neoformato si dice anche tessuto embrionale o tessuto di granulazione (denominazione quest'ultima quanto mai impropria, riferendosi a un caso particolare di tali infiammazioni). Le infiammazioni produttive sono generalmente a lento decorso. Sono provocate da diversissime cause, dalle più comuni e banali, alle più specifiche. Così, in corrispondenza d'una soluzione di continuo dei tegumenti che metta a nudo i tessuti sottostanti, questi, irritati dal contatto con l'aria o con le medicature (eventualmente con microbi che vi hanno attecchito) s'infiammano; a poco a poco si forma un'infiltrazione delle note cellule di reazione, i capillari sanguiferi si dilatano e si formano delle nuove anse vascolari da quelle preesistenti e si viene così a costituire uno strato di tessuto infiammatorio di nuova formazione a tipo embrionale, che, visto alla superficie libera, apparisce granuloso, perché i centri dei singoli territorî vascolari neoformati, accrescendosi più rapidamente della periferia, sporgono sulle parti circostanti e sono circondati da una grande quantità di cellule infiammatorie che, come sempre, s'accalcano intorno ai vasi. Questo aspetto granuloso delle piaghe è conosciuto ab antiquo e quando la piaga "granuleggia" cioè presenta "buone granulazioni" ciò è buon indizio di un regolare decorso riparatorio. Questo aspetto granuloso delle piaghe ha valso a dare il nome di tessuto di granulazione a tutti i tessuti di neoformazione infiammatoria in generale.
Molte altre volte le infiammazioni produttive sono d'origine microbica. Si tratta in questi casi di microrganismi patogeni ad azione subdola e lenta, e dotati di molta resistenza rispetto alle difese dell'organismo. Prototipi di questa categoria in patologia umana sono il bacillo di Koch e il treponema della sifilide. Il bacillo di Koch, come s'è visto poco sopra, può dare spesso infiammazioni essudative di vario genere; altre volte, invece, provoca infiammazioni produttive che sono più caratteristiche del suo modo d'agire. Queste infiammazioni produttive, specifiche dell'azione di determinati germi, si chiamano comunemente infiammazioni granulomatose e il tessuto infiammatorio neoformato prende il nome di granuloma (granuloma tubercolare, sifilitico, ecc.).
L'aspetto e la struttura del granuloma è diverso secondo la sede in cui si produce e secondo la distribuzione dei germi. Talora si diffonde estesamente (forma diffusa) seguendo le vie di minore resistenza, per es. alla superficie delle meningi, delle capsule articolari, lungo i nervi, ecc., oppure infiltrando diffusamente un organo e sostituendo così il tessuto proprio dell'organo stesso (es., tubercolosi del rene, sifilide infantile del polmone, del fegato); altre volte, invece, il germe patogeno si localizza nei tessuti formando quasi delle circoscritte colonie microbiche; allora l'infiammazione produttiva si svolge tutt'attorno a questi centri microscopici d'infezione e ne consegue un granuloma costituito di tanti noduli (forma nodulare), i quali possono avere dimensioni microscopiche come il tubercolo elementare, la gomma sifilitica microscopica (il granuloma sifilitico si chiama abitualmente gomma, termine improprio derivante da un carattere accessorio, che presenta in alcuni casi, di rammollirsi per degenerazione degli elementi producendo un liquido filante e come gommoso) o possono assumere per il conglomerarsi di molti noduli elementari, dimensioni tali da essere visibili a occhio nudo (tubercolo miliariforme) sino a dimensioni addirittura cospicue (tubercoli giganti del cervello, grosse gomme sifilitiche del fegato, delle ossa, della pelle, ecc.). In questo nodulo infiammatorio elementare le cellule di reazione assumono spesso disposizioni e raggruppamenti caratteristici che permettono col semplice esame microscopico di riconoscere la natura della lesione. La struttura più tipica è quella del tubercolo prodotto dal bacillo di Koch. Nel centro si trova per lo più una cellula gigante con i nuclei a corona e il centro degenerato (cellula di Langhans); tutt'attorno c'è un accumulo di macrofagi compressi l'uno sull'altro in modo da assomigliare lontanamente alle cellule dei tessuti epiteliali, per cui si chiamano cellule epitelioidi; esternamente ancora c'è uno strato di linfociti. La gomma microscopica è press'a poco eguale, ma manca più spesso la cellula gigante. Formazioni infiammatorie identiche o quasi a queste ora descritte si possono facilmente ottenere introducendo nei tessuti dei granuli irritanti, come polveri della più svariata natura. Ma un'importante differenza sta in ciò, che i noduli (o tubercoli, come si possono chiamare anche se non prodotti dal bacillo della tubercolosi) provocati da materiali inerti, come sono quelli delle polveri, quando si sono formati s'arrestano nel loro sviluppo e prima o poi finiscono col trasformarsi in un nodulo fibroso. Invece i noduli o tubercoli prodotti da microbi patogeni come il bacillo di Koch, o il germe della sifilide, finiscono col risentire l'influenza deleteria del microbo, il quale produce veleni necrotizzanti, che uccidono le cellule del nodulo e lo trasformano, per lo meno al centro, in una massa necrotica omogenea (cosiddetta necrosi caseosa). Dall'estendersi più o meno della necrosi caseosa, ciò che è in rapporto con l'attività aggressiva del germe e con l'attitudine dell'organismo a circoscriverne l'azione con la barriera infiammatoria, dipende in gran parte l'andamento della malattia.
Enti dell'infiammazione. - L'infiammazione è un processo morboso difensivo contro una causa che mette in stato di sofferenza una parte dell'organismo, e dura finché dura la sofferenza. Tale durata può essere lunga o breve secondo la validità della difesa organica, secondo la resistenza della causa morbigena, e secondo altre molteplici circostanze accessorie. La cessazione dell'infiammazione ha luogo quando la causa irritante è espulsa (come nell'apertura di un ascesso all'esterno) o si è esaurita o consumata, o è stata distrutta o neutralizzata dalla reazione organica. La guarigione che consegue all'infiammazione può essere completa, con restitutio ad integrum, o incompleta, rimanendo tracce definitive del processo superato. La guarigione con ritorno perfetto alle condizioni normali si ha nelle infiammazioni essudative che non hanno provocato sensibile distruzione di tessuti. Una pleurite sierosa, un catarro delle mucose, un'erisipela, le vescicole della varicella (ma non tutte), e anche forme più gravi (difterite della gola o della trachea, polmonite fibrinosa, enterite del tifo e del colera) guariscono senza lasciare di regola traccia anatomica.
Le cose vanno diversamente quando nel corso dell'infiammazione sono andate distrutte parti di tessuti, come succede, p. es., nelle suppurazioni con formazioni di ascessi. In questo caso, residuando una perdita di sostanza, l'organismo tende a riparare la perdita mediante rigenerazione, che è proprietà generale degli organismi. Se sono andati distrutti tessuti differenziati, come muscoli, nervi, ghiandole, ecc., questi fanno il possibile per rigenerarsi, ma le condizioni determinate dal processo infiammatorio ostacolano per lo più il regolare andamento della rigenerazione dei tessuti delicati, per cui, in ultima analisi, prende il sopravvento la rigenerazione a mezzo di tessuto connettivo, a grande potenza rigenerativa, che colma le perdite e sostituisce, purtroppo, in maggiore o minor misura, i tessuti nobili andati distrutti. Questa neoformazione di connettivo, come esito del processo infiammatorio, ha grande importanza, ed è assai frequente. Essa infatti si verifica, oltreché nel caso ora citato d'infiammazioni essudative accompagnate da distruzione di tessuti, anche come esito delle infiammazioni produttive. In queste, quando la causa flogistica cessa di agire, residua un tessuto di granulazione che ormai non può facilmente riassorbirsi e scomparire, e nel quale, fra le tante cellule di reazione che abbiamo descritto, si trovano anche numerose cellule proprie del connettivo (fibroblasti) che nel caso delle infiammazioni erano mal riconoscibili avendo acquistato anch'esse caratteri embrionali. E pare che anche i macrofagi del tessuto infiammatorio siano capaci, a flogosi ultimata, di trasformarsi in cellule connettivali. Ora, tutti questi elementi capaci di produrre connettivo fibroso, entrano in attività costruttiva appena cessa la prevalenza dell'attività fagocitaria e difensiva degli altri elementi. Così si vedono comparire fibre e fasci di connettivo che a poco a poco sostituiscono completamente il tessuto di granulazione i cui elementi si riassorbono, muoiono, in una parola scompaiono dalla scena.
Un caso particolare di neoformazione connettivale da tessuto di granulazione si ha quando l'infiammazione produttiva è stata provocata dalla presenza irritante di parti dell'organismo venute a morte. Il caso più tipico è quello della formazione di fibrina. Può verificarsi all'interno dei vasi sanguiferi per coagulazione del sangue (trombi) oppure nelle infiammazioni fibrinose profonde come quelle delle cavità sierose (pleurite, pericardite, peritonite fibrinose). In questi casi il coagulo fibrinoso agisce come corpo estraneo e suscita un processo infiammatorio lento e attenuato che conduce alla formazione di un tessuto di granulazione che distrugge e sostituisce completamente il trombo o le membrane fibrinose. Questo tessuto embrionale si trasforma poi nel modo anzidetto in tessuto connettivo e allora si dice che il trombo o le membrane fibrinose si sono "organizzati" (le membrane fibrinose si chiamano anche "pseudomembrane" per distinguerle da quelle connettivali che ne prendono il posto).
Questi connettivi neoformatisi, o per rigenerare parti distrutte, o per trasformazione del tessuto embrionale di granulazione, subiscono con il tempo importanti modificazioni che conducono alla formazione delle cicatrici. Accade, cioè, che questi connettivi che si sono formati in condizioni assai poco favorevoli per un regolare e ordinato sviluppo vengono fatalmente a trovarsi in condizioni di nutrizione e di funzione poco favorevoli. Essi s'impoveriscono sempre più di vasi sanguiferi divenendo pallidi, le cellule si riducono a scarse unità, le fibre soffrono nella loro nutrizione e divengono dure, rattratte e meno resistenti, gli altri tessuti che sono in stretto rapporto con questi connettivi, p. es. l'epidermide che sovrasta le cicatrici cutanee, si atrofizzano e hanno poca vitalità. In conclusione, si ha come esito un connettivo sclerotico, mal nutrito, poco resistente, anelastico (manca infatti la formazione di fibre elastiche), retratto, che è il cosiddetto connettivo cicatriziale che tutti conoscono per averlo veduto nelle cicatrici esterne. Questo esito è la guarigione per cicatnce. La formazione del connettivo cicatriziale è la base di numerose malattie, in quanto la retrazione che ha luogo nella formazione della cicatrice può occludere un canale (stenosi successive a ulcere infiammatorie guarite), può coartare un tessuto importante, può comprimere nervi provocando nevralgie o paralisi, può saldare definitivamente due superficie sierose tra le quali s'era formato un essudato fibrinoso che s'è poi organizzato (aderenze o sinechie, pleuriche, pericardiche ecc.), può raggrinzare un intero organo determinando l'atrofia del tessuto specifico, come succede nelle cirrosi (del fegato, del rene, del cuore, ecc.).
Nomenclatura. - I processi infiammatorî vengono abitualmente designati aggiungendo la desinenza -ite al nome delle parti infiammate. Molte malattie così denominate non sono di natura infiammatoria, ma il lungo uso non consente la correzione della nomenclatura per quanto impropria.
Storia. - Data la frequenza e l'importanza dei processi infiammatorî in patologia umana, fu compito importante delle scuole mediche di tutti i tempi e paesi quello di trovarne una soddisfacente interpretazione; la quale tuttavia non si poté avere fin quasi ai giorni nostri, quando cioè la scoperta dell'origine parassitaria della maggior parte delle flogosi da un lato, e delle funzioni difensive antiparassitarie delle cellule e degli umori dell'essudato dall'altro, mostrarono chiarissimo il significato e il meccanismo di questo importante processo.
Ancora pochi decennî or sono J.F. Cohnheim, che aveva chiaramente dimostrata la migrazione dei leucociti dal sangue nelle parti infiammate, spiegava l'infiammazione come un'alterazione della parete vasale che favorisce quella migrazione, della quale il Cohnheim non sospettava il significato e l'importanza e che appariva pertanto un fenomeno esclusivamente dannoso. Prima di lui R. Virchow, alla metà del secolo XIX, aveva indubbiamente fatto fare un notevole progresso alle conoscenze mediche, dimostrando che nell'infiammazione l'accumulo e la moltiplicazione di cellule sono un fatto fondamentale. Ciò poneva in evidenza la reazione locale delle parti infiammate nei loro costituenti più importanti: gli elementi cellulari. Ma il significato di questa reazione non appariva evidente. Nel sec. XVIII, in conseguenza delle nuove conoscenze sulla circolazione del sangue, si concepì l'infiammazione come una semplice alterazione locale del circolo provocata dallo stimolo flogistico: le spiegazioni sulla modalità di questa alterazione vascolare furono svariatissime (teorie di H. Boerhaave, di J. Hoffmann e altri); tutte le alterazioni delle parti infiammate erano conseguenza della stasi, dell'iperemia, erano quindi fenomeni passivi e nocivi. Per verità alcuni autori, e più di ogni altro l'inglese J. Hunter, avevano intuito che questi fenomeni vascolari dovevano avere una funzione biologica reattiva e difensiva per l'organismo.
Nei tempi più antichi, fino quasi al Settecento, dominarono le idee galeniche secondo le quali l'infiammazione non è un processo puramente locale, ma ripete la sua origine da alterazioni primitive o secondarie del sangue (sovrariscaldato effervescente) che cercherebbe di uscire dai vasi in una parte o l'altra del corso, producendo ivi la flogosi.
Siccome ogni teoria, per quanto possa apparire assurda se giudicata al lume di nuove conoscenze, contiene tuttavia qualche germe di verità quando è frutto di osservazioni e di esperienze, così dobbiamo riconoscere anche oggi che molte volte l'infiammazione di una parte è conseguenza di un'alterazione generale del sangue, come accade, per es., allorché un'infezione microbica generalizzata tende a guarigione e migliora quando l'organismo riesce a localizzarla per mezzo di un'infiammazione, come per es. una polmonite che tien dietro a una sepsi pneumococcica, una flebite, che tien dietro a una sepsi puerperale, un'artrite, una meningite, una pleurite, ecc., che conseguono alla generalizzazione ematica del relativo germe patogeno, la quale cessa con il localizzarsi del processo.
V. tav. a colori.
Bibl.: E. Metchnikoff, Leçons sur la path. comparée de l'inflammation, Parigi 1892; J. F. Cohnheim, Lezioni di patologia generale, trad. it., 3ª ed., Napoli 1890; A. Maximow, in Ziegler's Beitr., 1902; G. Banti, L'infiammazione, in Anatomia patologica, Milano 1907; F. Marchand, Die Entzündung, in L. Krehl, Handbuch der allg. Pathol., Lipsia 1924; E. Veratti, L'infiammazione, in P. Foà, Trattato di anat. patol., Torino 1922; A. Lustig, G. Galeotti e P. Rondoni, Patologia generale, Milano 1929.