chimica, industria
Settore manifatturiero che, utilizzando i risultati della ricerca orientata allo studio della trasformazione della materia, produce nuovi materiali a scopo industriale.
Il primo comparto c. a organizzarsi su base industriale fu la produzione di alcali e in particolare di soda, richiesta dall’industria tessile per sbiancare i tessuti e, in seguito, utilizzata per altre produzioni, come vetro, carta e sapone. La produzione industriale di soda venne realizzata con il cosiddetto ‘metodo Leblanc’, disponibile già alla fine del 1700, il quale, però, implicava un pesante inquinamento dell’aria. Nel 1863, quindi, il Parlamento inglese emise una legge (l’Alkali Act) per regolare le emissioni dannose e porre sotto controllo gli impatti ambientali dell’industria chimica. Venne così introdotto un nuovo procedimento, brevettato dal gruppo Solvay, che permetteva di produrre il materiale in grandi dimensioni, con sostanziali economie di scala, ma ridotto impatto ambientale. L’industria c. si estese poi ai materiali base per il comparto di coloranti sintetici, esplosivi e fertilizzanti.
Accanto a questi settori, produttori di beni intermedi per l’industria e per l’agricoltura, dal 1850 si sviluppò un’industria c. rivolta direttamente all’utilizzo da parte delle persone: la c. farmaceutica realizzò processi di produzione di composti c. che potevano non solo replicare e stabilizzare gli effetti di quelli già presenti in natura (e che la farmacopea tradizionale utilizzava su base individuale), ma anche realizzare composti sintetici che miravano alla risoluzione di specifici problemi medici.
Cruciale fu, per es., la grande azione contro la malaria, con la sintesi e la produzione su grande scala del chinino. Egualmente, a metà del 19° sec., si giunse a stabilizzare l’acido salicilico come potente rimedio contro la febbre e, dopo diversi affinamenti, fu realizzata nel 1899 la sua produzione industriale, da parte dell’azienda tedesca Bayer, con il nome commerciale di aspirina.
Si definiva, in questo modo, quella relazione fra ricerca di base, sviluppo industriale e produzione in grandi volumi, divenuta poi caratteristica della moderna industria chimica. Questo meccanismo venne sviluppato al suo massimo con la realizzazione, prima, dei processi elettrochimici, in seguito di quelli di sintesi ad alta pressione, e, infine, con la c. legata alla trasformazione degli idrocarburi, da cui prese vita l’industria delle plastiche e dei polimeri, per lo studio dei quali G. Natta vinse il Nobel nel 1963.
Le imprese c. divennero, nel corso del 20° sec., pilastri della grande industria in tutti i maggiori Paesi, determinando tuttavia una severa competizione che ha portato a pochi grandissimi gruppi multinazionali, operanti nella c. di base (Basf, Dow, Shell, Bayer, Ineos, DuPont), cui si aggiungono operatori specializzati nei diversi comparti produttivi.
Nanotecnologie e biochimica sono i nuovi filoni dello sviluppo della ricerca e di produzioni sempre più mirate e sostenibili. Dopo la crisi dei grandi complessi chimici (Montedison, ENI, SIR), in Italia si è sviluppata un’industria c. fine, molto specializzata su comparti farmaceutici e su quelli di coloranti e vernici.