induismo
La religione di Brahma, Vishnu e Shiva
L'induismo è la religione più diffusa in India. La sua base fondamentale è il dharma, cioè la legge morale, che serve soprattutto a mantenere l'ordine sociale. I suoi testi sacri sono quasi tutti in sanscrito classico, una lingua molto antica, ma anche in vedico (una forma ancora più antica). Particolarmente importanti per la cultura induista sono i due poemi sacri Mahabharata e Ramayana, scritti in sanscrito ma tradotti anche nei vari dialetti indiani. Ogni regione ha proprie tradizioni e cerimonie, ma rimangono in comune le idee della distinzione fra puro e impuro e della divisione in caste. Vi sono divinità inferiori, legate alle culture religiose locali, e divinità superiori (Brahma, Vishnu e Shiva, ossia la sacra trimurti "trinità") riconosciute quasi da tutti
Il termine. Induismo è una parola inventata verso la fine del 18° secolo dai Britannici ‒ colonizzatori dell'India ‒ per indicare la religione praticata, a partire da molti secoli prima della nascita di Cristo, dagli Indiani (parola la cui origine è a sua volta legata al fiume Indo). L'induismo non ha un fondatore, non ha un unico testo sacro ‒ come la Bibbia per i cristiani o il Corano per i musulmani ‒ e non ha neppure un'organizzazione religiosa (non ha infatti le caratteristiche di una Chiesa istituzionale, come nella religione cristiana).
L'evoluzione della dottrina. L'induismo non va considerato come un'unica religione, omogenea e compatta. Le sue caratteristiche ne fanno piuttosto una 'famiglia' composta da religioni diverse, tipiche di alcuni territori dell'India, anche se poi vi sono principi ispiratori in comune e alcune pratiche abbastanza simili fra loro. Nel corso dei secoli si sono registrati cambiamenti significativi, soprattutto in relazione alla dottrina della reincarnazione e della salvezza, come pure nell'ambito della ritualità e delle devozioni in onore delle divinità.
Il periodo più antico è da collegare alla civiltà nata nella valle del fiume Indo, a nord dell'India, nell'attuale Pakistan. Le fasi successive sono quelle dette vediche, che iniziarono quasi duemila anni prima di Cristo e si fondavano sullo studio dei testi sacri chiamati Veda (in sanscrito "conoscenza"). Circa duecento anni prima dell'era cristiana si sviluppò l'induismo cosiddetto classico, con l'elaborazione delle leggi di Manu che fornivano indicazioni per una giusta condotta. In tale contesto risultava operante il sistema delle caste che stabiliva l'impurità di un contatto fra appartenenti a caste diverse, cioè a gruppi sociali differenti per ruolo, prestigio e beni posseduti. Successivo fu l'affermarsi sia del poema epico Ramayana ("La storia di Rama") sia soprattutto della Bhagavadgita ("Il canto del Beato"), una sezione del sesto libro dell'altro grande poema epico, il Mahabharata (il poema dei discendenti del re Bharata). Più tardi, nella cosiddetta fase postclassica, diventarono rilevanti i testi detti Purana, dedicati a Brahma (il creatore), Vishnu (il preservatore) e Shiva (il distruttore). Tuttavia va precisato che Shiva non era solo la divinità della distruzione ma anche della rigenerazione.
Gran parte della pratica religiosa degli induisti tiene conto del karma, cioè della legge che governa tutte le azioni degli uomini in relazione alla vita presente e a quella futura: il frutto delle azioni compiute da ogni vivente determina una diversa rinascita sulla scala degli esseri, e particolari gioie e dolori durante il corso della vita seguente. All'idea del karma è dunque legata quella della reincarnazione, che consente ‒ in una vita successiva ‒ di nascere in una condizione migliore se la vita precedente è stata condotta nel rispetto del dharma (ossia della legge morale) e nella devozione verso le divinità, in primo luogo Brahma, l'essere divino, il potere sacro, presente sia nell'atto del sacrificio compiuto dai sacerdoti sia nel Cosmo, nella natura. Ma anche Vishnu e Shiva vanno onorati come membri della trinità induista (o trimurti), insieme con Brahma.
Elementi centrali della religiosità induista sono: il tempio, il culto dei grandi fiumi (il Gange, il cui nome in hindi è femminile e che viene considerato come una grande madre, lo Jamuna e il mitico Sarasvati, detto anche fiume della conoscenza, che scorrerebbe sotterraneo e invisibile), la celebrazione ogni dodici anni del Maha Kumbha Mela ("Festa della brocca", con la quale si raccoglie l'acqua del Gange), le parate degli dei, la recitazione degli inni sacri, le meditazioni di coloro che praticano lo yoga, le prove cui si sottopongono i fachiri, i sacrifici in onore dei nobili, gli usi domestici, i matrimoni solenni, il rispetto per le mucche sacre, i riti di cremazione dei morti.
Un riformatore dell'induismo fu Shankara, filosofo indiano vissuto forse tra il 788 e l'820 d.C. Pensatore intelligente e dedito all'ascesi (ascetismo), fu un vero guru (guida spirituale), capace di raccogliere molti discepoli e fondare monasteri. Shankara fu anche un attento commentatore del Bhagavadgita.
I testi considerati sacri dagli induisti sono in sanscrito, una lingua letteraria in uso nell'antica India già alcuni secoli prima di Cristo e successivamente conosciuta quasi solo dalle persone più istruite, appartenenti di solito alla casta dei bramini o brahmani, sacerdoti cioè del dio Brahma. Il Mahabharata è forse il testo più importante ed è noto specialmente per il Canto del Beato. Risalirebbe a tre secoli prima della nascita di Cristo e si pensa che contenga il nucleo essenziale della dottrina dei Veda, cioè dei testi indo-ariani più antichi, che erano quattro e precisamente Rgveda ("Veda degli inni"), Yajurveda ("Veda delle formule per i sacrifici"), Samaveda ("Veda delle melodie") e Atharvaveda ("Veda delle formule magiche"). La produzione dei testi vedici abbraccia un periodo molto ampio che va dal 2000 al 500 a.C. e contiene molti riferimenti alla natura e alla vita dopo la morte, soprattutto nelle Upanishad ("Dottrine segrete"), in cui si parla della salvezza che libera dalla successione delle reincarnazioni e che consiste nella identificazione fra l'Anima individuale (Atman) e l'Anima universale (Brahman). Secondo tale dottrina non basta una vita interamente religiosa e pura per interrompere il continuo ciclo delle rinascite in altre vite, ma occorre giungere a riconoscere ciò che rappresenta il Brahman (inteso come principio fondamentale dell'Universo) e a immedesimarsi in esso, realizzando una stretta unione fra essere umano ed essere divino.
Il Ramayana, poi, è una raccolta di migliaia di strofe che risalgono al 2° secolo d.C. e narrano le imprese di Rama, un'incarnazione di Vishnu. Attualmente però è il Bhagavadgita a riscuotere maggiore attenzione, più degli inni e dei formulari contenuti nei Veda.
La maggior parte dei seguaci dell'induismo vive in India, che è uno Stato laico, la cui struttura democratica è orientata verso il rispetto di ogni forma religiosa, senza privilegiare la religione della maggioranza dei cittadini. Va tuttavia rilevato che nell'India contemporanea permane un forte contrasto tra induisti e musulmani, che ha dato luogo a scontri anche violenti.
Un altro problema chiave è quello delle distinzioni di casta, strettamente connesse con le concezioni religiose induiste. A ben considerare, il concetto stesso di karma, posto alla base di ogni attività dell'induista, è di fatto un ostacolo a ogni tentativo di abolizione o di superamento di quelle differenze e ingiustizie, che hanno come origine proprio l'ordinamento in caste.
In alcuni casi, persone particolarmente sensibili al rispetto dei diritti umani preferiscono lasciare la religione induista per evitare di rafforzare e consolidare le discriminazioni in atto. Al contrario, gli induisti più tradizionalisti vorrebbero mantenere la situazione esistente per resistere alle influenze esterne del mondo occidentale. Altri ancora preferiscono conservare i principi generali dell'induismo, ma uniti a una maggiore attenzione e al rispetto per tutti gli esseri umani.