INDOEUROPEO, (XIX, p. 131)
Linguistica. - Le basi della l. i. sono state gettate nel 19° secolo e consolidate all'inizio del 20° secolo. Ci si riferisce in questo modo sia ai veri e propri studi comparativi che, qualunque sia il valore delle ricostruzioni (v. oltre e XIX, p. 133), si propongono appunto di ricostruire la lingua madre e di seguirne lo sviluppo entro i gruppi linguistici da essa derivati, sia agli studi storici e descrittivi dedicati a una lingua o a un gruppo di lingue di origine indoeuropea. Qui si tratterà soprattutto del primo campo di studi; come dati fondamentali rimangono validi quelli esposti in XIX, p. 131 segg.
Le controversie sullo scopo e la natura del lavoro di ricostruzione non sono cessate. Chi insiste sull'unicità dell'atto linguistico e pensa che le varie lingue siano definite solo da una serie di isoglosse che congiungono gli atti linguistici individuali sostiene anche che è possibile ricostruire solo una "parte del sistema di isoglosse onde erano tenuti insieme i dialetti i., e non già l'inesistente lingua i." (Pisani). Altri studiosi, più legati, a buona ragione, a una visione strutturalistica del linguaggio, pensano invece alla ricostruzione di strutture che a loro volta appartengono a una lingua in divenire di cui è possibile, entro certi limiti, ricostruire storia, origini e sviluppo; l'opera non finisce quindi con la definizione di corrispondenze tra le lingue imparentate (Benveniste, Kurylowicz, Watkins). Nel lavoro attenuano e i risultati delle varie scuole spesso non si contraddicono.
Negli ultimi quarant'anni il materiale di base per la ricostruzione si è notevolmente accresciuto sia per la scoperta di nuovi testi e nuove lingue i. sia per i progressi fatti nello studio delle lingue già note. Il metodo comparativo si è anche raffinato grazie all'uso di tecniche nuove o nuovamente ridefinite (per es. la ricostruzione interna) e al contributo apportato dalla linguistica generale e dalle sue applicazioni agli studi storici. Da qualche tempo l'indoeuropeistica ha cominciato (o ricominciato) a subire l'influsso degli studi di tipologia linguistica. Infine, anche nel nostro campo, stiamo assistendo a uno spostamento del centro d'interessi; mentre sino agl'inizi di questo secolo il comparativista tendeva a specializzarsi nello studio delle lingue classiche, del sanscrito e del germanico, ora altre lingue, che prima venivano ignorate o considerate periferiche (celtico, tocario, hittito), sono divenute d'importanza fondamentale.
Tra le lingue più note passi da gigante si sono fatti nello studio dei dialetti del medio e tardo iranico, alcuni dei quali sono stati ora identificati e descritti per la prima volta; le conseguenze si riflettono anche nell'interpretazione dei testi più antichi (avestico e antico persiano). Più a ovest, la decifrazione del Lineare B (v. Miceneo, linguistica) ha permesso di prolungare la storia del greco che, tra le lingue i., è ora superato in antichità di attestazione solo dalle lingue anatoliche. Le iscrizioni in Lineare B (1400 [?]-1200 a.C. circa) sono difficili a interpretarsi, ma apportano contributi preziosi alla fonetica e morlologia storica del greco (basti pensare alla preservazione delle labiovelari come serie distinta dalle altre occlusive). Lo studio del celtico non è di data recente, ma la sua importanza per l'i. viene continuamente rivalutata, mentre si comincia a saper qualcosa sull'iberico-celtico.
Altre lingue sono note sin dai primi decenni di questo secolo, ma la loro importanza si è chiarita più di recente. La grammatica storica dei due dialetti del tocario (attestati nel Turchestan cinese nella seconda metà del 1° millennio d.C.) ha rivelato una serie di arcaismi soprattutto nel sistema verbale. Alla decifrazione del hittito, nel primo ventennio del 20° secolo, ha fatto seguito, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, una serie di lavori che hanno chiarito i rapporti tra le lingue i. dell'Anatolia nel 1° e 2° millennio a.C. (hittito, luvio, palaico e ‛hittito' geroglifico nel 2° millennio, licio, lidio e ‛hittito' ger. nel 1° millennio: v. anatoliche, lingue, in questa App.).
Lo hittito, che è la lingua i. attestata in tempi più antichi (testi del 17° secolo a.C., parole isolate dal 19° sec.), mostra una struttura che, benché chiaramente i., si differenzia fondamentalmente da quella delle lingue classiche e del sanscrito (mancanza del femminile, dei modi verbali, della distinzione imperfetto/aoristo/perfetto, ecc.). Secondo una teoria proposta da P. Kretschmer e sviluppata in America da E. H. Sturtevant, lo hittito sarebbe una lingua sorella del proto-i. discesa da un'ipotetica lingua madre, l'indohittito, che si sarebbe divisa in due rami, hittito e indoeuropeo. Almeno nella forma datale da Sturtevant la teoria è stata per lo più abbandonata, ma non mancano tentativi di risuscitarla in altra forma e su basi morfologiche più che fonetiche (W. Cowgill, in Proceedings XI int. congress of linguists, Bologna 1975, n. 557 segg.). Gli archivi di Boǧazköy, la capitale dell'impero hittito, ci hanno anche conservato frasi (più che testi) nella lingua dei principi di Mitanni, una dinastia del 2° millennio a.C. che parlava una lingua arcaica molto simile all'antico indiano; si tratta dei dati più antichi che abbiamo per l'indo-iranico e la loro presenza in Anatolia in questo periodo crea una serie di problemi.
Di alcune lingue minori che appartengono al dominio i. (come l'illirico, il trace, il macedone) sappiamo ancora ben poco e forse ancor meno di quel che si pensava un tempo. Nell'Italia antica lo studio del venetico (6°-2° secolo a.C.), che sembra imparentato con il latino, ha fatto progressi notevoli e anche il messapico (più vicino alle lingue balcaniche) è stato molto studiato. È probabile che alcune delle iscrizioni oscure e frammentarie della Sicilia antica contengano documenti di due o più lingue i. (non necessariamente italiche) parlate prima dell'arrivo dei Greci, ma la questione è ancora controversa.
Nell'Anatolia del 1° millennio a. C. il frigio (che è ormai attestato a partire dall'8° secolo) sembra formi un gruppo a sé probabilmente imparentato con alcune delle lingue balcaniche.
Comparazione e ricostruzione interna permettono di ricostruire i tratti più importanti della fonetica e della morfologia indoeuropea. Il secondo di questi metodi si basa sull'osservazione che certe anomalie grammaticali si possono spiegare facendo ipotesi sui cambiamenti anteriori che le hanno determinate (per es. in latino l'ipotesi che un originario -s- intervocalico sia divenuto -r- spiega l'alternanza r/s di maereō, part. maestus); il metodo permette, sia pure in forma ipotetica, di ricostruire la storia interna dell'i. e di procedere oltre i risultati di tenore puramente comparativo.
Già all'epoca di K. Brugmann si soleva attribuire all'i. un sistema di occlusive labiali, dentali, velari e labiovelari (si discute ancora se l'i. avesse due o tre serie di velari) disposte in tre serie, mute, sonore e sonore aspirate (/p, b, bh; t, d, dh; k, g, gh; kW, gW, gWh/ ecc.); una quarta serie di sorde aspirate (/ph/ ecc.) è incerta. Per le sibilanti Brugmann pensava a *s (sorda) e *z (sonora) [l'asterisco indica le forme ricostruite], ma ora si preferisce parlare di un fonema /s/ con due varianti condizionate [s] e [z] di cui la seconda precede sempre una consonante sonora. Nel caso delle sonanti o semivocali si tende ora a pensare (anche se con dubbi) che l'i. avesse i fonemi /i, u, r, l, m/ che tra vocali apparivano in funzione consonantica e tra consonanti in funzione vocalica (problemanco è il loro trattamento tra cons. e vocale). Il sistema vocalico dell'i. è particolarmente discusso perché dipende in parte dalla cosiddetta teoria laringale che in ultima analisi risale alla teoria dei coefficients sonantiques di Saussure. Secondo la forma più diffusa della teoria, l'i. avrebbe avuto tre fonemi convenzionalmente chiamati laringali e indicati con ə1, ə2, ə3, o H1, H2, H3 che sarebbero stati trattati come vocali o consonanti, a seconda della loro posizione nel contesto. Dopo una vocale e prima di una consonante le laringali sarebbero cadute allungando la vocale e talora cambiandone il colore (*eə1 > *ē; *eə2 > *ā; *eə3 > *ō); in posizione antevocalica la caduta delle laringali avrebbe avuto il solo effetto di cambiare la qualità della vocale (*ə1e > *e, *ə2e > *a, *ə3e > *o). Tra consonanti le laringali si sarebbero sviluppate diversamente nelle varie lingue (*ə1, ə2, ə3 > Skt. i, Lat. a ma Gr. e, a, o). Nelle sue forme più estreme la teoria laringale (che arriva anche a postulare un numero di laringali molto più grande di tre) nega all'i. la presenza di ogni vocale (fatta eccezione per le semivocali) diversa da e. Delle vocali tradizionalmente attribuite all'i., *e, o, a, ē, ō, ā, *o sarebbe derivato da *ə3e o da *e per apofonia vocalica: *a deriverebbe dalle laringali, e le vocali lunghe da e breve seguito da una delle laringali. La decifrazione del hittito ha mostrato che, laddove si vuole ricostruire una laringale, in hittito spesso (ma non sempre) si ha ḫ o ḫḫ. Metodologicamente la teoria, che è tuttora oggetto di discussioni continue, è interessante perché si basa su una combinazione di metodo comparativo, di tipologia linguistica e di ricostruzione interna. Le sue conseguenze più importanti riguardano la teoria dell'apofonia in i., cioè quelle alternanze vocaliche legate a distinzioni grammaticali (tipo Gr. λείπω [pres.], λέλοιπα [perf.], ἔλιπον [aoristo]) che si attribuiscono alla lingua madre, e la teoria della radice indoeuropea.
Nel campo della morfologia gli studi sono stati profondamente influenzati da J. Kurylowicz; si nota spesso negli studiosi moderni un desiderio di spiegare le origini delle varie flessioni in un modo che, mutatis mutandis, ci riporta a F. Bopp. I progressi degli studi hittiti, celtici e tocari stanno chiarendo una serie di punti dubbi e mostrano che nel passato si è forse esagerato nel ricostruire l'i. troppo sul modello del greco e dell'antico indiano.
Dopo B. Delbrück e J. Wackernagel gli studi di sintassi comparata sono stati in parte trascurati, ma recenti studi in chiave tipologica o generativa, anche se non sempre cogenti, hanno riacceso l'interesse nella materia. Gli studi di semantica comparata (E. Benveniste e altri) sono stati spesso legati a conclusioni sulla società indoeuropea. Infine, si parla ora, in parte sulle orme di lavori più vecchi (A. Meillet ecc.), di una poetica i., si cerca cioè di ricostruire sia i tipi metrici della lingua madre sia alcuni degli usi formulari (R. Jakobson, C. Watkins, G. Nagy, J. Kurylowicz etc.).
Bibl.: Resoconti bibliografici annuali si trovano nella Bibliographie linguistique (Utrecht e Anversa) e nella Indogermanische Chronik pubblicata da Die Sprache (Vienna); notiziario bibliografico anche nella rivista Kratylos (Wiesbaden).
Introduzioni, grammatiche e dizionari: le opere citate in XIX, p. 137 sono ancora fondamentali. Un'introduzione più recente è V. Pisani, Glottologia indoeuropea, Torino 1961; si veda anche O. Szemerényi, Einführung in die vergleichende Sprachwissenschaft, Darmstadt 1970 (con ricchissima bibliografia). Di una nuova grammatica i. edita da Kurylowicz sono usciti finora i voll. II (J. Kurlowicz, Akzent, Ablaut, Heidelberg 1968) e III, i (C. Watkins, Geschichte der idg. verbalflexion, ivi 1969). Un nuovo dizionario comparativo è J. Pokorny, Idg. etymologisches Wörterbuch, Berna 1951-69. Cfr. anche C. D. Buck, A dictionary of selected synonyms in the principal IE languages, Chicago 1949. Per un quadro importante e dettagliato dei risultati dell'indoeuropeistica negli ultimi cinquant'anni v. O. Szemerényi, Comparative linguistics in Current trends in linguistics, a cura di T. Sebeok, vol. 9, L'Aja 1972, pp. 119-95.
Metodologia: Diachronic, areal and typological linguistics, a cura di H. M. Hoenigswald, R. E. Longacre, in Current trends in linguistics, vol. ii, L'Aja 1973.
Fonetica: W. P. Lehmann, Proto-Indoeuropean phonology, Austin 1952. Sulla teoria laringale: Evidence for laringeals, a cura di W. Winter, L'Aja 1965; F. O. Lindeman, Einführung in die Laringaltheorie, Berlino 1970; O. Szemerényi, in Bull. Société de linguistique, LXVIII (1973), pp. 1-25; le critiche sono state frequenti: v. G. Bonfante, La teoria laringale, in Paideia, 12 (1957), pp. 22-8.
Apofonia, accento, teoria della radice: E. Benveniste, Origines de la formation des noms en ie., Parigi 1935; J. Kurylowicz, L'apophonie en ie., Breslavia 1956; id., L'accentuation des langues ie., ivi 1958.
Morfologia: J. Kurylowicz, The inflectional categories of IE., Heidelberg 1964; C. Watkins, op. cit.
Sintassi: J. Wackernagel, Vorlesungen über Syntax, Basilea 1926-28; C. Watkins, Preliminaries to the reconstruction of IE sentence structure, in Proc. IX int. congress of linguistis, Cambridge 1964, pp. 1034-45; W. P. Lehmann, Proto-Indo-European Syntax, Austin 1974 (da usare con prudenza). Importanti sono i lavori di J. Gonda (v. bibl. in India major, congratulatory volume presented to J. Gonda, Leida 1972, p. 1 segg.).
Lessico: E. Benveniste, Le vocabulaire des institutions indo-européennes, Parigi 1969.
Dialettologia: Ancient Indo-European dialects, a cura di H. Birnbaum e J. Puhvel, Berkeley 1966.
Lingua poetica: Rüdiger Schmitt, Dichtung und Dichtungsprache in idg. Zeit, Wiesbaden 1967; id., Indogermanische Dichtersprache, Darmstadt 1968; G. Nagy, Comparative studies in Greek and Indic meter, Cambridge (Mass.) 1974.
Origini e realia: G. Devoto, Origini indoeuropee, Firenze 1962; Die Urheimat der Indogermanen, a cura di A. Scherer, Darmstadt 1968; Indoeuropean and Indoeuropeans, a cura di G. Cardona ecc., Filadelfia 1970.