Abstract
Viene esaminato il principio di indisponibilità del credito tributario che, nella lettura costituzionalmente orientata in quanto volto all’equo riparto tra consociati del carico fiscale, viene posto a confronto con le fattispecie con cui l’amministrazione finanziaria addiviene a definizioni consensuali con il contribuente; a fronte del carattere generalmente vincolato dell’agire dell’amministrazione finanziaria, si verifica la ricorrenza dell’esercizio di poteri espressione di discrezionalità amministrativa, con differenti articolazioni, per entrambi i profili di indagine, in relazione alla fase di accertamento ovvero di riscossione del tributo.
Il tema della indisponibilità nel diritto tributario ha tradizionalmente assunto centralità di significato, rappresentando principio dal quale derivano importanti profili applicativi relativi a molteplici istituti nell’attuazione della norma tributaria.
A tale rilievo sistematico si è tuttavia accompagnata, per eguale tradizione, grande varietà nell’individuazione del fondamento del principio e, finanche, nel termine (sostantivo) cui riferire l’attributo dell’indisponibilità.
Per un verso l’indisponibilità è stata collegata al profilo soggettivo e considerata caratteristica della potestà di imposizione ovvero, valutata sotto il profilo oggettivo, considerata attributo del diritto di credito dell’amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente e dunque elemento caratterizzante l’obbligazione tributaria quale connotato del credito.
Il carattere di indisponibilità è stato associato, fino ad essere identificato, con la non derogabilità della norma tributaria, con i principi di irrinunciabilità e vincolatezza dell’agire amministrativo nella definizione della pretesa impositiva.
La molteplicità delle problematiche coinvolte è risultata tale che, invece di esprimere la complessità e centralità del tema ai fini dell’attuazione della norma tributaria, è stata spesso intesa quale sintomo della nebulosità e inconsistenza dell’argomento, difficile da ancorare ad effettivi caratteri del fenomeno impositivo, tanto da meritare la frequente etichetta di argomento dal sapore “dogmatico” (per la ricostruzione delle accezioni dell’attributo di indisponibilità Versiglioni, M., Accordo e disposizione nel diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, Milano, 2001; Fantozzi, A., La teoria dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, in Poggioli, M., (a cura di), Adesione conciliazione ed autotutela, Padova, 2007).
La reiterata adozione di moduli consensuali di definizione della pretesa tributaria, in cui il legislatore sembrerebbe consentire all’amministrazione finanziaria di disporre convenzionalmente del credito d’imposta, ha rinnovato l’interesse per l’argomento, mostrandone la centralità negli schemi teorici di attuazione della norma tributaria.
Si è così riproposto il tema del fondamento normativo del principio, tradizionalmente rintracciato nelle disposizioni di legge ordinaria che, in relazione a specifiche fattispecie, vietano all’amministrazione di concedere dilazioni o esenzioni non previste dalla legge, o comunque di applicare l’imposta in maniera difforme dalle statuizioni normative (il riferimento è, in particolare, all’art. 49 r.d. 28.5.1924, n. 827 nella parte in cui si prevede che nei contratti con lo Stato «non si può convenire esenzioni da qualsiasi specie da imposte o tasse vigenti all’epoca della loro stipulazione»).
Rilevata l’insufficienza di tale ricostruzione, la dottrina ravvisa il fondamento del principio di indisponibilità nel dettato costituzionale.
Il riferimento è innanzitutto all’art. 23 Cost., poiché, nel richiedere che la misura del tributo sia determinata dalla legge, si esclude che gli organi dell’amministrazione finanziaria possano disporre di tale misura, essendo in ogni caso l’agire amministrativo volto alla definizione del prelievo vincolato alla legge. E ciò a maggior ragione ove si rintracci il fondamento della norma costituzionale in una esigenza solo indiretta di garanzia della libertà patrimoniale dei privati ed in via diretta ed immediata di tutela degli interessi generali (Fedele, A., La riserva di legge, in Comm. Cost. Branca, Roma, 1978).
Tale lettura costituzionale del principio di indisponibilità del credito tributario ha portato poi altra dottrina a ravvisarne il fondamento nei principi attinenti all’attività dell’amministrazione e, dunque, nei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost. che, si afferma, rappresentano riflesso diretto del principio di uguaglianza.
L’assenza di profili di disposizione, si osserva, deriva non da un’astratta incompatibilità con il principio di imparzialità, poiché entrambi potrebbero confluire e coincidere in vista del comune interesse alla percezione del tributo, quanto dalla difficoltà, tutta fattuale, di mantenere, nell’esercizio dei poteri di disposizione, i canoni di imparzialità e buon andamento richiesti dalla norma costituzionale (Miccinesi, M., Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale, in Miccinesi, M., a cura di, Commento agli interventi di riforma tributaria, Padova, 1999).
Secondo altro orientamento, l’indagine sul profilo dell’indisponibilità nel diritto tributario va condotta privilegiandone un’impostazione che valorizzi il collegamento tra il tema in questione ed il suo rilievo nel contesto dell’esercizio della funzione impositiva (per tale ricostruzione Fantozzi, A., Diritto tributario, Torino, 2012, 484 ss.; Moscatelli, M.T, Moduli consensuali e istituti negoziali nell’attuazione della norma tributaria, Milano, 2007).
Se infatti il concetto di funzione evidenzia il legame tra una determinata attività e la realizzazione del fine cui essa è deputata, la difficoltà di ammettere che nell’ambito della funzione impositiva, l’amministrazione finanziaria possa esercitare potestà di disposizione del credito, sub specie di rinuncia ad una sua parte, deriva dal fatto che nell’esercizio della funzione impositiva, l’amministrazione finanziaria adotta quel complesso di istituti giuridici, sostanziali e procedimentali, volti ad attuare il concorso di tutti alle pubbliche spese.
Come viene ormai largamente affermato, il fondamento di tale concorso non va rintracciato nella subordinazione dell’individuo ad un astratto potere di imperio, e dunque nella soddisfazione delle esigenze dello Stato-apparato né nel criterio commutativo, ma nell’appartenenza del singolo alla collettività organizzata e, di conseguenza, nell’interesse dei consociati alla partecipazione di ciascuno alle pubbliche spese, nonché alla commisurazione della partecipazione alla potenzialità economica del singolo, così da collocare, secondo l’orientamento prevalente, il dovere tributario tra quelli inderogabili di cui all’art. 2 Cost. (Gallo, F., Etica e giustizia nella “nuova” riforma tributaria, in Pol. dir., 2003).
In questo senso, si individua il tratto distintivo del fenomeno fiscale nel profilo “comunitario” della fiscalità, evidenziandosi altresì che la doverosità del concorso di ciascuno alle pubbliche spese ha riguardo a quella “imprescindibilità del riparto” che deriva dall’inserimento dell’individuo nella comunità organizzata (così Berliri, L.V., La giusta imposta, Milano, 1975, in cui «se si vuole dare un contenuto positivo al concetto ed alla definizione di imposta, occorre partire dalla funzione di riparto della legge di imposta»).
Se, dunque, in base ad una prima accezione, il fenomeno fiscale ha riguardo alla essenzialità del riparto, con esso si intende inoltre individuare il criterio attraverso il quale realizzare tale riparto, poiché, attraverso l’affermazione della doverosità del concorso in base alla capacità contributiva, si esprime un’esigenza di razionalità nella disciplina del prelievo fiscale e di congruità nelle scelte attinenti ai criteri per il riparto dei carichi pubblici (così Fedele, A., Dovere tributario e garanzie dell’iniziativa economica e della proprietà nella costituzione italiana, in Riv. dir. trib., I, 1999, 972).
La funzione impositiva è pertanto funzione di composizione degli interessi presenti nella collettività e di soluzione dei conflitti che si pongono nell’imposizione dei tributi attraverso l’individuazione della capacità contributiva quale fondamentale criterio per addivenire ad un equo riparto tra consociati dei carichi pubblici.
Pur nella difficoltà di sintetizzare le articolate problematiche in argomento, caratterizzate dalla molteplicità dei profili di interesse, può considerarsi come ampiamente prevalente l’orientamento che, rintracciando la funzione del tributo in chiave solidaristica, intende la fiscalità come funzione «per realizzare il riparto dei carichi pubblici secondo il principio di uguaglianza sostanziale».
Se, dunque, l’inquadramento del dovere tributario tra quelli inderogabili di cui all’art. 2 Cost. esprime l’esigenza della distribuzione tra consociati degli oneri connessi all’appartenenza alla collettività, il legame dell’art. 53 Cost. con l’art. 3 Cost., affermato benché con diversità di accenti in dottrina e giurisprudenza, esprime altresì la necessità che la modalità del riparto risieda nella razionale distribuzione dei carichi, sicchè «la diversa incidenza dell’onere fiscale sui singoli membri della collettività sia razionalmente collegata a situazioni effettivamente diverse da quelle degli altri consociati» (Fedele, A., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, 2005, 23).
Attribuita dunque alla fiscalità una «funzione comunitaria» sulla base di indici che esprimano, secondo criteri di razionalità, l’attitudine economica di ciascun componente della collettività, l’alterazione di tale modalità del riparto si traduce in un vulnus nell’equilibrio fissato ex lege che comporta, come inevitabile conseguenza, la previsione di un maggiore aggravio per gli altri consociati: l’indisponibilità è allora attributo del credito tributario in conseguenza della particolare natura della pretesa del fisco, poiché espressione della funzione impositiva in quanto volta all’equo riparto tra consociati del carico fiscale (per tale ricostruzione in particolare Falsitta, G., Natura e funzione dell’imposta con speciale riguardo al fondamento della sua “indisponibilità”, in Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario, a cura di S. La Rosa, Milano, 2007; Id., Profili della tutela costituzionale della giustizia tributaria, in Diritto tributario e Corte Costituzionale, a cura di L. Perrone e C. Berliri, Napoli, 2006).
Collegato con l’indisponibilità è il profilo dell’assenza di discrezionalità nell’agire dell’amministrazione finanziaria volto alla determinazione del tributo.
L’azione dell’amministrazione finanziaria è, infatti, vincolata poiché, operando la riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., essa deve attenersi al dettato normativo nella determinazione dell’an e del quantum del tributo fissato dal legislatore, non residuando alcuno spazio valutativo degli interessi del privato coinvolti nella fattispecie concreta, diversi da quello alla applicazione del tributo in misura conforme alla capacità contributiva espressa dal presupposto.
Tale impostazione parte dalla applicazione anche al diritto tributario della ricostruzione di discrezionalità amministrativa proposta da M.S. Giannini ed intesa come ponderazione comparativa di più interessi, pubblici e privati, coinvolti nel caso concreto (per cui Gallo, F., Discrezionalità (diritto tributario), in Enc. dir., Agg., III, Milano, 1999; Perrone, L., Discrezionalità amministrativa (dir. trib.), in Diz. di dir. pubbl. Cassese, III, Milano, 2006; Id., Discrezionalità e norma interna nell’imposizione tributaria, Milano, 1963, 63).
L’amministrazione finanziaria deve infatti applicare la norma alla fattispecie concretamente realizzatasi, non potendosi discostare dalla misura del prelievo normativamente prevista e non potendo valutare gli interessi del privato eventualmente coinvolti nel caso concreto.
Di conseguenza, si considera prevalentemente la posizione soggettiva del contribuente a fronte dell’esercizio del potere di determinazione del tributo come di diritto soggettivo e non interesse legittimo, ed il controllo del giudice sulla legittimità dell’agire amministrativo limitato alla violazione di legge e non all’eccesso di potere.
Pur affermata la rigida vincolatezza dell’agire amministrativo al dettato normativo, la dottrina si è interrogata sulla natura di alcune scelte che l’amministrazione finanziaria compie nel dare attuazione alla norma tributaria.
In primo luogo, ci si è interrogati sulla natura di alcuni poteri istruttori esercitati dagli uffici tributari.
Per orientamento prevalente, pare da escludere la natura discrezionale dell’attività svolta dall’ufficio nella scelta del contribuente da sottoporre a controllo; di quali e quanti poteri istruttori esercitare tra quelli disciplinati ex lege; del metodo di accertamento da applicare, trattandosi in tutte queste ipotesi di valutazioni organizzative che coinvolgono interessi interni all’amministrazione, quale l’interesse al reperimento delle entrate con quello alla efficienza e produttività dell’agire amministrativo (così Gallo, F., Discrezionalità, cit., 542; in senso contrario Lupi, R., Società, diritto e tributi, Milano, 2005 il quale, accogliendo una nozione ampia di discrezionalità riconducibile al concetto di «valutazione», estende lo schema classico della ponderazione al «bilanciamento di qualsiasi profilo giuridicamente rilevante indipendentemente dalla compresenza di interessi pubblici e privati»).
Così anche in relazione alla scelta dell’amministrazione finanziaria di applicare i particolari metodi di accertamento che si avvalgono della partecipazione del contribuente ed all’esito dei quali si addiviene alla definizione consensuale del tributo.
La questione, affrontata con particolare riferimento all’istituto dell’accertamento con adesione, è stata risolta nel senso di escludere che tale decisione possa essere ricondotta all’esplicazione della volontà in cui si compongono le scelte discrezionali, dovendosi optare per una ricostruzione in termini di mera opportunità, effettuata alla stregua di un’analisi costi-benefici ed operata sulla base di interessi meramente interni all’amministrazione, senza pertanto che presentino alcun rilievo gli interessi del privato, eventualmente ricorrenti nel caso concreto, ai quali venga attribuita valenza giuridicamente rilevante.
Spazi di discrezionalità possono invece sussistere laddove l’amministrazione finanziaria debba contemperare, nell’esercizio dell’attività di controllo, anche interessi del contribuente non attinenti alla sfera impositiva, ma riguardanti situazioni giuridiche soggettive – ad esempio, diritto all’inviolabilità del domicilio, alla riservatezza, ecc. – che solo incidentalmente vengono compresse nell’attività di controllo (per tale ricostruzione in particolare Gallo, F., Discrezionalità,cit., 542).
Così, nei casi in cui l’accesso o la persistenza presso i locali del contribuente degradano, per le modalità in cui sono svolte, il diritto all’inviolabilità del domicilio ed alla libertà personale o, più genericamente, all’ordinato espletamento della sua attività privata; oppure ai casi in cui l’esercizio dell’attività istruttoria incide sul diritto alla riservatezza del destinatario del controllo, anche diverso dal contribuente (Gallo, F., Discrezionalità dell’accertamento tributario e sindacabilità delle scelte d’ufficio, in Riv. dir. fin., 1992, 655; Id., Discrezionalità, cit., 542; Moscatelli, M.T., Discrezionalità nell’accertamento tributario e tutela del contribuente, in Rass. trib., 1997, 1107).
Più in generale, secondo tale impostazione, valutazioni discrezionali possono sussistere in relazione alle scelte attinenti alla tipologia e quantità dell’attività istruttoria da svolgere, oltre che quando si tratta di decidere dell’intensità di esercizio del singolo potere istruttorio (così Moscatelli, M.T., Discrezionalità,cit., 1107).
Il riconoscimento della rilevanza della posizione soggettiva del contribuente nella scelta dell’amministrazione finanziaria implica, come necessario corollario, la possibilità di azionare il sindacato giudiziale già dell’atto istruttorio, dinanzi al giudice ordinario per quanti ritengono che la lesione coinvolga posizioni giuridicamente rilevanti del contribuente configurabili come diritto soggettivo, ovvero dinanzi al giudice amministrativo sul presupposto che l’esercizio del potere degradi tali diritti in interessi legittimi.
Occorre sottolineare come sul punto le posizioni di dottrina e giurisprudenza appaiano caute nell’ammettere tutela immediata per l’atto istruttorio, pur riconoscendosi l’insufficienza della tutela mediata consistente nell’impugnazione dell’atto di accertamento, eventualmente emanato all’esito del controllo, dinanzi al giudice tributario per vizi mediati della fase di controllo.
Il tema della indisponibilità e della vincolatezza dell’amministrazione finanziaria è stato diversamente articolato, nella dottrina più recente, in relazione al profilo funzionale dell’agire amministrativo nelle diverse fasi in cui si snoda l’attuazione della norma tributaria.
In relazione all’accertamento, se ne è rintracciata la funzione nella ricostruzione qualitativa e quantitativa del presupposto d’imposta, in modo da individuare la misura della contribuzione di ciascuno che realizzi l’equo riparto delle pubbliche spese tra consociati, quasi a “concretizzare” la composizione di interessi confliggenti nella collettività operata in via generale ed astratta dal legislatore.
Compito dell’amministrazione finanziaria in sede di accertamento è quello di definire il quantum dell’imposta dovuta alla luce della ricostruzione del presupposto, del quale si sottolinea la centralità nella complessiva dinamica dell’imposizione, essendo «l’unico fatto a giustificare nell’an e nel quantum la definitiva acquisizione del prelievo ed il depauperamento del contribuente» (così Fantozzi, A., Accertamento tributario, in Enc. giur. Treccani,Roma, 2006; per tale ricostruzione anche Moscatelli, M.T., Moduli consensuali, cit., passim).
Alla luce di quanto sin qui osservato in merito al profilo di indisponibilità del credito tributario, si è indotti ad un atteggiamento prudente circa l’ammissibilità di forme di vera e propria negoziazione aventi ad oggetto l’esercizio del potere impositivo.
In particolare, la determinazione dell’agire amministrativo a seguito del negozio concluso con il contribuente potrebbe comportare un’alterazione del riparto tra consociati disciplinato dal legislatore ed un fattore di “squilibrio” nella composizione di interessi in cui, come detto, si fa consistere l’essenza della funzione impositiva.
Il problema si è posto per gli istituti in cui, nella fase di accertamento, l’amministrazione finanziaria addiviene alla definizione concordata con il contribuente della misura dell’imposta dovuta ed approfondito per l’accertamento con adesione e la conciliazione giudiziale di cui al d.lgs. 19.6.1997, n. 218.
Per orientamento concorde, si esclude che l’esercizio di tali poteri costituisca manifestazione di discrezionalità, anche nella forma della discrezionalità tecnica. Si osserva infatti che l’amministrazione non è chiamata ad esaminare fatti o situazioni sulla base di cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico, ma deve applicare la norma tributaria al fatto concreto e determinare così la base imponibile riferibile a quel determinato presupposto.
Affrontata dall’angolo visuale della indisponibilità, la questione ha assunto varietà di soluzioni, condizionate dalle diverse impostazioni sulla natura giuridica delle fattispecie consensuali.
La possibilità che l’amministrazione finanziaria eserciti poteri dispositivi del credito tributario nelle fattispecie di definizione consensuale del tributo, è variamente sostenuta da quanti propendono per una ricostruzione negoziale, e segnatamente transattiva, delle fattispecie consensuali, poiché caratterizzate dalle reciproche concessioni in ordine alla determinazione dell’obbligazione (con specifico riferimento all’accertamento con adesione ed alla conciliazione giudiziale, nella dottrina più recente, Russo, P., Indisponibilità del tributo e definizioni consensuali delle controversie, in Rass. trib., 2008, 595; Batistoni Ferrara, F., Accertamento con adesione, in Enc. dir.,Aggiornamento, II, Milano, 1998), pur se temperata, in alcune ricostruzioni (Versiglioni, M., Accordo e disposizione nel diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, Milano, 2001) separando il profilo formale dell’atto, di natura pubblicistica, dal profilo sostanziale e contenutistico rappresentato dall’incontro delle volontà produttivo di effetti negoziali transattivi.
Stante l’indisponibilità del credito tributario, altra dottrina propende invece per la unilateralità dell’atto dell’amministrazione finanziaria cui aderisce il contribuente, variamente ricondotto al più generale potere di autotutela dell’amministrazione (La Rosa, S., Concordato, conciliazione e flessibilità dell’amministrazione finanziaria, in Dir. prat. trib., 1995, I, 1089) ovvero al verificarsi di un fatto rappresentato dal congiunto apprezzamento della base imponibile (Miccinesi, M., Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale, in Commento agli interventi di riforma tributaria, a cura di M. Miccinesi, Padova, 1999, 1), infine al prodursi dell’effetto della corretta rappresentazione del presupposto in conseguenza dello scambio volontario di informazioni (Marello, E., L’accertamento con adesione del contribuente, Torino, 2003).
La valorizzazione dell’indisponibilità nella lettura costituzionalmente orientata in quanto volta all’equo riparto tra consociati del carico fiscale, si rintraccia invece nelle teorie che ricostruiscono le fattispecie consensuali, e segnatamente quelle che intercorrono tra amministrazione finanziaria e contribuente nella fase di accertamento del tributo, a moduli consensuali di determinazione del presupposto in cui, a seguito della partecipazione del contribuente, si addiviene alla coincidenza della dichiarazione del fisco e del contribuente in merito alla dimensione qualitativa e quantitativa del presupposto (Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 760; Moscatelli, M.T., Moduli consensuali, cit., passim).
Pur partendo da differenti prospettazioni del presupposto, all’esito della partecipazione collaborativa ed a seguito dello scambio di reciproche e successive dichiarazioni, l’amministrazione ed il contribuente addivengono, da determinazioni qualitative e quantitative del presupposto distinte tra loro, ad un progressivo avvicinamento delle rispettive posizioni, frutto tuttavia non di reciproche concessioni né, più in generale, di rispettivi atti di disposizione, quanto piuttosto di una graduale soluzione dei profili di incertezza alla luce del contenuto delle reciproche dichiarazioni delle parti, fino all’identità di configurazione del presupposto, in misura conforme alla capacità contributiva, versata nell’atto consensuale.
Analoghi profili di compatibilità con il principio di indisponibilità non ricorrono invece per gli istituti dell’adesione all’invito a comparire ed al processo verbale di constatazione disciplinati rispettivamente dagli artt. 5 e 5 bis del d.lgs. n. 218/1997 nella novella introdotta dal d.l. 25.6.2008, n. 112 convertito con modificazioni dalla l. 6.8.2008, n. 133.
Tali istituti, implicando una piena accettazione del contribuente della versione proposta dal fisco in ordine alla ricostruzione del presupposto di imposta a fronte della riduzione dell’importo dovuto limitatamente al profilo sanzionatorio, vengono ricondotti nel contesto delle fattispecie condonistiche, e segnatamente nelle forme di condono ad personam (per tale ricostruzione Fantozzi, A., Il diritto tributario, cit., 644; Moscatelli, M.T., Adesione al processo verbale ed agli inviti a comparire: accertamento del tributo o fattispecie di condono?, in Rass. trib., 2010, 159).
Profili di compatibilità con il principio di indisponibilità ricorrono invece in relazione all’istituto della mediazione tributaria disciplinato dall’art. 17 bis, co. 8 e seguenti, d.lgs. 31.12.1992, n. 546.
Si stabilisce infatti che, in sede di reclamo, il contribuente può presentare motivata proposta di transazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa.
L’organo destinatario, che non intenda accogliere la mediazione come formulata dal contribuente, può articolare d’ufficio proposta di mediazione «avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa».
La valutazione della compatibilità della mediazione con il principio di indisponibilità del credito tributario, nella lettura costituzionalmente proposta, muove dalle conclusioni cui si giunge in merito alla natura giuridica dell’istituto, se da intendersi come fattispecie transattiva (così Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 773) ovvero, come appare preferibile, quale istituto finalizzato alla determinazione del quantum dovuto a titolo di imposta in relazione a fattispecie caratterizzate da spazi di incertezza, al pari della ricostruzione proposta per l’accertamento con adesione (Turchi, A., Reclamo e mediazione nel processo tributario, in Rass. trib., 2012, 26).
Nell’attività di acquisizione delle entrate sono già risolti, o comunque non inerenti all’attività esercitata dall’amministrazione, i profili perequativi in cui consiste il proprium della funzione impositiva, e l’agire dell’amministrazione finanziaria ha finalità meramente satisfattoria delle pretese patrimoniali del fisco (in tal senso Fantozzi, A., Accertamento, cit., 2006).
Riferiti dunque all’attività di riscossione i profili prettamente acquisitivi dell’obbligazione tributaria ed il complesso degli istituti con cui l’amministrazione realizza il proprio diritto di credito nei confronti del contribuente, possono ritenersi attenuati i condizionamenti imposti dalle peculiarità della funzione impositiva e può con maggiore facilità ammettersi l’adozione di istituti negoziali, nonché di spazi di apprezzamento che conducano ad una acquisizione patrimoniale con modalità differenti da quelle originariamente stabilite (così Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 795; La Rosa, S., Accordi e transazioni nella fase della riscossione dei tributi, in Riv. dir. trib., I, 2008, 313).
In tale cornice vanno dunque inquadrati gli istituti negoziali che, in particolare a seguito di recenti interventi normativi, l’amministrazione finanziaria adotta nell’ambito dell’attività acquisitiva del tributo e che sembrano, già nel nomen utilizzato, ripetere nel terreno pubblicistico le forme di agire dei privati.
La valorizzazione del profilo funzionale nella fase di riscossione in cui tali fattispecie sono inserite consente di superare i dubbi di compatibilità con il principio di indisponibilità del credito tributario.
Così per la transazione fiscale disciplinata dapprima dall’art. 3 del d.l. 8.7.2002, n. 138 con esclusivo riferimento ai tributi iscritti a ruolo e poi inserita nel corpus delle procedure concorsuali, dapprima del concordato preventivo e poi degli accordi di ristrutturazione.
Con la transazione fiscale di cui all’art. 182 ter, R.d. 16.3.1942, n. 267, si disciplina la possibilità per l’impresa di proporre un piano che preveda il pagamento non solo dilazionato, ma anche parziale dei tributi amministrati dalle Agenzie fiscali e dei relativi accessori (con esclusione dei debiti che costituiscono risorse proprie dell’Ue e con la possibilità della sola dilazione per IVA e ritenute fiscali operate ma non versate).
Vi è dunque nella disciplina in questione un deciso avvicinamento, fino all’equiparazione, delle ragioni creditorie del fisco con quelle degli altri creditori poiché assoggettate, al pari di quelle degli altri creditori, alle decisioni tipicamente privatistiche della maggioranza.
Dubbi sulla compatibilità di tale disciplina con il principio di indisponibilità possono essere risolti osservando che la decurtazione del credito tributario opera in relazione alla funzione prettamente satisfattoria propria dell’attività di riscossione, ed a seguito del necessario compromesso tra fiscalità e regole concorsuali, in conseguenza della impossibilità della piena soddisfazione di tutti i creditori per lo stato di crisi in cui versa l’imprenditore – contribuente (così Moscatelli, M.T., Crisi dell’impresa e debito tributario: riflessioni sulla transazione fiscale, in Rass. trib., 2008, 1317).
Spazi di discrezionalità vengono invece ravvisati nei casi in cui, in sede di riscossione, l’amministrazione finanziaria è chiamata a contemperare l’interesse pubblico alla celere e piena soddisfazione del credito con gli interessi cd. secondari di cui sia titolare il contribuente, laddove il loro soddisfacimento coincida altresì con il migliore interesse erariale.
Così, margini di apprezzamento discrezionale sono stati ravvisati nella scelta dell’amministrazione (ora dell’agente della riscossione) di concedere, su richiesta del contribuente, la dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo nonché nella individuazione del quomodo della rateizzazione (numero ed importo delle rate) secondo quanto stabilito dall’art. 19 d.P.R. 29.9.1973, n. 602, dovendo l’amministrazione soppesare il proprio interesse alla celere ed integrale acquisizione dell’importo dovuto con gli interessi del contribuente (come quello alla tutela della famiglia e della prole, alla prosecuzione dell’attività di impresa, alla salute ecc.) eventualmente confliggenti con la celere acquisizione del prelievo in ragione della «temporanea situazione di obiettiva difficoltà» del contribuente.
Analoghe valutazioni, espressione tuttavia della discrezionalità politica di emanazione del relativo provvedimento, sono alla base del provvedimento di sospensione della riscossione disciplinato dall’art. 19 bis d.P.R. n. 602/1973 nel caso in cui «si verifichino situazioni eccezionali, a carattere generale o relative ad un’area significativa del territorio, tali da alterare gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con il contribuente».
Spazi di apprezzamento discrezionale vengono altresì rintracciati in altre valutazioni dell’ufficio in ordine alle modalità della riscossione, quale la sospensione ex art. 39 del d.P.R. n. 602/1973 in caso di ricorso contro il ruolo; la sospensione dei pagamenti ricorrendo concorrenti ragioni di debito dell’amministrazione finanziaria o di altra amministrazione ai sensi dell’art. 69 co. 6, R.d. 18.11.1923, n. 2240; l’adozione delle misure cautelari amministrative del fermo dei beni mobili registrati ex art. 86 d.P.R. n. 602/1973, dell’iscrizione di ipoteca e del sequestro conservativo ex art. 22 d.lgs. 18.12.1997, n. 472, scegliendo l’amministrazione il tipo di misura da azionare, i beni da aggredire, i tempi dell’azione (per la natura discrezionale Del Federico, L., Fermo sui beni mobili e ipoteca, in Basilavecchia, M.-Cannizzaro, S.-Carinci, A., a cura di , La riscossione dei tributi, Milano, 2011, secondo cui l’agente della riscossione nella fase valutativa dell’iscrizione dell’ipoteca e del fermo «esercita un potere autoritativo e discrezionale … ponderando l’interesse fiscale con gli interessi del contribuente, in base ai consueti criteri di economicità, efficacia, proporzionalità»; Guidara, A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2011, passim).
Si osserva tuttavia che, in relazione alle fattispecie sopra individuate, anche laddove il legislatore non individua gli interessi correlati alla posizione del contribuente da contemperare con l’interesse alla tutela del credito erariale, «il recupero di una qualificazione dell’agire amministrativo in senso discrezionale può essere fondato su un doveroso apprezzamento dei principi di cui all’art. 97 Cost. … che impongono al soggetto investito del potere, discrezionale, appunto, di individuare e valutare gli interessi pubblici e privati coinvolti» (in tal senso Fantozzi, A., Diritto tributario, cit. 799).
Art. 49 R.d. 28.5.1924, n. 827; art. 182 ter, R.d. 16.3.1942, n. 267; d.lgs. 31.12.1992, n. 546; d.lgs. 19.6.1997, n. 218.
Batistoni Ferrara, F., Accertamento con adesione, in Enc. dir.,Aggiornamento, II, Milano, 1998; Berliri, L.V., La giusta imposta, Milano, 1975; Falsitta, G., Natura e funzione dell’imposta con speciale riguardo al fondamento della sua “indisponibilità”, in Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario, a cura di S. La Rosa, Milano, 2008; Id., Profili della tutela costituzionale della giustizia tributaria, in Diritto tributario e Corte Costituzionale, a cura di L. Perrone e C. Berliri, Napoli, 2006; Fantozzi, A., La teoria dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, in Adesione conciliazione ed autotutela, a cura di M. Poggioli, Padova, 2007; Id., Accertamento tributario, in Enc. giur. Treccani,Roma, 2006; Id., Diritto tributario, Torino, 2013; Fedele, A., Dovere tributario e garanzie dell’iniziativa economica e della proprietà nella costituzione italiana, in Riv. dir. trib., I, 1999, 972; Id., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, 2005; Gallo, F., Discrezionalità dell’accertamento tributario e sindacabilità delle scelte d’ufficio, in Riv. dir. fin., 1992, 655; Id., Discrezionalità (diritto tributario), in Enc. dir., Aggiornamento, III, Milano, 1999; Guidara, A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2011; La Rosa, S., (a cura di), Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario, Milano, 2008; La Rosa, S., (a cura di), Autorità e consenso nel diritto tributario, Milano, 2007; La Rosa, S., Accordi e transazioni nella fase della riscossione dei tributi, in Riv. dir. trib., I, 2008, 313; Moscatelli, M.T, Moduli consensuali e istituti negoziali nell’attuazione della norma tributaria, Milano, 2007; Id., Crisi dell’impresa e debito tributario: riflessioni sulla transazione fiscale, in Rass. trib., 2008, 1317; Perrone, L., Discrezionalità amministrativa (dir. trib.), in Diz. dir. pubbl. Cassese, Milano, 2006; Russo, P., Indisponibilità del tributo e definizioni consensuali delle controversie, in Rass. trib., 2008, 595; Versiglioni, M., Accordo e disposizione nel diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, Milano, 2001.