INDICIZZAZIONE
Concetto. - Si ha i. quando a un'obbligazione o prestazione viene assegnato un contenuto monetario variabile in funzione dei valori assunti da un parametro di riferimento. Si distinguono clausole di potere d'acquisto e clausole di produttività. Il parametro può infatti essere costituito da un indice di prezzi, tariffe o canoni di affitto, da un tasso di cambio o d'interesse, da altri indicatori afferenti al valore della moneta su particolari mercati. Il parametro può essere anche desunto da indicatori di reddito nei quali accanto alle variazioni di prezzo si riflettono quelle di quantità: per es. il flusso di reddito reale di una popolazione, il flusso di vendite di un'impresa.
Lo scopo principale dell'i. è di mantenere costante il contenuto reale, piuttosto che il contenuto monetario, della prestazione dovuta abbandonando il principio nominalistico, formulato da C. Dumoulin (Molinaeus) nel 1547. Il perseguimento di questo scopo diventa tanto più importante quanto maggiore è la variabilità nel tempo del valore della moneta in termini di merci (o anche di altre monete).
L'accrescersi dell'intensità del processo inflazionistico nelle economie occidentali durante e dopo la seconda guerra mondiale ha quindi riacceso l'interesse per questo istituto, già esaminato nella dottrina economica ad opera soprattutto di economisti classici e neoclassici inglesi, messi di fronte alle alternanze di rialzo e di ribasso dei prezzi proprie della loro epoca a seguito di vicende belliche e delle scoperte di miniere d'oro.
Distinto dal mantenimento del potere d'acquisto dell'obbligazione, in termini di beni e servizi, è il riferimento, diretto o indiretto, della prestazione dovuta a un metallo (clausole oro); in questo caso il contenuto reale dell'obbligazione varia con le vicissitudini di apprezzamento o di svilimento del tallone metallico rispetto alle altre merci.
La scelta del parametro di riferimento è determinante al fine di conseguire lo scopo di mantenere costante il contenuto reale di un'obbligazione e quindi di ridurre il rischio del debitore, oltre che del creditore.
Un altro scopo può essere quello di rendere meglio accetta la detenzione di attività finanziarie a lungo termine; nei sistemi economici dotati di un mercato monetario efficiente, il rendimento delle attività a lungo termine può essere indicizzato sull'andamento dei tassi a breve (i. finanziaria). Siccome questi ultimi sono positivamente correlati al tasso d'inflazione, l'i. finanziaria smorza le fluttuazioni del tasso reale.
Dottrina. - Nel 1707 il vescovo William Fleetwood fece per primo uso sistematico di un insieme di prezzi per misurare le variazioni nel potere d'acquisto della moneta lungo i secoli e propose l'uso del "numero indice" per determinare il reddito nominale equivalente a un reddito reale dato, e ciò al fine di fissare limiti comparabili ai redditi esterni di cui gli associati ai colleges di Cambridge potevano fruire. Nel 1807 l'i. fu proposta da J. Wheatley. Nel 1822 J. Lowe suggerì la rilevazione sistematica dei prezzi dei beni di largo consumo e la formazione di una tavola di riferimento indicante la variazione da assegnare alle obbligazioni in moneta per mantenere invariato il loro contenuto reale tra il momento della costituzione e quello dell'estinzione. J. Lowe sottolineò che l'i. avrebbe incoraggiato gli affitti a lungo tenmine in agricoltura, con beneficio della produttività.
Una proposta di correzione monetaria fu formulata nel 1833 da G. P. Scrope, preoccupato del peso crescente dei debiti in presenza di deflazione. Con la mente volta ad assicurare equità e certezza nei contratti, a titolo oneroso o gratuito, successioni, contro la "natura traditrice del tallone metallico", e al fine generale della stabilità delle istituzioni, egli propose un indice di riferimento costituito dal prezzo medio ponderato in unità di moneta metallica di un gran numero di merci, per es. cento, da rilevarsi ufficialmente. Le proposte di Lowe e Scrope, con una successiva di G. R. Porter (1848) vennero riprese da W. S. Jevons, il quale suggerì (1875) che la correzione monetaria venisse fatta dipendere, inizialmente, da apposita clausola contrattuale e che per tutti i contratti di una certa durata (per es. oltre i tre mesi) venisse resa obbligatoria dopo un tempo di sperimentazione volontaria.
Poco dopo il problema di una unità costante di valore fu posto allo studio dalla British Association for the Advancement of science, con due memorie di F. Y. Edgeworth (1887-89). In quel torno di tempo A. Marshall, partendo dall'osservazione che qualunque tallone metallico sarebbe incapace di assicurare la stabilità dei prezzi, e che l'espressione delle obbligazioni, in ispecie dei salari, in quantità fisse di moneta accentuava le fluttuazioni cicliche dell'attività economica, ripropose l'idea di definire un'unità di potere d'acquisto necessariamente diversa dall'unità monetaria legale: così applicando in materia monetaria un processo di specializzazione simile alla diversificazione degli utensili intervenuta nel campo della tecnica. "La moneta conserverà la sua forma materiale, che la rende atta a passare di mano in mano come mezzo di scambio, mentre l'importo di moneta necessario per adempiere un contratto di pagamento differito non sarà regolato da pesi e misure, bensì da un'autorevole tavola di dati pubblicata periodicamente da un organo di governo". L'unità generale di potere d'acquisto avrebbe dovuto chiamarsi semplicemente "The Unit"; essa avrebbe potuto coesistere con unità specifiche, per es. per i fitti in agricoltura. Il suo uso avrebbe dovuto essere opzionale, ma godere della piena protezione delle leggi e dei tribunali.
Riprendendo le proposte di Marshall, J. M. Keynes raccomandò nel 1924 al governo inglese l'emissione di un titolo di debito pubblico indicizzato per capitale e interessi sul livello dei prezzi delle merci.
Negli Stati Uniti, l'i. è stata propugnata da I. Fisher (1911) con argomenti di giustizia distributiva e di riduzione delle onde cicliche. "I contratti potrebbero essere espressi in termini di un numero indice", dapprima su base volontaria, come possibile transizione all'obbligatorietà, un sistema soltanto parziale di i. potendo, a suo avviso, aggravare i mali che esso intende correggere. Tra gli economisti americani contemporanei, l'i. fu proposta per le obbligazioni da G. L. Bach e R. A. Musgrave nel 1941; indi da S. Slichter e R. Goode. Oggi essa trova il maggior sostenitore in M. Friedman, che ne propone l'applicazione generalizzata obbligatoria per legge nei contratti di governo e nella tassazione, volontaria nei rapporti tra privati, rispetto ai quali dovrebbe essere eliminato ogni ostacolo legale alle clausole di correzione monetaria. Secondo Friedman l'i. concorre a realizzare la giustizia distributiva, e risponde all'esigenza morale che il governo, il quale può esso stesso determinare il corso dell'inflazione, non tradisca la fede pubblica svalutando i propri titoli di debito. Diffuse attese inflazionistiche spingono all'insù i tassi d'interesse nominali e le richieste salariali: i relativi oneri pesano gravemente sulle imprese nella fase di spegnimento dell'inflazione, fino a inibire la classe politica e le parti sociali nel perseguimento di questo scopo. Con l'i., la fase di arresto dell'inflazione si aprirebbe in presenza di livelli nominali presumibilmente meno alti di tassi d'interesse e salari, e questi livelli si verrebbero adeguando alla decelerazione dell'aumento, o alla riduzione dei prezzi, alleviando i costi delle imprese. L'i. avrebbe dunque un effetto di stabilizzazione delle variabili reali, riducendo il costo della lotta all'inflazione in termini di produzione e di occupazione. Questo argomento è già nei classici inglesi.
Tra gli economisti scandinavi, l'i. è stata analizzata da T. Palander (1957) e G. Arvidsson (1959) in ispecie sotto i profili dell'equilibrio tra il settore indicizzato e quello non indicizzato del mercato finanziario, dell'influenza sulla propensione al risparmio, degli effetti distributivi e del benessere. Essa ha formato oggetto di un rapporto governativo nel 1965.
Applicazioni. - L'i. è stata usata in Inghilterra fin dai tempi elisabettiani, per es. mediante il riferimento dei fitti dei fondi rustici al prezzo dei cereali e mediante il riferimento dei salari al costo della vita nello statuto degli apprendisti del 1563. La legge inglese sulle decime del 1836 regolò la loro commutazione in denaro secondo il criterio di assicurare nel tempo la costanza di potere d'acquisto delle somme dovute in termini di un paniere formato da grano, orzo, avena; ciascun cereale concorrendo alla formazione del paniere per un terzo del valore complessivo dei prezzi del periodo base. La somma dovuta in ciascun anno era indicizzata sulla variazione del prezzo del paniere intervenuta nella media del settennio precedente, rispetto al periodo base.
Negli Stati Uniti, è stata usata in alcuni casi già nel Settecento; per es. nella legislazione e nella giurisprudenza del Massachusetts, con riferimento al costo della vita, sia per i debiti sia per le paghe dei soldati. Nel 1782 lo stato della Virginia emise obbligazioni indicizzate sul prezzo delle terre e degli schiavi. Un'obbligazione trentennale indicizzata fu emessa nel 1925 dalla Rand Cardex.
L'i. è stata usata in Germania, durante la crisi inflazionistica del 1923, mediante obbligazioni espresse in termini di segale, carbone, ferro, potassa e altri beni, e dall'Unione Sovietica nel 1922-23 (rublo merce).
Dopo la seconda guerra mondiale, l'i. dei salari o loro componenti (scala mobile), già in atto in vari casi da prima, è venuta trovando applicazione sempre più diffusa; per i crediti, le applicazioni più estese si sono avute, in ordine di tempo, in Finlandia, Francia, Israele, Brasile: inizialmente in relazione a eventi e programmi nazionali di vasta portata.
In Finlandia, obbligazioni indicizzate vennero emesse la prima volta nel 1945 per compensare i rifugiati della Carelia; successivamente, la pratica di obbligazioni, prestiti, depositi bancari, totalmente o parzialmente indicizzati, si è diffusa, fino alla proibizione dell'istituto intervenuta per legge nel 1968.
In Francia, le obbligazioni indicizzate furono introdotte nel 1946 per finanziare la nazionalizzazione delle industrie del carbone, del gas e dell'elettricità; in queste prime applicazioni e in altre successive s'impiegò il riferimento a indici specifici di costo e di produttività delle industrie emittenti. Emissioni di stato del 1952 e 1958 (prestiti Pinay) furono indicizzate sul prezzo della vecchia moneta d'oro da 20 franchi (napoleone); un'emissione del 1973 (Giscard) sull'unità di conto europea.
In Israele, emissioni pubbliche indicizzate furono offerte a partire dal 1948 per finanziare i programmi di sviluppo.
In Brasile, un sistema quasi generalizzato di correzione (che esclude solo i depositi e crediti a brevissimo termine) è stato applicato con successo a partire dal 1964 come parte di un programma di riconduzione graduale dell'inflazione a limiti tollerabili; esso ha sviluppato effetti positivi sul flusso di risparmio e quindi sul finanziamento non monetario dello sviluppo. Applicazioni si hanno in Argentina e altri paesi dell'America latina.
In Italia, le clausole monetarie sono state usate anche nei contratti di mutuo, ma senza dar luogo alla creazione di mercati di attività finanziarie indicizzate; in particolare, hanno avuto diffusione le clausole valuta estera e le clausole oro. Nel 1936 venne sancita l'inefficacia delle clausole oro, confermata negli anni successivi alla guerra mondiale allo scopo d'impedire l'aumento del contenuto reale di un credito con clausola oro per effetto della svalutazione della lira (rispetto all'oro e alle monete estere). Negli Stati Uniti le clausole oro erano state dichiarate inefficaci e proibite nel 1933
Negli ultimi anni si è venuta estendendo in vari paesi (Francia, Olanda, Danimarca, Svizzera, Canada), seppure in misura e con metodologie diverse, l'i. degli scaglioni delle imposte progressive, in assenza della quale l'inflazione comporta un aggravio progressivo delle aliquote, in costanza di reddito reale del contribuente.
In Inghilterra sono stati emessi nel 1975 buoni a 5 anni, senza interessi, soggetti a limiti massimi di sottoscrizione, e indicizzati sui prezzi al minuto; un tipo per i pensionati, altro tipo per il piccolo risparmio.
Effetti sull'equilibrio monetario. - Gli effetti dell'i. sul flusso complessivo di risparmio sono ancora dibattuti, nonostante la positiva esperienza brasiliana. L'inflazione, riducendo il valore reale dei crediti in moneta, abbassa il rapporto tra la ricchezza finanziaria e il reddito e può sollecitare - sia pure con qualche ritardo - flussi di risparmio intesi a ricostituire il rapporto desiderato; dopo gli effetti immediati essa avrebbe quindi un successivo effetto incentivante del risparmio, a prezzo di un'ingiustizia distributiva. L'inflazione tuttavia impartisce ai flussi di risparmio due impulsi distorsivi, che hanno effetti negativi sull'efficienza dell'investimento: li sposta dall'acquisizione di attività finanziarie verso quella di ricchezza tangibile (immobili, beni rifugio) e dalla titolarità di crediti a lungo termine (obbligazioni, ipoteche, assicurazioni vita) verso i crediti a breve (depositi bancari).
L'i. può rendere più elastiche le aspettative d'inflazione, quindi più instabile il sistema; inoltre, essa sollecita l'inflazione nella misura in cui riduce le superfici di assorbimento dell'eccesso di domanda, oggi costituite dai crediti in moneta. In un sistema d'i. generale, ogni eccesso o difetto di domanda monetaria avrebbe effetti esplosivi, scatenando un movimento senza fine al rialzo o al ribasso dei prezzi. Gli effetti destabilizzanti sono maggiori anche se gl'indici di riferimento non sono limitati ai prezzi dei beni e servizi prodotti all'interno di un paese, e quindi impediscono ai mutamenti delle ragioni di scambio d'influenzare il potere di acquisto dei crediti in moneta. Se l'incertezza sul saggio d'inflazione è elevata, l'esistenza di attività indicizzate consente di diminuire il rischio dei nuovi contratti di credito a lungo termine e di ridurre le distorsioni provocate dall'inflazione.
Perciò il punto di conciliazione tra le varie esigenze potrebbe trovarsi nel favorire, con le leggi, la giurisprudenza e la regolazione dei mercati finanziari, lo sviluppo delle applicazioni della correzione monetaria in certi tipi di rapporti ove l'esigenza di giustizia distributiva è più sentita e i possibili effetti negativi sulla produzione più tenui: tali i crediti di cui sono titolari gruppi sociali deboli, secondo l'esempio inglese recente; i crediti fondiari, in cui il beneficio dell'inflazione non si volge a profitto di imprese produttive; i crediti verso imprese di pubblica utilità (le quali hanno un mercato stabile) indicizzabili sui proventi d'impresa; i crediti dello stato per imposte progressive.
La riduzione delle superfici di assorbimento degli eccessi di domanda monetaria risultante da queste contenute applicazioni (che, fuor del caso dell'imposta, serberebbero carattere opzionale per le parti contraenti) potrebbe venire compensata limitando alle fasce inferiori l'i., ora molto larga, dei redditi di lavoro.
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