CEFALICI, INDICI
. Si chiama "indice" un rapporto tra due o più numeri espressivi di più grandezze. La parola perciò ha una estensione molto grande. Anche in antropologia troviamo usati moltissimi indici, ma i più comunemente noti sono gl'indici cefalici. anzi quello di essi che deve essere più propriamente chiamato indice orizzontale. Nel caso speciale degl'indici cefalici le grandezze che entrano in rapporto fra loro sono le dimensioni del solido determinato dal cranio cerebrale, lunghezza o dimensione cefalico-caudale, larghezza o dimensione bilaterale, altezza o dimensione dorso-ventrale. Vogliamo indicare le dette dimensioni per comodità con le lettere a, b, c. Il più semplice rapporto è quello fra due di queste dimensioni. Ma in antropologia si usa moltiplicare per cento detti rapporti. Così il rapporto
è il cosiddetto indice orizzontale, il rapporto
l'indice vertico-longitudinale, il rapporto
l'indice vertico-trasverso. I due ultimi vengono detti, insieme, indici verticali: l'uno dei due è già determinato, quando è dato l'altro e l'indice orizzontale, per il noto principio matematico che fra tre grandezze corrono due soli rapporti distinti. A rigore dovrebbero essere chiamati indici cefalici solo quelli desunti da misure prese sul vivente; ma ormai l'uso ha consacrato la dizione indice cefalico in senso doppio, sia per il vivente sia per il cranio secco.
In questo articolo si troverà soltanto la trattazione della parte metodologica e tecnica degl'indici cefalici. La parte concreta, cioè l'esposizione dei fatti acquisiti alla scienza per mezzo degl'indici cefalici, nelle loro diverse forme, le deduzioni che questi fatti permettono, le correlazioni geografiche, ecc. si troveranno sotto la v. somatologia. Qui si accennerà soltanto a questi argomenti per dare una prima idea dell'importanza dello strumento analitico rappresentato dagl'indici cefalici.
La trattazione dell'argomento degl'indici cefalici definiti come in precedenza, può esser divisa in due parti: l'una tecnica, la quale ha riferimento agli aspetti più concreti e di esecuzione di essa, attinenti alla misurazione, quali sono la scelta delle distanze atte a rappresentare le dimensioni, il modo di prenderle, gli strumenti più adatti e simili; l'altra metodologica, che ha riguardo all'aspetto geometrico, matematico della questione.
La traduzione, il più possibile esatta, dell'impressione intuitiva in una determinata distanza che rappresenti la singola dimensione non è molto difficile o, almeno, non è molto controversa nel cranio umano, per la cosiddetta lunghezza e la cosiddetta larghezza (v. cranio); ma lo stesso non può dirsi per l'altezza: conforme a ciò, mentre le proposte per le due prime sono relativamente poche, per la terza sono numerose. La distanza più in uso per la lunghezza del cranio è la distanza glabella-opistocranion, fig.1). È quella consigliata dalla convenzione di Monaco del 1906 (convenzione che stabilì una scelta e una definizione delle misure da prendere da tutti gli antropologi per il cranio). Con ciò non si dice che altre misure non corrispondano meglio. Ad esempio, il diametro che parte dall'ophryon e va all'opistocranion è forse più espressivo del segmento morfologico cranio cerebrale, in quanto contenente del cervello.
Altre lunghezze furono proposte e cioè la glabella-inion e la nasion-inion. Lo strumento con cui si misura questo diametro è il compasso di spessore (v. antropologia: Antropologici strumenti). Una volta fissata la punta d'una delle due branche contro la glabella, si determina la massima divergenza delle branche facendo scorrere la punta dell'altra sul piano mediano e dall'alto in basso e viceversa. La lettura si fa nel momento della massima divergenza. La larghezza del cranio è presa verticalmente al piano mediano, come una distanza massima fra le pareti laterali del cranio (fig. 1 a), dovunque cadano i suoi estremi ad eccezione delle linee temporali inferiori (cresta sopra-mastoidea) e dell'immediata vicinanza delle stesse. La distanza più usata negli ultimi tempi e quella consigliata dalla convenzione di Monaco per l'altezza è la basilo-bregmatica (distanza basion-bregma; fig. i b). Mentre però fra le due distanze, prese a determinare la lunghezza e larghezza, è possibile far passare un piano sagittale e rispettivamente orizzontale, per la distanza basilo-bregmatica non è possibile, nel più dei casi, far passare un piano frontale. In altre parole la basilobregmatica non è disposta verticalmente, ma fa, rispetto alla verticale, abitualmente, un angolo aperto in alto e all'innanzi. Questo fatto costituisce un'imperfezione della distanza stessa, sebbene l'angolo di divergenza dalla verticale sia piccolo. Più rigorosamente corrispondenti al criterio di determinare una dimensione verticale sono altre altezze prese perpendicolarmente al piano orizzontale del cranio: ma queste altezze sono tecnicamente più difficili a prendersi e inoltre renderebbero necessario, per coerenza, prender la lunghezza in base allo stesso criterio del parallelismo col piano orizzontale, e perciò come distanza proiettiva. Questo procedimento è artificioso in quanto il massimo diametro dell'ovoide craniense è spesso non orizzontale, ma col suo estremo posteriore più basso (talvolta più alto) dell'anteriore. Da un punto di vista teorico il procedimento più esatto di tutti sarebbe quello dello Schmidt di prendere l'altezza perpendicolarmente al diametro di lunghezza massima, ma il precetto non è stato seguito. Il fatto che la basion-bregma si vale di due punti facilmente reperibili ha prevalso nella scelta odierna. Un'altezza che è stata proposta come surrogato della basion-bregma, per i casi (soprattutto dei cranî antichi) in cui la base sia andata perduta, è la cosiddetta altezza auricolare, cioè la distanza fra il bregma e una linea che passa per i due punti più alti dei due forami acustici (poria). È questa quindi una distanza proiettiva e non diretta. L'importanza di questa distanza è molto accresciuta dopo uno studio del Sera, che dimostrò come essa sia meno sensibile alle variazioni individuali di quello che sia la basion-bregma. L'altezza basion-bregma infatti, quantunque ci indichi abbastanza bene le variazioni tipiche dell'altezza, è influenzata assai dalle diverse condizioni di nutrizione dell'osso durante lo sviluppo, nel senso che tutti i fatti più o meno patologici, che ritardano o alterano in qualche guisa la normale formazione dell'osso e quindi la sua resistenza, producono delle sensibili modificazioni di forma, appunto nella regione della base. Ciò si comprende molto bene, quando si consideri che il cranio è appoggiato fra i due condili (che fra loro comprendono la zona del basion) e che quindi il peso del cranio e del suo contenuti, il cervello, in condizioni di diminuita resistenza ossea, tenderà a produrre modifiche proprio nell'immediata vicinanza dei condili, determinando la cosiddetta base del cranio appiattita o persino rientrante (quando si esamini il cranio dal basso). Viceversa, nei casi di ottima nutrizione dell'osso durante il suo sviluppo e prima della chiusura della sincondrosi basilo-occipitale si produce una doppia convessità ben segnata sia nel senso antero-posteriore sia nel trasversale, onde una salienza, all'esame della base del cranio, di tutta la regione dei condili, compreso il basion. Si produce in breve nei casi di cattiva resistenza ossea nello sviluppo un vero accorciamento del diametro basilo-bregmatico. I detti fenomeni invece sono poco o niente sensibili al livello del forame acustico. Donde la conseguenza che l'altezza sopra-auricolare è molto più fissa e traduce senza alterazioni in più o in meno il fattore tipico. Essa è di gran lunga preferibile alla basilo-bregmatica e assolutamente da preferire per fissare il valore tipico dell'altezza d'una serie, quando si disponga di pochi casi o di uno solo.
Per la sua accresciuta importanza è conveniente parlare più a lungo della tecnica della sua misura.
Lo strumento fatto allo scopo costruire dal Sera è in sostanza una modificazione del radiometro Busk, che in genere trova ancora largo uso, più o meno modificato, fra gli antropologi inglesi. In luogo del sostegno in legno costituente i tre lati di un rettangolo aperto da un lato, si ha un semicerchio metallico (rame nichelato) fatto d'un cilindro cavo incurvato (fig. 2). In tal guisa è raggiunta la solidità conservando la leggerezza dell'apparecchio, evitandosi soprattutto distorsioni del piano dello strumento. Le estremità del semicerchio portano delle guide cilindriche cave, piuttosto sottili, in cui scorrono asticciole metalliche lunghe una ventina di cm., le quali s'introducono nei forami acustici. Sulla metà del semicerchio con un angolo di 90° sulla direzione delle asticciole è innestata una terza guida, di un diametro maggiore, in cui scorre un cilindro cavo terminato a punta, e sul quale sono segnate delle gradazioni in millimetri. La gradazione è fatta in maniera che dà la distanza fra la superficie delle asticciole laterali che guarda il semicerchio e la punta del cilindro cavo graduato. Introdotte perciò le due asticciole nei fori acustici esterni, si abbassa il cilindro graduato in maniera che la sua punta tocchi il bregma e si legge subito l'altezza sopra-auricolare. La piccolezza delle asticciole scorrevoli fa sì che esse vengano sempre in contatto reale con la parte superiore del forȧme acustico e così la distanza prescritta dalla convenzione di Monaco si legge immediatamente. L'applicazione dello strumento è assai facile. A evitare l'aiuto, altrimenti necessario, d'un assistente, si può praticare la misurazione nella maniera che segue: si pone il cranio da misurare nel cassetto tiratoio, semiaperto, di un tavolo, in guisa tale che la faccia-del cranio sia rivolta in alto e la vòlta verso l'operatore. Si spinge il cassetto, come per chiuderlo, fino a che il cranio venga ad esser fissato contro il tavolo stesso: esso rimane in tal maniera nella posizione più adatta, l'operatore potendo dominarlo in guisa tȧle da sorvegliare contemporaneamente i due fori acustici e il bregma. Si porta allora lo strumento sul cranio in modo che sia disposto su un piano frontale, che press'a poco passi per i fori acustici, essendo le asticciole laterali ritratte. S'introducono quindi queste in misura uguale da ambo le parti, e, quando cìò sia fatto, tenendo l'arco con una mano s'introduce con l'altra mano, resasi libera, il cilindro graduato. Sono necessarî, soprattutto nei primi tempi, movimenti di lateralità per graduare l'introduzione iniziale delle asticciole, ma col tempo questi si riducono a un minimo. Con questo strumento si legge un valore della distanza sopra-auricolare che è in funzione della posizione dei due poria e non di uno solo; questo è un vantaggio notevole della misura, giacché le distanze sopra-auricolari di entrambi i lati non sono uguali, mentre lo strumento ne fa automaticamente la media. Nella moderna tecnica antropologica tedesca, si usa prendere l'altezza in parola da una parte sola, a sinistra, e una volta che sia stato orientato il cranio sul piano mediano di simmetria con spceiali strumenti. È chiaro però che ad uno spostamento piccolo, sempre possibile, dell'asse del compasso dalla posizione regolare, possono risultare degli errori in più o in meno abbastanza sensibili. Se si aggiunge a ciò il fatto di prender l'altezza da una parte sola, risulta che tale tecnica è inadeguata e può dare risultati buoni solo nelle esperte mani d'un ricercatore che ha buon occhio.
Anders Retzius fu praticamente il primo che divise i cranî, per la loro forma nel piano orizzontale, in brachicefali (cranî corti) e dolicocefali (cranî lunghi). Nei primi l'indice ha valore alto, nei secondi basso. A parte l'osservazione che dovremo fare in seguito, a proposito del significato vero dell'indice orizzontale, con questa denominazione in primo luogo si trascurava il fatto che i valori alti risultano non soltanto da una piccola lunghezza, ma anche da una larghezza sensibile più o meno, e valori bassi risultano non soltanto da una forte lunghezza, ma anche da piccola larghezza. Ma, cosa più importante, la ricerca della forma del cranio cerebrale, quale è espressa dall'indice orizzontale, trascurava del tutto l'elemento dell'altezza, e con ciò trascurava il fatto che lo stesso indice orizzontale si può avere in cranî alti e in bassi e quindi affatto diversi per la forma complessiva.
Comunque, e forse per questi difetti, in quanto significavano una semplificazione della ricerca, che veniva messa alla portata di moltissimi, l'indice orizzontale entrò larghissimamente nell'uso degli antropologi, anche dilettanti, e si raccolsero infinite serie di misurazioni, mentre si diffondeva in circoli sempre più vasti la convinzione che con questa distinzione si possedesse un criterio di grande valore zoologico. A dir vero non tutte le scuole dimostrarono uguale fiducia nel valore di questo indice, e mentre nelle scuole francesi e inglesi esso apparve come uno strumento di analisi etnica assai valido, il suo valore fu spesso negato nelle scuole tedesche e italiane. Un apprezzamento definitivo del suo valore non poté esser dato se non quando se ne poté seguire con rigore la distribuzione geografica e la straordinaria variabilità sulla superficie terrestre e si poté paragonare con altri caratteri immensamente più stabili di esso (forma del capello, occhio mongolico, proporzioni), che per ciò si dimostrarono migliori caratteri zoologici. Ma ancora in realtà in vasti circoli, persino di persone che hanno avuto formazione medica o naturalistica, rimane la presunzione che le differenze stabilite dall'indice orizzontale abbiano un grande significato zoologico. Il significato di questo indice deve invece essere subordinato a quello di altri caratteri e può valer solo per stabilire divisloni secondarie.
La primitiva divisione binaria in brachicefali e dolicocefali fu complicata da una terza categoria, intermedia, dei mesocefali (fig. 3). Successivamente ciascuna delle due prime categorie fu suddivisa in due, e cioè si parlò di brachicefali e di subbrachicefali e rispettivamente di subdolicocefali e dolicocefali. La migliore forse di queste divisioni è quella che è dovuta al Garson (in setle gruppi): Ultradolicocefali: sotto 65,9; Iperdolicocefali: 65-69,9; Dolicocefali: 70-74,9; Mesocefali: 75-79,9; Brachicefali: 80-84,9; Iperbrachicefali: 85-8g,9; Ultrabrachicefali: sopra 90.
Per passare dall'indice orizzontale del cranio a quello della testa, dai più si usa aggiungere due unità all'indice del cranio, per avere quello della testa, e sottrarle per il passaggio inverso.
La considerazione dell'altezza è d'uso assai meno antico e diffuso e, cosa abbastanza singolare, si verificò in prevalenza con la determinazione dell'indice di altezza vertico-longitudinale a preferenza del vertico-trasverso. Questo fatto fu una delle ragioni del ritardo con cui si affermò l'importanza dell'altezza del cranio nella ricerca, importanza assai maggiore di quella della forma del cranio nel piano orizzontale. Giacché la considerazione dell'indice vertico-trasverso avrebbe lasciato apparire le differenze tipiche per l'altezza più facilmente di quello che non lo consenta il verticolongitudinale. Fu il rinnovato studio dell'altezza del cranio l'occasione in cui storicamente doveva ripresentarsi il problema della forma del cranio nella sua interezza e nella sua giusta prospettiva, cioè con la considerazione delle tre dimensioni fra loro associate. Comunque, anche per l'indice vertico-longitudinale e vertico-trasverso si adottarono le divisioni in categorie, ternaria, quinaria, ecc.
Crediamo le divisioni ternarie affatto sufficienti: per il primo, indice abbiamo: Camecefali (o platicefali): fino a 69,9; Ortocefali: 70-74,9; Ipsoicefali: sopra 75; per il secondo: Camecefali (o platicefali): fino a 91,9; Ortocefali: 92-97,9; Ipsoicefali: sopra 98.
Questi indici diversi e queste divisioni che vogliamo chiamare bidimensionali, sono, come si è detto già, espressioni imperfette dei diversi caratteri della forma del cranio, ma sono, ancora al giorno d'oggi, le più usate. Fu il Topinard che ebbe la prima intuizione dell'imperfezione di questi indici bidimensionali, e fu a proposito della sola espressione dell'altezza, per la misura della quale egli propose un indice misto d'altezza, uguale alla media dei due indici verticali, osservando che i valori di queste medie corrispondono abbastanza bene alla vera impressione che si ricava dall'ispezione dei cranî. Questo indice misto di Topinard fu però disgraziato: il Topinard (1887), calcolandolo in più serie etniche, trovò risultati non concordanti fra loro e lo abbandonò: probabilmente nelle operazioni da lui eseguite s'insinuò qualche errore che non gli permise di seguire la via intrapresa. Nel 1909 il Giovannozzi, credendo di far uso dell'indice del Topinard, si servì del rapporto dell'altezza alla semisomma degli altri due diametri. Come dimogtrò in seguito il Giardina, entrambe queste espressioni sono valutazioni più esatte dell'altezza di quello che siano gl'indici bidimensionali, ma non ineccepibili. Indirettamente, quale un tentativo d'introduzione di entrambe le altre due dimensioni nella valutazione dell'altezza, può interpretarsi la proposta di Mochi e Biasutti, di porre due limiti fra alti e bassi e cioè il valore di 100 dell'indice vertico-trasverso per i cranî al disotto di 80 d'indice orizzontale, vale a dire per i cranî dolicoidi, e il valore di 91,5 per i cranî al disopra di 80, vale a dire per i brachioidi.
Il Sera però compì il passo decisivo nel senso di risolvere il problema formale metodologico dell'apprezzamento dell'altezza in funzione delle altre due dimensioni e il problema concreto, di fatto, di stabilire tre serie come serie fondamentali e corrispondenti ai tre tipi d'altezza, piccola, media, forte. Egli partì dal fatto scoperto da lungo tempo (Gaussin), ma poco noto e da nessuno utilizzato allo scopo, che ordinando ogni serie di cranî, abbastanza omogenea, per gruppi corrispondenti ai valori crescenti dell'indice orizzontale, le medie dei valori dell'indice vertico-longitudinale di ogni gruppo sono successivamente sempre più grandi e viceversa per l'indice vertico-trasverso.
Prima di procedere oltre, avvertiamo che in questi ultimi tempi si fa largo uso d'un modo di rappresentazione grafica dei valori dimensionali del cranio cerebrale per cui, dato un sistema di coordinate ortogonali, vengono portati sull'asse delle ascisse, e a destra dell'origine di esse, i valori dell'indice orizzontale d'ogni cranio (o il valore medio d'una serie) e sull'asse delle ordinate, al disotto dell'origine stessa, i valori corrispondenti dell'indice vertico-longitudinale. In questo sistema, le linee di uguale indice orizzontale sono delle rette perpendicolari all'asse delle ascisse e parallele a quello delle ordinate, le linee di uguale indice vertico-longitudinale sono perpendicolari all'asse delle ordinate e parallele a quello delle ascisse. Le linee di uguale indice vertico-trasverso sono delle rette convergenti all'origine del sistema delle coordinate, ma che nel settore craniense del piano delle coordinate (vedi ciò che segue) si possono considerare con sufficiente approssimazione parallele tra loro. Nella fig. 4 non sono rappresentati i primi due sistemi di rette; dato che la loro direzione è apprezzabile facilmente, è rappresentato solo il terzo sistema. La fig. 4 non abbraccia neppure un quadrante del sistema delle coordinate, come è nella fig. 6, giacché gl'indici che realmente s'incontrano per il cranio cerebrale vanno da 60 a 100 per l'orizzontale e da 65 a 85, all'incirca, per il vertico-longitudinale (quando ben inteso si faccia uso per l'altezza della distanza basilo-bregmatica). Nelle scuole italiane che si sono occupate dell'altezza del cranio è invalso l'uso di considerare positivo l'asse delle ordinate che dall'origine va verso il basso. Questo uso non è conforme a quello della geometria analitica ed è bene avvertirlo per chiarezza, ma si tratta, come si comprende, di cose convenzionali.
Se, dice il Sera, sopra uno dei soliti diagrammi a coordinate ortogonali, in cui sulle ascisse siano riportati i valori dell'indice orizzontale (x) e sulle ordinate quelli dell'indice vertico-longitudina le (y), si rappresentano con punti i valori medî dell'indice verticale di ogni classe x d'ognuna di tre serie scelte a rappresentare i tipi craniensi platicefalico (a cranio basso), ortocefalico (a cranio medio), ipsicefalico (a cranio alto), le spezzate che si ottengono riunendo questi punti di proiezione per ognuna di queste serie si possono regolarizzare in rette, e queste rette quindi rappresentano schematicamente il percorso di ognuna delle tre serie. Ciascuna di esse, fra loro quasi parallele, fa con le altre, rappresentanti l'indice vertico-trasverso, un certo angolo.
Fra le tante serie craniensi, di cui poteva disporre, il Sera ne scelse tre sufficientemente pure, a rappresentare rispettivamente il tipo platicefalico, l'ortocefalico e l'ipsicefalico, il carattere di ciascuna di queste tre serie risultandogli dall'osservazione diretta, empirica. Egli così venne a stabilire tre linee di riferimento che chiamò linee basi, perché sulla base di esse era possibile mediante la proiezione per i due indici (orizzontale e vertico-longitudinale) determinare il tipo di altezza d'ogni cranio individuale dato o di una serie qualsiasi, di cui si fossero calcolati i due indici medî. In un lavoro ulteriore, il Sera si valse di altre linee costruite graficamente in modo molto semplice (come si vede dalla fig. 5) che il Giardina, in seguito, dimostrò essere delle iperboli corrispondenti all'indice misto di Topinard. Ma, ciò che è più importante, il Sera tracciò delle perpendicolari a queste linee, che gli servivano a dividere i cranî lunghi da quelli corti.
Col sistema del Sera, il problema della determinazione dell'altezza vera del cranio era risolto, in via empirica, è vero, ma, praticamente parlando, completamente risolto. Ma se con ciò il problema di rappresentare graficamente l'altezza in funzione di tutte le dimensioni era risolto, non era ancora risolto il problema di rappresentare ciascuna delle altre due dimensioni in funzione delle altre; giacché, se appare immediatamente la legittimità dell'esigenza che l'altezza sia in funzione delle altre due dimensioni, alla riflessione appare come la stessa esigenza sia legittima per le altre due.
Il Giardina prese a trattare il problema, partendo dai resultati del Sera, e lo sottopose a una trattazione geometrico-matematica, che accenniamo soltanto nelle linee generali. Egli arrivò in primo luogo alla determinazione d'un indice di altezza (Y) dato dalla formula
in cui H è l'altezza, L la lunghezza, B la larghezza. Da questo indice, con le opportune permutazioni di lettere, si ottengono gli altri indici di larghezza (X) e di lunghezza (W), e cioè
Queste tre uguaglianze permettono facilmente di dedurre le equazioni delle curve corrispondenti ai corpi d'un uguale indice d'altezza, di larghezza e di lunghezza. Dalla prima uguaglianza (indice d'altezza) infatti si ricava facilmente
giacché
sono gl'indici vertico-longitudinale e vertico-trasverso, di cui il primo è rappresentato dalle ordinate, il secondo da rette che si originano dal centro delle coordinate e che hanno una direzione intermedia fra quella delle ordinate e quella delle ascisse, come è constatabile nella fig. 4.
Per Y costante, cioè per un determinato valore Y, dell'indice di altezza, l'equazione diviene
che è l'equazione della curva corrispondente ai corpi di un dato indice d'altezza Ya. Ma questa è l'equazione d'una parabola, passante per l'origine delle coordinate, il cui asse di simmetria è l'asse delle x e il cui parametro è uguale a
(fig. 6).
Esaminando la posizione di queste parabole nel tratto del campo di proiezione relativo agl'indici che si osservano nel cranio cerebrale, Giardina poté constatare che la direzione delle linee empiriche del Sera era press'a poco coincidente con la sua parabola d'altezza. La concordanza delle linee empiriche del Sera, dice il Giardina (p. 55 estratto), mentre dà a queste un fondamento teorico, serve al tempo stesso di verifica empirica della validità dei nuovi indici.
Non vi è dubbio che le parabole di altezza del Giardina rappresentino in guisa assai più esatta graficamente le linee d'altezza. Analogamente come per l'indice d'altezza si può procedere sull'indice di larghezza (X) a determinare l'equazione della linea d'uguale altezza relativa Xa.
Questa è
costante e corrisponde a una parabola che passa per l'origine delle coordinate, ma il cui asse di simmetria è costituito dall'asse dell'y e il cui parametro è
Analogamente ancora, trasformando l'indice di lunghezza (W), abbiamo l'equazione
la quale è l'equazione di un'iperbole equilatera riferita agli assi delle coordinate x e y come asintoti.
Con ciò il problema della forma d'un corpo tridimensionale a diametri correlativi era risolto in una maniera assai soddisfacente, giacché ogni dimensione ha un suo indice in rapporto alle altre due dimensioni. Gl'indici del Giardina, però, hanno una grande importanza teorica, ma il loro uso richiede l'applicazione di tabelle logaritmiche e calcoli un po' lunghi. D'altra parte poi, l'uso d'un sistema di proiezione basato sulle comuni coordinate ortogonali rende inutile, la maggior parte delle volte, il calcolo aritmetico del valore dell'indice d'una determinata dimensione, quando si siano preventivamente tracciate sul piano stesso in numero sufficiente le parabole e le iperboli del Giardina, giacché la proiezione per i due indici x e y, che costituiscono i rapporti distinti fra le tre dimensioni d'un corpo, viene appunto, sopra a un tale piano, a individuare automaticamente il valore numerico degl'indici nuovi del Giardina. È appunto quest'ultima considerazione che indusse il Sera a proporre l'uso di fogli di proiezione stereotipi, in cui siano tracciate le diverse linee del Giardina con una frequenza sufficiente. L'idea del Sera era dapprima di costruire fogli che fossero utilizzabili per molte ricerche sui diversi segmenti antropologici, giacché è chiaro che le linee nuove hanno applicazione più vasta che per il cranio, ma, successivamente, dovette riconoscere che questa idea urta contro difficoltà non trascurabili. È perciò più opportuno costruire altrettanti fogli per quante zone biologicamente interessanti si possano presentare del campo di variazione geometrico. È appunto una di queste zone, che è rappresentata nella fig. 7, che riproduce il foglio di proiezione stereotipo. Questa zona è la più esplorata biologicamente parlando, essendo quella che corrisponde al percorso di variazione etnica e individuale degl'indici del cranio cerebrale. Ma vogliamo far subito qui alcune osservazioni attorno al campo geometrico totale di proiezione. Innanzi tutto il campo di proiezione geometrico quale è individuato dagli assi delle coordinate non ha uguale valore biologico nelle diverse parti. Distinguendo per comodità un campo interno e un campo esterno, indicando con la prima locuzione il quadrato compreso tra i valori 0 e 100 di entrambi gl'indici fondamentali, possiamo dire che quella parte del campo interno che giace tra 0 e 30-35 di indice vertico-longitudinale e l'altra che è tra 0 e 30-35 di indice orizzontale, abbiano un valore molto più piccolo, biologicamente parlando, della restante, compresa tra i valori 40 e 100 dei due indici. Al disotto infatti di 30-35 di indice vertico-longitudinale, abbiamo dei corpi di forma laminare, che si potrebbero chiamare tramezzi orizzontali, ai quali l'applicazione di un'analisi tridimensionale non è molto efficiente: come al disotto di 30-35 di indice o orizzontale abbiamo dei corpi che possiamo chiamare tramezzi longitudinali, cui si applica la stessa osservazione. Per le stesse ragioni il più interessante campo biologico non si estende molto oltre le due linee di 100, anche qui perché l'opportunità dell'uso di un'analisi tridimensionale diminuisce rapidamente quando la lunghezza scende sotto il rapporto
delle altre due dimensioni, vale a dire quando abbiamo a fare con dei tramezzi trasversali. Nel settore rappresentato nel foglio di proiezione proposto dal Sera sono state segnate le parabole di altezza successivamente crescente di due in due unità, progressione che è sembrata sufficiente per garantire una soddisfacente approssimazione nella determinazione senza recare con sé un grande ingombro di linee. Fra queste parabole sono tracciate con un segno più evidente le parabole scelte come linee rappresentative delle tre serie d'altezza per i due sistemi d'altezza, per quello, cioè, fondato sulla basilo-bregmatica e per quello fondato sulla sopra-auricolare. Così il foglio assume una speciale applicabilità per le ricerche sull'altezza del cranio, ma non perde nulla della sua applicabilità generale ai rapporti tridimensionali di altri segmenti antropologici, che avessero rapporti tra le loro dimensioni simili a quelli che vigono per il cranio nelle diverse razze umane. Le parabole di larghezza vi sono rappresentate con una progressione di 5 in 5 unità, sufficiente agli scopi ordinarî dell'analisi craniologica, che finora non ha affatto utilizzato il concetto di larghezza del cranio (l'indice orizzontale è stato concepito soprattutto sotto l'aspetto della lunghezza relativa). Delle iperboli infine sono rappresentate solo le due iperboli che dividonoi i cranî in brachioidi e dolicoidi, in ognuno dei due sistemi di rappresentazione dell'altezza.
Un esame superficiale del foglio di proiezione permette di fare delle osservazioni interessanti. Le parabole di larghezza del Giardina seguono meglio che non le iperboli di lunghezza l'indice orizzontale. In altri termini l'indice orizzontale traduce meglio le variazioni della larghezza relativa che non quelle della lunghezza. Le denominazioni quindi di dolico- e brachicefali non sono rigorose, perché meglio bisognerebbe dire steno- ed euricefali. Le iperboli di lunghezza corrispondono abbastanza bene alle già menzionate linee perpendicolari a quelle d'altezza proposte dal Sera e veramente dividono i lunghi dai corti. Dato che l'ampiezza d'oscillazione dei valori dell'indice orizzontale (x) è maggiore di quella dei valori dell'indice vertico-longitudinale (y), per il cranio, la parabola d'altezza rappresenta meglio di quella di larghezza la direzione generale del campo e l'asse di minima oscillazione. Abbiamo in questo fatto un elemento per l'analisi d'una serie qualsiasi, in quanto una serie relativamente omogenea (relativamente pura per razza) tenderà ad assumere una figura ellittica; per esser più chiari, l'insieme dei punti di proiezione dei cranî singoli tenderà ad assumere una forma ellittica. Al contrario, quanto meno la serie è omogenea tanto più la forma sarà irregolare. Nelle figure 8 e 9 diamo un esempio d'una serie relativamente pura (Eschimesi di Smith Sound del Bessels) e d'una serie mescolata (quella dei Quechúa della Bolivia dello Chervin). La zona di proiezione della prima è manifestamente disposta col suo grande asse nella direzione delle parabole di altezza. La seconda serie, caso mai, dimostra una direzione nel senso delle linee di larghezza. Ora l'analisi geografica dei dati dello Chervin, analisi che qui non possiamo riprodurre, indica che si ha sovrapposizione di due forme etniche diverse, una a cranio più lungo e più basso, l'altra a cranio più corto e più alto, ma di uguale larghezza media. L'indice orizzontale non divide le due serie, ma la linea di lunghezza in realtà le separa, sebbene non così come quella di altezza.
Una serie di lavori antropogeografici, in testa ai quali sono quelli del Biasutti, mentre ha posto in luce come l'indice orizzontale non abbia una grande portata, tipica differenziativa delle forme, mostra come l'altezza del cranio abbia maggiore importanza. Le forme diverse di altezza del cranio manifestano un grado assai più spiccato di segregazione geografica e quindi un maggior valore tipico. Ma dei risultati con reti delle ricerche intorno all'altezza del cranio sulla superficie terrestre e nelle zone più o meno interessanti di essa, sarà discorso altrove.
Bibl.: A. Giardina, Gli indici di altezza, di larghezza e di lunghezza in corpi aventi diametri fra loro correlativi, in Arch. per l'antropologia e l'etnologia, XLIV, 1914.