inconscio
La sfera dell’attività psichica che non raggiunge il livello della coscienza. È termine centrale in tutte le psicologie del profondo. Può essere usato come aggettivo per indicare tutti quei contenuti non accessibili alla coscienza, o come sostantivo per indicare uno specifico luogo della psiche. Gli antecedenti filosofici del concetto sono rintracciabili in Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716) prima, e poi, in Immanuel Kant (1724-1804) e in Arthur Schopenhauer (1788-1860), fino ad arrivare a Eduard von Hartmann (1842-1906), che definisce l’i. come quel principio del quale materia e spirito non sono che due diverse manifestazioni.
Se il concetto di i. è già presente in autori come J. Charcot, P. Janet, o lo psicologo svizzero Theodor Flournoy (1854-1920) per spiegare alcuni fenomeni come il sonnambulismo, la dissociazione della psiche o alcuni meccanismi dell’isteria, la sua definizione più precisa si deve a S. Freud che ne postula la necessità allo scopo di rendere comprensibile e coerente il funzionamento dell’attività cosciente. Per Freud l’i. ha sia una connotazione aggettivale (corrisponde cioè ai contenuti non accessibili immediatamente alla coscienza) che sostantivale (identifica un luogo o topos della psiche, costituito da tutti quei contenuti ai quali è stato rifiutato l’accesso al sistema preconscio-conscio, tramite la rimozione).
Per Freud le caratteristiche essenziali dell’i. come sistema sono: processo psichico primario, ossia una rappresentazione può cedere tutto l’ammontare del proprio ‘investimento energetico’ a un’altra (spostamento), oppure può appropriarsi di tutta l’energia di altre rappresentazioni (condensazione); assenza del principio di non contraddizione; atemporalità; sostituzione del principio di realtà con il principio di piacere. I contenuti inconsci, rappresentanti pulsioni, prevalentemente legati alla sessualità e ai desideri infantili, premono per accedere al sistema preconscio-conscio, ma possono accedervi solo sotto forma di ‘formazioni di compromesso’ o dopo essere stati sottoposti alle deformazioni dell’auto-censura. Pertanto i contenuti inconsci non sono mai immediatamente e direttamente visibili, ma sono rintracciabili dal materiale proveniente da tre fonti principali: la sintomatologia nevrotica, la psicopatologia della vita quotidiana e, soprattutto, i sogni, la cui analisi costituisce la via regia per l’esplorazione dell’inconscio.
Per Freud la maggior parte dei contenuti inconsci corrisponde a ciò che è stato rimosso, anche se c’è comunque un accenno a contenuti filogenetici. Jung amplifica questo concetto di i. collettivo che non corrisponde a quello personale, ma è costituito da forme determinate che sembrano essere presenti sempre e ovunque (archetipi). Accanto a contenuti personali esisterebbero cioè altri contenuti che provengono dalla possibilità di funzionamento che la psiche ha ereditato.