INCOMMENSURABILE
. In matematica si dicono incommensurabili due grandezze, le quali siano senza misura comune, cioè tali che non esista una parte aliquota dell'una che sia al tempo stesso parte aliquota dell'altra. Il loro rapporto non è esprimibile con un numero intero o fratto, e dagli antichi non è affatto considerato come un "numero". I moderni lo designano come numero irrazionale (v.).
Il primo esempio di grandezze incommensurabili si è presentato nella scuola pitagorica, ed è offerto dal lato e dalla diagonale del quadrato. In base a un passo di Aristotele (An. Pr., I, 23) e ad uno scolio all'Euclide (X, 115), possiamo ricostruire la dimostrazione che di tale incommensurabilità veniva data da quegli antichi geometri, per riduzione all'assurdo. Si ammetta che la diagonale a e il lato b del quadrato abbiano una comune misura, e quindi che esista una frazione m/n per cui sia
Dal noto teorema di Pitagora si ha a2 = 2b2, e quindi m2 = 2n2.
Ora si può ammettere che i due numeri interi m ed n non siano entrambi pari, ché altrimenti si potrebbero dividere ambo i membri dell'eguaglianza precedente per 2, quante volte occorra. Ma, siccome il quadrato di m, in forza dell'uguaglianza stessa, è pari, anche m dovrà esser pari, e quindi n dispari. Posto m = 2m1, si deduce:
cosicché, risultando pari il quadrato di n tale deve essero anche n, contro l'ipotesi.
La scoperta degl'incommensurabili fece, nel mondo della cultura antica, la più grande impressione, e determinò una crisi della scienza pitagorica, che inizialmente era basata sul supposto che le figure geometriche constino di elementi-unità, ossia di punti estesi. Più tardi Platone vedeva in codesta scoperta un trionfo della ragione, che riesce così a un risultato superante ogni esperienza possibile. "Gli Elleni - diceva - sono molto ignoranti; la maggior parte di loro non sa che esistano grandezze incommensurabili".
L'incommensurabilità del lato e della diagonale del quadrato, cioè l'irrazionalità del rapporto √2, fu ritenuta dapprima una scandalosa eccezione; e la leggenda narra che Ippaso di Metaponto fu punito dagli dei col naufragio, per avere svelato questo segreto, compromettente per le dottrine pitagoriche. Ma presto si presentarono altri esempî. Teeteto ebbe a riconoscere l'irrazionalità di √3, √5, √17. Democrito studiò pure gl'incommensurabili, dedicandovi un libro dei suoi perduti Elementi di geometria. Il libro X di Euclide contiene un'elaborata classificazione degl'incommensurabili che corrispondono a radicali quadratici sovrapposti. Nella letteratura matematica moderna questa classificazione appare proseguita dalla riduzione a forma canonica degl'irrazionali resultanti da radicali sovrapposti d'ordine qualsiasi, che costituisce la premessa necessaria delle dimostrazioni di P. Ruffini e di N. H. Abel sulla impossibilità della risoluzione algebrica dell'equazione generale di 5° grado (v. algebra: n. 25).
Per riconoscere in genere la commensurabilità o incommensurabilità del rapporto delle grandezze i Greci possedevano un metodo generale, che viene esposto nel libro X di Euclide: quello delle divisioni successive, o algoritmo del massimo comun divisore. Date le due grandezze a e o (e sia p. es. a > b), si comincia a dividere la maggiore per la minore:
poi si divide b per il resto della divisione precedente:
e successivamente r per il nuovo resto r1, e così di seguito. Il procedimento si esaurisce dopo un numero finito di divisioni se a e b sono commensurabili, e allora l'ultimo resto ci porge la comune misura delle due grandezze. Invece le due grandezze risultano incommensurabili, se il processo delle divisioni successive riesce illimitato. In ogni caso il rapporto irrazionale di esse viene rappresentato dalla frazione continua illimitata
le cui proprietà sono state studiate nei tempi moderni da Cataldi (v. frazione: Frazioni continue).
Riesce agevole riconoscere l'illimitatezza del processo anzidetto quando esso risulti periodico, nel qual caso anche la frazione continua nominata è periodica e rappresenta un irrazionale quadratico.