INCMARO arcivescovo di Reims
Nato verso l'806 da una grande famiglia, alla quale apparteneva Bernardo di Tolosa, entrò negli ordini religiosi come monaco dell'abbazia di Saint-Denis al tempo dell'abate Ilduino. Segui quest'ultimo in Sassonia nell'830, durante la sua disgrazia, ma tornò con lui un anno dopo alla corte imperiale, e fin d'allora divenne uno dei personaggi più eminenti alla corte di Carlo il Calvo, presso il quale ricoprì l'ufficio di vero primo ministro. Il re tolse I. dall'abbazia di Saint-Denis, dove egli era tesoriere, e lo tenne presso di sé, dopo avergli dato in beneficio le abbazie di Saint-Germain, di Compiègne, di Saint-Germer-de-Fleix. Nell'844 egli affermò la sua autorità al concilio di Verneuil, dove si trattò della restituzione alla Chiesa dei beni che le erano stati tolti dagl'imperatori, in tale modo che si pensò a lui per la sede dell'arcivescovato di Reims, rimasto Vacante per una decina di anni in seguito alla deposizione e all'imprigionamento del vescovo Ebbon. Fu eletto nell'845 arcivescovo di Reims al concilio di Beauvais, e fin d'allora poté dimostrare le sue grandi qualità d'intelligenza e di fermezza nel condurre gli affari religiosi e politici di quei tempi. Dovette difendere prima la sua nuova posizione contro l'autorità dell'imperatore Lotario, che era ricorso al papa Sergio per la revisione del processo di Ebbon. Ma, riconciliatosi con l'imperatore (847), ebbe la carica di maestro di palazzo, e assunse una posizione preminente nella gerarchia ecclesiastica francese, cercando di dirigere la chiesa di Francia con grande fermezza, se pure con forme talora eccessivamente autoritarie. Nell'848 intervenne con energia contro Gotescalco (v.), il quale, già condannato dal concilio di Magonza, fu, per i suoi ordini, condannato di nuovo, battuto con le verghe e imprigionato. Egli pretese perfino di contrapporre alla dottrina agostiniana, alla quale si era ispirato Gotescalco, una dottrina poco originale (De praedestinatione Dei et libero arbitrio e De una et non trium deitate), ma tendente all'eresia tanto che egli dovette difenderla contro gli attacchi di Prudenzio di Troyes, di Lupo di Ferrières, di Ratramno di Corbie, di Amolon, arcivescovo di Lione, nei concilî di Valenza (855) e di Langres (859). Nell'855, al concilio di Soissons, chiese la deposizione di tutti i chierici ordinati dal suo predecessore Ebbon dopo la sua condanna. Questa risoluzione accolta dal concilio suscitò poi l'opposizione del papa Leone IV, che la disapprovò, e del successore di Leone IV, Niccolò I, che la revocò (866): uno dei chierici ordinati da Ebbon, Vulfado, divenne anzi arcivescovo di Bourges. Nell'861 I. dovette ancora impegnarsi in una questione molto grave: Rotardo, vescovo di Soissons, che lo aveva consacrato nell'845, era uno dei più attivi membri del partito ecclesiastico favorevole alle teorie contenute nelle Decretali pseudo-isidoriane diffuse allora nella Francia. I. lo fece deporre e imprigionare dal concilio di Soissons, e si rifiutò di presentare le sue giustificazioni davanti al papa, che ebbe poi a biasimarlo e che ristabilì Rotardo nella sua sede. Questi varî incidenti con la Santa Sede non poterono che giustificare l'idea nutrita da I. di quel che si potrebbe chiamare l'indipendenza della Chiesa di Francia, nei suoi rapporti con Roma. Del resto egli riuscì a far accostare il papato al suo punto di vista; e ciò fu nell'864 per l'elezione del vescovo di Cambrai, Ilduino, che egli denunciò come indegno al re Lotario II: malgrado l'intervento degli arcivescovi di Treviri, di Colonia e di Besançon, ottenne l'adesione di Roma alla sua decisione. Nell'864 egli incoronò la regina Irmintrude, moglie di Carlo il Calvo, a Soissons; nell'869 pose a Metz sulla testa del re Carlo il Calvo la corona di Lorena, rimasta vacante per la morte di Lotario II e ben tosto contestata da Ludovico il Germanico. Nell'esercizio della sua grandissima autorità nelle questioni della Chiesa di Francia, I. di Reims fu indotto a prendere riguardo a suo nipote, Incmaro vescovo di Laon, un atteggiamento di eccessiva brutalità. Incmaro di Laon amministrava la sua diocesi in modo tale che dovette prima intervenire Carlo il Calvo, e poi anche l'arcivescovo di Reims. Condannato dal concilio di Douzy (agosto 871) e imprigionato, a Incmaro di Laon furono per ordine di suo zio strappati gli occhi nell'875. Nell'877 I., esecutore testamentario di Carlo il Calvo, incoronò a Compiègne Luigi il Balbuziente, figlio del re. Morì il 21 dicembre 882 ad Epernay, dove l'avevano costretto a rifugiarsi le invasioni normanne, non senza aver tentato di esercitare sul figlio e sui nipoti di Carlo il Calvo l'autorità che egli aveva esercitato sotto il regno di Carlo il Calvo. Prima di morire aveva contestato invano ad Ansegiso, (v.) arcivescovo di Sens, il titolo di primate dei Galli, che il papa Giovanni VIII gli aveva conferito dietro domanda di Carlo il Calvo. I. tentò di sostenere i suoi diritti, oltre che nel trattato De iure metropolitanorum, anche per mezzo di una vita favolosa di S. Remigio che egli pubblicò in questa occasione.
Il servizio del re e della Chiesa di Francia non impedirono a I. di occuparsi attivamente della sua diocesi, soprattutto della chiesa di Saint-Rémy, di fondare due scuole per i clerici di Reims, che godevano una grande rinomanza nel sec. X, e di riunire numerosi manoscritti nelle biblioteche della cattedrale di Saint-Rémy.
Egli ha lasciato numerosi scritti di polemiche religiose e politiche, dove ha preconizzato una specie di governo aristocratico sotto il controllo della Chiesa. Il padre Sirmond ne ha fatto un'edizione (Parigi 1645, voll. 2; ristampata nel Migne, Patr. Lat., voll. CXXV e CXXVI). Fra questi scritti uno dei più importanti, per esservi descritte le istituzioni carolinge al principio del sec. IX, ed esposte le idee personali dell'autore sul governo, è l'Epistola de ordine palatii (testo e traduzione di M. Prou, Parigi 1885), che doveva servire d'istruzione al re Carlomanno, nell'882, poco dopo la morte del re Lodovico III, il quale era stato molto avverso ai modi autoritarî dell'arcivescovo di Reims. Fu attribuita ingiustamente a I. una parte delle false decretali.
La vita di I. ci è nota non solamente dai testi scritti da lui e dai documenti religiosi e civili contemporanei, ma anche dalla Historia Remensis Ecclesiae di Flodoardo, clerico della chiesa di Reims, e dagli Annales Bertiniani, nei quali I. ha scritto la parte che si riferisce agli anni 861-882.
Bibl.: C. Noorden, Hincmar, Erbischof von Reims, sein Leben und seine Schriften, Bonn 1863; H. Schrörs, H. Erzbischof von R., Friburgo in B. 1884; E. Lesne, La Hiérarchie épiscopale en Gaule et en Germanie, Parigi 1905.