INCENSO ebr. lebŏnah o ketôreth; gr. λίβανος, ϑυμίαμα ϑυμιάματα; lat. tus, incensum; lat. medievale olibanum; fr. encenis, oliban; sp. incienso; ted. Weihrauch; ingl. incense)
Gommoresina fornita secondo alcuni. dalla Boswellia Carteri Birdx. Burseracea del paese dei Somali e dell'Ḥaḍramū in Arabia, secondo altri anche dalle B. Freerana Birdw. e B. Bhau-Daijana Birdw. della Somalia.
In Somalia e nell'Arabia meridionale le piante da incenso sono regolarmente sfruttate dagl'indigeni durante la stagione calda e secca; essi fanno nel tronco e nei grossi rami delle incisioni, dalle quali sgorga la gommoresina, che si solidifica lentamente all'aria. Dopo un certo tempo raccolgono le grosse lacrime essudate e più o meno indurite, di color giallo pallido o rossastro, di sapore amaro, che stropicciate sviluppano un odore caratteristico. Bruciate producono un fumo chiaro, abbondante, di gradevole profumo. Il prodotto è venduto a Zeila, a Berbera, ad Aden e a Makalla; sotto l'aspetto chimico consta di olio essenziale, nel quale sono disciolte resina, gomma e sostanze varie. La B. serrata Roxb. dell'India produce l'incenso detto indiano.
L'incenso nel culto. - L'incenso fu adoperato presso tutti i popoli civili nel culto pubblico e privato, nei sacrifici, e anche come profumo e fumigazione domestica. Forse in origine fu particolarmente usato nel culto dei morti, ritenendosi capace di mantenere il principio vitale nel cadavere; il bruciarlo fu ritenuto un atto di omaggio al defunto, come se il fumo odoroso ne portasse al cielo l'anima accompagnata dalle preghiere dei vivi.
In Grecia si bruciarono nei tempi più antichi legni odorosi. L'incenso propriamente detto non fu usato che a partire dal secolo VIII a. C. Lo si gettava nel fuoco e se ne riempiva la vittima per renderla più gradita alla divinità. Entrava anche nel rituale di alcune religioni misteriosofiche, quale ad es., quella degli orfici. Era considerato cosa preziosa e formava oggetto di donativi. Nel culto dei Romani costituiva una delle più importanti fra le offerte incruente (libamina). Senza il suo uso nessun rito sacro si poteva considerare completo. Anche presso i Romani nei tempi primitivi si bruciavano i legni odorosi; l'uso dell'incenso sembra sia stato introdotto nel rituale romano con il culto di Bacco. Lo si versava sull'ara, prendendolo dalla cassetta dove era conservato (acerra), con il vino, prima di porvi la vittima e lo si bruciava con le interiora di questa (exta). Nel culto domestico ogni giorno se ne faceva offerta ai Lares familiares; lo si faceva ardere in bracieri di varia grandezza (focus, turibulum).
Non abbiamo prova dell'uso dell'incenso nel rituale cristiano prima della seconda metà del sec. IV, sia nel culto pubblico, sia nelle devozioni private. Dapprima si usò, con altri profumi, in prevalen2a nei funerali, ad solatium sepulturae (Tertulliano). A poco a poco entrò anche nella liturgia pubblica.
Verso il Mille già l'uso dell'incenso appare, almeno per la chiesa latina, fissato e identico, piú o meno, all'odierno cattolico: incensazione dell'altare, della Sacra Specie, delle reliquie, del sacerdote, delle dignità costituite (anche laiche), dei fedeli, e di determinati oggetti di venerazione (come il Vangelo, le immagini sacre, ecc.) o di pietà (oggetti che si benedicono: le palme, le candele, ecc.). Perciò anche l'incensazione, negli uffici liturgici, ha qualche volta dato luogo a controversie politiche non lievi, per la precedenza tra i varî rappresentanti diplomatici: per esempio, in Oriente. Le liturgie orientali ne fecero un più considerevole uso che non le occidentali, adoperandolo in tutte le officiature.
Bibl.: E: G. Atchley, A history of use of incense in divine worship, Londra 1909; A. H. Blackman, The significance of incense and libations, in Zeitschrift für Aegyptische Sprache und Altertumskunde, I (1911), p. 69 segg.; G. Elliot Smith, Incense and libations, in Bulletin of the John Rylands library, Manchester 1917-18, IV, p. 191 segg.; E. Fehrenbach, in Dictionnaire d'archéologie chrétienne, Parigi 1922, V, p. 2.