inceneritore
Attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. Sono compresi in questa definizione l’incenerimento mediante ossidazione ad alta temperatura dei materiali combustibili, nonché processi di ossidazione indiretta, quali, per es., la pirolisi, la gassificazione (➔) e il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite (direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti, trasposta nell’ordinamento italiano con il d. legisl. 133/2005).
Negli i. di più recente realizzazione, il calore sviluppato nel processo di combustione viene recuperato per produrre vapore poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (per es., per il teleriscaldamento di edifici). Gli i. con tecnologie per il recupero vengono comunemente indicati con il nome di termovalorizzatori, termine che tuttavia non trova corrispondenza nella normativa.
Le categorie di rifiuti che possono essere trattati attraverso incenerimento sono i Rifiuti Solidi Urbani (RSU), provenienti da attività domestiche, pulizia delle strade e manutenzione di parchi e giardini, e i rifiuti speciali, provenienti da lavorazioni industriali, artigianali e commerciali diverse, compresi i fanghi derivanti dai trattamenti di recupero e smaltimento dei rifiuti, i fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue e il Combustibile Da Rifiuti (CDR), ottenuto selezionando la componente a maggiore potere calorico dei rifiuti.
Lo smaltimento dei rifiuti per incenerimento dà luogo a due principali problematiche: il potenziale conflitto con la strategia europea volta a ridurre la produzione di rifiuti e a potenziare il riciclaggio e il recupero, creando un mercato per i materiali riciclati, e la questione della tossicità degli inquinanti emessi in atmosfera e nelle acque e concentrati nelle ceneri e nelle scorie, nonché i rischi per la salute che ne derivano.
La direttiva 2008/98/CE, recepita in Italia con il d. legisl. 152/2006 e successive modificazioni, ha rafforzato la cosiddetta gerarchia dei rifiuti, secondo cui occorre prediligere nell’ordine: la prevenzione, il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti, rispetto allo smaltimento per incenerimento o in discarica (➔). L’incenerimento è dunque preferibile al solo smaltimento in discarica, rispetto al quale presenta il vantaggio di ridurre i volumi da smaltire, le emissioni gassose e la formazione di sostanze tossiche. Per essere coerente con la gerarchia dei rifiuti, l’incenerimento dovrebbe essere limitato alla sola frazione organica dei rifiuti urbani e industriali, a valle di una raccolta differenziata capace di recuperare tutte le componenti non organiche riciclabili e recuperabili (carta, vetro, plastica ecc.).
Per quanto riguarda le emissioni, occorre ricordare che il progresso tecnologico a partire dalla metà degli anni 1990 ha ridotto drasticamente le emissioni degli i., permettendo valori assai elevati di abbattimento. Il d. legisl. 133/2005 (Attuazione della direttiva 2000/76/CE in materia di incenerimento dei rifiuti) disciplina i valori limite di emissione in aria e nelle acque e le norme per l’esercizio e il controllo degli impianti. Prevede, inoltre, che i cittadini possano accedere a tutte le informazioni relative all’impianto e alle sue emissioni.
Il processo di incenerimento produce ceneri volanti e polveri, da smaltire in discariche per rifiuti tossici e nocivi, nonché scorie pesanti in quantità pari al 15-20% del peso dei rifiuti trattati (10-12% del volume), da smaltire in discariche per rifiuti speciali. Talvolta le scorie possono essere ulteriormente sottoposte a trattamenti di recupero dei metalli o di inertizzazione ai fini del loro uso, per es., in elementi prefabbricati per l’edilizia. Le emissioni degli i. comprendono polveri (particolarmente pericolose le polveri ultrafini), anidride solforosa, monossido di carbonio, ossidi di azoto, metalli pesanti, microinquinanti organo-clorurati (diossine e furani). Queste ultime sostanze destano significative preoccupazioni, poiché indagini scientifiche hanno dimostrato la loro pericolosità per esposizioni a lungo termine, anche a bassissime concentrazioni. Gli studi epidemiologici relativi agli impianti di incenerimento, sollecitati dalle preoccupazioni al riguardo, hanno dato fino a oggi risultati non univoci, dimostrando la necessità dell’ulteriore approfondimento delle conoscenze ai fini della valutazione del rischio per la salute umana e per l’ambiente.