INCAVALLATURA (fr. ferme; sp. cercha; ted. Binder; ingl. truss)
Si chiamano incavallature o capriate (v.) quelle particolari travature, generalmente reticolari, che servono quali strutture maestre per il sostegno delle coperture e che, poste in piani verticali, si susseguono a distanze variabili fra i 4 e i 6 metri. Esse si distinguono per il materiale di cui sono formate, per il comportamento statico e per la forma geometrica. Per rispetto al materiale si hanno: incavallature in legno, incavallature in ferro, incavallature miste (in legno e ferro), incavallature in cemento armato.
Se le equazioni fornite dalla statica dei corpi rigidi permettono di determinare le reazioni dei vincoli e gli sforzi nelle aste, le incavallature si dicono staticamente determinate; si dicono invece staticamente indeterminate se quelle sole equazioni sono insufficienti. Relativamente alle azioni trasmesse agli appoggi, si hanno: incavallature spingenti, incavallature non spingenti, incavallature su appoggi elastici e solidali con gli stessi (portali).
La loro forma geometrica è variabilissima a seconda della destinazione e delle condizioni climatiche e architettoniche. In primo luogo si suddividono in incavallature a una falda e incavallature a due falde a seconda che le incavallature siano destinate a sorreggere rispettivamente un tetto che stia tutto da una banda o da tutte e due le bande di un piano verticale passante per il punto più alto dell'incavallatura. Le incavallature a una falda si chiamano anche mezze incavallature. Fra le incavallature a due falde si distinguono:
1. L'incavallatura semplice o a triangolo, formata da due aste inclinate compresse (puntoni) e da una catena, che collega le estremità inferiori dei puntoni, e risultante da unica asta orizzontale (fig.1, n.1) o da due aste inclinate, sostenute nel punto di concorso da altro tirante verticale (fig.1, n. 2). Luce fino a m. 8.
2. L'incavallatura tedesca, formata da due puntoni, la catena a due tiranti, un tirante verticale, e due controfissi in prolungamento dei tiranti della catena, che servono a fornire un punto di appoggio intermedio ai puntoni (fig.1, nn. 3, 4). Luce fino a m. 12.
3. L'incavallatura alla francese o alla Polonceau, formata da due travi armate a controfisso (Polonceau semplice) inclinate secondo la pendenza del tetto e collegate da un tirante orizzontale (catena) che serve a eliminare la spinta contro gli appoggi (fig.1, n. 5). Luce fino a m. 16. Dal tipo ora descritto si passa all'incavallatura alla Polonceau composta, sostituendo le travi armate a un controfisso con le travi a due o più controfissi (fig.1, nn. 6, 7). La luce può giungere fino a 30 metri.
4. L'incavallatura italiana o alla Palladio, formata da due puntoni, due tiranti orizzontali (il più basso catena, il più alto controcatena) e tre tiranti verticali (il centrale monaco; i laterali contromonaci; fig.1, n. 8). Luce fino a 15 m. Per luci maggiori i puntoni vengono rinforzati da saettoni e da sottopuntoni (fig.1, n. 9).
5. L'incavallatura inglese, formata da due puntoni, una catena, ordinariamente spezzata in due tiranti, e un traliccio composto di aste alternativamente verticali e inclinate verso destra nella metà di sinistra e verso sinistra nella metà di destra (tiranti e diagonali; fig.1, n. 10).
6. L'incavallatura a sega (shed) semplice, formata con due puntoni, dei quali uno, destinato a sorreggere il tetto, ha la pendenza di questo e l'altro, che sostiene una vetrata, si suole fare normale al primo. I puntoni sono collegati da una catena. Per portate oltre i 6 m. si adoperano anche controfissi e diagonali (fig. 1, n. 11).
7. L'incavallatura per tetti alla Mansard, formata con quattro puntoni (i due più bassi con inclinazione maggiore dei più alti, per aumentare l'altezza disponibile nella soffitta), due tiranti per la catena, un tirante verticale centrale e un sistema di elementi destinati a rendere indeformabili i puntoni e a sostenerli (fig. 1, n. 12) Luce fino a 20 m.
8. L'incavallatura con estremi a sbalzo per tetti alla Mansard in cui gli appoggi lasciano a sbalzo parte dell'incavallatura verso l'esterno e precisamente quelle parti corrispondenti ai puntoni più inclinati (fig. 1, n. 13). Luce fra gli appoggi interni fino a 15 m.
9. L incavallatura a falce, formata da due correnti l'uno superiore e l'altro inferiore composti da una successione di aste, secondo due spezzate inscritte in due archi di cerchio o di parabola, che si tagliano in corrispondenza delle verticali di appoggio. I vertici delle spezzate sono uniti da altre aste di parete in maniera da formare una serie di triangoli (fig. 1, n. 14). Luce fino a 50 m.
10. L'incavallatura a ventre di pesce, formata da un corrente superiore inscritto in un arco di parabola, corrente inferiore (catena) rettilineo e orizzontale; aste di parete dai vertici del corrente superiore alla catena a formare triangolo (fig. 1, n. 15). Luci fino a 40 m.
11. L'incavallatura semiparabolìca, simile alla precedente, con la differenza però che il corrente inferiore non incontra sulle verticali per gli appoggi la parabola entro la quale è inscritto il corrente superiore. Le parti estreme del corrente superiore quindi non sono inscritte nell'arco di parabola (fig. 1, n. 16). Luci fino a 30 m.
12. L'incavallatura ad arco, formata da un arco pieno o a traliccio a tre cerniere, a due, o incastrato. Può essere anche munita di catena, per eliminare la spinta sugli appoggi. Essa si presta per tetti di grande ampiezza (fig. 1, nn. 17, 18, 19).
Nelle incavallature ad una falda si distinguono quelle che hanno appoggi a entrambi gli estremi e quelle che escono a sbalzo.
Le prime (fig. 2, nn. 1,2) servono per tetti a una falda o per incavallature angolari, mentre le altre (fig. 2, nn. 3, 4, 5) si utilizzano nelle cosiddette pensiline o marquises, quali si vedono nelle stazioni ferroviarie e davanti gl'ingressi di edifici. Puntoni e tiranti vanno collegati alle murature più elevate mediante placche e tiranti per impedire l'azione di spinta sui muri o sostegni più bassi.
Scelto il tipo d'incavallatura e tracciatone lo schema, si determinano le sollecitazioni cui vanno soggette le varie membrature e, in base al materiale che si vuole adoperare, se ne fissano le dimensioni. D'ordinario le incavallature sono formate da aste rettilinee, che si uniscono alle estremità in punti, detti nodi, e costituiscono un sistema di triangoli contigui. Se si suppone che ai nodi le aste siano articolate a cerniera senza attrito (il che si suole ammettere anche se i collegamenti siano fatti con chiodature o indentature, o con continuità di getto e armature) e i carichi siano applicati ai nodi (peso delle aste compreso), le aste vengono sollecitate soltanto da sforzo normale assiale. Se invece i carichi sono applicati anche fuori dei nodi, nelle aste si manifestano anche momenti flettenti e sforzi di taglio.
Per la ricerca delle sollecitazioni anzidette è necessario in primo luogo conoscere le forze esterne agenti che sono: a) il peso della porzione di tetto che l'incavallatura sostiene e il peso proprio della stessa incavallatura; b) il carico accidentale dovuto a strutture sussidiarie che la incavallatura deve sostenere, alla neve e al vento; c) le reazioni degli appoggi.
I correnti (terzere o arcarecci), che sostengono la piccola orditura sulla quale si appoggia il materiale di coperta, sono gli elementi che trasmettono il carico ai nodi dell'incavallatura.
a) Il peso proprio dell'orditura del tetto, esclusi i materiali di copertura e le incavallature riferito al mq. varia da kg. 20 a 40 per coperture leggerissime, da 30 a 50 per coperture leggiere e da 40 a 60 per coperture pesanti. Il peso proprio dell'incavallatura compresi i controventi (ossia i collegamenti secondarî che servono a sostenere le componenti normali al piano dell'incavallatura di quelle forze che non giacciono in esso) può valutarsi in tanti kg. per mq. di proiezione orizzontale quanti metri è la portata dell'incavallatura, ovvero un terzo del prodotto della distanza fra le incavallature per la loro portata espresse in metri. In genere si può dire che le comuni incavallature tanto in legno quanto in ferro pesano da 15 a 30 kg. al mq. di proiezione orizzontale a seconda che la portata varii tra 18 e 25 m. la distanza fra le incavallature da 3 a 4 m. e il carico da 100 a 200 kg./mq. Per le incavallature in cemento armato si può considerare un peso di kg. 60 ÷ 100 per mq. di proiezione orizzontale a seconda che venga impiegato cemento ad alta resistenza o cemento normale e la portata varii fra 10 e 30 m.
b) Carico accidentale: 1) Neve. Questo carico è variabilissimo in relazione allo spessore della neve, alla sua qualità e al suo peso specifico che varia fra 200 e 300 kg./mc. In media, se s'indica con α l'angolo che forma la falda del tetto con un piano orizzontale, si possono assumere i seguenti valori del peso pn per mq. di proiezione orizzontale di falda:
Oltre l'inclinazione di 45° il sovraccarico di neve può venir trascurato.
2) Vento. - Per le ordinarie inclinazioni dei nostri paesi si può prendere come valore della pressione del vento, p'v = 80 kg./mq.
c) Reazioni degli appoggi. - Per quest'argomento bisogna distinguere le incavallature in due grandi categorie: incavallature non spingenti e incavallature spingenti. Le incavallature della prima categoria sono semplicemente appoggiate agli estremi; in tal caso si suppone nei calcoli, che dei due appoggi uno sia fisso e l'altro scorrevole orizzontalmente senza attrito. Le incavallature della seconda categoria sono invece impostate a cerniere o addirittura rigidamente incastrate alle estremità, e trasmettono agli appoggi non soltanto un'azione verticale, ma altresì un'azione orizzontale detta spinta, donde la denominazione di incavallature spingenti. Per le incavallature della prima categoria la determinazione delle reazioni degli appoggi è assai facile. Per le incavallature della seconda categoria questa determinazione è più complicata; ma sifra con tutto rigore, applicando i metodi forniti dalla teoria dell'elasticità.
Una volta determinate le forze esterne (carichi e reazioni dei vincoli) che agiscono sull'incavallatura, si passa alla ricerca degli sforzi nelle varie aste. Il caso più semplice è quello delle incavallature reticolari a elementi triangolari caricate semplicemente ai nodi, che sono strutture staticamente determinate, nelle quali, cioè, la determinazione degli sforzi delle varie aste si può fare con le sole leggi della statica dei corpi rigidi. Considerando un nodo qualunque dell'incavallatura, esso si trova in equilibrio sotto l'azione delle forze esterne ad esso applicate e delle reazioni delle aste concorrenti nel nodo stesso. Il poligono di dette forze deve pertanto risultare chiuso.
Si hanno quindi tanti poligoni quanti sono i nodi dell'incavallatura. Disponendoli opportunamente uno accanto all'altro, in guisa che si sovrappongano i lati che rappresentano una stessa forza, si viene a costituire una figura detta diagramma reciproco dell'incavallatura (fig. 3).
La costruzione di detti diagrammi fu introdotta in epoca relativamente recente nella scienza delle costruzioni da L. Cremona e permette di risolvere, con metodo grafico assai semplice ed elegante, la determinazione degli sforzi nelle varie aste delle incavallature reticolari staticamente determinate, comunque complessa possa essere la loro forma e disposizione.
Nel caso invece delle incavallature staticamente indeterminate la ricerca degli sforzi nelle varie aste non può farsi con i soli metodi della statica dei sistemi rigidi, ma è d'uopo servirsi anche di quelli forniti dalla teoria dell'elasticità. Questi si dividono in metodi analitici, grafici e grafico-analitici. Sono questi ultimi due metodi quelli oggi maggiormente adoperati e soprattutto quelli fondati sul teorema dei lavori virtuali e sulla teoria delle piccole rotazioni (metodo dell'ellisse di elasticità). Quando i carichi non si trovano soltanto ai nodi dell'incavallatura, ma si trovano anche applicati direttamente alle aste fra i nodi, si sviluppano in esse degli sforzi secondarî, la cui importanza è tutt'altro che trascurabile. Derivano da questo modo di caricamento nelle aste, oltre che lo sforzo assiale, il taglio e la flessione, e da quest'ultima tensioni spesso assai più importanti di quelle provocate dallo sforzo normale.
Il momento flettente e lo sforzo di taglio si possono calcolare secondo le condizioni di vincolo che si suppone che le aste posseggano. Lo sforzo assiale non si potrebbe determinare con diagramma reciproco del Cremona perché manca il caricamento ai nodi.
C. Saviotti, con memoria presentata all'Accademia dei Lincei nel 1878, propose dei diagrammi, che si fondano sul principio che, essendo le cerniere punti di momento nullo del sistema in equilibrio, le linee d'azione delle reazioni delle cerniere esterne di ogni asta sono lati del poligono funicolare che connette le forze date e che passa per le cerniere. Cosicché, eseguendo la costruzione per ogni asta, si hanno le azioni su ogni nodo, che permettono di applicare il diagramma di Cremona.
Incavallature in legno e miste. - Le incavallature in legno vengono eseguite secondo gli schemi di cui alla fig. 1, nn. 1-13.
Il cavalletto semplice si adopera per portate sino a 7 m. Le incavallature formate da puntoni con saettoni, catene e monaco (fig. 4) o con catena e controcatena e due monaci (fig. 5) si possono adoperare per portate fino a 15 m. Per ampiezze superiori bisogna ricorrere ai tipi formati con puntoni, catena, controcatena, saettoni e monaci o con catena, controcatena e saettoni. Quando i puntoni risultano eccessivamente sollecitati possono venire rinforzati da sottopuntoni. Le incavallature in legno richiedono una grande cura nel collegamento fra puntoni e catena. Questo collegamento si suole fare a indentatura semplice o doppia e viene rinforzato da staffoni di ferro e bulloni.
Nelle incavallature miste gli elementi tesi si fanno in ferro, si lasciano in legname o si fanno in ghisa le aste compresse. L'incavallatura del tipo misto più importante è quella alla Polonceau fig. 7.
Tra le incavallature in legno di maggior portata si ricordano quelle del teatro alla Scala di Milano con 27 m. di luce, del Teatro Farnese di Parma di circa 32 m. di luce, di Darmstadt con 40 m. di portata e di Mosca con 46 m. di luce. Sono da ricordare le incavallature ad arco sistema de l'Orme e sistema Enus. Le prime consistono in tavole della lunghezza di circa m. 1,50 tagliate da una parte secondo la curvatura dell'estradosso dell'arco e quindi chiodate insieme disponendo le tavole di costa, in modo da formare tutto l'arco. La struttura dell'Enus consiste invece in tavole sovrapposte di piatto con i giunti sfalsati e piegate secondo la curvatura stabilita per l'arco, di modo che la centina risulta secondo la larghezza delle tavole che sono alternatamente collegate con staffe di ferro e chiavarde. Il primo sistema è stato dimostrato dalla pratica più conveniente e più appropriato, sia perché meno costoso, sia ancora perché esente da quella tendenza al raddrizzamento che gli archi all'Enus possiedono.
Incavallature in Cemento armato. - Sono largamente usate nelle costruzioni industriali e assai meno in quelle civili (figg. 6 e 8). Per mezzo di questo sistema costruttivo si sono realizzati tutti i tipi conosciuti delle incavallature in legno o in ferro o miste con preferenza per quei tipi in cui si abbiano la maggior parte degli elementi compressi, per meglio utilizzare la resistenza del calcestruzzo, che negli elementi tesi viene soltanto considerato come rivestimento e protezione del ferro. Le incavallature in cemento armato vengono d'ordinario gettate in opera solidalmente agli elementi di sostegno; tuttavia si sono avuti ottimi risultati preparando le capriate fuori opera in forme. Si realizzano così strutture leggiere ed economiche con portate fino a 20 m. In questo caso conviene disporre le incavallature con interassi di m. 2 ÷ 2,50, per ridurre il peso di ogni incavallatura e potere appoggiare la falda direttamente fra incavallatura e incavallatura senza arcarecci, adoperando ad esempio tavelline di cotto forato.
I vantaggi della preparazione fuori opera sono: più agevole lavoro per gli operai con impiego d'impasti più asciutti e più energicamente battuti, da cui deriva una più elevata resistenza del calcestruzzo; esatta collocazione delle armature in terra, più sicura conservazione della forma assegnata, che nelle incavallature gettate in opera viene alterata dalle deformazioni delle casseforme e dal cedimento dei puntelli. La convenienza cresce evidentemente quanto maggiore è il numero d'incavallature eguali occorrenti, così da potere eseguire un lavoro in serie con forme in ferro.
Le incavallature in cemento armato del sistema Baroni-Lüling sono armate con centina metallica semirigida, formata da briglie di ferro quadro, distanziate da bulloni sui quali si avvolgono i tondini, che formano le diagonali. La centinatura viene preparata a terra e collegata col cassero, che deve contenere il getto, quindi sollevata e collocata in posto. La centina si calcola in modo che possa sostenere: 1) da sola: il peso proprio e quello del getto che l'avvolge durante la maturazione; 2) insieme col calcestruzzo: il tetto con tutti i suoi sovraccarichi.
Il calcolo delle incavallature reticolari si fa col solito metodo del diagramma reciproco del Cremona supposto il carico concentrato ai nodi per la ricerca degli sforzi assiali. Questo metodo si è dimostrato sufficientemente approssimato malgrado la rigidità degli attacchi e l'eventuale solidarietà coi pilastri, solidarietà che, pur essendo necessario considerare per la stabilità di questi, è senza influenza notevole per il calcolo delle incavallature. Oltre allo sforzo assiale nell'asta bisogna tener conto della flessione e del taglio indotti dal carico distribuito. La rigidità dei nodi contribuisce ad elevare da 15 al 20% le tensioni calcolate con le ipotesi semplificative. È quindi prudente non eccedere nei carichi di sicurezza del ferro e del calcestruzzo e provvedere ai momenti d'incastro alle giunzioni mediante irrobustimento con smussi, staffe e monconi.
Incavallature in cemento armato a trave con parete piena. - Si adoperano per portate non maggiori di 15 m. Le travi del tipo Vierendel non sono consigliabili perché antieconomiche e di calcolazione laboriosa e difficile.
Incavallature ad arco a due cerniere con tirante. - Queste incavallature non hanno mai in pratica un appoggio fisso e l'altro scorrevole; tuttavia esse sono calcolate in queste ipotesi, cosicché riescono staticamente determinate per rispetto ai vincoli esterni. L'esperienza ha dimostrato che tanto se gli archi sono appoggiati sulla muratura, quanto se vengono collegati con pilastri è sempre ammissibile l'ipotesi suddetta per rispetto alla ricerca delle tensioni interne dell'arco. Rispetto ai vincoli interni il sistema è staticamente indeterminato e si può prendere come quantità iperstatica la tensione del tirante.
Quando le incavallature formano un tutto con gli elementi di sostegno ai quali sono solidali, si hanno i telai (v.).
Incavallature in ferro. - Ordinariamente i puntoni si formano con due cantonali, spesso ad ali diseguali; e così tutte le aste del traliccio; nel qual caso le giunzioni fra le singole aste si fanno mediante piastre poste nel mezzo dei profilati, che si chiudono su di esse (fig. 10). Si deve fare attenzione a far concorrere in un punto gli assi baricentrici delle aste che formano un nodo, per costituire il cosiddetto nodo teorico e ridurre così le sollecitazioni secondarie, che si sviluppano per la mancanza della cerniera, supposta esistente nel calcolo.
Per la chiodatura di un'asta a un nodo si badi che essa deve essere capace di sopportare tutto lo sforzo cui l'asta collegata è sottoposta; mentre per un'asta che passi continua sopra un nodo, il collegamento deve venire a sostenere la differenza di sollecitazione nell'asta fra il tratto a destra e quello a sinistra del nodo considerato. Oggi si ha la tendenza ben definita a sostituire le chiodature con le saldature elettriche mediante le quali si ottiene una maggiore rapidità di esecuzione e una sempre maggiore economia, che attualmente si valuta fino al 20%.
Apparecchi di appoggio delle incavallature. - Le incavallature metalliche alle loro estremità non appoggiano direttamente sui muri o pilastri, ma sopra degli apparecchi i quali hanno il duplice scopo di ripartire la pressione trasmessa dalle incavallature sopra una superficie abbastanza estesa in relazione al carico di sicurezza a schiacciamento della muratura, e di realizzare quella condizione dí vincolo teorica supposta nel calcolo dell'incavallatura.
Gli apparecchi di appoggio si distinguono in fissi e mobili. Nelle incavallature di media e grande portata, allo scopo di rendere possibile le dilatazioni dovute alle variazioni di temperatura, si fa sempre un appoggio fisso e l'altro mobile.
Appoggi fissi. - Si distinguono in: semplice, tangenziale a bilico, a bilanciere, speciale per incavallature ad arco.
L'appoggio semplice consiste in una piastra di ghisa indurita o di acciaio colato, collegata col corrente inferiore dell'incavallatura, mediante chiodi a testa inferiore cieca, in guisa che la piastra appoggi per tutta la sua superficie (fig. 9, n.1). Fra la piastra e la muratura viene generalmente interposto uno strato di malta cementizia dello spessore di 1 cm. circa. Questo apparecchio presenta l'inconveniente che, in seguito alla flessione dell'incavallatura, la pressione non si ripartisce ugualmente su tutta la superficie di appoggio, ma si concentra verso il lembo interno della piastra, il che, oltre a determinare possibili schiacciamenti della muratura, rende incerta la linea d'azione della reazione di appoggio. Questo inconveniente viene in parte eliminato nell'appoggio a bilico, nel quale la faccia superiore della piastra viene foggiata a superficie cilindrica convessa, sulla quale appoggia il corrente inferiore dell'incavallatura con l'interposizione di una piastra di ferro o di acciaio ad esso collegato mediante chiodi a testa cieca (fig. 9, n. 2).
Il tipo più perfetto è dato dall'apparecchio a bilanciere e viene sempre adoperato nelle incavallature di grande portata. Risulta essenzialmente formato da (fig. 9, n. 3): 1) una piastra di ghisa o di acciaio rigidamente connessa al corrente inferiore dell'incavallatura rinforzata da nervature e terminata da una superficie cilindrica concava inferiore; 2) una piastra, fissata mediante apposite sporgenze alla muratura, rinforzata da nervature e terminata da una superficie cilindrica concava superiore; 3) un perno cilindrico di acciaio o ghisa, dello stesso raggio delle superficie concave delle due piastre.
L'appoggio speciale per incavallature ad arco viene generalmente costruito raccordando le due briglie dell'arco con una terminazione cilindrica, generalmente circolare, e disponendo un apparecchio di appoggio formato da una piastra fissata alla muratura sottostante e collegata con un cuscinetto a superficie convessa di forma corrispondente alla terminazione cilindrica dell'arcata (fig. 9, n. 4).
Appoggi mobili o scorrevoli. - Sono: a semplice fregamento, a rulli e contatto a bilico, a rulli e bilanciere, speciale per incavallature ad arco a spinta eliminata.
L'appoggio a semplice fregamento risulta formato da una piastra di fondazione collegata alla muratura sottostante su cui scorre un'altra piastra collegata col corrente inferiore dell'incavallatura. Le facce di contatto si fanno perfettamente lisce. Questo apparecchio è imperfetto, poiché permette lo scorrimento soltanto dopo superata la resistenza di attrito radente fra le due piastre, il che si elimina in parte con l'appoggio a rulli, nel quale l'attrito radente viene sostituito da quello assai minore di rotolamento. S'interpongono a tal fine fra le due piastre dei rulli cilindrici di ghisa o di acciaio (fig. 9, n. 5) mantenuti a distanza invariabile fra di loro per mezzo di un telaio. I rulli e il telaio formano nel loro complesso il cosiddetto carrello di dilatazione.
Quando l'incavallatura s'inflette, si ha ineguale ripartizione della pressione sui diversi rulli. A questo inconveniente si rimedia nelle incavallature di media portata con l'appoggio a bilico, e in quelle di grande portata con l'appoggio a bilanciere, in tutto analoghi a quelli descritti per gli appoggi fissi (fig. 9, n. 6). Talvolta si adottano le articolazioni a cerniere nella chiave delle incavallature.
Cerniere elastiche. - Risultano costituite: 1) da una molla (generalmente formata da due lamiere di acciaio dello spessore di 8 mm.) inchiodata alle briglie superiori delle due mezze incavallature in corrispondenza soltanto delle due estremità, in guisa di permetterne l'inflessione nella parte mediana; 2) da una molla generalmente costituita da quattro cantonali di acciaio arcuati (inchiodati al disotto della molla orizzontale). In tal guisa, ciascuna delle due parti della cerniera viene sollecitata a sforzo normale dalla componente della pressione in chiave che rispettivamente le compete, pur restando consentita la libera rotazione delle sezioni estreme congiunte.
Nella fig. 10 è rappresentata un'incavallatura del tipo inglese.
Le maggiori portate si raggiungono con le incavallature ad arco, delle quali restano esempî ancora oggi notevoli: gli archi a tre cerniere adoperati per la galleria delle macchine all'Esposizione di Parigi nel 1889, archi della luce di m. 110,60, con 45 m. di freccia e m. 21,50 d'interasse. Quelli dell'Esposizione di Chicago del 1893: archi tre cerniere di metri 112,16 di luce con 62,28 m. di freccia e interasse da m. 15,24 a m. 22,86.
La navata centrale della stazione di Amburgo con archi a due cerniere di m. 73,02 di luce e 32,71 m. di freccia disposti a coppie distanti fra di loro 1 m. e con interasse fra le coppie di m. 15,50. La tettoia della nuova stazione di Milano inaugurata nel 1931 è composta con 5 archi continui a tre cerniere, quello centrale di 72 m. di luce, i laterali di m. 44,90 e gli estremi di m. 21.
Controventatura. - Dissimmetria di carico sul tetto e forze variamente inclinate possono ingenerare nelle incavallature deformazioni che tendono a ingobbarle con conseguenze gravissime. Occorre quindi collegare fra di loro le incavallature di un tetto affinché il loro complesso presenti una sufficiente rigidità alle cause perturbatrici predette. Se gli arcarecci hanno sufficiente robustezza possono da soli bastare; altrimenti bisogna ricorrere a un sistema di collegamenti fra incavallatura e incavallatura per lo più disposti a croce di S. Andrea o a zig zag. Queste speciali strutture si chiamano controventi.
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