INCARNAZIONE
Storia delle religioni. - Il senso più generale d'incarnazione è la presenza di un essere divino entro forma umana, si debba questa presenza a un processo discendente della divinità che entra in un individuo, ovvero a un processo ascendente dell'umano che assurge a potere e a prerogative divine. L'incarnazione può essere temporanea o permanente.
La temporanea è un'invasione o possessione dell'individuo da parte del dio che rivela la sua presenza con manifestazioni fisiche (grida, contorsioni del corpo, ecc.); in virtù di questa possessione egli acquista poteri speciali e soprattutto il dono della profezia. L'ingresso del dio è provocato o da fumigazioni di legna provenienti da un albero sacro, o da esalazioni del suolo (la Pizia a Delfi), o da canti e rumori ritmici emessi da un coro che circonda il paziente, o dal bere (e questo è il mezzo più efficace) il sangue di un animale sacrificato. Durante la possessione l'anima si considera uscita temporaneamente dal corpo.
L'incarnazione permanente dà all'individuo poteri più efficaci e più estesi (non escluso quello di fare miracoli, nel senso etimologico della parola); essa si riscontra in coloro che nei gruppi umani hanno funzioni rappresentative e direttive: re di clan, di tribù, d'imperi (Egitto, Assiria, India, Perù precolombiano, ecc.), i cui poteri magico-religiosi di assicurare il ritmo dei cieli e delle stagioni, lo scampo da carestia e da epidemie degli uomini e del bestiame è a diretto servizio del gruppo. I Grandi Lama del Tibet e della Mongolia sono ritenuti tuttora l'incarnazione dello spirito di un dato Bodhisattva, cioè di uno dei grandi spiriti del buddhismo mahayanico.
L'incarnazione del dio può avvenire anche in animali sacri sia per motivo totemistico in quanto l'animale è considerato come l'antenato divino del clan, sia perché l'animale è dotato di peculiari qualità o attitudini (per es., il bue Api). In taluni misteri (v.), l'incarnazione avviene nell'animale sacro (Dioniso nel capretto, Zagreo nel toro) attraverso cui si attua la comunione degli adepti tra loro e col dio. Nei riti agrarî s'incarna in un animale, che viene sacrificato, lo spirito della vegetazione; così p. es. nelle Bufonie (v.).
Come conseguenza della dottrina della metempsicosi (v.), si ha nell'India induistica la credenza nelle dieci incarnazioni o discese (avatāra; v.) del dio Visnu entro forme umane o animali, a beneficio degli uomini: la decima avverrà alla fine dei tempi per fare giustizia degli empî e rinnovare la vita del mondo.
Bibl.: J. G. Frazer, The Golden Bough, I, The magic art and the evolution of Kings, Londra 1913.
Teologia cattolica. - Secondo la dottrina cattolica il mistero dell'incarnazione è quello per il quale il Verbo, Figlio di Dio, si è fatto uomo, assumendo nella sua unica Persona divina anche la natura umana. Quindi, Verbo "incarnato" significa Verbo "umanato", in quanto il termine carne è preso secondo la sua frequente accezione semitica di uomo. La preferenza dei termini "incarnazione" e "incarnato" su quelli di "umanazione" e "umanato" è dovuta al passo di Giovanni, I, 14: Il Verbo divenne carne. Già il concilio di Nicea affermò l'equivalenza dei due termini insegnando che Gesù Cristo è il Verbo σακρωϑέντα, ἐναυϑρωπήσαντα. Così pure nella terminologia teologica siriaca si fabbricarono a bella posta i verbi denominativi derivati da besrā, "carne" ("incarnarsi"), e da barnāshā "uomo" ("umanarsi", "diventare uomo") come del tutto sinonimi. Per la dottrina cattolica dell'incarnazione, v. gesù cristo, XVI, pp. 868, 872 segg.