INCARDINAZIONE
Secondo la prassi più antica della Chiesa nessuno poteva passare allo stato clericale, se non per servire a una chiesa determinata; poi si ammise il passaggio dall'una all'altra chiesa della medesima circoscrizione, e nel Medioevo vi furono molti clerici vagi, che prestavano servizio ora in un luogo ora in un altro. Il diritto canonico attuale non ammette affatto i clerici vagi: ogni chierico deve necessariamente essere ascritto a una diocesi, o a un ordine o congregazione religiosa. L'ascrizione a una diocesi è chiamata incardinazione.
Questa ha luogo: 1. Quando un laico riceve la prima tonsura, e allora rimane addetto alla diocesi per il cui servizio fu promosso al clericato; 2. Quando un chierico passa da una diocesi a un'altra, ma col consenso scritto di ambedue gli ordinarî. La concessione d'un beneficio ecclesiastico residenziale in un'altra diocesi, consenziente l'ordinario della prima, equivale all'incardinazione. Il diritto prescrive che non si proceda all'incardinazione, se non quando l'esige la necessità o l'utilità della diocesi dell'incardinante, che si prendano prima le più accurate informazioni sull'incardinando, e che questo giuri di restare addetto alla nuova diocesi. Il vicario generale non può incardinare senza una speciale autorizzazione; il vicario capitolare può farlo solo se la vacanza della sede vescovile ha oltrepassato l'anno e se il capitolo acconsente. S'intende senz'altro incardinato a una diocesi l'ex-religioso che sia accettato dal vescovo di essa puramente e semplicemente, ovvero dopo un tempo di prova non superiore a un triennio (cfr. Codex iuris canonici, cc. 111-117 e 641, § 2).