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Impugnazioni. Revisione

di Arturo Capone - Il Libro dell'anno del Diritto 2016
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Impugnazioni. Revisione

Arturo Capone

Impugnazioni
Revisione

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, uniformandosi alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, affermano che il principio della parità delle parti nell’esercizio del contraddittorio esige che in sede di vaglio di ammissibilità sulla domanda di revisione, qualora venga irritualmente acquisito il parere del procuratore generale, a pena di nullità deve esserne data comunicazione al richiedente.

La ricognizione

Nel codice di procedura penale del 1930 il procuratore generale era chiamato a formulare il proprio parere sulla domanda di revisione. Oggi, forse in conseguenza della nitida separazione tra vaglio di ammissibilità, che precede il decreto di citazione a giudizio, ed esame nel merito, tale parere nella prima fase non è più previsto; dopo qualche oscillazione la giurisprudenza si è assestata nel senso che il vaglio preliminare debba svolgersi de plano, senza che vi sia spazio per la dialettica tra le parti, nemmeno in forma cartolare1.

A volte, tuttavia, per forza d’inerzia le corti d’appello continuano a sollecitare il parere dell’accusa. Trattandosi di prassi atipica, com’è ovvio, non è prevista alcuna comunicazione al richiedente, né sarebbe ragionevole addossare a costui l’onere di informarsi; in tali casi, perciò, egli non è posto in condizione di replicare agli argomenti ex adverso dedotti.

La giurisprudenza si è divisa sulle conseguenze da ricollegare a quest’asimmetria dialettica. Un primo orientamento, richiamando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, affermava che la mancata comunicazione del parere del procuratore generale integrava una violazione del diritto a esercitare il contraddittorio in condizioni di parità, determinando la nullità dell’eventuale provvedimento di inammissibilità2; un secondo orientamento escludeva la necessità di una comunicazione: il pur irrituale parere del pubblico ministero in fondo andava a contrapporsi alla richiesta del condannato, pareggiando le opportunità argomentative delle parti; un nuovo intervento del richiedente rischiava invece di dar vita a un’irragionevole sequela di reciproche comunicazioni3. Le Sezioni Unite sono state perciò chiamate a pronunciarsi sulla necessità che il parere espresso dal procuratore generale sia comunicato al richiedente a pena di nullità.

La focalizzazione

Il quesito, apparentemente banale sul piano dei valori in gioco, presentava qualche difficoltà sul piano dogmatico. L’acquisizione del parere del procuratore generale costituisce atto atipico; pertanto da un lato non è, né può essere prevista, alcuna sanzione processuale tipica; dall’altro, l’unico rimedio ipotizzabile per il compimento di atti atipici, l’abnormità, non è praticabile, perché senza dubbio non si tratta di atto avulso dall’intero ordinamento processuale4. L’orientamento più attento ai valori, perciò, per dar loro attuazione era costretto a modellare una sorta di sanzione positiva, la comunicazione al richiedente, anch’essa non prevista dalla legge, la cui omissione tuttavia avrebbe dovuto ripercuotersi sulla validità della declaratoria di inammissibilità.

Dalla giurisprudenza della Corte europea, d’altra parte, non emergeva a ben guardare alcuna soluzione obbligata per il caso specifico. Il giudice dei diritti dell’uomo infatti, se è costante nell’affermare che il diritto al contraddittorio garantito dall’art. 6 CEDU richiede che ciascuna delle parti abbia la facoltà di conoscere e di contrastare gli argomenti avanzati ex adverso5, ha però escluso la cogenza di tale principio nelle impugnazioni straordinarie, che consentono una procedura semplificata6.

L’art. 111, co. 2, Cost., che esige per ogni processo contraddittorio e parità tra le parti, non introduce una simile limitazione. Le Sezioni Unite, tuttavia, nello sposare l’orientamento che impone la comunicazione al condannato del parere del pubblico ministero, invece di fondarlo sulla disposizione costituzionale, hanno seguito un percorso argomentativo più articolato, che radicasse comunque la soluzione prescelta nella giurisprudenza europea. I Giudici di legittimità, infatti, hanno affermato che la deroga all’art. 6 CEDU consentita per i rimedi straordinari si deve alla circostanza che in genere i fatti idonei a ribaltare la presunzione di fondatezza del giudicato devono avere carattere manifesto, ossia essere rilevabili ictu oculi; nel sistema italiano, invece, è previsto ai fini della stessa ammissibilità della domanda un vaglio sulla manifesta infondatezza, che «può anche richiedere delicate valutazioni di merito»; in tali contesti, in cui il giudice deve formare il proprio convincimento sulla base delle argomentazioni delle parti, la regola generale del contraddittorio deve tornare ad espandersi. Perciò qualora sia pur irritualmente acquisito il parere dell’accusa – concludono le Sezioni Unite – a pena di nullità ne va data comunicazione al richiedente7.

I profili problematici

Non può negarsi che, per quanto assai condivisibile sul piano dei valori, la soluzione accolta dalla Corte, che riequilibra il vulnus inferto al contraddittorio da un atto irrituale imponendo a pena di nullità un altro atto parimenti irrituale, rivela una marcata attitudine creativa.

Essa peraltro viene proposta come necessaria sulla base di un’interpretazione del requisito della «non manifesta infondatezza» che di recente trova sempre meno spazio. Dottrina e giurisprudenza, infatti, hanno sempre più chiaramente respinto l’idea che esso richieda un controllo di merito, sebbene “sommario”, pronunciandosi in favore di una valutazione limitata alla verifica ictu oculi dell’astratta idoneità degli elementi indicati nella domanda, negli esatti termini in cui essi sono prospettati, a condurre al proscioglimento8.

Lo schema argomentativo prescelto della Corte non è nemmeno del tutto ininfluente sull’estensione del diritto di replica del richiedente; esso infatti finisce logicamente per subordinare l’obbligo di comunicazione alla natura di merito degli argomenti addotti dall’accusa9. Solo così può spiegarsi una certa ambivalenza della sentenza in commento, la quale pur enunciando il principio di diritto per cui l’irrituale parere del p.m. deve essere comunicato a pena di nullità al richiedente, in altra parte ricollega la nullità all’uso nella motivazione dell’ordinanza di inammissibilità degli argomenti ricavati dal parere del p.m. Ma lasciare aperto lo spazio per un controllo ex post, caso per caso, sul pregiudizio effettivo derivante dalla mancata comunicazione, finisce per impedire una nitida definizione ex ante, come ci si aspetta dalle Sezioni Unite, del catalogo dei diritti e dei doveri delle parti.

Note

1 V. Cass. pen., S.U., 26.9.2001, n. 642. Nel medesimo senso in dottrina vedi Gialuz, M., Uniformità della giurisprudenza e sindacato preliminare sull’inammissibilità della richiesta di revisione, in Foro it., 2003, II, 447; Spagnolo, P., L’ordinanza di inammissibilità nel giudizio di revisione, in Dir. pen. e processo, 2000, 875; Spangher, G., Revisione, in Dig. pen., XII, Torino, 1997, 138.

2 Cass. pen., 24.6.2010, n. 29389; Cass. pen., 14.6.2007, n. 31132.

3 Cass. pen., 25.11.2010, n. 2378.

4 Sul rapporto tra atipicità e abnormità vedi Bellocchi, A., Abnormità, in Dig. pen., Aggiornamento, IV, 1, Torino, 2008, 15; Iasevoli, C., Abnormità (dir. proc. pen.), in Enc. giur. Treccani, Roma, 2009, 13; Santalucia, G., L’abnormità dell’atto processuale penale, Padova, 2005, 93.

5 C. eur. dir. uomo, 23.10.2006, Fodale c. Italia.

6 C. eur. dir. uomo, 6.5.2003, Fischer c. Austria.

7 Cass. pen., S.U., 19.1.1012, n. 15189.

8 Marchetti, M.R., La revisione, in Trattato di procedura penale, diretto da G. Spangher, V, Le impugnazioni, a cura di G. Spangher, Torino, 2009, 973-974; Bronzo, P., Il giudizio di ammissibilità nel nuovo procedimento di revisione: requisiti sostanziali della richiesta e non manifesta infondatezza, in Cass. pen., 1998, 906; in giurisprudenza vedi Cass. pen., S.U., 26.9.2001, n. 642/02.

9 Vedi in questo senso Andreazza, G., Le Sezioni unite sul contraddittorio nella fase di ammissibilità de procedimento di revisione, in www.penalecontemporaneo.it.

Vedi anche
Principio dispositivo Principio nel passato espresso dalla regola generale iudex iuxta alligata et provata iudicare debet e del quale oggi si assumono due diverse nozioni. Si parla di principio dispositivo in senso sostanziale con riferimento alla disponibilità dell’oggetto del processo. Trova espressione, da un lato, nell’art. ... Costituzione italiana Il testo della Costituzione della Repubblica italiana è stato approvato dall’Assemblea costituente alla fine del 1947, promulgato dal Capo provvisorio dello Stato, De Nicola, ed è entrato in vigore nel 1948. Esso si componeva originariamente di centotrentanove articoli e di XVIII disposizioni transitorie ... appello 1. Diritto processuale penale Mezzo di impugnazione non previsto in Costituzione, ma introdotto con legge ordinaria, attraverso cui le parti che vi abbiano interesse e considerino viziata, per motivi di fatto o di diritto, la sentenza di primo grado, possono sottoporre uno o più capi del provvedimento ... giurisprudenza In senso ampio, la conoscenza e la scienza del diritto, con riferimento originario al diritto romano, esteso poi anche al mondo moderno. In senso più ristretto e tecnico, l’insieme delle sentenze e delle decisioni attraverso cui gli organi giudicanti di uno Stato interpretano le leggi applicandole ai ...
Indice
  • 1 ImpugnazioniRevisione
  • 2 La ricognizione
  • 3 La focalizzazione
  • 4 I profili problematici
  • 5 Note
Categorie
  • DIRITTO PENALE E PROCEDURA PENALE in Diritto
Vocabolario
reviṡióne
revisione reviṡióne s. f. [dal lat. tardo revisio -onis, der. di revidere «rivedere»]. – 1. Nuovo esame inteso ad accertare e a controllare, ed eventualmente a correggere o a modificare, i risultati e le valutazioni dell’esame già operato,...
impugnare¹
impugnare1 impugnare1 v. tr. [der. di pugno] (io impugno, ... noi impugniamo, voi impugnate, e nel cong. impugniamo, impugniate). – Afferrare e stringere in pugno, spec. un’arma o altro arnese atto a colpire: i. la spada, la lancia, il...
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