transnazionale, impresa
transnazionale, imprésa locuz. sost. f. – Secondo la definizione comunemente accettata dell’UNCTAD (United Nations conference on trade and development), l’impresa t. (transnational o anche multinational corporations) è una società di capitali che opera in più di due distinti paesi e che ha il controllo di almeno una filiale all’estero, giustificata dal possesso di un minimo del 10% del suo capitale: si tratta quindi di una società che organizza la produzione su scala internazionale attraverso la realizzazione di investimenti diretti (v. ) consistenti nell’acquisto di imprese estere o porzioni di esse (equity investment) o tramite forme di relazioni non azionarie (non-equity investment) che possono configurarsi in contratti di fornitura di parti o componenti, contratti di subappalto, franchising, contratti di gestione, contratti di build, operate and transfer e così via. Le imprese t. rappresentano dunque il motore principale del processo di globalizzazione economica che ha portato all’affermazione di un sistema di produzione su scala internazionale organizzato su reti globali (global production networks) che localizzano le diverse fasi del ciclo produttivo in paesi differenti in funzione di convenienze localizzative connesse alla presenza di centri di ricerca, alla disponibilità di competenze produttive o a costi più bassi della manodopera. Secondo una rilevazione dell’UNCTAD aggiornata al 2009, le imprese t. che operano in tutto il mondo sono oltre 82.000 e controllano circa 810.000 filiali, con un volume di produzione totale corrispondente a circa un terzo del prodotto interno lordo mondiale. Le filiali estere realizzano oltre un terzo delle esportazioni mondiali e occupano circa 77 milioni di persone. Rispetto al 2000 il numero delle imprese t. è all’incirca raddoppiato, mentre quello delle filiali è aumentato di quasi quattro volte. La crescita delle filiali a un tasso due volte superiore a quello delle case madri si spiega con l’affermarsi di una tendenza alle fusioni societarie, sintomo di un accentramento del potere economico nelle mani di gruppi sempre più ristretti. Infatti, per quanto il numero assoluto di imprese t. sia complessivamente alto, bisogna considerare che un’impresa t. non equivale, di per sé, a un’impresa di grandi dimensioni. Nel novero complessivo sono infatti incluse, proprio a causa del criterio classificatorio definito dall’UNCTAD, anche molte cosiddette micromultinazionali: piccole e medie imprese che fino a tempi recenti avevano vocazione fortemente locale, ma che la competizione globale ha spinto a investire sempre più in paesi stranieri. Va inoltre aggiunto che con l’avvento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, numerose piccole società, soprattutto dedicate al settore terziario (in particolare gli studi professionali di medici, avvocati, architetti, ecc.), hanno organizzato la propria attività su base multinazionale. La differenza tra le micromultinazionali e le grandi imprese t. è molto rilevante, infatti sono soltanto le prime a essere cresciute in numero, a fronte della contrazione delle seconde: un fenomeno importante, che tuttavia statistiche come quelle dell’UNCTAD, per quanto utili, faticano a mettere in luce come sarebbe opportuno. Uno studio realizzato dal Politecnico federale di Zurigo (The network of global corporate control, 2011) ha infatti permesso di stabilire l’esistenza di un nucleo di appena 147 imprese che, attraverso meccanismi di partecipazioni proprietarie reciproche, mantiene il controllo del 40% della produzione di tutte le imprese t. mondiali, denotando una struttura del mercato globale caratterizzata da condizioni di elevata concentrazione oligopolistica.