IMPOSTE e TASSE
. Sistema tributario italiano (XVIII, p. 931; App. I, p. 722). - Tra il 1938-39 e il 1942-43 le entrate tributarie dello stato italiano aumentarono da 23,2 a 37,2 miliardi. L'aumento fu dovuto principalmente all'introduzione di una nuova imposta diretta (imposta ordinaria sul patrimonio), alla riforma e all'estensione dell'imposizione sugli scambî (imposta generale sulla entrata) e all'aumento del gettito dei monopolî. Modesto fu invece l'apporto delle imposte dirette reali e dell'imposta complementare sul reddito; in lieve aumento, e poi in regresso, il gettito delle imposte indirette di consumo e delle dogane, in seguito alla paralisi del commercio estero e alla contrazione di certi consumi.
Alla insufficienza della capacità delle imposte dirette fondamentali a seguire la rivoluzione dei redditi prodotti dalla guerra si può attribuire, in parte notevole, la caduta della percentuale delle spese pubbliche coperte da tributi, dal 58% nel 1938-39 al 27,5% nel 1942-43. Queste cifre dànno la misura della crisi del sistema tributario italiano; crisi che precipitò in seguito agli avvenimenti dell'estate 1943 e raggiunse il suo culmine nel 1944-45, quando le entrate tributarie (46,4 miliardi, secondo i dati di cassa) rappresentavano forse meno del 4% del reddito nazionale. Da questo momento si inizia una continua ripresa, da attribuirsi in parte a taluni provvedimenti legislativi, ma maggiormente al graduale riassetto dell'amministrazione. Le imposte hanno prelevato quote, via via crescenti, del reddito nazionale e, a partire dall'autunno 1947, l'arresto dell'inflazione ha ancora accentuato questo processo.
Si dà qui di seguito una breve sintesi delle vicende del sistema tributario italiano nell'ultimo decennio.
Il compimento dell'imposizione straordinaria patrimoniale 1930-38. - Al prestito-imposta straordinaria immobiliare del 1936 e all'imposta straordinaria sul capitale delle società per azioni del 1937 fu aggiunta nel 1938 l'imposta straordinaria sul capitale delle aziende industriali e commerciali in forma non azionaria, che costituiva, con gli altri due tributi, un sistema di tassazione straordinaria, dal quale tutti i patrimonî immobiliari e aziendali erano colpiti, ma con tributi di caratteristiche tecniche e misure alquanto diverse per ciascun gruppo di cespiti. In confronto a un totale di entrate tributarie di quasi 20 miliardi nel 1936-37 e di oltre 30 nel 1941-42, le riscossioni e i riscatti di quote del prestito immobiliare ammontano a 7709 milioni a tutto il giugno 1940, mentre il rendimento dell'imposta destinata al servizio del prestito raggiunse 512 milioni nel 1940-41 per diminuire poi leggermente, in seguito ai riscatti; l'imposta sul capitale delle società per azioni e quella sulle altre aziende industriali e commerciali resero, rispettivamente, 2489 e 1427 milioni a tutto il 1941-42. Questa imposizione patrimoniale ebbe quindi dimensioni relativamente modeste e, anche per le larghe agevolazioni creditizie predisposte per il pagamento, non dette luogo ai problemi di liquidità e di incidenza connessi a una vera e propria leva sul capitale.
Le riforme tributarie del 1939-40. - Nel 1939-40 alcune riforme tributarie di grande importanza modificarono le linee del sistema tributario italiano. Un primo gruppo riguarda l'imposizione fondiaria. L'accertamento catastale, tradizionale in Italia per l'imposta sul reddito del proprietario di terreni, fu esteso, dal r. decr. legge 4 aprile 1939, n. 589, anche al reddito agrario, cioè al reddito dell'impresa agricola, distinta dalla proprietà del fondo. L'estensione fu limitata però ai proprietarî coltivatori e ai mezzadri, con l'esclusione, quindi, del reddito degli affittuarî, rimasto soggetto all'accertamento diretto. Lo stesso decreto dispose anche la revisione delle tariffe di estimo dei redditi dominicali, che erano ancora fondate sulla situazione al 1° gennaio 1914. La nuova base per la valutazione delle quantità e dei prezzi fu il periodo dal 1° gennaio 1937 alla fine delle operazioni di revisione, che si conclusero all'inizio del 1942.
Il decr. legge 13 aprile 1939, n. 652, estese poi l'accertamento catastale anche ai fabbricati (v. catasto, in questa App.).
Alle imposte dirette sul reddito si aggiunse dal 1° gennaio 1940 un'imposta ordinaria sul patrimonio, con ordinamento reale e una moderata aliquota proporzionale. Alla discriminazione secondo la natura dei redditi - la cosiddetta discriminazione qualitativa - che già si attuava nel sistema tributario italiano mediante aliquote, più elevate per le imposte sui redditi di capitale, meno elevate per i redditi misti, e ancora più basse per i redditi di lavoro, si sovrappose così un'ulteriore discriminazione, operante nello stesso senso, in quanto solo i redditi fondati in tutto o in parte sul possesso di capitali materiali erano soggetti alla nuova imposta ordinaria sul patrimonio. Il sistema delle imposte dirette risultava così di due gradi: un primo, reale, costituito dalle tradizionali imposte dirette sul reddito, con discriminazione qualitativa mediante differenti aliquote; un secondo, personale, costituito dall'imposta complementare sul reddito, con discriminazione qualitativa mediante l'imposta ordinaria sul patrimonio. La simmetria del sistema era però difettosa, perché il secondo grado risultava costituito da un'imposta personale sul reddito e da un'imposta reale sul patrimonio.
Anche il sistema delle imposte indirette fu profondamente modificato dalla sostituzione dell'imposta scambî, che colpiva i passaggi di merci tra industriali, commercianti e esercenti, con l'imposta generale sull'entrata che colpisce anche la vendita al minuto, le remunerazioni di servizî personali (esclusi gli stipendî e i salarî), le locazioni di mobili e immobili e altre categorie di scambî (r. decr. legge 9 gennaio 1940, n. 2, e successive modificazioni). In origine si ebbe un'aliquota unica del 2%. In molti casi importanti, la tassazione dei singoli atti fu sostituita dal pagamento in abbonamento.
Il sistema tributario durante la guerra (1940-43). - All'inizio della seconda Guerra mondiale, il sistema tributario italiano era già appesantito dallo sforzo che gli era stato richiesto per il finanziamento dell'autarchia e delle guerre di Etiopia e di Spagna. Tra il 1933-34 e il 1939-40, le entrate effettive erano aumentate di poco meno dell'8%, mentre il reddito nazionale espresso in moneta era aumentato di forse il 50%. L'aumento della pressione tributaria era tanto più sensibile in quanto il reddito reale era rimasto pressoché immutato o, comunque, era aumentato molto meno del reddito monetario.
La possibilità di manovra del sistema tributario, al fine della copertura dei fabbisogni eccezionali di guerra era limitata, oltre che dal livello elevato della pressione tributaria, anche da altre sfavorevoli caratteristiche, come: le evasioni e gli insufficienti accertamenti, le larghe esenzioni, le elevate sovrimposizioni locali e la scarsa efficienza dell'imposta personale sul reddito. In queste condizioni era difficile il ricorso all'inasprimento delle aliquote delle imposte esistenti, che sarebbe stato lo strumento più semplice della finanza di guerra. L'applicazione di una addizionale di guerra all'imposta complementare sul reddito (legge 25 giugno 1940, n. 800) diede risultati modesti, a causa della scarsa efficienza del tributo sul quale si fondava. Contemporaneamente fu istituito un contributo straordinario del 2% sui salarî non sottoposti alla ricchezza mobile (legge 25 giugno 1940, n. 870). A partire dal 1943 fu disposta (r. decr. legge 7 dicembre 1942, n. 1418) l'applicazione dell'imposta sui terreni secondo i risultati della revisione catastale, che portava il complesso dei redditi dominicali imponibili da 1,5 a 7,5 miliardi. Ma la finanza statale potè beneficiare in limitata misura di questo aumento, perché, per rendere tollerabile l'applicazione dei nuovi estimi, nonostante l'elevata imposizione locale, l'aliquota erariale fu ridotta dal 10% al 3% (aumentata poi al 5% con r. decr. legge 12 aprile 1943, n. 205). Fu pure aumentata l'aliquota dell'imposta sul reddito agrario degli affittuarî (legge 17 luglio 1942, n. 885) che portava l'aliquota dal 7% al 10% per il 1943 e al 14%, a partire dal 1944.
Maggiori innovazioni al sistema delle imposte dirette si ebbero con il r. decr. legge 12 aprile 1943, n. 205, che aumentava le aliquote dell'imposta di ricchezza mobile per i redditi di capitale e misti, e istituiva nuovi tributi sui canoni di locazione dei fabbricati non assoggettati al blocco, e sui redditi dei capitali delle imprese individuali e delle società non azionarie. Poiché di questi l'uno si applicava anche ai redditi dei fabbricati esenti da imposte e, l'altro, anche ai redditi di impresa esenti dalla ricchezza mobile, essi costituivano due esempî dei tentativi dell'amministrazione tributaria per ricuperare la materia imponibile alla quale aveva rinunciato concedendo larghe esenzioni. Ma i due tributi ebbero in realtà un'importanza assai limitata.
Una radicale trasformazione si ebbe nel campo dell'imposizione delle successioni, dove il r. decr. legge 4 maggio 1942, n. 434, aggiungeva all'esistente imposta sulle quote ereditarie un'imposta sull'asse ereditario.
Fin dall'inizio della guerra si ebbero aumenti di aliquote dell'imposta sull'entrata per alcuni prodotti considerati di lusso (r. decr. legge 9 luglio 1940, n. 1169 e legge 10 novembre 1940, n. 1608); dall'aliquota uniforme si tornava così al sistema delle aliquote differenziate, già esperimentato nella precedente imposta sugli scambî. Si ebbe poi un aumento generale sotto forma di una addizionale di guerra dell'1%, che portava l'aliquota normale dal 2 al 3% (r. decr. legge 3 giugno 1943, n. 452). Fu invece concesso l'esonero dall'imposta sull'entrata per alcuni generi alimentari di prima necessità (r. decr. legge 19 febbraio 1942, n. 53 e 2 marzo 1942, n. 88).
Vicende assai movimentate ebbe il settore delle imposte sui trasferimenti, nel quale, accanto ad alcuni inasprimenti a scopi fiscali, si ebbe un rapido succedersi di provvedimenti diretti a frenare il rialzo dei prezzi degli immobili e dei titoli azionarî e a scoraggiare l'investimento in questi beni. Le fasi principali furono: per gli immobili, l'introduzione di un nuovo metodo di tassazione dei trasferimenti immobiliari (r. decr. legge 14 giugno 1940, n. 643, successivamente più volte modificato). All'applicazione dell'aliquota proporzionale dell'imposta di registro (del 6%, poi elevata all'8%) al valore dell'immobile al momento della vendita si sostituiva l'applicazione di tale aliquota sul valore al 1° gennaio 1939, e veniva colpito, nella misura del 60%, l'aumento di valore tra tale data e il momento della vendita. Un sistema meno gravoso fu introdotto con il r. decr. legge 12 aprile 1943, n. 234, che sostituiva all'imposta proporzionale dell'8% più l'imposta sul plusvalore del 60%, un'unica imposta progressiva, con aliquote variabili dal 3%, per il valore fino a L. 5000, al 12% sul valore tra 5000 e 100.000 lire, e via via fino al 30%, per il valore eccedente i 5 milioni; per i titoli azionarî, il r. decr. legge 15 luglio 1941, n. 647 che introdusse un'analoga tassazione del plusvalore, risultante dagli scambî. L'imposta variava dal 10% al 50%, a seconda della percentuale del plusvalore rispetto al prezzo di riferimento (il prezzo di acquisto pagato dal cedente, per gli acquisti posteriori al 1° ottobre 1940), in base al quale il plusvalore era determinato. Successivamente l'imposta divenne proporzionale, nella misura del 20% del plusvalore, e vi si aggiunse una sovrimposta di negoziazione del 4% sul valore di cessione del titolo (r. decr. legge 27 settembre 1941, n. 1014). Dopo successive modificazioni, il r. decr. legge 12 aprile 1943, n. 235 instaurò anche in questo settore un nuovo sistema, disponendo l'applicazione di una sovrimposta di negoziazione del 3% sulla parte del prezzo di cessione che uguagli il valore nominale e del 20% (e subito dopo del 35% in forza del decr. min. 23 aprile 1993) sull'eccedenza del prezzo di cessione rispetto al nominale.
Nel quadro delle misure prese per frenare l'espansione dell'attività delle borse, si ricordano anche l'aumento dell'imposta ordinaria di negoziazione sui titoli nominativi (dal 3‰ al 6‰, r. decr. legge 27 settembre 1941, n. 1014) e, pur non trattandosi direttamente di una misura fiscale, l'introduzione della nominatività obbligatoria dei titoli azionarî (r. decr. legge 25 ottobre 1941, n. 1148).
L'imposizione dei maggiori utili relativi allo stato di guerra (legge 1° luglio 1940, n. 813 e successive modificazioni) riprodusse sostanzialmente le linee dell'analogo tributo imposto durante la prima Guerra mondiale. I risultati, nonostante i successivi inasprimenti, furono questa volta assai meno soddisfacenti, in parte a causa dei differenti caratteri della congiuntura e della politica economica bellica, in parte a causa delle maggiori difficoltà amministrative.
Il sistema tributario dopo l'armistizio. - Una serie importante di provvedimenti in materia di imposte dirette è contenuta nel decr. legisl. luog. 19 ottobre 1944, n. 384: aumenti di aliquote (imposte terreni, sul reddito agrario, ricchezza mobile, complementare, imposta ordinaria sul patrimonio); estensione dell'applicazione della ricchezza mobile ai salarî; soluzione di alcune fondamentali controversie nell'interpretazione della ricchezza mobile; introduzione del sistema delle detrazioni alla base nell'imposta di ricchezza mobile; soppressione dell'imposta sui celibi come imposta autonoma, conservando la sola quota addizionale dell'imposta complementare sul reddito (abolita anch'essa con successivo decr. legisl. luog. 18 febbraio 1946, n. 220). Successivamente si ebbero, a varie riprese, aumenti automatici degli imponibili dell'imposta sul reddito dei terreni e sui redditi agrarî. Diminuzioni si ebbero invece nelle aliquote dell'imposta complementare (decr. legisl. pres. 27 giugno 1946, n. 87) per tener conto del diminuito potere d'acquisto della moneta, facente sì che il significato di un dato livello di redditi non fosse più quello previsto al momento in cui era stata prescelta una scala di aliquote. Per lo stesso motivo il decr. legisl. pres. 27 giugno 1946, n. 87, elevò considerevolmente i minimi imponibili della ricchezza mobile e della complementare.
Successivi provvedimenti hanno portato modificazioni alle varie imposte dirette: ulteriore aumento automatico degli imponibili catastali dei terreni e del reddito agrario, con contemporanea riduzione delle aliquote per i contribuenti minori, per i quali l'onere tributario resta quindi invariato (decr. legge 12 maggio 1947, n. 356); riduzione di aliquote della ricchezza mobile cat. A, B e C con effetti in parte a decorrere dal 1° gennaio 1947, in parte dal 1948 e 1949, nonché aumento dei minimi imponibili e più larga applicazione delle detrazioni alla base, soprattutto per i redditi di lavoro (decr. legisl. capo provv. stato, 1° settembre 1947, n. 892); unificazione delle aliquote della ricchezza mobile cat. C2 per le retribuzioni degli impiegati e degli operai, nella misura del 4% sulla parte da 240 a 960 mila lire annue e dell'8% sull'eccedenza.
Il rendimento dell'imposta sui maggiori utili di guerra ha continuato ad essere poco soddisfacente, nonostante inasprimenti che giunsero fino all'avocazione (r. decr. legisl. 27 maggio 1946, n. 436). Questo ultimo decreto ha anche disposto, a partire dal 1° gennaio 1946, la cessazione dell'imposta sui maggiori utili di guerra, sostituita dall'avocazione dei profitti eccezionali di speculazione (modificata dal successivo decr. legisl. capo provv. stato 28 aprile 1947, n. 330) e da applicarsi fino a nuova disposizione. Con decr. legisl. luog. 26 marzo 1946, n. 134, fu inquadrata nel sistema tributario anche l'avocazione dei profitti di regime.
Nel campo delle imposte indirette, notevoli modificazioni furono apportate all'imposta generale sull'entrata. Un decr. legisl. luog. 19 ottobre 1944, n. 348, ne portava l'aliquota normale al 4% e stabiliva per importanti categorie nuove modalità di pagamento. Il decr. legisl. capo provv. stato 27 dicembre 1946, n. 469, sostituiva l'aliquota normale del 3%, con un'aliquota ridotta del 2%, per molti generi alimentari, e un'aliquota del 6%, per una serie di articoli di lusso. Il decr. legisl. capo provv. stato 25 novembre 1947, n. 1283, istituendo una addizionale straordinaria dell'1%, riportava temporaneamente al 4% l'aliquota normale.
Nel campo delle imposte sugli affari si ebbero alcuni provvedimenti di smobilitazione di soprastrutture e inasprimenti introdotti durante la guerra: il decr. legisl. luog. 5 aprile 1945, n. 141, abolì il sistema dell'imposta progressiva di registro sui trasferimenti immobiliari; il decr. legisl. luog. 25 maggio 1945, n. 301, ridusse l'aliquota della sovrimposta di negoziazione sui titoli azionarî, successivamente abolita con r. decr. legisl. 14 maggio 1946, n. 420.
La politica fiscale diretta a comprimere l'attività e i prezzi nel mercato azionario fu però ripresa col decr. legisl. capo provv. stato 13 settembre 1946, n. 241, istitutivo di un'imposta del 25% sui saldi attivi di rivalutazione monetaria passati ad aumento di capitale (abrogato poi con decr. legisl. 14 febbraio 1948, n. 49). Il decr. legisl. capo provv. stato 10 aprile 1947, n. 154, ripristinò la sovrimposta di negoziazione nella misura del 4%, poi ridotta all'1% (decr. legisl. capo provv. stato 25 novembre 1947, n. 1284).
L'imposizione delle successioni è stata modificata dal decr. legisl. luog. 8 marzo 1945, n. 90, portante aumenti dei minimi imponibili, riduzione di aliquote per i minori patrimonî e quote ereditarie, e inasprimento per i maggiori. Alle aliquote specifiche delle imposte di fabbricazione e di consumo, nonché alle tariffe dei generi di monopolio, furono apportati frequenti aumenti per tener dietro alla svalutazione monetaria.
Il decr. legisl. luog. 8 marzo 1945, n. 77, ha introdotto importanti innovazioni in materia di accertamento e di procedura, ma esse non hanno avuto finora attuazione pratica: si tratta dell'istituzione di consigli e comitati tributarî, organi elettivi di collaborazione nell'accertamento delle imposte, quali esistettero in Italia nei primi tempi dell'unità; l'istituzione di un ruolo di revisori contabili presso le amministrazioni provinciali delle imposte dirette, con lo scopo di rendere più efficace l'accertamento in base a bilancio; l'istituzione della dichiarazione unica del patrimonio e del reddito di ciascun soggetto.
Infine, nel campo della finanza locale si ebbe una lunga serie di provvedimenti tendenti in generale a dare un immediato sollievo a situazioni di bilancio sempre critiche. Il decr. legisl. luog. 8 marzo 1945, n. 62, portò provvedimenti in materia: di imposte di consumo (facoltà di tassazione di nuovi generi, adeguamenti e inasprimenti di aliquote, sostituzione di aliquote specifiche con aliquote ad valorem, allo scopo di seguire immediatamente le variazioni dei prezzi); di sovrimposte fondiarie (generalizzando la facoltà di applicarle al massimo limite, in deroga al vigente blocco); di imposte sul valore locativo (istituendo maggiorazioni per le abitazioni a fitti bloccati e per le abitazioni nelle quali il numero dei vani risulti eccessivo rispetto a quello dei conviventi); di imposte di famiglia (estendendo a tutti i comuni la facoltà di applicarle). Infine furono aumentate le tariffe di varie imposte minori e fu soppressa l'imposta sugli animali caprini.
Addizionali provinciali e comunali all'imposta sui redditi agrarî sono state disposte dal decr. legisl. luog. 18 febbraio 1946, n. 100, e una nuova imposta straordinaria comunale sulle spese non necessarie è stata istituita dal r. decr. legisl. 27 maggio 1946, n. 598.
Il decr. legisl. capo provv. stato 29 marzo 1947, n. 177, ha disposto aumenti delle tariffe delle imposte di consumo e di minori imposte comunali e la devoluzione ai comuni dei diritti erariali sugli spettacoli cinematografici. Infine il decr. legisl. 26 marzo 1948, n. 261, ha attribuito ai comuni i 9/10 del gettito dell'imposta sull'entrata sui vini e sul bestiame.
L'imposizione straordinaria patrimoniale. - L'opportunità di un'imposta straordinaria sul patrimonio che contribuisca, in qualche misura, alla liquidazione delle conseguenze finanziarie della guerra, ha trovato nell'opinione pubblica e negli orientamenti politici, un sostegno ancora più largo che nel primo dopoguerra. L'attuazione del tributo fu però ritardata e l'inizio della sua applicazione coincise con un tempo di arresto dell'inflazione postbellica e con un periodo di temporanea contrazione del volume della produzione e degli scambî. Queste condizioni, accoppiate alla flessione dei prezzi dei beni capitali rispetto al momento in cui l'imposta fu istituita, hanno creato serie preoccupazioni e saranno probabilmente motivo per modificazioni dello schema originario.
L'imposizione straordinaria, quale è stata disposta con decr. legisl. capo provv. stato 29 marzo 1947, n. 143 e legge di conversione 10 settembre 1947, n. 828, si articola in tre distinti tributi: 1) imposta straordinaria progressiva sul patrimonio delle persone fisiche, con minimo imponibile di 3 milioni, detrazione alla base di 2 milioni e aliquote dal 6% per i patrimonî di 3 milioni al 61,61% per i patrimonî di oltre un miliardo e mezzo; 2) imposta straordinaria proporzionale sul patrimonio degli enti collettivi, con aliquota del 4% per le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata; del 2% per le società in accomandita semplice e in nome collettivo e del 3% per le istituzioni, fondazioni e enti morali (per la parte di patrimonio destinata alla produzione di un reddito tassabile in ricchezza mobile); 3) imposta straordinaria proporzionale sul patrimonio, applicata nella misura del 4% ai contribuenti soggetti alla imposta ordinaria sul patrimonio, che viene nel contempo soppressa.
I termini per il pagamento delle tre imposte sono piuttosto stretti. Per l'imposta progressiva è previsto il pagamento in un anno (e due anni per i patrimonî costituiti per almeno due terzi da immobili), prolungato a quattro anni e sei anni mediante pagamento di un interesse del 2%; per la proporzionale sugli enti collettivi il termine è quattro anni; per la proporzionale collegata all'imposta ordinaria, il pagamento è fissato in rate bimestrali dal giugno 1947 al dicembre 1948 (con rateazione più lunga per gli imponibili inferiori a 750.000 lire). Per tutte le tre imposte è previsto il riscatto con sensibili facilitazioni.
È ancora impossibile un giudizio sul funzionamento di questo complesso congegno che è il risultato di un compromesso tra le esigenze logiche e politiche di una imposta personale sul patrimonio e le esigenze di un'applicazione semplice e di un rendimento rapido. Solo dopo gli accertamenti dell'imposta progressiva (ed eventuali modificazioni legislative) sarà possibile giudicare come saranno stati evitati i due pericoli che possono profilarsi: da una parte, che un'applicazione rigida dell'imposta crei grossi problemi di liquidità, che sarebbero particolarmente gravi se si prolungasse la fase di ripiegamento e perplessità che l'economia italiana attraversa dopo l'autunno 1947; dall'altra, che un'applicazione con mano più leggera renda trascurabile l'apporto dell'imposizione patrimoniale al risanamento finanziario.
Il problema della riforma tributaria. - La necessità di una riforma di ampio respiro che dia al sistema tributario italiano la semplicità e la coerenza, quanto mai compromesse in questi anni di legislazione spesso convulsa e rispondente in gran parte soltanto a esigenze momentanee, è sempre più sentita. Il ritorno alla normalità nella vita politica ed economica del paese accentuerà questo bisogno e ne renderà nello stesso tempo possibile la soddisfazione. I problemi fondamentali da affrontare in questa riforma si possono individuare così: a) sistema delle imposte dirette: scelta tra la conservazione del sistema di molteplici imposte reali sul reddito, con sovrapposta una imposta personale sul reddito, e il passaggio al sistema dell'imposta unica personale sul reddito (eventualmente con abbandono delle imposte reali alla finanza locale); rapporti tra imposizione dei redditi personali e dei redditi delle società per azioni (anche in relazione al regime della nominatività obbligatoria dei titoli azionarî); metodi di discriminazione tra redditi di lavoro e redditi di capitale (eventuale ripristino della soppressa imposta ordinaria sul patrimonio); metodi di accertamento delle imposte dirette (soprattutto conservazione o abbandono dei metodi catastali nel caso di mantenimento delle imposte dirette reali); b) sistema delle imposte indirette: assetto dell'imposta sull'entrata, in modo da diminuire la possibilità di evasione e da ridurre gli adempimenti amministrativi e gli intralci alla vita degli affari; semplificazione del metodo di tassazione degli affari mediante imposte di registro e di bollo; c) finanza locale: sistemazione dei rapporti tra il sistema tributario erariale e i sistemi tributarî locali, anche in relazione all'istituzione delle regioni, allo scopo di garantire l'autonomia e l'equilibrio dell'attività finanziaria locale, e, d'altra parte, il coordinamento nell'azione dei varî enti; d) giurisdizione tributaria: snellimento di istituti e procedure e aumento delle garanzie offerte ai contribuenti.