Import Substitution Industrialization (ISI)
Import Substitution Industrialization (ISI) Strategia di sviluppo industriale basata sulla sostituzione dei beni di consumo importati con beni di consumo prodotti sul mercato interno. Tale sostituzione si realizza principalmente attraverso una politica industriale e commerciale che garantisca protezione all’industria nazionale, in particolare alle industrie nascenti (dazi alle importazioni) e anche attraverso l’intervento diretto dello Stato nei settori industriali considerati strategici (nazionalizzazione e sussidi alla produzione). Sebbene si possa argomentare che tutti i Paesi, compresi quelli di prima industrializzazione, abbiano fatto ricorso all’ISI nelle fasi iniziali del loro sviluppo industriale, la letteratura economica, in particolare a partire dai contributi di H. Singer e R. Prebisch (➔ Prebisch, Raul) degli anni 1950, ha solitamente adoperato questo termine per identificare le strategie di sviluppo industriale adottate da diverse nazioni a minore grado di industrializzazione fra gli anni 1930 e gli anni 1980.
Inizialmente utilizzata dai Paesi latino-americani come risposta ai disagi provocati dalla depressione economica degli anni 1930 e dalle due guerre mondiali, la strategia ISI si diffuse ad altre economie, fra cui i Paesi arabi del Mediterraneo, favorita anche dal successo registrato dalle economie pianificate dell’Unione Sovietica prima della Seconda guerra mondiale. Per molti Stati, poi, l’ISI fu nel dopoguerra espressione di un desiderio di indipendenza economica da affiancare alla neo-conquistata indipendenza politica. Obiettivo di lungo periodo delle politiche ISI era quello di favorire la transizione dell’economia dall’esportazione di materie prime all’esportazione di beni manufatti. Le nuove industrie nascenti erano incaricate di produrre i beni precedentemente importati e di lavorare le materie prime domestiche, in modo da ridurre la dipendenza da risorse estere. Dal punto di vista della teoria economica dominante, l’ISI poteva essere giustificata in ragione della maggiore estensione dei fallimenti del mercato (➔ mercato, fallimenti del) che, secondo la letteratura, caratterizzavano le economie meno industrializzate rispetto ai Paesi di prima industrializzazione. La tesi di Singer e Prebisch, però, argomentava anche che la teoria dei vantaggi comparati (➔ vantaggio), rivelati dai prezzi correnti, non fosse in grado di cogliere cambiamenti strutturali di lungo periodo e, poiché nel lungo periodo i guadagni derivanti dalle esportazioni di materie prime non potevano compensare le spese delle importazioni di beni manufatti, l’ISI era necessaria proprio per migliorare la bilancia dei pagamenti (➔).
A partire dagli anni 1970, l’ISI ha iniziato a essere messa in discussione. La critica principale proviene dalla scuola neoclassica (➔ neoclassico economia; new neoclassical synthesis): un eccessivo protezionismo viola il principio dei vantaggi comparati e crea distorsioni nel mercato nazionale dei beni. Inoltre, poiché l’ISI prende avvio con la manifattura domestica di beni di consumo, le importazioni di tali beni diventano sempre meno importanti, mentre importazioni di macchinari, equipaggiamento e tecnologia assumono un ruolo sempre più rilevante. In altre parole, secondo gli oppositori dell’ISI, la dipendenza dalle importazioni di beni di consumo viene sostituita da una dipendenza ancora più pericolosa e onerosa dalle importazioni di beni capitali.