CINUZZI, Imperiale
Nacque a Siena da nobile famiglia probabilmente nel 1556, come si desume dal ritratto inciso al principio del trattato La vera militar disciplina, che porta scritto "Imperialis Cinuntius Senensis aetatis suae XXXXVIII".
Da giovane attese agli studi letterari, compì poi con lode gli studi di filosofia e intraprese quelli legali, ottenendo la laurea dottorale. Ma le sue diverse aspirazioni lo condussero in Francia dove sotto la protezione di Alessandro Farnese, luogotenente dell'esercito spagnolo di Filippo II, fu nominato "Uditore del terzo italiano". Si fece allora iscrivere nel ruolo dei soldati sotto il comando del romano Camillo Capizucchi, il quale, conosciuto il suo valore, lo nominò alfiere, quindi colonnello e infine capitano di archibusieri della fanteria italiana. Combatté in parecchie battaglie nelle Fiandre e sul Reno, marciando per la Francia sotto il comando di Silvio Piccolomini. Militò pure in Ungheria e Transilvania. Dopo dodici anni di vita militare ritornava in Siena con fama di soldato valoroso. Il granduca Ferdinando I di Toscana lo nominava allora castellano della fortezza di Belvedere. di Firenze.
Dopo alcuni anni - non si sa bene per quali contrasti - se ne tornò a Siena, abbandonando la carriera militare e i pubblici uffici per dedicarsi agli studi. Fece parte della ricostituita Accademia degli Intronati col nome di Ardito.
Il Bandiera si limita a informarci che il C. morì in tarda età, senza precisare l'anno.
Dalla sua lunga esperienza nei campi di battaglia nacque il trattato La vera militar disciplina antica e moderna (pubbl. a Siena nel 1604). L'opera è dedicata a Cosimo de' Medici ed è divisa in tre libri: nel primo si tratta dell'importanza della disciplina militare, della guerra e delle apparecchiature ad essa necessarie; nel. secondo viene delineata una figura esemplare di condottiero; nel terzo si parla della educazione del soldato. Prima di passare in rassegna i vari regolamenti militari dei Romani, dei. Greci e quelli moderni, il C. si sofferma sul concetto di guerra specificando che prima di dichiararla bisogna assicurarsi che siaguerra giusta e quindi prevederne il buon esito. Sotto il troppo trasparente velo di alcune false citazioni sono dissimulati consigli tratti dal Principe di Machiavelli che, malgrado le varie scomuniche, costituisce l'incancellabile patrimonio di gran parte della trattatistica seicentesca. È vera pazzia - afferma, ad esempio, il C. - ricorrere alle armi senza speranza, perché sì corre il rischio di perdere il proprio per acquistare l'altrui; badi quindi il principe a conservare piuttosto che ad acquistare (cfr. Machiavelli, Il principe, cap. III). Il buon generale non deve possedere solo la virtù, inadeve soprattutto avere fortuna. A sostegno di questa tesi il C. riporta le parole di Timeo Ateniese: "Si rammenti che la fortuna è donna, ed è necessario volendola tener soggetta, batterla ed urtarla, perché si lascia vincere più facilmente, da. questi che da coloro che freddamente procedono; e però sempre, come donna è amica dei giovani per essere assai meno rispettosi e più feroci e comandandola essi con più audacia" (Bargilli, p. 330). Sono evidentemente quasi le identiche parole di Machiavelli nel cap. XXV del Principe.
Parlando dell'importanza delle varie armi l'autore privilegia particolarmente l'artiglieria: "e dove arriva - egli scrive - cessando tutti gli altri stromenti e macchine della antica milizia, quanto più è simile alle armiche vengono dal cielo; perocché quale cosa ha più sembianza di folgore, così per lo splendore del fuoco, e per lo strepito del tuono e per l'effetto che fa, che questo istromento?" (ibid., p. 327).
Nel terzo libro si enumerano le qualità che deve possedere il buon soldato, il poraggio e la fede nella parola data. Non poteva inoltre non figurare la controriformistica virtù della continenza, anche perché, precisa il C., abbandonandosi alla lussuria il soldato può pregiudicare il buon esito di un'impresa.
Della Vera militar disciplina se ne fecero varie edizioni; una del 1620, stampata a Siena, per il Bonetti, porta lo stesso titolo con questa aggiunta: Di nuovo ampliata di molte invenzioni militari e del vero modo di pacificare con parole qualsivoglia inimicizia.
Il D'Ayala, nella sua Bibliografia, cita anche un Trattato del vero onore, Siena, Bonetti, 1604, opera che la Biblioteca comunale degli Intronati di Siena non possiede. Bargilli però ha rintracciato questo scritto in appendice a un'ediz. della Vera militar disciplina, di cui non precisa l'anno, dedicata a Cosimo II de' Medici con lettera da Siena del 25 genn. 1619.
Bibl.: Le notizie biografiche sono tratte da un ms. del XVIII secolo che si trova nella Biblioteca degli Intronati di Siena, Z. I. 11: I. N. Bandiera, Bibliotheca Senensis, ff. 301r-302r. Ripete le notizie del Bandiera e riassume largamente il trattato del C.: G. Bargilli, Il capitano L C. e la opera sua, in Riv. militare ital., XLIV (1899), pp. 321-334, Si veda inoltre: M. D'Ayala, Bibliografia militare, Torino 1894, pp. 18, 195; G. Sticca, Gli scrittori militari italiani, Torino 1912, p. 102; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, p. 170 (s. v. Cimuzi Imperiale).