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imparare

Enciclopedia Dantesca (1970)
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imparare


Il verbo, che poi ebbe nell'italiano notevole diffusione, è stato usato da D. una sola volta in modo certo. Con costrutto assoluto, in Pg VI 3 repetendo le volte, e tristo impara, per la similitudine del giocatore della zara, che, avendo perduto, ripete le giocate, per trarne qualche ammaestramento: " si tamen discere potest aliquid in ea arte, in qua magni magistri sunt semper mendici " (Benvenuto).

Assai discusso, in Pd XIII 104 regal prudenza è quel vedere impari / in che lo stral di mia intenzion percuote, il valore di impari, che fin dagli antichi commentatori (si veda, ad esempio, la chiosa del Buti) e dalle più autorevoli stampe è stato spesso considerato verbo e non aggettivo. Intendendo infatti ‛ e ' come congiunzione e impari come forma verbale, si è dato al verbo il valore di " apprendi "; oppure di " pareggi ", " identifichi " (Porena), considerando regal prudenza e quel vedere come oggetto. Il lombardi, che ha proposto d'intendere impari come aggettivo, è stato seguito dalla maggior parte dei commentatori moderni (cfr. Petrocchi, ad l.; si veda IMPARI).

Per la variante lo 'nparo, di Pg XIII 93, rifiutata dal Petrocchi che legge l'apparo (cfr. ad l.), vedi APPARARE.

Vocabolario
imparare
imparare v. tr. [lat. *imparare, comp. di in-1 e parare «procurare»; propr. «procacciarsi una nozione», o sim.]. – 1. a. Acquistare cognizione di qualche cosa, o fare propria una serie di cognizioni (relative a un’arte, a una scienza, a...
imparàbile²
imparabile2 imparàbile2 agg. [der. di imparare], non com. – Che si può imparare, che può essere appreso: nozioni difficilmente imparabili.
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