IMPALCATURA (fr. échafaudage; sp. andamio; ted. Gerüst; ingl. scaffolding)
Si designano col nome di impalcature, o con quello di ponti di servizio le opere provvisionali occorrenti all'elevazione dei muri dei fabbricati o al sollevamento di blocchi e, più in generale, di elementi pesanti.
In tutti i periodi architettonici tali opere hanno accompagnato la costruzione e talvolta la hanno determinata nei suoi caratteri essenziali. La speciale formazione massiccia dei muri e delle piramidi di Egitto ha, secondo lo Choisy, per ragione principale la necessità di ridurre al minimo le impalcature in un paese che scarseggia di legname e di eseguire le manovre di cantiere valendosi di piani inclinati nella massa stessa del manufatto. La grande costruzione a vòlta dei Romani è stata resa possibile dal perfezionarsi della carpenteria, applicata alle armature di sostegno (donde forse il nome di mechanicus o machinator spesso dato agli architetti); e le trasformazioni nel periodo bizantino prima, nel romanico e nel gotico poi, hanno in parte per causa il tentativo di rendere tali armature più economiche e facili a eseguirsi.
Nella comune accessione le impalcature hanno l'ufficio di sostenere operai e materiali a mano a mano che un muro di fabbrica si eleva; quando si tratta di murature ordinarie, i sistemi non hanno molto variato dall'antichità fino ad oggi. Basta per persuadersene confrontare quelle che attualmente si eseguono con quelle rappresentate in un affresco nell'ipogeo di Trebio Giusto in Roma, del sec. II (fig. 1), o con quelle del bassorilievo del campanile di Giotto in Firenze che simboleggia l'architettura.
Di solito, nell'esecuzione di tali impalcature o ponteggi, si utilizzano come sostegno principale le parti di muro già costruite, facendo così progredire in alto gli elementi di legname che le compongono man mano che la fabbrica si sviluppa in altezza. Nei paesi nordici invece spesso tutta l'impalcatura, almeno negli organi principali, si costruisce in precedenza per giungere al più presto in alto e difendere la costruzione dalle intemperie mediante una copertura provvisoria. In Italia questo sistema si applica nei casi non frequenti di grandissimi lavori (ad esempio, in quelli del Palazzo di giustizia ed in quello del Parlamento di Roma) nei quali alle impalcature fanno capo i complessi mezzi di trasporto orizzontale per mezzo di carrelli, e di sollevamento di grossi blocchi.
La necessità che i ponti di servizio siano, oltre che comodi, anche saldi e sicuri in modo da prevenire infortunî ha portato molti regolamenti edilizî a stabilire norme precise sulla loro esecuzione. Meglio ancora questa materia è disciplinata dall'Associazione nazionale per la prevenzione degl'infortunî sul lavoro, la quale in base ai r. decr.-legge 3 gennaio 1926, n. 79 e 1° luglio 1926, n. 1039, ha la facoltà d'impartire disposizioni al riguardo, che hanno carattere di obbligatorietà per i costruttori.
Il comune tipo dei ponti di servizio è presso a poco uguale in quasi tutte le nostre regioni. Si compongono essi di antenne o candele che s'innalzano verticalmente e che hanno l'ulficio di sostenere, insieme col muro del fabbricato, i varî ordini di tavolati. Per la costruzione delle candele si usano legnami di abete grossamente squadrati, in alcuni paesi rotondi, della sezione media di cm. 13 × 16 (sostacchine, abetelle ecc.) e di lunghezza variabile. Questi legnami vengono messi isolati o raggruppati a 2 a 4 e più in ogni antenna, a seconda dell'importanza e dei carichi che tutta l'impalcatura deve sostenere.
L'unione dei diversi elementi si fa mediante regoli o ganasce di legno forte saldamente chiodate, oppure con funi, catene, nastri e righette di ferro, secondo i varî sistemi in uso. La distanza mutua fra le antenne è di circa m. 3,50, distanza determinata dal fatto che le tavole da ponte di cui diremo in seguito hanno la lunghezza commerciale di 4 metri. La distanza delle antenne dal muro è nei casi più comuni di m. 1,50.
Negli angoli del fabbricato vengono sempre poste delle antenne più robuste e di maggiore sezione resistente. Le antenne vengono poi collegate fra loro da travi orizzontali di abete, fissate verso l'interno, mediante gattelli di legno forte, se si tratta di travi squadrate, o mediante le solite legature di funi, catene, righetta di ferro o speciali mensole (fig. 2), se si usano legnami rotondi. Queste travi orizzontali, chiamate traversoni, filagne, correnti, ecc., hanno una sezione trasversale di cm. 13 × 16 se squadrate, o un diametro di centimetri 12 ÷ 15 se rotonde.La loro lunghezza deve essere tale da collegare 3 antenne. La distanza verticale fra due successivi ordini di correnti corrisponde a quella a cui si stabiliscono i successivi palchi del ponte e varia in genere da metri 1,50 a m. 2,00.
La struttura formata dalle antenne e dai correnti viene collegata al muro per mezzo di traverse (mozziconi o travicelli) per lo più di castagno. Queste vengono incastrate nel muro che si va costruendo e appoggiate sui correnti. Sono lunghe poco meno di m. 2 e poste alla mutua distanza di circa m. 1,50, in modo che ve ne sia una in corrispondenza di ogni antenna e una, a metà distanza fra due antenne successive. Sulle traverse del diametro di circa 8 ÷ 10 cm. si poggiano le tavole da ponte (palanche) dello spessore di cm. 5 se di abete e della lunghezza commerciale di m. 4.
Ogni ponte così formato (fig. 3) deve avere, per evidenti ragioni di sicurezza, un parapetto all'altezza di un metro, chiodato internamente, e sul piano di calpestio una tavola chiodata in coltello per impedire la caduta dei rottami.
I ponti interni sono formati più semplicemente a guisa di solai in legname e debbono ricoprire tutta l'area della fabbrica. Anche per questi si deve usare l'avvertenza che ogni tavola abbia almeno 3 appoggi e non abbia tratti in sporgenza. Ogni ponte, sia estemo sia interno, deve avere, per ragioni di sicurezza, un sottoponte alla distanza verticale di circa m. 2.
Per lavori secondarî e di restauro si adoperano spesso ponti a sbalzo o pensili, costituiti da travi di legno sporgenti a mensola dal muro e sostenute inferiormente da un saettone; si adoperano anche ponti mobili a castello e altri tipi per i quali si veda la bibliografia.
Sono talvolta adoperati speciali ponti volanti, dei quali si hanno varî tipi brevettati (Basili, Acace, ecc.), formati da mensole in ferro fissate con ganci di sicurezza alla faccia esterna del muro o a ritti di ferro accoppiati, che si fermano a più riprese ai due lati del muro stesso. Sulle mensole si costruisce l'impalcato e il parapetto di sicurezza (fig. 4). Questi ponti sono leggieri e di facile manovra e si dimostrano specialmente adatti ai lavori di restauro. Sono meno pratici nelle costruzioni nuove, sia perché è pericoloso far sostenere le mensole dai muri appena eseguiti e nei quali la malta non ha ancora fatto presa completa, sia perché non sono adatti, per la loro leggerezza, a sostenere i forti carichi derivanti dai cumuli di materiali che sui ponti si formano per la costruzione dei muri. Si sono tentati anche dei ponti smontabili formati da tubi metallici, fra i quali indichiamo il tipo illustrato nella fig. 5.
Negli edifici a scheletro indipendente, il quale può essere eseguito quasi senza bisogno di ponti di servizio, costituendo esso stesso un sostegno solidissimo ad ogni opera provvisoria, vengono adoperati, per la costruzione dei muri di riempimento perimetrali, degli speciali ponti mobili, sospesi con funi metalliche alle armature dello scheletro, e manovrati meccanicamente. Questi ponti sono facilmente spostabili sulla facciata e la posizione in altezza è resa sicura da freni automatici.
Per accedere ai normali ponti di servizio dl cui si è parlato, si adoperano speciali scale o rampe andatoie, disposte come le rampe e i ripiani d'una scala comune, ma formate con tavole dello spessore di 5 cm. sostenute da traverse assicurate alle antenne e ai correnti dell'impalcatura. Dei listelli di legno, inchiodati in senso trasversale alle tavole, sostituiscono i gradini e impediscono di sdrucciolare a chi percorre le andatoie. Queste non vengono mai usate per il trasporto dei materiali, tranne casi eccezionali e solo quando si tratta di superare piccole altezze. In generale, per il sollevamento dei materiali si adoperano carrucole, paranchi e verricelli nei lavori di piccola mole; in casi più importanti, elevatori meccanici azionati da motori elettrici o a scoppio, gru, ponti scorrevoli, ecc. Questi meccanismi vengono assicurati, nei casi ordinarî, alle armature stesse dei ponti di servizio opportunamente rinforzate; quando si tratta però di macchine per il sollevamento di carichi d'una certa importanza è necessario disporle su speciali castelli in legname nei quali i ritti, spalleggiati da puntelli inclinati, sorreggono un sistema di travi orizzontali, di legno o di ferro, che sostiene la macchina di sollevamento.
Quando al sollevamento si deve unire lo spostamento in senso orizzontale del carico sollevato, è necessario ricorrere a ponti scorrevoli o gru a ponte che, spostandosi in senso orizzontale su apposite guide o rotaie fissate alla sommità del castello, consentono di portare il carico sollevato nel punto preciso del suo collocamento in opera. Importanti sono i castelli grandissimi in legname usati per le costruzioni dei secoli XVI e XVII specialmente a Roma e dei quali lo Zabaglia ha trasmesso i disegni; da ricordare quelli eseguiti dal Fontana per il sollevamento degli obelischi di Piazza San Pietro e Piazza S. Giovanni (fig. 7).
Attualmente nei casi di grande importanza la sostituzione delle travi di legname con travi e tralicci di ferro consentono di ridurre al minimo l'ingombro e la spesa di questi enormi castelli. Possiamo ricordare a titolo di esempio il sistema seguito per il sollevamento delle grandi centine metalliche della nuova stazione di Milano. L'apparecchio di sollevamento era applicato a due enormi falconi a traliccio di ferro mantenuti in posizione verticale per mezzo di funi metalliche ancorate nel terreno. Con questo sistema si sono messe in opera, con relativa facilità e con una sola manovra, centine aventi un peso di circa 80 tonnellate e un'altezza di 35 metri.
Bibl.: N. Zabaglia, Castelli e ponti di Maestro Nicola Zabaglia con alcune ingegnose pratiche e con la descrizione del trasporto dell'obelisco Vaticano e di altri, a cura di D. Fontana, Roma 1743; A. R. Émy, Trattato dell'arte del carpentiere, trad. di G. A. Romano, Venezia 1856; A. Debauve, Manuel de l'ingénieur des ponts et chaussées, Parigi 1880; G. Musso e G. Copperi, Particolari di costruzioni murarie, Torino 1889-1896, voll. 3; G. A. Breymann, Trattato di costruzioni civili, 2ª ediz., II, Milano 1899; Regolamento edilizio del comune di Roma; G. Misuraca e M. A. Boldi, L'arte moderna del fabbricare, Milano 1904-1909; C. Formenti, La pratica del fabbricare, Milano 1908; R. Champly, Nouvelle Encyclopédie pratique du bâtiment et de l'habitation, IV, Parigi 1910; H. Bethmann, Les appareils de levage, Parigi 1925; C. Levi, Trattato teorico pratico di costruzioni civili, I, Milano 1928; H. Feihl, Baumaschinen, Monaco 1929; E. Arimondi, Il trasporto meccanico dei materiali, Torino 1930; G. Giovannoni, Corso di architettura, I, Roma 1932.