Immanuele Giudeo (Emanuele, Manoello Romano; ebraico ‛ Immānū'el ha-Romî, ' Immānsū'el ben Shĕlōmōh; nome della famiglia: Zifronî)
Poeta ed erudito ebreo, nato a Roma dopo il 1260, vissuto per breve tempo anche in altre città d'Italia (Perugia, Fabriano, Fermo, Camerino, Ancona, Verona), probabilmente sempre come precettore in ricche famiglie ebree; morto, non risulta dove, ma forse a Fermo, dopo il 1330.
Scrisse in ebraico commenti a molti libri biblici, un trattatello di ermeneutica e componimenti letterari in versi, o prosa rimata, o misti, riuniti da lui stesso in una raccolta intitolata Mahbārōt (su cui v. alla voce Achitûb Ben Ischaq), e in italiano alcuni componimenti giocosi (sonetti e la ‛ frottola ' detta Bisbidis).
Indizi sparsi già nella tradizione letteraria del Tre e Quattrocento fecero sorgere l'idea di rapporti personali tra I. e D.: questione di " scarso interesse aneddotico " (Michelini Tocci, p. 41), su cui si discusse fin troppo, finché non intervenne lo studio del Cassuto a dimostrarne l'infondatezza.
All'origine di questa supposizione è una corrispondenza poetica scambiata tra Bosone da Gubbio e I. in occasione della morte di Dante. Bosone, nel sonetto Due lumi son di novo spenti al mondo, lamenta la scomparsa di D. e di una donna cara a I.; il quale, in un altro sonetto, risponde confermando il proprio dolore; ma la citazione comune dei due defunti non offre alcun sostegno alla tesi dell'amicizia con l'Alighieri. Inoltre viene attribuito a Cino da Pistoia un sonetto indirizzato a Bosone in occasione della morte di I., in cui il poeta ebraico viene posto con D. nell'Inferno fra gli adulatori (probabilmente alludendo alla vita di corte vissuta da entrambi); ma né tale componimento né la risposta, mitigata, attribuita a Bosone, forniscono prove di contatti reali fra I. e Dante.
Nuovi lavori, sulla posizione filosofica di I. (Michelini Tocci, Sermoneta), hanno spostato l'interesse del confronto in un campo che si annuncia più fertile di conoscenze per la storia della filosofia in Italia nel 1300 in generale e in particolare della formazione culturale di Dante. I. risulta legato a una corrente di cultori (ebrei) di filosofia, che al tempo di D. aveva il suo centro a Roma e il massimo esponente nel filosofo Jehudà Romano (" Lionello "): si può parlare di una scuola filosofica romana, ancora poco nota, essendo in gran parte inedita la produzione, sia di Jehudà che di I., che espone la sua dottrina nei commenti biblici. Il Michelini Tocci rileva interessanti singolarità della posizione - alquanto eclettica - di I., in accordo piuttosto con D., che con altri, pur grandi, scolastici: ispirati ambedue a correnti di pensiero che facevano maggior conto, che non si pensi comunemente, di dottrine neoplatoniche (attraverso Alberto Magno) e averroistiche.
I componimenti letterari di I., in massima parte scherzosi e anche frivoli, sono sempre spiritosi, avendo l'autore l'intento di divertire con arguzie, che egli allinea come in un fuoco d'artificio, soprattutto con bisensi o trasferimenti ad altro senso di parole e frasi della Bibbia. Le composizioni singole e l'insieme, che hanno a modello la poesia degli ebrei spagnuoli, Salomone ibn Gabirol, Jehudà ho-Levi e specialmente Jehudà al-Kharīzī, sono la più importante delle opere di quel genere scritte in Italia. La riunione dei componimenti in una trama narrativa continua, è anch'essa nell'uso dell'epoca: come la Vita Nuova. Con la poesia italiana del tempo (Dolce stil nuovo) I. ha vari punti d'incontro, nei metri (per primo scrisse sonetti in ebraico e in generale cercò di riprodurre nei metri ebraici, di origine araba, il ritmo italiano) e nel contenuto, questo specialmente nelle poesie d'amore. Ma soprattutto notevole è l'ispirazione di fondo e la derivazione di particolari da D. nel ventottesimo dei componimenti poetici, la Mahbéret ha-Tofet weha-Eden, " La maqāma dell'Inferno e del Paradiso ", in cui il poeta guidato da un tal Daniele (= Dante?) visita i due regni d'oltre tomba, tra vicende e incontri che ricordano quelli della Commedia (accenno iniziale all'età in cui comincia il viaggio, menzione conclusiva delle ‛ stelle ', ordinamento delle pene dei dannati mediante il contrapasso, disposizione dei beati in seggi dai quali contemplano la visione beatificante di Dio descritta come luce fulgente, e altre).
Bibl.-T. Paur, I. und D., in " Jahrbuch der Deutschen Dante Gesellschaft " III (1871) 443-447; L. Modona, Vita ed opere di Immanuel Romano, Firenze 1904; U. Cassuto, L'elemento italiano nelle Machabberoth, in " Rivista Israelitica " II-III (1906); A.F. Massera, Sonetti burleschi e realistici dei primi secoli, Bari 1920, I 145-147; II 93-94, 106; U. Cassuto, D. e Manoello, Firenze 1922; V. De Bartholomaeis, Rime giullaresche e popolaresche d'Italia, Bologna 1926, 68-71; F. Michelini Tocci, Il commento di Emanuele Romano al capitolo I della Genesi, in " Studi Semitici " X 1963; I. Sermoneta, Una trascrizione in caratteri ebraici di alcuni brani filosofici della Commedia, in Romanica et Orientalia, Gerusalemme 1964, 23-42. La più recente ediz. delle Mahbārōt è quella curata da S. Ashkenazi (Gerusalemme 1957).