IMITAZIONE DI CRISTO (De Imitatione Christi)
Libro di pietà del cattolicesimo, celeberrimo per la diffusione enorme e per le polemiche destatesi intorno al suo autore. L'opera non sempre ci è data, dai codici e dalle prime stampe, intera e nell'ordine in cui oggi l'abbiamo. Così come ora è, risulta di quattro libri: il primo, di 25 capitoli col titolo Admonitiones ad spiritualem vitam utiles; il secondo, di 12, Admonitiones ag interna trahentes; il terzo, di 49, De interna consolatione; il quarto, di 18, Devota exhortatio ad sacram comunionem. La dottrina spirituale che vi si espone, tranne rari e vaghi cenni del terzo libro, non rispecchia esperienze mistiche propriamente dette; inoltre, non risente con precisione delle idee o dei sentimenti d'una particolare scuola, sicché si è potuto impunemente collocarne l'origine nella Vercelli del sec. XII, quella Parigi del Gerson, nella Fiandra della devotio moderna, e vi si son potuti scorgere elementi benedettini, francescani, ecc. Per l'assenza di mistica, di peusiero e d'arte personale, inoltre per una certa grazia e immediatezza d'espressione, l'opera è divenuta il più comune e il maggior testo di pietà cristiana. Fra i quattro, il terzo libro senza dubbio è il più fine.
La polemica sopra il suo autore nacque sul principio del sec. XVII. Per l'innanzi il libro, intero o ridotto, girava anonimo o sotto il nome di Tommaso da Kempis (v.) o di Gerson (v.). Un codice, scoperto ad Arona dal Rossignoli, con il nome d'un abate Giovanni Gessen o Gersen, segnò l'inizio della lotta, che si svolse ininterrottamente e con la partecipazione dei dotti più celebrati. La storia stessa della polemica (tentata dal Ruland nel Serapeum del 1861) è intricata quanto il soggetto di essa: la letteratura è sconfinata, perché problema a cui tutti credettero poter contribuire. Recentemente è riarsa di nuovo (cfr. Vie Spirituelle, supplemento, settembre 1926; Revue d'ascétique et de mystique, IX [1928], 209). Tuttavia, le ragioni per il Gersen non son più tenute quasi da nessuno oggi, non conoscendosi altro di lui fuorché "le sillabe del nome". Contro l'attribuzione al cancelliere Gersone, che ha il suffragio di molte stampe, stanno il silenzio assoluto delle fonti biografiche, il fatto che l'Imitazione è opera scritta da monaco a monaci, e infine gl'idiotismi fiamminghi della sintassi, che sarebbero inesplicabili in Gersone, e sono invece naturalissimi in Tommaso da Kempis. Seppure oggi si dubita su Tommaso da Kempis, non si dubita certo in favore né del presunto Gersen né di Gersone. Ma nemmeno si dubita più troppo: in realtà documenti nuovi e inoppugnabili contro l'origine fiamminga del libro non ne sono ancora venuti, e manoscritti anteriori a Tommaso ancora non se ne conoscono: e i conosciuti sono oltremodo numerosi.
La prima edizione pare quella di Augusta 1472; recentissima edizione critica è quella curata da M. J. Pohl, Thomae Hemerken a Kempis Opera omnia, II, De imitatione Christi quae dicitur libri IIII cum caeteris autographi Bruxellensis tractatibus, Friburgo in B., 1904. Le traduzioni sono quasi contemporanee al libro, e in ogni lingua: la prima edizione in italiano è di Venezia 1488. Sull'Imitazione si sono spesso creati sistemi di spiritualità, ma nessuno di essi riuscì qualcosa di più che una felice trovata: cfr., p. es., Heser, Summa Theoloeiae Mysticae ex 4 libris de imitatione Christi, ed. Amort, 1726.
Bibl.: A. de Backter, Essai bibliographique sur le livre De Imitatione Christi, Liegi 1864. Sulla polemica circa l'autore, i libri sono moltissimi. Uomini come il Puyol non fecero quasi altro, nella loro vita; da ricordarsi, in Italia particolarmente, L. Santini, I diritti di Tommaso da Kempis, voll. 2, Roma 1879-80; tuttavia una storia obiettiva e moderna della polemica manca.