IMBRO (gr. "Ιμβρος, turco Imroz: A. T., 90)
Isola dell'Egeo appartenente alla Turchia (vilâyet di Çanakkale), situata poco a nord dell'imbocco dei Dardanelli. Ha 256 kmq. di superficie ed è costituita in massima parte da rocce vulcaniche; si eleva a 597 m. nel Hágios Ēlías. Il suolo è fertile, ma soltanto 1/8 di esso è coltivato, per lo più a cereali, olivi e alberi da frutta. Gli abitanti, che nel censimento del 1927 risultarono 6762, sono Greci (in prevalenza) e Turchi e, oltre che d'agricoltura, si occupano dell'allevamento delle api e della fabbricazione di pregevoli tappeti di lana. Il capoluogo, Kastron, è sede d'un arcivescovo greco.
Storia. - La storia d'Imbro è nelle linee essenziali quella della vicina e maggiore Lemno (v.). I primi stanziamenti greci attorno al sec. VIII furono preceduti da Carî e Traci, e seguiti per circa un secolo e mezzo dal predominio dei Tirreni; nell'orbita greca l'isola entrò definitivamente solo con l'occupazione di Milziade figlio di Cipselo, proveniente dal Chersoneso tracio (metà del sec. VI). Dopo essere stata per qualche tempo sotto sovranità persiana, partecipò alla lega delio-attica, ricevette come Lemno cleruchie ateniesi, e per quanto più volte si ribellasse e in epoca ellenistica fosse spesso tolta ad Atene (occupazione di Lisimaco nel 207, nel 202 di Filippo V) fu ogni volta ricondotta a dividere le sorti della capitale dell'Attica. Attici sono i culti attestati nell'isola, in particolare quello di Ermete, e attica ci appare l'arte dagli scarsi ritrovamenti sinora ottenuti.
Del centro principale dell'isola, situato a NE. presso l'attuale Kastron è riconoscibile il porto, protetto nell'antichità da moli, e tracce del teatro e della cinta di mura. Un altro porto, importante per le comunicazioni con Lemno, era la località di Nauloco, attuale Pyrgos, a SO., che Ovidio toccò nel suo viaggio verso l'esilio (Tristia, I, 10, 18).
Espugnata Costantinopoli da Maometto II, questi la cedette insieme con Lemno e parte della Samotracia in signoria di Demetrio Paleologo. I Paleologi la passarono ai Gattilusi di Genova principi di Mitilene, dai quali passò sotto il dominio diretto dei Turchi che se ne servirono come luogo di confino. Durante e dopo la guerra mondiale fu occupata dai Greci e servì come base alla flotta alleata operante nell'Egeo. Nel 1923 fu attribuita alla Turchia dal trattato di Losanna, il quale stabilì, peraltro, che Imbro e Tenedo fruissero di un'organizzazione amministrativa speciale.
Durante l'ultima guerra veneto-turca, che terminò con la pace di Passarovitz (1718), i veneziani col tenue aiuto di poche galee di Malta e del pontefice cercarono di resistere alla travolgente forza dei Turchi, i quali, dopo aver rioccupato la Morea, avevano investito la fortezza di Corfù. Liberata l'isola, il capitano straordinario dell'armata navale veneziana, Lodovico Flangini, con 27 vascelli e alcune galee si diresse verso i Dardanelli e incontrò l'armata -turca, forte di 42 vascelli, nelle acque dell'isola di Imbro (12 giugno 1717). La notevole inferiorità tattica delle galee costrinse il Flangini a ripiegare verso la costa della Morea; la manovra compiuta lentamente (12-13-14 giugno), e sempre sotto il fuoco nemico, costò gravi perdite ai veneziani; lo stesso Flangini fu colpito mortalmente. Sopraggiunse con notevoli rinforzi il capitano generale Andrea Pisani, il quale andò a incontrare l'ammiraglio turco Ibrāhīm, uscito dal porto di Salonicco; ma dopo un furioso cannoneggiamento, che produsse molti danni, le armate si separarono senza risultati definitivi.
Bibl.: C. Manfroni, La marina pontificia durante la guerra di Corfù, in Arch. Soc. rom. di storia patria, 1891; E. Oberhummer, Imbros, in Kiepert-Festschrift, Berlino 1898; C. Fredrich, in Athenische Mitteilungen, XXIII (1908), p. 81 segg.; id., in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., IX, coll. 1105-1107. - Per le iscrizioni antiche, in Inscriptiones Graecae, XII, viii, p. 19 segg.; per le monete B. V. Head, Historia Numorum, 2ª ed., Oxford 1911, p. 261.