imaging
Utilizzo di ogni tipo di radiazione elettromagnetica (sia ionizzante che non ionizzante), a scopi prettamente diagnostici. In partic. l’i. prevede l’impiego di radiazioni X, di radiazioni acustiche riferite agli ultrasuoni, di radiofrequenze riferite alla risonanza magnetica nucleare, allo scopo di realizzare un’immagine radiologica. L’informazione diagnostica che ne deriva è sia morfologica-strutturale (per es., rende possibile discriminare il contenuto solido o liquido di una lesione), sia dinamica (si possono verificare le modificazioni morfologiche e strutturali di una lesione nell’unità di tempo).
L’i. radiologico può essere considerato la risultante di vari passaggi che fanno riferimento ai tre elementi necessari alla tecnica: una fonte energetica (per es., la radiazione X dal tubo radiogeno), la struttura corporea di cui si desidera ottenere l’informazione diagnostica, e il sistema che permette la realizzazione dell’immagine, con la sua eventuale riproduzione in formato cartaceo, di pellicola o su supporto ottico. Quest’ultimo è l’aspetto che si è più perfezionato nel tempo. Si è passati, con l’evoluzione delle tecniche, da un i. basato sull’annerimento diretto della pellicola radiografica, in virtù di una reazione chimica tra radiazione e sali d’argento contenuti sul gel della pellicola, a quello ottenuto con appositi rilevatori in grado di fornire un segnale elaborato in via digitale piuttosto che analogica. L’i. della tomografia computerizzata (TC) rappresenta l’esempio più noto: lo si ottiene da un gran numero di misure di assorbimento della radiazione X, effettuate punto per punto su una matrice in dati numerici e convertite in forma digitale. L’i. può quindi essere rappresentato su un monitor per essere fotografato o archiviato.
Le più moderne e sofisticate metodiche di i. consentono di ottenere immagini molto dettagliate dell’anatomia del vivente che permettono diagnosi sempre più precoci e precise per la stadiazione delle neoplasie maligne. Attualmente gli sviluppi in ambito medico e metabolico a livello cellulare permettono di conseguire informazioni di tipo funzionale, con la possibilità di valutare parametri vitali che dipendono dalla biologia del tessuto tumorale. La risonanza magnetica (RM), grazie alla possibilità di fornire immagini a elevata risoluzione, alla multiplanarità e all’utilizzo di radiazioni non ionizzanti, è sicuramente candidata alle applicazioni dell’i. a livello molecolare. In tal senso, una delle applicazioni più note è in campo neurologico e utilizza un i. non più morfologico ma spettroscopico, che permette uno studio in vivo di alcune tappe del metabolismo cellulare. Con tempi brevi di esecuzione, e in modo non invasivo, è possibile quantificare determinati metaboliti cellulari (per es., la colina, marker di membrana) per ottenere informazioni utili per la caratterizzazione tissutale dei tumori cellulari, per valutare la fase evolutiva della malattia e monitorare la risposta al trattamento. In campo oncologico sta divenendo importante nella pratica clinica l’uso della PET (➔), capace di rilevare alterazioni a livello biologico molecolare che spesso precedono le alterazioni organiche, con il fine di rivalutare una risposta terapeutica oppure di cercare eventuali micrometastasi tumorali.
Il notevole sviluppo delle tecniche diagnostiche strumentali ha permesso di ottenere immagini di alterazioni organiche sempre più dettagliate, fornendo un ausilio importante per le procedure chirurgiche. Gli sviluppi in ambito di software e hardware permettono di studiare per es. la patologia focale del fegato con diverse tecniche di i., dando la possibilità di avviare anche procedure interventistiche. L’anatomia segmentaria del fegato e la patologia possono oggi essere valutati con estrema accuratezza con l’ecografia, la TC volumetrica e le nuove sequenze RM. Fondamentali risultano l’integrazione delle diverse metodiche a disposizione e il sinergismo tra il clinico radiologo e il chirurgo in rapporto alle problematiche cliniche. Nell’ambito di una pianificazione chirurgica epatica, all’i. è richiesta sia una più corretta caratterizzazione del processo neoplastico, sia la ricerca di varianti anatomiche, vascolari e biliari, sia una valutazione morfologica e volumetrica del parenchima epatico funzionante. Lo studio accurato della vascolarizzazione del fegato residuo è infine determinante per scongiurare il rischio di una insufficienza epatica post-operatoria.