imaging ottico
Tecnica di recente introduzione basata sull’impiego di molecole che producono segnali nell’ambito delle frequenze della luce visibile o dell’infrarosso. Utilizza metodiche di fluorescenza e bioluminescenza, con diversi ‘reporter ottici’ (fluorocromi o luciferasi) ed è prevalentemente utilizzato nello studio di modelli animali (murini) di malattie umane. La più diffusa procedura di imaging ottico con bioluminescenza utilizza come marcatori l’enzima luciferasi e il suo substrato, la luciferina, cioè il sistema responsabile della produzione di luce nelle lucciole. Per le applicazioni di imaging ottico il gene che codifica la luciferasi è incorporato in sistemi cellulari e in animali (in genere topi) per funzionare da ‘reporter’, cioè per segnalare la efficace transfezione di altri geni nel genoma della cellula ospite. In questo approccio i geni da transfettare (per creare modelli di malattie o per verificare la possibilità di terapie geniche) sono associati al gene della luciferasi in un unico vettore. La verifica dell’incorporazione ed espressione del gene della luciferasi si ha con la somministrazione della luciferina, che determina l’emissione di luce in corrispondenza delle cellule che hanno espresso la luciferasi. L’espressione della luciferasi conferma l’avvenuta incorporazione del gene associato. Le metodiche basate sulla fluorescenza (fenomeno che consiste nell’emissione di radiazioni di maggiore lunghezza d’onda rispetto a quelle incidenti) utilizzano molecole di piccole dimensioni o macromolecole (come anticorpi impiegati per riconoscere specifici ligandi) che contengono fluorocromi, cioè componenti che presentano il fenomeno di fluorescenza. La presenza dei fluorocromi si dimostra scansionando il campione in esame con radiazioni in grado di determinare la fluorescenza. I sistemi di imaging ottico costituiscono un notevole progresso nello studio dei modelli animali di malattie perché consentono un approccio non invasivo e ripetibile, riducendo notevolmente il numero di soggetti necessari alla sperimentazione, con la possibilità di ottenere dati significativi per l’elevata sensibilità della tecnica. L’imaging ottico è quindi uno dei più potenti strumenti disponibili per l’approccio preclinico. La principale limitazione di questa tecnica è la necessità che le strutture in esame siano trasparenti alle radiazioni luminose e, quindi, abbiano spessore ridotto. Le possibilità di applicazione diagnostica clinica di questa tecnica nell’uomo sono pertanto limitate.
→ Imaging diagnostico computerizzato