imagine (image; imago)
Sostantivo di alta frequenza. La forma ‛ image ' si registra in cinque luoghi della Commedia, preferibilmente in rima (Pg XXV 26, Pd II 132, XIII 2, XIX 2 e 21). Il latinismo imago, sempre nella Commedia, appare tre volte (If XX 123, Pd XX 76, XXXIII 138); un caso isolato di ‛ immagine ' è presente nell'ediz. Busnelli-Vandelli del Convivio (III IX 12), dove le altre edizioni leggono ‛ imagine ', e può considerarsi con ogni probabilità un refuso.
Il termine indica fondamentalmente la proiezione nel visibile dell'essenza di una realtà, manifestazione visiva di una sostanza con cui, come a esemplare, è in rapporto di derivazione, riproduzione o copia. Essa non indica semplice ‛ rappresentazione ', ma implica sempre una partecipazione sostanziale - attenuata - con la realtà raffigurata, sia come effigie, riflesso speculare, similitudine o incarnazione.
Nel significato di " forma espressa ", " aspetto esteriore e manifesto ", in If XX 22 la nostra imagine è la ‛ forma ' umana. L'imagine perversa (XXV 77) è l'aspetto deforme dell'uomo serpente. In Pd XXII 60 ti veggia con imagine scoverta, indica l'aspetto svelato e reale di figura umana. In XXXIII 138 veder voleva come si convenne / l'imago al cerchio e come vi s'indova, corrisponde a nostra effige del v. 131, cioè la forma di uomo assunta da Cristo. In Vn VIII 6 11 morta imagine, è la " figura corporea " esanime (morta in quanto il corpo ‛ specchio ' dell'anima ne è ormai privo). In contesto metaforico Fiore CCXXIII 9 e CCXXIV 1.
Nel senso di " effigie ", " raffigurazione ", " simulacro ", in quanto l'i., come ‛ riproduzione o copia ', rimanda ad altro, al modello, ricorre in Pg X 39 dinanzi a noi pareva sì verace / quivi intagliato in un atto soave, / che non sembiava imagine che tace, dove la correlazione verace-i. sottintende quella tra realtà e copia; così ancora l'imagini di tante umilitadi, v. 98. con riferimento alle raffigurazioni degli dei pagani, in Cv II IV 6 Li gentili... adoravano le loro imagini. In If XX 123 fecer malie con erbe e con imago, il riferimento è specifico alle pratiche magiche di raffigurare a somiglianza della persona reale delle figure su cui operavano riti malefici, nella convinzione che l'i. o copia avesse appunto rapporto sostanziale col modello raffigurato. A designare la figura luminosa dell'aquila come opera del Dio artefice (v. IMPRENTA) che reca in sé il modello, in Pd XIX 2 Parea dinanzi a me con l'ali aperte / la bella image, e ancora ai vv. 21 e 95, XX 76 e 139. In Vn XL 1 è detto del velo della Veronica, quella imagine benedetta la quale Iesu Cristo lasciò a noi per essemplo de la sua bellissima figura, dov'è chiaramente definito il rapporto di derivazione dell'i. come ‛ essemplo ' -exemplum dalla figura di Cristo come ‛ modello ', typus o exemplar eterno.
Nello stesso ambito di significato, ma con prevalenza della nozione di similitudine, indica in primo luogo il rapporto di simiglianza tra uomo e Dio: Cv IV XII 14 Dio è principio de le nostre anime e fattore di quelle simili a sé (sì come è scritto: " Facciamo l'uomo ad imagine e similitudine nostra " [Gen. 1, 26]), dove il rapporto tra Dio e uomo imago Dei è concepito nei termini neoplatonici di partecipazione all'uno in quanto amore; l'uomo proprio perché ‛ immagine e similitudine ' di Dio può tornare a lui (v. Dio). Ancora in Rime L 26 que' da cui convien che 'l ben s'appari, / per l'imagine sua ne tien più cari, sempre per il rapporto amore-somiglianza tra Dio e uomo. Con riferimento alla mitologia pagana, in Cv IV XV 8 La quale [terra], mista con l'acqua del fiume... Prometeus, compuose in imagine de li Dei (cfr. Ovid. Met. I 82-83).
Sempre entro lo schema neoplatonico di derivazione del molteplice dall'uno D. afferma che le diversità del cielo stellato sono il riflesso delle idee che sono nella mente motrice: Pd II 132 e 'l ciel cui tanti lumi fanno bello, / de la mente profonda che lui volve / prende l'image e fassene suggello, dove image è la copia, l'exemplum o riflesso dell'idea (ἰδέα) ‛ archetipa ' che è contenuta dall'intelligenza motrice, e che il cielo attinge come a modello, ‛ sigillandola ' o imprimendola nei cieli inferiori. L'i. quindi è la forma materiale che partecipa delle forme immateriali perennemente presenti nella mente divina (cfr. Egidio Romano Sent. II 14 3 2 dub. 2 lat. " Ab illis ergo ideis quae sunt in mente divina, ubi est ars principalis, et a speciebus quae sunt in mentibus motorum orbium... proveniunt omnia quae hic inferius producuntur. Hoc etiam concordat cum verbis Boetii in suo libro De Trinitate [cap. 2], ubi ait quod ex formis quae sunt praeter materiam, venerunt istae formae quae sunt in materia, et efficiuntur corpus; et ait quod ceteris quae in corporibus sunt, supple formis, abutimur formas vocantes; vult enim quod non sint proprie formae, sed sint quaedam imagines, idest imagines formarum immaterialium "; così pure Boezio Cons. phil. III m. IX 16-17 " in semet reditura meat mentemque profundam / circuit et simili convertit imagine caelum "). La conformità e somiglianza tra mondo archetipo e mondo visibile, che ne è l'i. attenuata e offuscata, avviene per opera delle cause seconde - cioè i cieli - i quali informano il mondo infralunare della virtù universalissima derivata dal nono cielo. Ciò giustifica il rapporto di derivazione-simiglianza che D. istituisce tra moto dei cieli e vita umana: con ciò sia cosa che la nostra vita... sia causata dal cielo, e lo cielo a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto, ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che 'l suo movimento sia sopra essi come un arco quasi, [e] tutte le [terrene] vite... [mon]tando e volgendo, convengono essere quasi ad imagine d'arco assimiglianti. Tornando dunque a la nostra... sì dico ch'ella procede a imagine di questo arco, montando e discendendo (Cv IV XXIII 6). In Cv IV XIV 9 è ancora adombrato il rapporto platonico di partecipazione-somiglianza delle varie ‛ specie di cose ' all'idea-sostanza (‛ nobiltà ') che è in esse presente come i. o riflesso imitativo: in ciascuna spezie di cose veggiamo l'imagine di nobilitade e di viltade: onde spesse volte diciamo uno nobile cavallo e uno vile, e uno nobile falcone e uno vile, e una nobile margherita e una vile.
Il termine ricorre ancora con semplice valore di somiglianza, in via comparativa, in If XVIII 13 Quale, dove per guardia de le mura / più e più fossi cingon li castelli, / la parte dove son rende figura, / tale imagine quivi facean quelli, dove il rapporto tra figura (i fossati dei castelli) e imagine (le bolge dell'ottavo cerchio) è di pura analogia figurativa tra cose simili, senza derivazione. Così pure in XXIV 5 quando la brina in su la terra assempra / l'imagine di sua sorella bianca (la neve), la locuzione vale il latino exemplare imaginem, cioè " riprodurre l'aspetto "; da notare che nella locuzione è la chiave della similitudine dantesca, proprio in quanto l'i. è qui ‛ apparenza fallace ' cioè non è ‛ segno ' verace della realtà denotata. Con lo stesso valore nella locuzione avverbiale ‛ a i. ', in XV 10 a tale imagine [delle dighe fiamminghe e venete] eran fatti quelli [gli argini del fiumicello infernale], / tutto che né sì alti né sì grossi / ... lo maestro félli.
In quanto privo di rapporto di similitudine, e quindi di legame reale col modello, il termine ha valore di " apparenza fallace ", " parvenza ingannevole ": Pg XXX 131 volse i passi suoi per via non vera, / imagini di ben seguendo false, riferito ai beni mondani (cfr. Agostino Vera relig. III 3 " ad [veritatem] percipiendam nihil magis impedire quam... falsas imagines rerum sensibilium quae... varias opiniones erroresque generarent "); l'i ‛ non vera ' torna in Cv III VII 10 in un paragone con l'i. speculare (v. oltre): la imagine de la ragione, cioè li atti e lo parlare [che] l'anima bruta ripresenta, o vero dimostra, non è vera, dove i. è la " parvenza " della ragione.
Un diverso ordine di significati assume il termine in quanto " forma visibile ", proiezione dell'oggetto percepita dai sensi e presente all'intelletto. Per la psicologia aristotelico-scolastica l'atto del conoscere presuppone la presenza nel soggetto conoscente di " rappresentazioni " reali astratte dalle forme degli oggetti esterni, e che i medievali designavano comunemente come species. Costantemente attestato in D. è il termine i., in quanto ogni ‛ forma visibile ' (cfr. Cv III IX 8) è per lui idea divina sigillata nella materia, con cui mantiene un rapporto di similitudine (cfr. R. Bacone De Multiplicatione specierum I 1 " [species] Dicitur autem similitudo et imago respectu generantis eam cui assimilatur et quod imitatur "; Ugo di San Vittore In Hier. II, Patrol. Lat. CLXXV 935 D " Omnis visibilis species et sensibilis natura aliquam similitudinem [tenet] invisibilium demonstrationem "). In tal modo, in quanto proiezione dell'oggetto, l'i. o forma visibile (species) ha una sua specifica individualità, media tra la ‛ figura ' dell'oggetto e la ‛ rappresentazione ' mentale, e ha quindi possibilità di ‛ trascorrere ' attraverso il mezzo: in tal senso in Cv III IX 12 lo quale mezzo [l'aria], così transmutato, transmuta la immagine de la stella che viene per esso, e ancora, a indicare la ‛ forma visibile ' (cfr. la teoria di Cv III IX 6 ss.) percepita direttamente dal senso della vista, ricorre in Cv III IX 14 molti, quando vogliono leggere, si dilungano le scritture da li occhi, perché la imagine loro vegna dentro più lievemente e più sottile; II Il 2 li spiriti de li occhi miei a lei si fero massimamente amici. E così fatti, dentro [me] lei poi fero tale, che lo mio beneplacito fu contento a disposarsi a quella imagine.
A un grado ulteriore l'i. è la species o phantasma rappresentato alle facoltà interne dell'animo, e vale quindi " rappresentazione " presente nell'immaginazione (v.) o nella memoria (v.). Così in Vn II 9 la sua [di Beatrice] imagine... continuamente meco stava, cioè nell'immaginazione. Sempre come rappresentazione ‛ fissata ' in questa facoltà, in Pd XIII 2 Imagini, chi bene intender cupe / quel forma, che nel mezzo trasparente non pare [ne l'acqua pare] lucida e ch'i' or vidi - e ritegna l'image, / mentre ch'io dico, come ferma rupe -, / quindici stelle. Più sovente il caso dell'i. trattenuta dalla memoria (mente): Rime C 13 la mente mia... è più dura che petra / in tener forte imagine di petra, dove i. equivale alla forma o species (εἶδος) della pietra, secondo il famoso detto del De Anima di Aristotele (III 8, 431b 29): " non enim lapis in anima est, sed species " (cfr. il commento di Temistio al De Anima, ediz. Verbeke, p. 258: " non enim lapis est in anima neque ignis, neque terra. Relinquitur igitur species fieri animam et nihil prohibet rationem rationi coaptari et formam formae ", e Cv III IX 7). Tale i. è ‛ ritenuta saldamente ' (come nell'esempio precedente il ritegna... come ferma rupe) dalla memoria. Qui tener forte vale un retinere firmiter o fortiter del linguaggio tecnico della medicina e della filosofia medievale, con riferimento alla vigoria e saldezza della facoltà interna (la mente mia... più dura che petra, specifica D.) nel ritenere una forma (cfr. Avicenna An. IV 3 " Quidam... est fortis in memoriter retinendo sed debilis in recordando... memoriae vero necessaria est materia a qua difficulter deleatur [da ciò l'esempio della petra in D.] quod impressum est in illa [cioè l'imagine o forma], et ad hoc opus est sicca materia. Illi vero sunt memoriores quorum animae non habent multos motus nec disperguntur cogitationes eorum... Unde pueri quamvis sint humidi, tamen firmiter retinent "). Ancora per la ‛ fissità ' della rappresentazione nella memoria: If XV 83 'n la mente m'è fitta, e or m'accora, / la cara e buona imagine paterna / di voi (Brunetto Latini); Rime LXVII 43 L'imagine di questa donna siede / su ne la mente ancora; If XXX 68 l'imagine lor [dei ruscelletti del Casentino] vie più m'asciuga, in quanto la ‛ forma impressa ' nella memoria produce nell'anima, una volta rievocata, la passione corrispondente (cfr. Avicenna An. IV 3 " ex dolore aut ira aut ceteris huiusmodi accidit cum memoria aliquid simile dispositioni rei qualiter accidit: causa vero doloris et irae et tristitiae non est nisi quia eorum quae praeterierunt forma impressa est sensibus interioribus; quae cum redit, facit illud aut simile illius. Desiderium quoque et spes faciunt etiam hoc... desiderium vero est imaginatio rei et concupiscentia eius, et iudicare quod delectabitur in illa si affuerit "). Da vedere ancora Cv I VIII 12 l'utilitade sigilla la memoria de la imagine del dono, dove torna il rapporto sigillo-immagine (per tutto quanto precede v. anche MEMORIA). Quanto all'impressione percepita tramite l'udito, cfr. Pg IX 142 Tale imagine a punto mi rendea / ciò ch'io udiva, qual prender si suole / quando a cantar con organi si stea.
In quanto " rappresentazione ", " raffigurazione " di una visione prodotta dall'immaginazione, senza corrispondenza con una realtà esteriore: Pg XVII 31 come questa imagine rompeo / sé per sé stessa... / surse in mia visïone una fanciulla; o, più genericamente, Cv I III 11 la imagine per sola fama generata sempre è più ampia... che non è la cosa imaginata nel vero stato.
Un caso particolare è dato dall'i. speculare a cui D. fa riferimento in Cv III VII 10 per affermare che in alcuni animali (scimmia e gazza) la ragione è presente solo come i. o " parvenza " (v. sopra), allo stesso modo che nello specchio l'i. rappresentata non è vera figura dell'oggetto, in quanto non è manifestazione di una sostanza in esso presente: secondo la imagine de le corpora in alcuno corpo lucido si ripresenta, sì come ne lo specchio... la imagine corporale che lo specchio dimostra non è vera (cfr. R. Bacone Opus maius V, Perspectiva III I 2 " considerandum est ... quod nihil est in speculo nec aliquid in eo videtur, ut vulgus aestimat "; " species non infigitur in substantia speculi, nec imprimitur in eo, ut aestimat vulgus, sed solum transit per eius superficiem usque in oppositam partem "). Ancora sull'i. riflessa, in Cv III IX 8 la forma, che nel mezzo trasparente non pare [ne l'acqua pare] lucida e terminata. E questo è quello per che nel vetro piombato [cioè lo specchio] la imagine appare, e non in altro. Di qui le similitudini di If XXIII 26 S'i' fossi di piombato vetro, / l'imagine di fuor tua non trarrei / più tosto a me, che quella dentro 'mpetro, dove i. vale a un tempo " forma riflessa " e " forma rappresentata nell'immaginazione " come in uno specchio, e di Pg XXV 26 al vostro guizzo, / guizza dentro a lo specchio vostra image: qui i. è l'aspetto riflesso nello specchio, nello stesso rapporto che c'è tra ombra dell'anima e corpo aereo (cfr. vv. 94-96 per l'alma che suggella nell'aere la sua forma, non realmente ma virtualmente).
Con valore di " rappresentazione simbolica ", " figura allegorica ", ricorre in Cv IV IX 10 quasi dire si può de lo Imperadore, volendo lo suo officio figurare con una imagine, che elli sia lo cavalcatore de la umana volontade. Così in If XVII 7 quella sozza imagine di froda indica il contenuto simbolico della figura-aspetto di Gerione; analogo il caso per ‛ i. di legame ' riferito al verbo auieo in Cv IV VI 3 solo di legame di parole è fatto, cioè di sole cinque vocali, che sono anima e legame d'ogni parole, e composto d'esse per modo volubile, a figurare imagine di legame.
Più volte il sostantivo è usato come sinonimo di " immaginazione " (v.), " fantasia " (v.), virtù organica in cui vengono rappresentate le forme o i. delle cose: Pg XVII 7 fia la tua imagine leggera / in giugnere a veder com'io rividi / lo sole (cfr. " Bull. " XII [1905] 276), e 21 ne l'imagine mia apparve l'orma, l'ombra di Progne; Pd I 53 de l'atto suo, per li occhi infuso / ne l'imagine mia, il mio si fece, e XXIV 26 l'imagine nostra; Rime CXVI 17 Io non posso fuggir, ch'ella non vegna / ne l'imagine mia.