imaginativa
L'i., nella psicologia medievale, era uno dei cinque sensi interni che gli scolastici distinguevano sulla base di Avicenna e Averroè. Come tale essa equivale alla " fantasia ", da cui l'intelletto trae il materiale conoscitivo e senza la quale non può in alcun modo intendere (cfr. Cv III IV 9, e Aristotele Anima III 7, 431 a 16-17; 8, 432a 8-9). Un primo riferimento è in Cv II IX 4, dov'è detto che lo ‛ spirito sensitivo ' della vista percepisce e reca attraverso il nervo ottico e la pupilla le immagini e le pone in quella sezione del cervello e della mente che costituisce appunto l'imaginativa. In questo modo l'i. viene a trovarsi in una posizione media tra percezione e pensiero e spesso sembra che i tre termini di i., ‛ fantasia ' e ‛ imaginazione ' vengano usati indifferentemente da Dante. Un secondo riferimento alla facoltà i. è in Pg XVII 13, dov'è detto: O imaginativa che ne rube / talvolta sì di fuor, ch'om non s'accorge / perché dintorno suonin mille tube, / chi move te, se 'l senso non ti porge? / Moveti lume che nel ciel s'informa.
Qui D. esamina il caso in cui, non soccorsa dalle impressioni offerte dal senso (in questo caso la forte sensazione del suonare di mille tube), l'i. viene attratta e impressionata dalla luce e dall'azione delle sfere celesti e delle intelligenze motrici. Tale dottrina, sviluppata in ambiente neo-platonico, si trova autorevolmente accreditata in Avicenna De Anima IV 2 " Aliquando vero fiunt [somnia] ex operationibus caelestium corporum, quae aliquando operantur formam in imaginatione secundum comparationem eorum et comparationem animarum ipsorum et secundum aptitudinem... cum vero virtus imaginativa fuerit in tali hora qua non impeditur propter corpus nec est separata a memoriali nec a formali, sed est compor illarum, tunc servitium imaginativae quo servit animae est quale melius esse potest " (v. anche IMAGINAZIONE).