imaginare (maginare)
Verbo di alta frequenza. In tre luoghi (Vn XXXI 14 49, If XXIII 24 e XXXI 24) occorre con aferesi.
Vale fondamentalmente " rappresentarsi nell'immaginazione, nella fantasia " (v. IMAGINAZIONE), in quanto l'immaginazione, come facoltà interna dell'anima, raccoglie le forme o immagini sensibili astratte tramite i sensi ed è anche in grado di rappresentarle all'intelletto in assenza delle cose da essa raffigurate.
Così in Cv I III 5 sono apparito a li occhi a molti che forseché per alcuna fama in altra forma m'aveano imaginato, e 11 la imagine per sola fama generata sempre è più ampia... che non è la cosa imaginata nel vero stato, dov'è il duplice caso dell'immaginazione che liberamente combina le proprie rappresentazioni (imagine per sola fama) non conformandole alla realtà esterna, o che confronta il phantasma con l'oggetto reale (cosa... nel vero stato); Vn XV 2 sì tosto com'io imagino la sua mirabile bellezza; XVI 2 molte volte io mi dolea, quando la mia memoria movesse la fantasia ad imaginare quale Amore mi facea, in quanto la memoria, sede delle intenzioni o rappresentazioni non derivate immediatamente dal senso, come invece l'immaginazione, le propone alla fantasia che sopra esse ‛ specula ' (cfr. Avicenna An. IV 2 " virtus imaginativa solet semper rimari duos thesauros formalis et memorialis et semper repraesentare formas; incipiens a forma sensata aut memorata procedit ab ea "); XXXI 11 36 Non è di cor villan sì alto ingegno, / che possa imaginar di lei alquanto, / e però no li ven di pianger doglia, con riferimento alle passioni dell'anima (come il dolore) derivanti dall'immaginazione; in Rime LXVIII 39 [l'anima mia] starà tanto attenta / d'imaginar colei per cui s'è mossa, / che nulla pena avrà ched ella senta, vale " nel contemplare in immaginazione " (Contini), in quanto l'immaginazione, se fortemente impressionata da un'immagine, attrae l'anima alla sua operazione, ritraendola dalle altre virtù e dalla sensibilità (cfr. Avicenna An. IV 2 " Anima... cum occupata fuerit circa interiora, non solet curare de exterioribus... Cum occupata fuerit una virtute... tunc confortabitur illa virtus "). In Rime dubbie XXIX 6 è riportata una definizione di amore come ardore / di mente imaginato per pensiero, dove pensiero sta appunto per " fantasia " (Contini) o " immaginazione " che conserva l'immagine dell'amata e la ripresenta all'intelletto alimentando l'amore.
Con riferimento all'attività dell'immaginazione come facoltà produttrice di forme: Cv II XII 6 E imaginava lei fatta come una donna gentile, e non la potevo imaginare in atto alcuno se non misericordioso; più particolarmente in If XXIII 24, con riferimento al rapporto tra senso interno (facoltà dell'i.) e senso esterno: Noi li avem già dietro; / io li 'magino sì, che già li sento, in quanto l'immaginazione, se rappresenta con vivezza (sì) una forma, è in grado d'impressionare il senso, modificandolo, come in presenza della cosa reale; così anche al v. 33 noi fuggirem l'imaginata caccia. Un caso analogo è in Pg IX 32 e sì lo 'ncendio imaginato cosse, / che convenne che 'l sonno si rompesse, dov'è descritto il sogno di D. trasportato dall'aquila oltre la sfera del fuoco; qui l'incendio imaginato è il phantasma o visione del fuoco rappresentato con tanta forza nel sogno dall'immaginazione, che la sensibilità viene eccitata come da fuoco reale (cfr. Alb. Magno Somn. et vig. II I 4 " somnium incipit a phantasia vel imaginatione, et terminatur ad sensibilem particulam animae "). Un caso analogo di ‛ immaginazione ' o ‛ visione ' nel sonno, interrotta di colpo, è in Pg XVII 43 l'imaginar mio cadde giuro.
Più specificamente, a indicare la rappresentazione fantastica durante il delirio e la visione operata dall'immaginazione, il verbo ricorre in Vn XXIII 4 mi giunse uno sì forte smarrimento, che chiusi li occhi e cominciai a travagliare sì come farnetica persona e ad imaginare, e ancora ai §§ 6 e 7 (cfr. § 22 39 imaginando, di caunoscenza e di verità fora); per tutto ciò v. IMAGINAZIONE.
Come infinito sostantivato vale senz'altro " immaginazione ", sia come facoltà fantastica che come attività e prodotto di essa, in Vn XXIII 15 fallace imaginare, 23 44 vano imaginare, 26 65 imaginar fallace (cfr. Avicenna An. IV 2 " Hominum... quidam sunt verorum somniorum: quod fit cum anima eius consuevit dicere verum et vincere fallacem imaginationem "); Cv II XII 7 da questo imaginare cominciai ad andare là dov'ella si dimostrava veracemente (da rilevare il rapporto tra i. come " prefigurazione fantastica " e realtà: veracemente); Rime XC 33 lo imaginar, che non si posa, / l'adorna ne la mente ov'io la porto (in quanto l'immaginazione, luogo di realtà interiore [ne la mente ov'io la porto], continuamente ne arricchisce gli elementi figurativi).
In Pd I 89 ti fai grosso / col falso imaginar, il riferimento è alla ‛ fallace rappresentazione ' dell'immaginazione che suggerisce all'intelletto un'immagine non conforme alla realtà percepita dai sensi, e che una volta rimossa permetterebbe a D. una vera conoscenza (vv. 89-90 sì che non vedi / ciò che vedresti se l'avessi scosso). Una ragione della fallacia dell'i. è data in If XXXI 24 Però che tu trascorri / per le tenebre troppo da la lungi, / avvien che poi nel maginare aborri; l'impressione sensibile, in quanto percepita da più sensi (sensibile comune, cfr. Cv III IX 6-10), può essere erronea, anche per le condizioni in cui essa avviene (tenebra e lontananza) e come tale rappresentata nell'immaginazione, da cui l'intelletto trae una percezione ingannevole (ugualmente in Pg XXIX 43 ss., dove falsava nel parere equivale a ‛ i. in modo falso '). In Cv IV XV 15 è detto di coloro che nulla cosa veramente veggiono vera nel loro imaginare, in quanto dotati di lieve fantasia; cioè la loro immaginazione o fantasia è, per natura, lieve o debilis in opposto a fortis (cfr. Avicenna Canon III I 1 6 " Haec namque virtus [imaginativa] cum est fortis, iuvat ad significandum anterioris cerebri sanitatem [cioè la parte del cervello ov'è collocata]. Haec autem virtus non est fortis, nisi cum homo bene potest servare formas sensatorum, utpote figurarum et sculpturarum: et morum, et gustuum, et vocum, et modulationum, et reliquorum "). Tale debolezza nella facoltà immaginativa comporta quindi una scarsa capacità di " servare formas sensatorum ", cioè di ritenere le forme sensibili, e un'insufficienza nel comporre e separare immagini che è operazione sua propria (v. IMAGINAZIONE) preparatoria all'attività giudicativa della ragione la quale, componendo e dividendo concetti correlati a quelle immagini, formula giudizi affermativi e negativi. Di qui la fallacia dei loro sillogismi e la falsa sottigliezza delle loro argomentazioni, fondati su una non verace attività immaginativa. Il caso opposto del ‛ forte imaginare ' è in Pg XXVII 17 guardando il foco e imaginando forte / umani corpi già veduti accesi, con riferimento alla imaginatio fortis (v. anche IMAGINAZIONE), cioè allo stato di particolare intensità della facoltà immaginativa, che eccede le altre potenze dell'anima e opera sogni o visioni; qui lo stupore di D. alla vista del fuoco eccita l'immaginazione a evocare immagini, non reali, di corpi umani bruciati, presenti nella memoria per le visioni infernali. In Vn XXXI 14 49 quando 'l maginar mi ven ben fiso, indica la ‛ fermezza dell'immaginazione ', cioè la persistenza dell'immagine o fantasma rappresentato in essa come ‛ retentrice di forme ' (cfr. Cino da Pistoia Fa della mente tua 7-8 " se lo imaginar sarà ben fiso, / la bella donna ti parrà presente ", e le altre citazioni del Barbi, ad l.) e che provoca il moto dell'anima (giugnemi tanta pena d'ogne parte, v. 50). In Rime dubbie XVI 16 Questa membranza, Amor, tanto mi piace / e sì l'ho imaginata, / ch'io veggio sempre quel ch'io vidi allora, indica ancora il persistere dell'immagine amata (sembianza umile, v. 9) nell'immaginazione che opera con vivezza (sì; cfr. If XXIII 24) in connessione con la ‛ memoria ' (membrana).
Della sproporzione tra espressione poetica e raffigurazione della fantasia, D. dice in Pd, X 44 Perch'io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami, / sì nol direi che mai s'imaginasse, e in XXXI 137 s'io avessi in dir tanta divizia / quanta ad imaginar; nel primo caso è l'incapacità di suscitare l'altrui immaginazione con forme adeguate, nel secondo l'impossibilità di tradurre in linguaggio le immagini percepite dai sensi e ritenute nella fantasia. Ricorrente è in D. l'invito a raffigurare nell'immaginazione, a produrre schemi visivi o rappresentazioni interiori; così in Pg IV 68 Come ciò sia, se 'l vuoi poter pensare, / dentro raccolto [in quanto l'immaginazione è ‛ senso interno ' e richiede una conversione dell'anima in sé stessa], imagina Sïòn; Pd XIII 1 Imagini, chi ben intender cupe / quel ch'i' or vidi - e ritenga l'image / ... come ferma rupe -, / quindici stelle (qui ancora è il motivo dell' ‛ immagine fissa ' impressa con persistenza nell'organo della fantasia), 7 imagini quel carro (l'Orsa maggiore), e 10 imagini la bocca di quel corno (l'Orsa minore); Cv III V 10 Imaginando adunque, per meglio vedere, in questo luogo... sia una cittade, 11 E qui imaginiamo un'altra cittade, 12 Imaginisi anco uno cerchio, e 20 le due cittadi imaginate.
Con valore più generico di " ritenere ", " figurarsi mentalmente ", in Rime XL 7 Disio verace... / imagina l'amica oppinione / significasse il don; Vn VII 3 5 e prego sol ch'audir mi sofferiate, / e poi imaginate / s'io son d'ogni tormento ostale e chiave; e con nozione di fallacia, errore, in If XXXIV 106 Tu imagini ancora / d'esser di là dal centro della terra, e Rime dubbie I 8 imaginando ch'elli fosse iddio.
Vale " effigiare ", " raffigurare ", " rendere in immagine o figura ", in Pg X 41 iv'era imaginata quella / ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave, cioè la Vergine scolpita nella prima cornice del Purgatorio, e 62 al fummo de li 'ncensi / che v'era imaginato, con tale somiglianza alla forma reale da ingannare gli stessi sensi esterni (li occhi e 'l naso). Ugualmente in Cv IV VI 3 per il verbo auieo, che raffigura il suo significato (legar parole) mediante la sua effigie grafica, in quanto fatto di sole cinque vocali, che sono anima e legame d'ogni parole, e composto d'esse per modo volubile, a figurare imagine di legame... sì che veramente imagina questa figura: A, E, I, O, U, la quale è figura di legame.
In codici trecenteschi, ad es. nel Laurenziano di S. Croce, in Pd XXIV 26 ché l'immaginar nostro è variante, non buona, di ché l'immagine nostra; la variante è poi passata nell'ediz. Aldina, in quella della Crusca, ecc.; cfr. Petrocchi, ad locum.