PANNOCCHIESCHI, Ildebrando
PANNOCCHIESCHI, Ildebrando. – Non si conosce la data di nascita di questo vescovo di Volterra, figlio di Ranieri I Pannocchia del fu Ugolino, testimoniato tra il 1134 e il 1163, il primo personaggio noto della stirpe, da cui prese nome il casato, e della seconda moglie Aldigarda del fu Ugerio, testimoniata dal 1150 al 1163. La prima moglie, Sibilia del fu Fralmo, è attestata solo nel 1135.
Ebbe tre fratelli Pannocchino, Ranieri II Pannocchia, Ugerio Pannocchia. Come risulta dal privilegio dell’imperatore Federico I del 17 maggio 1185, apparteneva alla famiglia comitale dei Pannocchieschi.
Il titolo comitale fa ritenere Ranieri I Pannocchia collegato con una delle famiglie comitali toscane. In particolare, è verosimile ipotizzare la discendenza dalla numerosa schiatta dei conti di Siena: per la presenza patrimoniale in Valdera, i Pannocchieschi sembrano collegabili con il gruppo parentale dei conti di Cevoli, Pava e Montecuccari. Gli interessi del conte Ranieri I e di suo figlio Ranieri II si concentrarono sui castelli di Gerfalco e di Travale nella zona metallifera dell’alta Val di Merse, ove però dovettero venire a patti con i vescovi di Volterra, Adimaro prima (1137-46) e poi Galgano (1150-68). La mancanza di uno studio sulla casata impedisce di comprendere la formazione del vasto patrimonio, che si estendeva anche nella Maremma massetana.
Del solo Ranieri II Pannocchia è nota una discendenza, di ben sette figli maschi, da cui derivarono i tre rami in cui la casata appare divisa nei primi decenni del XIII secolo, rami che si denominarono dai principali castelli in loro possesso: da Ranieri da Travale (notizie 1213-26, morto prima del 1236) i conti di Travale (nell’alta Val di Merse), d’Elci (nell’alta Val di Cecina) e di Giuncarico, gli unici a portare il titolo comitale; da Mangiante (notizie 1213-35, morto prima del 1263) i da Pietra (castello le cui rovine sono 12 km a nord-est di Scarlino); da Bernardino Pannocchia (notizie 1211-24) i da Perolla e i da Castiglion Bernardi (due località ora distrutte poste rispettivamente 7 km a est - sudest e 13 km a nord-ovest di Massa Marittima). Altro figlio di Ranieri II fu Pagano, successore dello zio Ildebrando sulla cattedra vescovile volterrana.
Ildebrando fu canonico della cattedrale di Volterra e in tale veste accompagnò il vescovo Ugo al III concilio Lateranense nel marzo 1179. Successe al vescovo Ugo, morto l’8 settembre 1184, come conferma la prima attestazione nella carica che risale al gennaio 1185.
Appena divenuto vescovo, lo si trova al seguito di Federico I a Milano il 4 maggio e a Crema il 17 maggio 1185, allorché ottenne la revoca di tutte le alienazioni compiute dai suoi predecessori, e in particolare da Galgano e da Ugo, e con il sovrano egli era ancora a San Miniato il 29 luglio; dall’imperatore ricevette inoltre il 2 novembre a Sarzana la conferma del diploma rilasciato al vescovo Galgano nel 1164, confermato a sua volta da Enrico VI il 28 agosto 1186 e il 17 agosto 1194, che riconosceva al presule la giurisdizione sulla città di Volterra e sui castelli della diocesi. Anche il papa Lucio III l’11 novembre 1185 revocò, al pari di Federico I, tutte le alienazioni compiute dai predecessori di Ildebrando, sempre con riferimento a Galgano e a Ugo. Ildebrando fu ancora destinatario di altri privilegi imperiali e pontifici: Enrico VI gli concesse il 2 novembre 1187 la facoltà di scegliere un avvocato che prestasse il sacramentum calumpniae e il 16 agosto 1189 il diritto di batter moneta; il papa Urbano III nel 1187 gli confermò il 6 settembre i diritti di patronato sulle chiese dipendenti dal vescovado e il 21 settembre i beni, le giurisdizioni, le chiese e le pievi appartenenti alla Chiesa volterrana; il papa Clemente III ripeté il 24 gennaio 1188 il primo di questi privilegi, e inoltre affidò a Ildebrando la pieve di Colle Val d’Elsa con le sue cappelle.
In tal modo il presule poté di nuovo controllare un importante ente ecclesiastico, compreso sì nella diocesi, ma immediatamente soggetto alla Sede apostolica ed esente dall’ordinario. La soggezione di Colle durò tuttavia pochissimo: già Celestino III il 28 dicembre 1191 rese alla pieve la sua autonomia, confermata da Innocenzo III il 15 giugno 1204. Quest’ultimo pontefice il 24 marzo 1199 confermò a Ildebrando tutti i diritti e le giurisdizioni di cui godeva il suo vescovado.
In base alle concessioni imperiali il presule volterrano era titolare dei diritti comitali sulla città e sull’ampio territorio diocesano, una giurisdizione più teorica che reale, dal momento che l’esercizio ne era limitato o addirittura impedito da diverse forze concorrenti, signorili e comunali.
Tra queste particolare rilievo ebbero il Comune di Siena, che andava estendendo il proprio contado nel settore sudorientale della diocesi volterrana, e il Comune di Volterra che, benché nato all’ombra del vescovo, ben presto se ne distaccò nella volontà di raggiungere una sempre maggiore autonomia e una piena dimensione statuale.
Il conflitto con il Comune volterrano fu vivo per un intero decennio (1193-1204); un arbitrato del 17 marzo 1204 pose fine a una vertenza relativa a Pomarance. Un momento di accordo con il Comune è segnato dalla scelta a podestà di un nipote del vescovo, Bernardino del fu Ranieri, attestato nell’ufficio tra il 24 novembre 1210 e il 24 febbraio 1211. Invece San Gimignano manifestò una costante fedeltà al presule, nella volontà di opporsi all’espansionismo comunale volterrano; in Valdelsa Ildebrando riuscì a conservare pure il controllo di diversi castelli.
Si trovò anche in contrasto, intorno al 1205, con i canonici della cattedrale, che intendevano conservare la propria autonomia nella scelta dei confratelli e ottennero da Innocenzo III il 17 ottobre 1206 il riconoscimento dei propri diritti.
Per quanto riguarda le grandi scelte politiche, egli fu, come appare dai privilegi imperiali ricevuti, legato a Enrico VI. Il 21 marzo 1190 concesse in prestito a Enrico Testa, legato imperiale in Toscana, 1000 marche d’argento al peso di Colonia ottenendo come garanzia una serie di redditi imperiali nella regione, tra cui gli importanti pedaggi di Castelfiorentino, Poggibonsi e San Genesio, oltre a quanto doveva versare al fisco per le miniere e il diritto di batter moneta. Una volta morto Enrico VI, Ildebrando partecipò l’11 novembre 1197 alla costituzione della lega di San Genesio, patrocinata dal pontefice Innocenzo III, della quale fu uno dei rectores et capitanei. A favore di uno dei membri di questa lega, il Comune di Firenze, si adoperò allorché convinse il 12 febbraio 1200 il conte Alberto degli Alberti a cedere Semifonte ai fiorentini, che intendevano distruggerla; contro Semifonte promise anche il suo aiuto militare. Ma quando Ottone IV fece riapparire l’autorità imperiale in Italia, Ildebrando tornò al partito imperiale e fu presso l’imperatore tra l’ottobre 1209 e il febbraio 1210.
A Ildebrando si deve l’introduzione dei cistercensi, provenienti probabilmente dall’abbazia di Casamari, nell’eremo di S. Galgano presso Chiusdino in Val di Merse (8 ottobre 1201).
Si tratta del primo insediamento cistercense in Toscana, da cui ebbero origine tutti i successivi monasteri della regione nel corso del XIII secolo. La Val di Merse, estremo lembo della vasta diocesi volterrana, con le sue miniere d’argento era da tempo la posta di un serrato gioco politico tra i vescovi di Volterra e i senesi, tesi a travalicare gli angusti confini del loro territorio e a espandersi in una zona molto vicina alla loro città, ma soprattutto ricca di metalli. Il Comune di Siena era riuscito a farsi riconoscere dal vescovo volterrano Ugo, nel settembre 1181, il possesso di un quarto del castello e delle miniere di Montieri. Si capisce come in questa situazione il vescovo Ildebrando intendesse riaffermare il proprio controllo nella zona attraverso l’ingresso di un ordine dotato di amplissime esenzioni e ben strutturato, che poteva rappresentare un importante elemento di rottura territoriale verso l’area di influenza senese, mentre l’appropriarsi della devozione verso il santo cavaliere Galgano (morto nel 1181, canonizzato da Lucio III nel 1185) poteva permettergli di riaffermare la propria autorità e consolidare i vincoli con la piccola aristocrazia terriera della zona, a lui fedele (e dalla quale era uscito il santo).
L’ultimo documento che nomini il vescovo Ildebrando è del 10 dicembre 1211. La sua morte dovette seguire di poco: alla fine dell’anno successivo Volterra aveva nuovamente un vescovo nella persona di Pagano, nipote d’Ildebrando.
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