ALDOBRANDESCHI, Ildebrandino
Figlio di Bonifazio, conte di Santaflora. Era già nato nel 1236, allorché sua madre, contessa Imilia, vedova di Bonifazio, si opponeva dietro istigazione di Siena a Guglielmo, cui non si voleva affidare la tutela del nipote.
Nel 1251, tra il 20 e il 29 marzo, fu d'accordo con lo zio Guglielmo e i suoi figli per rinnovare gli antichi patti di alleanza con Orvieto. Nel maggio successivo, tuttavia, tra il 17 e il 18, confermò a Siena le obbligazioni contratte il 2 ott. 1221 dal padre e dagli zii Guglielmo e Ildebrandino maggiore, promettendo fra l'altro di schierarsi contro il conte Guglielmo finché questi non fosse tornato in accordo con la città. L'A. dovette esser costretto dalla minaccia di una nuova guerra con la potente repubblica, che in quel torno di tempo aveva occupato Selvena e Castiglion d'Orcia.
L'accordo rimase inalterato anche negli anni successivi, tranne verso la seconda metà del 1255, quando Siena, nel tentativo di estendere la sua influenza in Marittima contro il conte Umberto, cercava di sospingere Grosseto alla resistenza contro i diritti che gli Aldobrandeschi vantavano su di essa. La città, cioè, voleva esimersi dal pagamento di alcuni tributi, e in quest'occasione l'A. fu a fianco di Umberto, pur altre volte combattuto, così come assunse una posizione ostile a Siena per le mire che essa aveva su Sassoforte. Soltanto nel 1258 sembrano riprendere i contrasti fra i due rami della famiglia Aldobrandeschi, quando l'A. accettò, nel giugno, una somma di denaro da Siena, contro probabili minacce da parte dei suoi parenti.
Forse (giugno 1257) capitano del popolo ad Orvieto (ma le cronache della città non ne fanno menzione), sul finire del 1259, quando si sospettò l'intenzione di Siena e di Giordano d'Anglona di muovere all'assedio di Grosseto, l'A. e i Grossetani inviarono alle forze ghibelline ambasciatori, che però vennero licenziati senza nulla concludere, tranne una proroga del pagamento di alcuni tributi al conte. E poiché la città, che si sarebbe ribellata dietro l'istigazione di Ildebrandino il Rosso, insieme con Montiano e Montemassi, venne assediata fra il 23 genn. e il 5 febbr. 1260, si può pensare che avesse l'appoggio dell'A. soltanto in un primo momento, mentre in seguito il conte si sarebbe ritirato.
Il suo atteggiamento infatti in quest'ocsione è poco chiaro: nel periodo dell'azione diretta contro Grosseto non è ricordadato accanto ad essa, mentre, d'altra parte, non dovette avere con Siena dei buoni rapporti, se questa insieme con Giordano d'Anglona volle giuramento di fedeltà a Manfredi dalle terre aldobrandesche di Radicondoli e di Belforte, già occupate, per esserne maggiormente sicura; e cercò invano di riconciliarsi con la città dopo la battaglia del 18 maggio a S. Petronilla, finché vi riuscì nel giugno successivo, attraverso Manfredi, promettendo di bandire dalle sue terre alcuni fuorusciti senesi.
Il 4 sett. 1260, l'A. combatté in campo ghibellino a Montaperti; è incerto se a lui toccasse il comando dell'esercito. Nella Cronaca senese di Paolo di Tommaso Montauri egli è rammentato quasi sempre come il "capitano conte Aldobrandino", nonché espressamente come "capitano generale del Comune di Siena"; come capitano è indicato in G. Tomasi (1. V, p. 324), mentre la Cronaca senese di autore anonimo della metà del secolo XIV non accenna a lui come tale (pp. 57-61) e O. Malavolti nega che abbia potuto esserlo ricordando le ragioni di inimicizia tra Siena e gli Aldobrandeschi; a suo parere fu capitano generale il podestà di Siena, Francesco Troisio (pp. 181-182).
Nel 1262, in occasione della lotta contro i fuorusciti, Siena gli richiese aiuti per combatterli. Non si sa se egli accettasse. Alla fine di ottobre venne firmato un accordo in cui il conte confermò i patti precedenti, obbligandosi ad abitare a Siena per buona parte dell'anno.
L'A., pertanto, non aveva più il consueto atteggiamento di amicizia nei confronti della potente vicina: forse per le mire che essa avanzava troppo palesemente sulla Marittima e Grosseto. Così che anche in seguito, nel 1263 - e in questo anno ad Orvieto gli fu riconfermato il titolo dal pontefice - e nel 1264, sembra che bisognasse chiedere il suo concorso in azioni determinate, per mezzo di intermediari di Manfredi, con insistenza. All'inizio del marzo 1266, con il cugino Ildebrandino il Rosso e Pepo Visconti di Campiglia a capo di un esercito guelfo, combatté a Grosseto e riuscì ad occuparla finché i Senesi, sopraggiunti, se ne impadronirono l'11 successivo; nel 1268 semkra combattesse a Tagliacozzo nel campo di Corradino di Svevia. Potrebbe esserne prova il fatto che il 27 nov. 1270 Carlo d'Angiò donava a Guido da Montfort i possessi di lui e degli altri ribelli toscani.
Nel 1273, eletto podestà di Massa, si comportò faziosamente verso i guelfi della città, cosicché il vicario regio, con l'aiuto di Ildebrandino il Rosso, fece un'incursione in territorio massetano, con la conseguenza che il conte di Santafiora, a capo di Massetani e con altri signori di quei luoghi, attaccò Piancastagnaio. Scoppiò una guerriglia fra i due rami degli Aldobrandeschi, che Siena cercò di comporre con successive ambascerie in settembre e nei primi mesi dell' anno seguente.
La pace conclusa nello stesso 1274 portò alla divisione in due della contea, stipulata l'ìì dicembre a Montecucco; al conte di Santafiora andarono fra l'altro Santafiora, Castiglion d'Orcia, Roccastrada, Arcidosso, Selvena, Samprugnano, mentre alcune località, come Grosseto, i bagni di Saturnia, Scarlino, rimanevano indivise. In seguito a contrasti per una nuova ribellione in Grosseto il 13 apr.1275, l'A. venne bandito dalla città di Siena.
Il 17 luglio 1276 strinse patti con Siena, obbligandosi a pagare tributi: ciononostante i rapporti non dovettero migliorare, perché continuarono, da parte della città, le richieste all'A. e ai suoi figli per risarcimenti e restituzioni. Ancora nel 1280, infatti, Ildebrandino fu a capo di una rivolta contro Siena, cagionjita forse dalla continua opera di penetrazione messa in atto dalla città; con lui erano alcuni signori della Marittima e i fuorusciti ghibellini. I Senesi assediarono Castiglion d'Orcia il 15 luglio, ma l'A. occupò Civitella e vinse poco dopo a Pari le truppe mandate contro di lui, obbligando i Senesi alla ritirata dall'assedio di Castiglione; il 24 settembre dello stesso anno fu firmata la pace tra Siena e l'Aldobrandeschi.
Nell'anno seguente questi appoggiò la rivolta del ghibellino Niccolò Buonsignori e, dopo la sua cacciata dalla città, dette ricetto ai fedeli del Buonsignori nelle proprie terre, provocando nuove invasioni dei Senesi in Marittima.
L'A. morì entro i primi del 1283, se è esatta la data del documento, il primo in cui non figuri il suo nome, redatto il 28 febbraio dai suoi figli per un'alleanza con Siena.
Fonti e Bibl.: Ephemerides Urbevetanae, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XV, 5, a cura di L. Fumi, pp. 97-123, passim; Cronaca di Luca di Domenico Manenti, ibid., p. 308; Cronaca senese di autore anonimo della metà del sec. XIV, ibid., 2 ediz., XV, 6, a cura di A. Lisini, pp. 39-172, passim; Cronaca senese di Paolo di Tommaso Montauri, ibid., pp. 204, 207-208, 225-226; O. Malavolti, Dell'Historia di Siena, Siena 1906, pp. 139, 155, 160, 171, 173-174, 181-182; e Venezia 1599, l, III, c. 44 retro, c. 46 retto; G.Tommasi, Dell'Historia di Siena, Venezia 1625, 1. V, pp. 271-272, 301-302, 309, 324; 1. VI, p. 21; 1. VII, 72-74, 93-95, 96,97-100; G. Ciacci, Gli Aldobrandeschi nella storia e nella Divina Commedia, Roma 1935, I, pp. 114-115, 150, 155,175, 178-180, 187, 221, 223-224, 225-227, 229-230, 236-239; II, per i documenti ai quali rinviano i passi del I volume.